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Giovedi, 16 maggio 2024 - San Simone Stock ( Letture di oggi)

CAPO VII. SUE RELAZIONI COLL'ANGELO CUSTODE

Vita della Beata Anna Caterina Emmerick - Libro primo

CAPO VII. SUE RELAZIONI COLL'ANGELO CUSTODE
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1. I non interrotto e mirabile intimo commercio in cui Anna Caterina si trovava col suo sant'Angelo custode, a lei sempre visibilmente presente, è un fatto che si ripete in tutti quegli individui, ai quali Iddio ha dato in grazia il lume della visione e che ha chiamati a percorrere vie straordinarie.

Il dono delle visioni è pe' mortali sì difficile a sostenersi, è esposto a sì gravi pericoli ed esige sì alta purità di spirito, che pel suo uso vi ha d' uopo di speciale aiuto e di una guida adatta a dirigere l'anima in quegli spazi infinitamente estesi, che in sè racchiude il lume della visione. Sin dal seno della madre ogni uomo, senza eccezione, è accompagnato da un Angelo, il quale come strumento, ovvero come servo ed esecutore della divina provvidenza, opera e procura di compiere in lui tutto ciò che, secondo gli eterni consigli di Dio, in impulsi, grazie, aiuti e luminosi avvisi è accordato a quel mortale, onde pervenire possa alla fede, alla figliuolanza di Dio e quindi all'eterna salute. Perciò ogni anima è da Dio resa suscettibile di provare l'azione dell'Angelo, e viene capacitata anche dalla natura a ricevere da lui impressioni, rappresentanze, immagini, impulsi, i quali, colla di lui propria e libera cooperazione debbono divenire atti meritorii. La suscettibilità a ricevere simili impulsi diventa tanto maggiore quanto è più pura quella anima, o quanto è più alto il suo stato di grazia. Niuna cosa per altro tanto la ravvicina all'angelica luce e la rende tanto degna dell'unione e del commercio con l'Angelo suo, quanto il non turbato splendore della innocenza battesimale. Cotesta bellezza davvero ineffabilmente nobile, era ciò che rapiva l'Angelo di Anna Caterina; ed essa aveva fatto in modo che egli, quantunque a lei mandato dai più alti cori, considerasse come missione corrispondente all'altissima sua dignità quella d'illuminare e dirigere un essere, ancora incapace e non adatto alle relazioni terrene e temporali, ma già reso capace e maturo dalle virtù infuse per la intelligenza dei beni eterni ed indivisibili pei se greti di Dio.

2. La prima azione interna dell'Angelo si era spesa in torno alla luce della fede, mentre egli non già con parole e con ispiegazioni, ma piuttosto con la partecipazione di interne visioni ed immagini aveva ammaestrato Anna Caterina nella Fede cattolica, e fattole così guadagnare una chiarezza incomparabilmente più alta ed una più profonda intelligenza dei misteri della Fede, di quella che potessero procurarle il comune ammaestramento e la propria riflessione. A questo rischiaramento della fede esso aveva asso ciato l'esercizio del divino amore, nel quale condusse Anna Caterina sì presto a tal grado di forza e di purità, che ella poteva mantenere il suo cuore in non interrotta unione con Dio, e che le divenne cosa quasi naturale il cercare Iddio in tutto, il riferire tutto a Dio, ed il considerare il tutto come da Dio derivante. Iddio era il primo bene ricevuto dall'anima sua; e ne era stata compresa sì fortemente, che niuna creatura poteva più mai a Dio ritoglierla. Lo splendore dell'Angelo, che sino dal primo giorno della sua vita la circondò come un sole, e che formava l'atmosfera in cui ella viveva, mantenne il di lei occhio in sè rapito e sottratto a tutti quei terreni allettamenti e passeggeri beni, che d'altronde attirano, occupano e distraggono gli uomini, finchè l'animo di lei divenne sì forte in amore, che niuna creatura aveva omai più potenza a commuoverla fuorchè verso Iddio. Ogni sguardo dell'Angelo che la penetrava, era come uno strale di luce, come uno spiro, che moltiplicava l'ardenza dell'amore; era impulso e moto, che solo poteva avere Iddio come suo fine e suo scopo. Quindi tutte le forze, anzi tutte le inclinazioni dell'anima sua eran tanto leggiadramente ordinate e raccolte in quiete siffatta, che niuna passione poteva destarvi disturbo, e niuna impressione esterna, per quanto potente, poteva indurle in confusione. Appunto come Anna Caterina coi suoi precoci esercizi era pervenuta a sopportare fermamente e tranquillamente dolori corporali e pene della specie più forte, così il di lei alto spirito, malgrado la infinita delicatezza a lei ínsita e la naturale timidità di una debole bambina, possedeva una forza indescrivibile atta a superare rapida mente ogni più possente impressione di angoscia, di paura, di dolore, e a ricuperare tosto la pace e la tranquillità.

