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Giovedi, 16 maggio 2024 - San Simone Stock ( Letture di oggi)

CAPO II. BATTESIMO E PRIMA GIOVENTU

Vita della Beata Anna Caterina Emmerick - Libro primo

CAPO II. BATTESIMO E PRIMA GIOVENTU
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1. La figlia di Bernardo Emmerich di Flamske poteva, come santa Ildegarda, dire di sè stessa: Nel principio del mio essere, allorchè Iddio mi risvegliò nel seno materno col soffio della vita, egli impiantò nell'anima mia il dono della visione. Sino dalla prima infanzia, e quando le ossa mie, i nervi e le vene non erano per anco fortificate, l'anima mia aveva visioni continue. Così pure Anna Caterina era informata di tal forza nell'anima, ed arricchita di sì magnifici doni nello spirito, che sin dai primi giorni del vivere suo fu resa capace di spirituale attività. Poche ore dopo la nascita portata al battesimo nella chiesa di San Jacopo in Hoesfeld, ella ricevè per la via distinte impressioni di circostanze, che potè poi conservare nella memoria; ma nell'atto poi del battesimo, unitamente alla grazia santificante ed alle divine virtù, le fu anche infusa la luce soprannaturale di profezia in una pienezza tale, che solo può scontrarsi nella storia della Chiesa in poche altre anime così arricchite di grazie. Intorno a questa materia così ella stessa convenne pochi anni innanzi alla morte:

« Siccome io fui nata agli otto di settembre, così ebbi oggi ( 8 settembre 1821 ) una visione della mia nascita e del battesimo; ed io mi sono trovata a tutto ciò presente, provando un senso veramente strano. Mi sentiva come una bambina neonata sulle braccia delle donne, che mi trasportavano al battesimo in Hoesfeld. Mi vergognava nel sentirmi così piccola ed imbelle, e per altro di essere ad un tempo stesso sì vecchia; giacchè tutto ciò che io sentii e provai allora come neonata bambina, io l'ho veduto e riconosciuto oggi di nuovo, ma pure commisto alla mia attual intelligenza.


« Io era timida affatto ed imbarazzata; le tre vecchie donne che unitamente mi portavano al battesimo, ed anco la balia, mi erano antipatiche. Mia madre no, che non mi era antipatica; ed io suggeva il latte dal di lei seno. Tutto ciò io vidi qui intorno a me, e così pure la vecchia capanna in cui abitavamo; tutto insomma come io nol vidi mai più negli anni seguenti, poichè già varie cose vennero ad esser mutate.


« Io mi sentiva con piena conoscenza portare per tutto il cammino che corre dal nostro casolare in Flamske sino alla chiesa parrocchiale di S. Jacopo in Hoesfeld; tutto sentii e tutto vidi intorno a me; vidi sopra di me compire intero il santo rito del battesimo, e gli occhi ed il cuore mi si aprivano in modo maraviglioso.

« Vidi, mentre mi battezzavano, il mio Angelo custode e le sante di cui porto il nome, cioè, sant'Anna e santa Caterina, presenti alla sacra cerimonia.

« Vidi la Madonna con Gesù Bambino, ed esso seco mi disposò col porgermi un anello.

« Allora mi si rese sì vivacemente sensibile tutto ciò che è santo, che è benedetto, che è in istretta relazione con la Chiesa, quanto forse suole accadermi adesso. Vidi meravigliose immagini dell'intima essenza della Chiesa. Sentii la presenza reale nel santissimo Sacramento, e vidi le reliquie dei Santi che erano in quella chiesa risplendere; e riconobbi i Santi che al di sopra di coteste reliquie comparvero.

« Vidi tutti i miei antenati, sino al primo tra loro che fu battezzato; ed in una lunga serie di quadri simbolici riconobbi tutti i pericoli della mia vita susseguente. In mezzo a tutto ciò, io provava frattanto le più strane impressioni, derivanti dai compari e dai congiunti ivi raccolti; e sempre mai quelle tre donne mi riuscivano al quanto antipatiche.

« Vidi i miei antenati in una serie di quadri che si ramificavano provenendo da molti e varii luoghi vicini sino a congiungersi nel primo dei miei padri, che fu battezzato nel settimo o nell'ottavo secolo, e che inoltre fece edificare una chiesa. Vidi fra loro molte monache, e due di queste graziate delle Stimmate, che per altro non furono conosciute. Vidi anche un eremita, il quale dapprima era stato uomo di grande affare, ed aveva avuto figliuoli. Si ritirò poi dal mondo e visse santamente.

