Epilogo
Santa Teresa di Lisieux

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Teresa di Gesù Bambino era già alla fine.
Ai primi di luglio era stata trasferita all'infermeria. Lì aveva
scritto a matita le ultime righe del suo Manoscritto C. Con la febbre
che la divorava, ma ancor più con un amore che la consumava tutta,
aveva concluso il suo quadernetto «d'obbedienza», mormorando parole di
fuoco sulla carità e sull'abbandono fiducioso nella misericordia di
Dio. Era un po' il suo testamento. Il testamento che la legava alle
sorelle e alla Chiesa. Ché in quei giorni i suoi panorami sembravano
allargarsi incredibilmente. I Processi di beatificazione trasmettono
espressioni profetiche che hanno dello strano sulla sua bocca. Si
tratta di certezze che non ammettono dubbi o discussioni. Teresa parla
dei suoi scritti autobiografici come di qualcosa che deve servire a
fare amare Dio; accenna a difficoltà che la loro pubblicazione potrebbe
incontrare; annuncia con termini chiari una sua missione.
Il sabato 17 luglio si era lasciata sfuggire: Sento che sto per entrare
nel riposo... Ma sento soprattutto che sta per cominciare la mia
missione, la mia missione di fare amare il buon Dio come l'amo io, di
comunicare la mia piccola via alle anime. Se il buon Dio esaudirà i
miei desideri, il mio cielo scorrera' sulla terra sino alla fine del
mondo. Si, voglio passare il mio cielo a fare del bene sulla terra. Ciò
che non è impossibile, perché gli Angeli, pur restando immersi nella
visione beatifica, vegliano su di noi. Non potrò godere del riposo
finché ci saranno anime da salvare. Ma quando l'Angelo avrà detto: Il
tempo non è più!, allora mi riposerò, potrò gioire, perché il numero
degli eletti sarà completo, e tutti saranno entrati nella gioia e nel
riposo. Il mio cuore trasalisce a questo pensiero...
Erano le idee che la possedevano in pieno in quei giorni. Il 13 luglio
aveva scritto al chierico M. Bellière: Oh! fratello mio, come sono
felice di morire!... Sono felice di morire, perché sento che questa è
la volonta del buon Dio e che, molto più d'ora, potrò essere utile alle
anime... Quando il mio caro fratellino partirà per l'Africa, lo
seguirò, e non solo col pensiero... Più che parlargli nel linguaggio
della terra, sarò di continuo accanto a lui, vedrò tutto quello che gli
è necessario e non darò pace al buon Dio finché non mi avrà dato quanto
desidero. Il giorno seguente era al p. Roulland che si rivolgeva: Conto
molto di non stare inattiva in cielo, il mio desiderio è di lavorare
ancora per la Chiesa e per le anime. E' quello che domando al buon Dio,
e sono sicura che egli mi esaudirà. Forse che gli Angeli non si
occupano continuamente di noi senza cessare mai di contemplare il volto
di Dio, di perdersi nell'oceano senza rive dell'Amore? Perché Gesù non
mi dovrebbe permettere d'imitarli?... Ciò che mi attira verso la patria
dei cieli, è la chiamata del Signore, è la speranza di amarlo
finalmente come ho tanto desiderato e il pensiero che potrò farlo amare
da una moltitudine di anime che lo benediranno in eterno. Mentre queste
speranze sbocciano nel suo spirito, Teresa è immersa nella notte più
oscura.
Dalla Pasqua del 1896 la sua fede è sottoposta alle tentazioni più
violente. È una specie di agonia, ben più terribile di quella fisica,
che l'accompagnerà fino alla morte. Anche se esternamente pare nella
letizia, se le sue poesie e le sue lettere paiono riflettere la gioia
di una creatura per la quale il velo della fede già si è squarciato,
essa è in un “tunnel” di tenebra, senza un raggio di luce.
Colpita della condizione dei fratelli senza fede, perché essi potessero
giungere alla luce dell'incontro con Cristo, aveva pregato il Signore
di essere ammessa «alla tavola dei peccatori». Il Signore l'aveva presa
in parola, e le sue ultime settitnane più che mai diventarono una
laboriosa ricerca di Dio nell'oscurità e nelle tenebre, un cantare ciò
che voleva credere, un abbandonarsi generoso a Colui che si nascondeva
per farsi cercare di più. Da lei e, con lei, da tante creature che essa
fratemamente portava nel suo cuore.