Siccome poi l'Angelo mai permise che quell'anima si distraesse, giacchè la severa sua vigilanza non sopportava che mai la minima inclinazione a qualsiasi bene caduco in lei si annidasse: così niun turbamento poteva mai oscurarne lo splendore, niun che di terreno poteva indebolirne la squisita delicatezza, niun peso poteva comprimerne la elasticità, niun laccio poteva la libertà impedirne; doveva quell'anima ognor più fortificarsi e rendere Anna Caterina sempre più capace a compire i meravigliosi suoi esercizi di penitenza e le eroiche sue opere di amor del prossimo.

3. Ella sapeva e sentiva come tutto il suo interno essere fosse aperto allo sguardo dell'Angelo; come egli penetrasse nel più intimo del cuor suo; e perciò era incessantemente affaticata a mantenere lo specchio dell'anima sua non appannato, anzi talmente puro, come l'Angelo appunto da lei esigevalo; e perciò rimase ella fino alla morte una ineffabilmente semplice, sincera, chiara, schietta, aperta, innocente bambina. Quando non vi fosse altro che testimoniasse in di lei favore, la di lei umile sincerità fanciullesca sarebbe sufficiente guarentigia, essere ella stata governata dallo spirito di verità, e che veri, sinceri, e da Dio prove nienti eran quei doni, che in tanto straordinaria pienezza in lei risplendevano; giacchè un ' altissima dignità come quella del dono di visione, richiama per conseguenza quella profonda umiltà, la quale teneva talmente nascosta agli occhi di Anna Caterina la ricchezza delle grazie e dei privilegi da lei ricevuti, che essa non sospettava nemmeno poter esservi in lei alcunchè di straordinario; anzi, che neppure osava pensare a sè stessa senza vergogna e senza angustia. Un simil modo di pensare non è già opera della natura nè del nemico infernale, ma è bensì conseguenza della più alta elezione e di una fedeltà straordinaria.

4. La direzione dell'Angelo fu accordata ad Anna Caterina siccome un dono, il di cui frutto essa moltiplicar doveva con la perfezione dell'uso che ne farebbe. Quanto più era intenta a rendersi degna della benedizione di simile guida, tanto più ricca luce attingeva dall'Angelo, e tanto più forte ed intimo diveniva il legame che a lui la stringeva. Cotesto legame poi non poteva esser altro se non se la ubbidienza derivante dall' amore di Dio; giacchè non havvi vincolo nè più alto nè più meritorio, e l'Angelo stesso non è da altro vincolo a Dio collegato. Sino dalla prima infanzia si era sforzata Anna Caterina di esercitare in Dio e verso Iddio il pieno abbandono della sua volontà e di tutte le forze dell'anima e del corpo, in quantochè incessantemente ella si offriva in sacrifizio a pro di altrui.