« Allorchè, uscita di chiesa, fui di nuovo portata a casa, traversando il cimitero ebbi un vivacissimo sentimento dello stato delle anime di quei corpi che costà riposano, finchè venga la Risurrezione; fra loro rimarcai con riverenza alcuni santi corpi, chiari e splendidamente luminosi.
 « Sicchè, come appunto gli altri bambini sentono il caldo ed il freddo, o il dolore, o la fame, ovvero siccome essi ardentemente desiderano il seno della madre; così sentì allora Anna Caterina tutti quei rapporti e quelli agenti di un ben più alto ordine; ordine nel quale essa era entrata per mezzo il battesimo, cioè la Chiesa d'Iddio, come comunione dei Santi e del corpo spirituale di Gesù Cristo. Tutto le divenne corporalmente sensibile, talchè quantunque ancora lattante, ogni qual volta era portata in chiesa, immergeva la manina nel fonte dell'acqua santa, onde spruzzarsi con quelle sacre stille, ed assimilarsi la loro benefica operazione. La di lei correlazione siccome membro al corpo della Chiesa, le divenne altrettanto sensibile, quanto la relazione dei membri suoi materiali col proprio corpo; ed anco innanzi che ella potesse parlare capì l'intima solennità delle sacre feste e quegli esercizi e pie abitudini, colle quali vide coordinato tutto il modo di viver dei suoi buoni parenti. Essa festeggiava ed osservava quell'intero ordine di vita con loro, per quanto la di lei debole e prima infanzia poteva tener dietro alla potenza del di lei spirito, meravigliosamente illuminato.

2. Cotesta intelligenza, e sopra tutto quella vita sì interamente misteriosa, che sì di buon'ora nascosta ad ogni estraneo sguardo si sviluppava nella bambina, era regolata dalla direzione dell'Angelo santo, il quale ammaestrò Anna Caterina nel modo come ella potesse, esercitando le virtù in lei infuse, servire a Dio uno e trino nella misura adatta all'età sua tenerissima.

Quindi avvenne che i primi moti dell'anima sua furono diretti a Dio; e che il di lei cuore, prima che potesse venire ad essere commosso da qualsiasi creato bene, fu posseduto da Dio, bene supremo. Ella doveva in quel primo e mai più turbato splendore della santa grazia battesimale appartenere per sempre al di lei Salvatore, che aveva trascelto per sè il di lei cuore, per farlo nella purità, nell'amore e nei patimenti conforme al suo proprio.

Lo Spirito Santo, che prese in lei ricetto, mise in moto coll'alito suo tutte le forze dell'anima di lei, e prestò senso e significazione a quel pieno rivolgersi del di lei cuore a Dio, anco prima che la di lei bocca potesse balbettare di stinte parole. Quindi avvenne che Anna Caterina tostochè dopo i primi anni potè pronunziare alcune parole, incominciasse la preghiera orale con tutto lo zelo di un fanciullo che ne ha già acquistata l'abitudine. Doveva essere merito del di lei pio genitore se le prime parole che uscissero dalla bocca di Anna Caterina furono quelle del Pater  noster. Con riconoscenza raccontava ella molti anni di poi:

« Mio padre si affaticò molto con me. M'insegnò a pregare ed a farmi il segno della santa Croce.

« Mi teneva in grembo, mi chiudeva quasi in pugno la manina, e mi ammaestrava a farmi la piccola croce col pollice. Poi mi riapriva di bel nuovo la mano e m'insegnava a segnarmi della croce grande.

« Siccome pervenni di buon'ora a recitare mezzo il Pater noster, o forse anche meno di mezzo, io lo recitava ripetutamente tante volte, finchè mi paresse essere omai tanto lungo quanto un Pater noster intero. »

3. Al dono di questo lume corrispose un altro ornamento del quale nel battesimo fu del pari graziata Anna Caterina, e che col crescere degli anni ognor più si sviluppò splendidamente. Questo si è il dono della più alta purità del corpo e dell'anima; dono la di cui azione in lei si manifestò mentre era ancora lattante.

