Scrutatio

Venerdi, 29 marzo 2024 - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi)

CXII - De la excellenzia dove l’anima sta, la quale piglia el predetto sacramento in grazia.

Santa Caterina da Siena

CXII - De la excellenzia dove l’anima sta, la quale piglia el predetto sacramento in grazia.
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— Raguarda, carissima figliuola, in quanta excellenzia sta l’anima ricevendo, come debba ricevere, questo pane della vita, cibo degli angeli. Ricevendo questo sacramento, sta in me e Io in lei; si come il pesce sta nel mare e il mare nel pesce, cosí lo sto ne l’anima e l’anima in me, mare pacifico. In essa anima riniane la grazia, perché, avendo ricevuto questo pane della vita in grazia, rimane la grazia, consumato quello accidente del pane. Io vi lasso la imprompta della grazia mia si come il suggello che si pone sopra la cera calda: partendosi e levando el suggello, vi rimane la imprompta d’esso suggello. Cosí la virtú di questo sacramento vi rimane ne l’anima, cioè che vi rimane il caldo della divina carità, clemenzia di Spirito sancto. Rimanvi ci lume della sapienzia de l’unigenito mio Figliuolo, illuminato l’occhio de l’intelletto in essa sapienzia a cognoscere e a vedere la dottrina della mia Verità ed essa sapienzia. Rimane forte, participando della fortezza mia e potenzia, facendola forte e potente contra la propria passione sua sensitiva, contra le dimonia e contra’l mondo. Si che vedi che le rimane la imprompta, levato che ‘l suggello s’è; cioè che, consumata quella materia, cioè gli accidenti del pane, questo vero Sole si ritorna a la ruota sua; non che fusse staccato, come decto t’ho, ma unito insieme con meco. Ma l’abisso della mia carità, per vostra salute e per darvi cibo in questa vita, dove sète perregrini e viandanti, acciò che aviate refrigerio e non perdiate la memoria del benefizio del Sangue, ve l’ha dato in cibo per mia dispensazione e divina providenzia, sovenendo a’ vostri bisogni dandovelo in cibo questa mia dolce Verità, come decto t’ho.

Si che mira quanto sète tenuti e obligati a me a rendarmi amore, poi che lo tanto v’amo, e perché Io so’ somma ed etterna bontá, degno d’essere amato da voi.