Iddio aveva aggradito questo suo abbandono; e quindi per mezzo dell'Angelo suo ordinò la direzione della di lei vita sotto ogni rapporto e persino nella più piccola circostanza, con tale sapienza, che tutti gli avvenimenti, anzi tutti gli accidenti apparentemente naturali, necessari ed involontari, servir per lei dovessero a merito di ubbidienza. La di lei volontà la affidò all'Angelo affinchè la governasse, la di lei intelligenza affinchè la illuminasse, il di lei cuore affinchè la aiutasse col mezzo della penitenza e della abnegazione a mantenerlo puro e libero da ogni cosa terrena e per Dio solo. Ubbidiente alle interne ammonizioni dell'Angelo, essa privò il corpo di sonno e di nutrimento, lo castigò, e supplicò che le altrui pene e dolori cadessero sulle sue spalle; e fu così tenace la di lei perseveranza in coteste opere di amore, che consumavano ed assorbivano le di lei forze, che benedizioni ed influssi soprannaturali e celesti le compensavano ciò, che ella rifiutava alle condizioni, anzi ai necessari bisogni della terrena astinenza.

5. Era opera di cotesto amore quando ella doveva sostituire sè stessa in luogo di coloro che non potevano sopportare i loro patimenti, e quando veniva inviata al soccorso di coloro che languivano, sospirando misericordia. Era l'Angelo che la trasportava in quei luoghi ove più era d'uopo del di lei aiuto. Come la fiamma ubbidisce allo spiro del vento, così l'anima di lei accesa di amore seguiva l'appello angelico ogniqualvolta esso la guidava a luoghi di pene e di miserie; poichè la natura da lui diretta di quell'anima si estendeva come si estendono mani che infinitamente nello spazio si dilungano e che giungono soccorrevoli, elargitrici, benedicenti, là dove le sospinge lo irresistibile impulso di una santa compassione. E siccome appunto la compassione non conosce nè distanza nè limite nello spazio, così pure spazio veruno poteva porre un limite all'ardente spiro dell'amore di quell'anima. Simile a quegli strali di luce, che scaturendo da una lingua di fuoco apportano nella più remota distanza lo splendore di quel lume da cui nascono, indi di bel nuovo rientrano in quel seno da cui scaturirono; quell'anima si sospingeva amando e soccorrendo a traverso l' immenso spazio della Chiesa, sino là dove per divina disposizione l'Angelo suo doveva portarla. Sopra di ciò essa si esprimeva nel modo seguente:

«L'Angelo mi chiama e mi trasporta qua e là. Bene spesso mi trovo con lui in viaggio. Mi porta presso persone che conosco o che ho vedute una volta; ma anche presso talune che mi sono affatto sconosciute. Mi porta anche al di sopra del mare, ma ciò avviene in modo rapido come il pensiero, ed io veggo allora lontano lontano! Fu egli che mi trasportò presso la regina di Francia nella sua prigione. Quando viene a me per accompagnarmi in qualche viaggio, il più delle volte veggo dapprima un certo splendore, quindi mi si presenta ad un tratto la di lui forma luminosa e raggiante fuor delle tenebre, come talora accade quando una lanterna cieca viene aperta ad un tratto in seno alla notte. Quando viaggiamo, fa notte al di sopra di noi, sopra la terra per altro si estende un certo barlume. Noi partiamo di qui a traverso conosciute vicine contrade, dirigendoci a paesi sempre più distanti; ed io provo la sensazione di non comune lontananza. Talora il nostro viaggio va per istrade dritte; talora va di traverso al di sopra di campi, di monti, di fiumi e di mari. Io deggio misurare coi piedi tutta la via, e spesso con istento salire per monti scoscesi. Quindi le mie ginocchia ne riescono dolorosamente stanche ed i miei piedi ne divengon bruciati, giacchè vado sempre scalza. La mia guida, sollevata in aria, talvolta mi precede, talvolta mi sta d'accanto. Mai mi accorgo che ella muova i piedi. Ella è molto silenziosa; fa pochi movimenti oltre quello di accompagnare col cenno della mano, o inclinando il capo, le sue corte risposte. È affatto trasparente e luminosa; spesso di un aspetto del tutto serio; spesso di una serietà mista all'amore. I di lei capelli sono lisci, ondeggianti e luminosi. Non porta cosa alcuna sul capo, ed è rivestita di una veste talare a guisa di sacerdote, lunga, e splendente di luce dorata. Io parlo con lei francamente; soltanto non posso guardarla appieno nel volto, talmente mi sento inclinata dinanzi a lei. Mi dà ogni avvertimento. La timidezza mi ritiene pure dal troppo interrogarla: me ne ritiene pure una certa santa contentezza che provo quando le sono vicina. Essa d'altronde è sempre breve nelle sue parole. La veggo anche mentre sono pienamente desta. Quando prego per altri ed ella non mi è vicina, allora la chiamo e la prego di andare verso l'Angelo delle persone per cui sto orando. Spesso anche le dico, quando mi è vicina: Ora desidero qui restare; vanne tu, ti prego, qua e là, e consola! e la vedo avviarsi a quella volta. Se giungo talvolta vicina a grandi riunioni di acque e non so come oltrepassarle, ad un tratto mi trovo averle oltrepassate, e meravigliandomi riguardo indietro. Noi passiamo frequentemente sopra città. Quando nell'oscurità dell'inverno io lasciava tardi nella sera la chiesa dei gesuiti in Hoesfeld ed in mezzo alla pioggia od un turbine di neve me ne andava a traverso i campi a casa nostra in Flamske, e quando mi sentiva nascere nell'animo l'inquietudine; tosto pregava Iddio, e vedeva brillare a me dinanzi siccome una fiamma, un' apparizione, la quale aveva la forma della mia guida, vestita della sua veste talare. Tosto la umida via si disseccava sotto i miei piedi, tutto era luce a me d'intorno, nè pioveva, nè nevicava sopra di me, ed io poteva pienamente asciutta giungere a casa. »