Non fu mai udita gridare; non fu mai irrequieta, ma piuttosto tacita, sempre dolce e graziosa, come la beata Maria Bagnesi di Firenze, o come la beata Colomba da Rieti. Quindi ella era la consolazione e la gioia dei genitori, e divenne ben presto la favorita di quei semplici villani, fra i quali dovevano trascorrere gli anni della infanzia di lei. Come in altri tempi parenti e vicini si contrastavano a chi avrebbe la giovinetta Caterina da Siena, poichè il solo suo aspetto rallegrava i cuori; o come Maria Bagnesi splendeva di tale una soavità, che le monache del convento ove era condotta a visitare le sorelle, non volevano più che da loro si dipartisse; così la povera bambina del contadino di Flamske era la delizia di quanti la vedevano. Lo splendore della ineffabile purità in lei accolta presentava ad ogni sguardo, ad ogni moto, ad ogni parola della timida bambina un vezzo irresistibile, e poiché crebbe negli anni dava ad ogni sua azione o riposo un certo che di sacro, che senza di lei saputa reagiva in modo edificante e pieno di benedizione su quanti la circondavano.

Quando poi Anna Caterina, col volger degli anni, entrò nella più difficile parte della sua missione di patimento; col crescere delle pene effulse tanto più veemente il fulgore della chiarezza dell'anima sua, quanto più si accostò all'ultimo punto della vita, e tanto più ancora si rese sensibile quella misteriosa benefica potenza che da lei radiava.

Allorchè le di lei Stimmate divennero occasione di esame ecclesiastico, tanto i medici che gli ecclesiastici stessi fecero testimonianza di questa sua purità, che formò anche la potentissima fra le impressioni ricevute dal conte Federigo Leopoldo di Stolberg, quand'egli per la prima volta ebbe in sorte di avvicinare Anna Caterina.


4. Uno dei risultamenti di cotesta purità si fu che Anna Caterina conservasse sino alla morte la semplicità la meno sospettosa; quella di un umile innocente bambino, che nulla sa di sè stesso e del mondo, perché vive in Dio soltanto. che a Ed appunto a Dio piacque tanto cotesta semplicità,noi in seguito dovrà comparire qual vera meta di quelle vie di grazia, per le quali quell'anima eletta fu fatta degna di esser condotta. Il Signore la trattò sempre come una bambina, ed ebbe cura, nella sua meravigliosa sapienza, che essa, nella pienezza della luce di lui versata nel di lei spirito, conservasse la semplicità; nell'eroico coraggio che sempre aveva sete di nuovi patimenti, la timidità conservasse; e nella tremenda gravità della di lei missione, sempre mantenesse quel libero abbandono di un fanciullo, che può rapidamente passare con occhi ancora bagnati dalle lagrime del dolore alla serena allegria di un'età, che non conosce cure perchè non ha peccati, quando un breve raggio di consolazione mitigava quelle pene, che si erano sopra di lei a guisa di flutti condensate. Questi raggi di sole erano le immagini della infanzia, che a refrigerio di lei la bontà di Dio soleva porle dinanzi all'anima; ed in simili momenti Anna Caterina ridiveniva bambina; sentivasi ridivenire come prima, gioiosa e riconoscente, rustica fanciulletta nel casolare paterno; e riguadagnava un alle gro coraggio a progredire innanzi sulla sempre più aspra via della croce.

5. Il dono di cotesta purità era per altro ad Anna Caterina un tesoro, che comprato a prezzo di patimenti ed espiazioni, poteva pure esser conservato soltanto a condizione che il suo valore e lo splendor suo venissero sempre aumentati con incessanti vittorie, abnegazioni e mortificazioni. Quindi derivano quegli esercizi di patimenti pazientemente sopportati, coi quali dovea principiare sin dai primi anni del viver suo.

« Io mi riporto col pensiero molto indietro (raccontava ella); nel primo anno della vita caddi sul suolo. Mia madre era andata in chiesa a Hoesfeld; ebbe per altro un presentimento di quanto mi era accaduto, ed in grande ansia si affrettò verso casa.

« Per lungo tempo non potei imparare a camminare: giacchè soltanto nel terzo anno venni a piena guarigione. La coscia mi fu ben tirata, avviluppata e sì strettamente legata con fascie, che essa mi divenne affatto magra e sottile. »

La chiara ricordanza anche in una età più avanzata di cotesto avvenimento remoto dimostra con quanto chiara conoscenza Anna Caterina lo avea sofferto e ne avea sopportato le sensibili conseguenze. L'esser lei stata sotto la continua guida dell'Angelo custode porta naturalmente ad arguire che ella in tal circostanza si comportasse in guisa analoga a quella della beata Maria Bagnesi, tanto a lei consimile in molte altre cose. Anche costei dalla prima infanzia, quando cioè contava appena pochi mesi, incominciò la sua missione di patimento dal soffrire le estremità della fame.

Data in piena balìa di una nutrice senza coscienza, da essa non ricevendo nè latte nè nutrimento alcuno, era forzata, onde acchetare alquanto la fame, a raccogliere le briciole dal suolo; ma appunto fu in ciò che ella stabili il fondamento di quella meravigliosa mortificazione e di quel porsi gli altrui dolori sulle spalle, per lo che tanto essa, quanto Anna Caterina, divennero per innumerevoli individui sorgente di aiuto e di benedizione.

6. Nata era appena per Anna Caterina la possibilità di rifiutare a sè stessa cosa alcuna, o d'imporsi una vittoria sopra i sensi o una volontaria mortificazione, che ella tosto incominciò col maggiore zelo possibile a tentare di esercitarsi in cotesti atti, per quanto la tenera età lo concedeva; ella seguiva in ciò la continua ammonizione del suo Angelo custode, che la illuminava a compire cotesti esercizi con una perseveranza ed una sagacia veramente meravigliose. In un angolo del casoláre ella aveva appeso un'immagine della Madonna con Gesù bambino, e depostole innanzi un tronco di legno da raffigurare un altare. Costà portava ella tutto ciò che i parenti e gli amici le donavano nell'intento di cagionarle gioia, e che suole rendere felici il più dei fanciulli dell'età sua. Era essa pienamente con vinta che con tutto ciò di cui privava sè stessa, cagionava invece gran gioia a Gesù bambino; e così con una coraggiosa e fortissima abnegazione di sè stessa a lui offriva volonterosa tutto ciò che le veniva donato. Questo faceva per altro con una semplicità talmente scevra di orgoglio, che niuno in quelle pur visibili azioni della bambina potea trovare cosa di straordinario, e quindi niuno movevasi a disturbarla. Bene spesso succedeva che le sue offerte sparissero dinanzi all'immagine; e ciò le dava la gioiosa sicurezza che Gesù bambino le aveva prese per sè. Cotesta consolazione in lei cresceva nella misura che le era riuscita più difficile la vittoria del rinunziamento. Poichè, sia detto il vero, malgrado tanti doni della grazia, ella era una bambina da gustare con altrettanto piacere quanto altri mai le frutte, le offelle e simili cose. Anche i fiori, le immaginuzze, i nastri, le corone, gli anelli, i giocattoli e simili cose, che hanno un valore infinito agli occhi dei fanciulli, doveano cedere alla forza del santo impulso dominante nel di lei cuore; venivano tutti deposti sull'altarino, e quando vi ritornava dinanzi, ella trovava tutto sparito.

7. Da così perseverante mortificazione ne prese la purità dell'anima tale vigore e vita, che nel terzo anno del vivere suo suoleva Anna Caterina pregando con tutto il calore così esclamare:

« Ah! caro Signore Iddio, fammi morire; giacchè chi diventa grande ti offende con grossi peccati! » Ed ogni volta che usciva dalla paterna capanna soleva essa, come asserisce l'Overberg, sclamare piena di zelo: « Oh! potessi tu cader morta innanzi a questa soglia; così non offenderesti Iddio! »

8. Quando divenne più grande e potè avere commercio con altri bambini dell'età sua, ella diè sempre loro per amore di Dio quanto pure osava dare. I più poveri le erano i più cari, e quantunque ella medesima fosse figlia di poveri genitori, pure era inesauribile nel dare. Non aveva per anco compiuto appieno il quarto suo anno, e già era tant'oltre avanzata, da non permettersi più nel pasto una sazietà compiuta. Ogniqualvolta si assideva a mensa coi genitori, faceva in ogni guisa violenza alla gola, sia nel procacciarsi il peggior boccone, sia nel mangiare così poco, da far comparire inconcepibile che ella potesse pure sostentarsi.