6. Anco le relazioni di Anna Caterina con le povere anime purganti avevano luogo per mezzo dell'Angelo, il quale soleva accompagnarla e guidarla negli spazi del purgatorio, onde ella potesse coi frutti delle innocenti sue penitenze ristorare quelle anime prive di aiuti.

« Fui con la mia guida presso le povere anime in purgatorio; ne vidi la grande desolazione, e come esse non possano in verun modo aiutare sè stesse, e come poco nei nostri tempi vengano esse aiutate dagli uomini viventi sulla terra. Ah! la loro miseria è ineffabile! Quando vidi sì bene cotesto deplorabile stato, io mi trovava separata dalla mia guida per mezzo di un monte e mi sentiva smaniosa talmente di lei, che quasi ne veniva meno. Io vedeva l'Angelo attraverso quel monte, ma non poteva venirne a lui, ed egli mi disse: Vedi tu? Cotesta ansiosa smania che provi, sempre la provano le povere anime smanianti di aiuto.«Egli mi condusse spesso dinanzi a caverne e carceri onde pregarvi, ed io m' inginocchiava dinanzi a cotesti oscuri soggiorni e piangeva, ed esclamava a braccia aperte a Dio, finchè egli si movesse a misericordia. L'Angelo mi esortò ad offrire ogni mortificazione ed astinenza in pro delle povere anime. Esse non possono da loro medesime aiutarsi e sono sì crudelmente dimenticate ed abbando nate. Io inviava spesso il mio Angelo custode verso gli Angeli di quelle persone che vedeva trovarsi in gravi pene, onde le movessero ad offrire in pro delle povere anime del purgatorio i loro dolori. Tutto ciò che alcuno fa, prega o soffre per loro, arreca a quelle immediato giovamento, e quindi ne sono si liete, sì felici, sì riconoscenti! Ogni qual volta io offro i dolori miei in pro loro, tosto esse pregano per me. Sono presa da spavento quando considero la immensa negligenza e dissipazione delle grazie della Chiesa, messe con tal soprabbondanza a disposizione degli uomini, e da loro sì poco apprezzate, mentre quelle povere anime smaniano e languono di desiderio per simili grazie! » Sin dalla prima infanzia e dacchè aveva incominciato a pensare, Anna Caterina aveva sempre pregato Iddio di volerla guardare da ogni peccato e di volerla prendere tutta a sè, come un padre amoroso prende un semplice e debole bambino; e di darle grazia di sempre ed in tutto conoscere e seguire la di lui santissima volontà. Iddio misericordioso aveva esaudita questa preghiera, permettendo che cotesta bambina di sì buona volontà cotanto docile, fosse per il lungo volgere di una vita di cure, di lotte e di patimenti, passo a passo accompagnata, difesa ed illuminata dall'Angelo suo, ed istruita del come, a seconda dei giornalieri avvenimenti, dovesse ella dirigere la sua condotta, affrontare i pericoli, sopportare i dolori e le lotte.