Questo lo do a te, o Signore (diceva nell'intimo dell'animo), onde tu lo rivolga in pro di quei poveri che più ne abbisognano. »

9. E di fatto i poveri, i disagiati, i bisognosi di ogni specie possedevano l'affetto del di lei cuore in sì alto grado, che le pene della compassione furono le prime pene spirituali di Anna Caterina. Se avveniva che sentisse di una disgrazia, di una infermità, ovvero di qualsiasi altro male, ne veniva commossa da sì potente compassione, che ne impallidiva e soleva sedersi petrificata così, come alcuno che trovisi in procinto di cadere in deliquio.

Le ansiose domande dei genitori, che volevano sapere se pur si trovasse presa da male subitaneo, la richiamavano allora di bel nuovo a conoscenza di sè; ma la smania di soccorrere altrui ne era per altro destata sì forte nell'anima sua, che con ardente preghiera offriva sè stessa a Dio onde volesse imporre a lei le pene ed i bisogni di altrui, purchè il prossimo ne venisse così sollevato. Vedeva ella a caso un affamato od un bisognoso qualsiasi? tosto correva a lui, sclamando con commovente semplicità:

«Aspetta, aspetta! Vado in casa a cercarti un pane. »

E la buona madre lo tollerava, nè mai rimproverò di ciò la bambina quando gl'invitati così venivano a ricevere il dono. Gli stessi oggetti del suo vestiario si levava ella da dosso; e tanto seppe fare con dolci preghiere, che ottenne il consenso dei genitori a dare l'ultima sua camicetta ad un mendicante bambino.

10. Non poteva Anna Caterina vedere alcun fanciullo infermo o piangente senza pregar Iddio di voler imporre alle sue spalle la causa qualsiasi di quelle lagrime, e mandare a lei quella malattia o quei dolori, onde ne fossero affatto liberi gli altri. Cotesta prece era sempre sul momento esaudita; Anna Caterina riceveva quei dolori, e vedeva al tempo stesso quei poveri fanciulli ristabiliti. In coteste occasioni ella soleva pregare così: « Se un povero non prega e non supplica, non riceve veruna elemosina. Così, o Signore, anche tu non aiuti coloro, che non vogliono pregare o soffrire. Vedi, o Signore io prego e sclamo per coloro che nol fanno da loro medesimi! »

Se a caso ella vedeva un fanciullo di cattivi abiti, o soggetto a mancanza, tosto pregava perchè si emendasse; ma per essere esaudita imponeva a sè stessa un castigo ed ardentemente implorava da Dio di poter essa espiare per quel fanciullo. Quando in età più avanzata le fu chiesto conto del come così bambina fosse pervenuta a immaginare simili preghiere, con gran semplicità rispose: « Non saprei dire chi me le insegnasse; ma il germe di ciò è riposto nella compassione. Ho sempre sentito intimamente che noi tutti formiamo un sol corpo in Gesù Cristo; ed il male del prossimo duole a me stessa, come avverrebbe di un dito della mia mano.

« Sino dall'infanzia ho sempre pregato perchè le altrui malattie venissero sopra di me. Ciò facendo, io mi pensava che Iddio non manda verun patimento senza cagione speciale; e che quindi col patire si deve sempre scontare qualche cosa. Del come avvenga poi che talvolta il patimento sì potentemente opprima taluno, ciò io mi pensava anche allora che provenga da ciò che niuno vuole aiutare e prendere il male dalle spalle del prossimo sulle sue. Quindi io pregava a Dio che si degnasse lasciarmi scontare pel mio prossimo, e supplicava al bambino Gesù onde mi venisse in aiuto; e bentosto aveva più che assai di dolori. Mi rammento (narrava Anna Caterina in un'altra occasione) che mia madre ammalò di risipola nella faccia, onde tutta gonfia giaceva in letto. Io mi trovava sola presso di lei e dolevami fortemente di vederla in quello stato. M'inginocchiai in un angolo e calorosamente pregai il Signore; quindi avvolsi un pannolino intorno al capo di mia madre e pregai di nuovo. Ad un tratto mi soprag giunsero acuti dolori di denti ed una grande enfiagione in tutta la faccia. Quando gli altri tornarono a casa, trovarono la madre ristabilita, ed anch'io presto migliorai.