Tutto era ad Anna Caterina preventivamente mostrato dall'Angelo per mezzo di visioni o di simboli, onde cosa veruna in quell'incessante e spesso sì subitaneo cambia mento de' più svariati casi, la sorprendesse non preparata, nè ella mai potesse fare od ommettere di fare alcunchè, onde la di lei coscienza potesse riuscirne offesa. Col mezzo di visioni immaginative veniva essa preparata dall'Angelo a patimenti vicini o lontani, onde potesse implorare a sè stessa la forza di sottoporvi le spalle. Ogni avvenimento di qualche importanza, ogni scontro con altre persone, ogni disgrazia che dovesse succedere a lei, o ad altri a lei vicini, le era talora chiaramente e pienamente in antecedenza dimostrata, talora accennata soltanto, secondo il modo diverso con cui doveva nei vari casi condursi. Essa riceveva precisi avvertimenti sul modo di condursi verso quelle persone, con le quali dover veniva in contatto: se dovesse, cioè avere commercio con loro, o tenersene lontana. Se le circostanze lo richiedevano, l'Angelo le prescriveva le stesse parole, con le quali esprimersi dovea. La di lui cura si estendeva inoltre alle circostanze, affari e lavori, dei quali Anna Caterina era d'uopo che si occupasse. Essa era destinata ad aver commercio con due mondi: coll' esterno, sottoposto ai sensi, e con l'invisibile, posto al di sopra de' sensi; ed agire doveva senza posa in ambidue e per ambidue. La immensurabile di lei missione da Dio ricevuta portava con sè che essa nell'ordine esterno della vita comune tutto perfettamente facesse ed adempisse ciò che il di lei stato e vocazione esigevano; anzi che essa facesse ed adempisse tutto ciò, sotto il peso di angustie e patimenti, che per sè stessi sarebbero già bastati a riempire la intera vita di un uomo. A ciò per altro si aggiungeva il di lei continuo operare in visione, e perciò stava dinanzi a lei aperto ogni spazio ed ogni parte della intera Chiesa; erano dinanzi a lei esposti i patimenti tutti e le tribolazioni della Cristianità, tutti i pericoli e gli oltraggi fatti alla santa Fede, tutte le profanazioni e vituperi circa le cose sante ed i beni spirituali; cose tutte che non di rado la occupavano talmente di continuo, che passavano giorni e settimane senza che ella potesse di nuovo ritornare coi suoi sensi interni ed esterni al mondo visibile, a lei circostante, che sempre più le diveniva estraneo; e senza che potesse servire alle esigenze di quel mondo ed ai doveri della vita quotidiana a lei imposta. Come avrebbe ella mai potuto in ciò perdurare, come avrebbe potuto esser sopportata da coloro che seco convivevano, se la di rezione dell'Angelo non avesse aiutata e secondata cotesta doppia vita, e colla sua intervenzione ausiliatrice e con benedizioni, che rendevano fruttifere le opere della di lei attività esterna, mantenuto cotesti due modi di agire spesso infinitamente divergenti l'uno dall'altro, in una indisturbabile armonia?