« Alcuni anni dopo soffrii dolori quasi insopportabili. I miei genitori erano gravemente ammalati. Stetti genuflessa al telaio presso il loro letto e pregai il Signore. Vidi subito le mie mani soprapporsi l'una all'altra, e mi sentii inspirata ad imporle pregando sopra i miei parenti infermi; ed essi furono risanati. »

11. Se avveniva che sentisse parlare di alcun peccato, ne era tosto presa da profondo turbamento e versava la grime amare. Se a caso veniva addomandata dagli inquieti parenti della cagione di siffatta tristezza, per loro inconcepibile, essa non era in grado di dare una risposta soddisfacente. Quindi ne riceveva molti rimproveri ed era tenuta per ostinata; ma ciò non isminuiva punto l'impulso del di lei cuore sì ardente a supplicare ed espiare per le spirituali miserie del prossimo. Così avvenne una volta, circa nell'anno quarto del viver suo, che ella stesse presso la cnna di un bambino malato a morte, la di cui madre gli stava accanto. Fu allora che il padre, ubriaco, lanciò in collera verso la moglie una scure, che minacciava nel cadere di fracassare la testa all'ammalato fanciullo. Ardita mente si frappose Anna, Caterina al colpo lanciato; la scure solcò leggermente il di lei capo e deviò dalla cuna. Il bambino fu salvo, e furono così impedite le spaventose conseguenze di quell'attentato.

Un'altra volta vide Anna Caterina siccome alcuni fanciulli nei loro giuochi offendessero la decenza. Ne venne perciò in tale dolore che andò a nascondersi fra le ortiche, e supplicò Iddio di aggradire i dolori che provava, come espiazione di cotesti peccati.

Anche pei giudei provava essa la più intima compassione.

«Il padre mio (così raccontava) mi conduceva talvolta seco quando io era bambina, allorchè egli andava a comprare alcun che da un merciaio giudeo in Hoesfeld. Io mi sentiva sempre, alla vista di quell'uomo infelice, molto mossa a compassione, e doveva spesso piangere amara mente nel pensare che i giudei sono tanto indurati e che non vogliono trovare la salute dell'anima. Oh! quanto sono eglino da compiangere. Non hanno in loro la più piccola idea di quegli antichi santi giudei, siccome sempre li vedo! I giudei attuali derivano, siccome da stipite, dagli antichi perversi giudei farisaici. Io sempre provava un profondo senso della miseria e della cecità di coteste povere genti, eppure spesso trovava che con loro si poteva molto piace volmente parlare d'Iddio! Poveri giudei! una volta possedettero il seme vivente della salute; ma il frutto lo hanno sconosciuto, anzi rigettato. E adesso ne vanno in traccia di bel nuovo! »

12. Ma ben più sorprendente di qualsiasi altra mortificazione in Anna Caterina è quella che consiste nel tanto incominciato e mai interrotto esercizio della preghiera notturna. Sino dal quarto anno dell'età sua incominciò essa a raccorciare quel tempo di notturno riposo, tanto necessario ai fanciulli, per consacrarlo alla pietà. Si tosto i genitori erano iti a dormire che ella lasciava il letticciuolo e pregava insieme all'Angelo suo custode per due o tre ore, e talvolta sino all'alba. Ella amava di fare questo santo esercizio a cielo scoperto; e quindi, allorchè la stagione lo permetteva, usciva cheta cheta dal casolare paterno, e si arrampicava verso un campo situato alquanto più alto, poichè essendo colassù si credeva più vicina a Dio di quello che non pensasse esserlo nel basso; e rivolta col guardo verso la chiesa di Hoesfeld, pregava a braccia aperte. Quantunque non si possa nemmeno ammettere il pensiero che Anna Caterina tanto intraprendesse senza consenso dell'Angelo suo custode (ed in questo dobbiamo riconoscere la disposizione di Dio, il quale. voleva che a lui salisse la notturna preghiera della innocente bambina, ed a ciò le accordava la forza necessaria), non si deve per altro supporre che, in grazia di cotesta speciale fortezza che in lei infuse, cotesto esercizio divenisse leggiero e facile alla delicata pargoletta, e quasi come cosa naturale. No; avviene anzi il più spesso nella direzione arcana di simili anime, che esse, in fedele cooperazione colle grazie ricevute ed in incessante e dolorosa lotta colla fragilità della natura, debbano passando di grado in grado rag giungere quella perfezione loro destinata da Dio. E quindi che la natura tentasse ogni giorno far valere i suoi diritti, e che il di lei debole corpicciuolo esigesse imperiosamente quel riposo, che secondo l'ordine abituale era necessario al suo crescere ed al suo benessere. Soltanto avveniva che l'animosa bambina resistesse e seguisse tosto la voce dell'Angelo che la chiamava a pregare, quand'anche con calde lagrime doveva involontariamente sentire il fremito della umana debolezza. Anna Caterina pensò attentamente ai mezzi di far raggiungere al di lei corpo la prontezza necessaria a sorgere in ogni ora della notte dal sonno; ma non riuscì a trovarne altri più miti che scheggie di legno o funi, che disponeva nel suo letticciuolo in modo da rendersi in ogni guisa malagevole e doloroso il riposo; come pure certe nodose cinture di penitenza che ella tesseva, onde ritrovare per mezzo di pene moltiplicate quella forza, che la sola natura non poteva accordarle. Iddio coronò tanta fedeltà e perseveranza col più splendido successo. Anna Caterina guadagnò ogni dì più sopra sè stessa, sin chè giunse al segno di potersi intieramente privare del sonno naturale in modo tale, che sino al fine della vita, giorno e notte, senza tregua o riposo, diè sempre a vedersi per operosa serva del Signore.