7. Fintantochè Anna Caterina non fu resa partecipe di una direzione spirituale per mezzo dei sacerdoti della Chiesa, fu l'Angelo la sola sua guida, e secondo i di lui ammonimenti fu la sua vita diretta. Quand'ella però ebbe incominciato a ricevere i santi Sacramenti, e quindi si trovò sottoposta alle decisioni di un confessore, essa trasferì l'abituale sua riverenza e sommissione verso dell'Angelo anco alle di lei relazioni col sacerdote, suo confessore; ed era in ciò tanto più curante e scrupolosa, in quanto ella osservava come l'Angelo medesimo subordinava la di lui direzione a quella del confessore. Pareva come se l'Angelo si mostrasse allora soltanto nella qualità di difensore e di guardiano della sua pupilla e come tesoriere e dispositore di quei doni straordinari e di quegli ornamenti accordati alla pupilla sua a maggior pro dei fedeli, mentre la Chiesa per mezzo del suo sacerdozio doveva imprendere a dirigere la coscienza di un' anima, la quale per quei mezzi e vie di salute che sono accessibili a tutti, e per mezzo degli ordini stabiliti da Dio nella sua Chiesa ed uguali per tutti, doveva pervenire al di lei scopo finale. Quei doni speciali e straordinari della grazia, che noi vedremo svilupparsi in Anna Caterina nella più ricca moltiplicità, non costituivano già lo scopo della direzione di lei, poichè non erano la sua propria e diretta missione, ma erano soltanto mezzi per l'adempimento della vera missione a lei imposta, di soffrire dolori espiatorii in pro della Chiesa; e quindi anche cotesti doni dovevano del pari che tutta la vita spirituale di Anna Caterina essere sottoposti al giudizio ed alla decisione della Chiesa. Noi riconosceremo in seguito con meraviglia la incredibile potenza, che il sacerdozio possedeva sopra Anna Caterina e tutti i di lei doni; e come l'Angelo stesso si manifestasse anch'esso sottoposto alle decisioni ed ai comandi della Chiesa. Quindi era egli che trasmetteva la chiamata del confessore o dei superiori ecclesiastici ad Anna Caterina, quando essa che trovavasi interamente sottratta al mondo esterno e totalmente rapita in alti spazi spirituali a segno, che appariva affatto impenetrabile ad ogni impulso naturale, e come impietrita e priva affatto di vita, ritornava istantaneamente desta nella vita naturale, allorchè il comando sacerdotale ve la richiamava.

Quando io mi trovo, confessò essa una volta, trasportata in visione, rapita in un'estasi, o immersa in un'opera spirituale a me imposta, mi succede spesso di esser istantaneamente ed irresistibilmente richiamata da una lontana venerabile e santa potenza in questo oscuro mondo. Io sento la parola ubbidienza; questa mi suona in vero dolorosa in quel momento, ma l'ubbidienza è pure la vita e la radice, onde è spuntato e cresciuto l'albero intero della visione. »

L'appello del confessore non sarebbe, per altro, giunto così lontano, se l'Angelo non ve l'avesse portato; l'Angelo, cui l'esercizio della ubbidienza sembrava più meritevole per Anna Caterina della visione istessa; per locchè egli non tardava giammai a richiamarla, quando anche un comando tanto istantaneo e per lei costringente doveva penetrare come un acuto dardo nella quiete di quell'anima, profondamente in sè raccolta.

Noi scontreremo nel susseguente corso della storia di questa vita alcuni fatti, nei quali la direzione del sacerdote, come quella di un uomo debole e di corta vista, sta in contraddizione con quella dell'Angelo. Ma noi non potremo mai riconoscere nemmeno la minima alterazione di quell'ordine, che Dio ha stabilito a difesa e a pura conservazione della Fede, poichè verun dono, verun privilegio può osare sottrarsi all'esame ed al giudizio dei superiori ecclesiastici. Non havvi grazia, ornamento, grandezza di santità, che oltrepassi in intima dignità ed altezza il carattere sacerdotale; nè havvi alcun altro visibile ministero di mediazione fra Iddio, capo invisibile della Chiesa, ed i sacerdoti credenti, fuorchè il sacerdozio; perlocchè i doni, gli aiuti, i tesori di misericordia che Iddio offre alla Chiesa nei meriti straordinari e nei doni dei suoi eletti, debbono essere dai sacerdoti esaminati nel loro merito, ricevuti in deposito, e quindi per loro mezzo distribuiti agli altri fedeli. Così pure avveniva con Anna Caterina. Nulla era tralasciato dall'Angelo suo custode per disporla e prepararla ad essere sorgente di benedizione per la Chiesa; ma cotesta benedizione doveva trascorrere nella Chiesa medesima per mezzo ed in virtù del potere del sacerdozio; e perciò la sua misura ed il numero dei suoi frutti dipendevano dalle disposizioni dal sacerdozio adottate.