13. Cagionerà forse sorpresa a taluni lettori che la quadrenne bambina fosse in istato di perseverare per due o tre ore nella preghiera, più ancora di quello che ella potesse privarsi sì a lungo del sonno; e meravigliati domanderanno qual potesse mai essere la sostanza di sì lunga preghiera. E questa era altrettanto ricca e molteplice, quanto lo erano le cagioni e le circostanze, per le quali il Signore voleva che a lui ascendesse la preghiera della bambina. Ogni giorno Anna Caterina vedevasi dinanzi agli occhi della mente esposti in visione i varii scopi del suo pregare.

Vedeva in una serie di immagini minacciosi casi di disgrazie, e pericoli di corpo e di anima, a cagione dei quali dovea pregare onde venissero rimossi. Vedeva ammalati impazienti, prigionieri addolorati, moribondi non disposti a morire. Vedeva viaggiatori, genti smarrite o naufraghe; vedeva bisognosi e pusillanimi; vedeva genti vacillanti sull'orlo di un abisso, cui la misericorde provvidenza di Dio soleva far giungere consolazione e salute, siccome frutto di aiuto della di lei preghiera.

Quindi venivale ancora dimostrato in coteste immagini che, ove ella interrompesse le suppliche e le espiazioni, niun altro prenderebbe il di lei posto; e perciò i pericolanti ed i bisognosi resterebbero senza scampo. Il santo Angelo suo custode sosteneva la di lei orazione, e l'ardenza dell'amor del prossimo rendeva la supplicante cotanto ardimentosa dinanzi a Dio, eloquente e perseverante, che le ore della preghiera le sembravan corte, anzichè lunghe.

14. Più specialmente svariate e commoventi divennero coteste visioni collo scoppiare che fece la francese rivoluzione. Anna Caterina fu trasportata in ispirito nel carcere della regina di Francia, Maria Antonietta, e le fu ingiunto di supplicare onde la misera ottenesse consolazione e fortezza. La impressione che la fanciulla ne ricevette fu sì forte, che non potè fare a meno di raccontare il misero stato della regina ai genitori ed ai fratelli, esortandoli a pregar con lei per quella infelice.

Per altro essi non poterono intendere che dir volesse con tutto ciò Anna Caterina; dichiararono tutte coteste sue parole per pure fantasticherie, e le fecero intendere che chiunque fosse davvero così in qua ed in là portato e tutto potesse così vedere, dovrebbe essere poco men che uno stregone od una strega. Un tal discorso la perturbò siffattamente che se ne confessò, ed al solo confessore fu dato di tranquillizzarla. Ella dovette assistere in ispirito a molte esecuzioni, ed implorare col mezzo della preghiera aiuto e consolazione ai morenti, e specialmente al re Luigi XVI.

« Quand'io vidi quel re (così narrava) e molti altri soffrir la morte con tanto abbandono al voler di Dio, pensai sempre in me stessa: Ah! è pur bene per loro l'esser usciti da tanto abbominio! Quando per altro io voleva di ciò raccontare ai genitori, essi credevano che fossi impazzita.

Io mi stava spesso genuflessa piangendo e pregando che Iddio volesse salvare quello e quell'altro, ch'io vedeva in grave pericolo; ed ho difatto veduto e provato, siccome con confidente preghiera possano venir rimossi minacciosi «ed ancor lontani perigli.

15. Quando Anna Caterina, nei susseguenti anni, dovè dar conto all'Overberg, suo direttore spirituale straordinario, della di lei orazione nel tempo della prima gioventù, essa diè per risposta:

« Sin da bambina io pregava meno per me stessa, che per altri; onde non avvenisse verun peccato, e niun'anima andasse perduta. Io dimandava tutto al Signore, e sempre più implorava quanto più otteneva; e mai ne aveva abbastanza; io era tanto ardita con lui e pensava: Egli ha tutto e può tutto, e al certo gli facciamo piacere quando a lui domandiamo alcun che dal fondo del cuore. >>

16. A qual grado di perfezione giungesse per simili esercizi la purità del cuore nella coraggiosa fanciulletta, ne fa a noi testimonianza l'Overberg con queste parole: « Dal sesto anno del viver suo in poi Anna Caterina non conobbe gioia fuorchè in Dio; nè conobbe altre pene o turbamenti fuor quelli che nascevano dal vedere un Dio tanto buono offeso dagli uomini. Quando la mortificazione e l'astinenza incominciarono ad occuparla interamente, ne nacque nel di lei cuore un tale amor di Dio, che ella soleva esclamare pregando: Quando anche non vi fosse nè cielo, nè inferno, nè purgatorio, io tanto ti vorrei, o mio Dio, amare con tutto il cuore al disopra di tutto. »

17. Gran parte della di lei preghiera era da Anna Caterina consacrata alle povere anime del purgatorio, le quali ansiose di soccorso, bene spesso a lei si avvicinavano.

Era tempo d'inverno. Ella di notte s'inginocchiava sulla neve e pregava per loro, sinchè quasi divenisse pel freddo come di sasso, a braccia aperte. Prendeva anco talvolta un tronco di legno tagliato ad angoli acuti, per inginocchiarvisi sopra; o si poneva genuflessa fra le ortiche e con quelle si disciplinava, onde con simili pene render più operativa la sua orazione. In tutto ciò le era bene spesso di sollievo il ricevere ringraziamenti da quelle povere anime così liberate. Intorno a ciò così riferiva essa medesima negli anni susseguenti:

« Mentre io era ancora bambina fui trasportata da per sona a me sconosciuta in un luogo, che mi parve essere il purgatorio. Vidi costà molte anime in grandi pene, che mi supplicavano di orare per loro. Mi pareva come se fossi stata trasportata in un profondo abisso. Vidi anche un largo spazio, la cui vista produceva un' orrenda impressione, ma ad un tempo anche commovente, poichè costà sedevano persone silenziose e dolenti, che pure avevano alcun indizio nel volto di una gioia raccolta nel cuore, e che stavano come se pensassero alla misericordia di Dio. Fuoco costì non ve ne vidi; ma sentiva chiaramente che quelle povere genti soffrivano gravi interni dolori.

« Quand' io pregava con molta vivacità per le povere anime, sentiva spesso voci intorno a me, che dicevano: Ti ringrazio, ti ringrazio! Una volta aveva perduto sulla via che conduce alla chiesa un piccolo reliquiario, donatomi da mia madre. Cotesta perdita mi cagionò grave dolore, e riteneva di aver commesso peccato nel non averne avuta maggior cura. Da ciò avvenne che a sera dimenticai di pregare per quelle povere anime che fossero più care a Dio. Mentre io peraltro andava a raccogliere scheggie di legno onde portarle a casa, mi apparve dinanzi una figura candida ma con qualche macchia nera, e mi disse: Tu mi hai dimenticata. Mi spaventai di molto ed incominciai tosto la tralasciata orazione. Quanto al reliquiario, dopo aver pregato proprio col cuore, lo ritrovai il giorno di poi sotto la neve.

«Quando fui un poco maggiore di età, me ne andava alla prima Messa a Hoesfeld. Onde poter meglio pregare per le povere anime, soleva andarmene per una via solitaria. Se era ancor notte, io vedeva le povere anime a coppia a coppia librarsi in aria dinanzi a me, come perle risplendenti in una fiamma alquanto più scura. La via mi diveniva innanzi affatto luminosa, ed io mi rallegrava in me stessa per averle d'attorno, poichè le conosceva e le amava di molto; difatti anco la notte venivano a me, e desideravano il mio aiuto. »