Nell'agosto, mentre il suo corpo andava consumandosi, le sfuggì una
confessione che ha del tragico. Sapeste quali pensieri spaventosi
m'ossessionano! Va imponendosi al mio spirito il ragionamento dei
peggiori materialisti. Più tardi, in virtù dei nuovi continui
progressi, la scienza spiegherà tutto naturalmente, si darà una ragione
di evidenza a tutto quello che esiste e che ancora costituisce
problema. Quante cose infatti sono ancora da scoprire! ecc. Io sogno di
fare del bene dopo la mia morte, ma non lo potrò fare!... Avere simili
pensieri quando si ama tanto il buon Dio! In fin dei conti offro tutto
questo per ottenere la luce della fede ai poveri increduli! Ma è
proprio il 10 agosto che, dopo aver contemplato una immagine di
Giovanna d'Arco prigioniera, esclama: I santi incoraggiano anche me
nella mia prigione. Mi dicono: Fino a quando sei nei ceppi, non puoi
assolvere la tua missione; ma più tardi, dopo la tua morte, verrà il
tempo delle tue conquiste. Comunque, anche legata al letto, ancor
«prigioniera», già si dava apostolicamente con un fervore commovente.
Se, ancora in piedi, nonostante la spossatezza, si trascinava ogni
giorno nella «passeggiata» impostale dall'obbedienza, «camminando per
un missionario», ora, convinta dell'inutilità delle medicine, continua
ugualmente a prenderle, «per un missionario che non ha possibilità di
procurarsele»; per le anime offre tutto quello che ha, anche se questo
la porterà a presentarsi a Dio «a mani vuote»; per un suo confratello
che ha lasciato l'Ordine e percorre la Francia seminando l'errore,
prega, soffre e offre la sua ultima comunione il 17 agosto, festa di
San Giacinto e onomastico del povero ex padre Loyson. E si abbandona,
come dice a suor Maria del Sacro Cuore, a progetti, relativi alle
grandi cose che farà in Cielo...
Tornare sulla terra, recarsi lontano per aiutare i missionari, fare il
possibile perché i bambini non muoiano senza il battesimo. Alla madre
Maria di Gonzaga confida: Non mi rimane nulla in mano. Tutto quello che
ho, tutto quello che guadagno è per la Chiesa e per le anime. E non
teme di affermare che vuole acquistare meriti. Ma soggiunge subito: Si.
Però non per me. Per i poveri peccatori, per le necessità di tutta la
Chiesa, infine per gettare fiori a tutto il mondo, a giusti e
peccatori. Pensa soprattutto ai fratelli senza fede, a quelli alla cui
«mensa» aveva voluto sedere per portarli a Dio. E nelle ore angosciose,
ossessionata da pensieri che vorrebbero strapparle nella fede il suo
più grande tesoro, esclama: Offro tutte queste pene molto grandi per
ottenere la luce della fede ai poveri increduli, per tutti coloro che
s'allontanano dalla fede della Chiesa. Intanto la malattia progredisce.
Se il 5 agosto cessano le emottisi violente che la tormentano dal 6
luglio, la tisi va facendo passi molto grandi. Di tanto in tanto la
morte sembra imminente. Teresa, la quale confessa candidamente di non
capire nulla della sua malattia, si abbandona tranquillamente. Attende
che giunga il «ladro», un ladro di cui non ha affatto paura. «Il ladro
è alla porta, le si dice; ne ha timore?». Per nulla, risponde. Non è
alla porta, ma già dentro. Ma cos'è che lei chiede, Madre? Se ho paura
del ladro? Come vuole che abbia paura di uno che amo tanto! Ma il ladro
gioca, pare. Teresa non se ne preoccupa: Non desidero di morire più che
di vivere: amo quello che Egli fa. Tuttavia le sofferenze vanno
aumentando. Le notti si fanno lunghe e insonni, piene di sofferenze e
di incubi.
Di giorno l'oppressione, resa più pesante dal calore, le toglie il
respiro. Non ne può più. Anche il lento e sommesso salmodiare delle
sorelle le è un martirio. I nervi non reggono. Scongiura perché si
preghi per lei: Sapeste che cosa avviene. Quanto poco basterebbe per
perdere la pazienza... Non lo avrei mai creduto! Una espressione che
richiama quella dell'11 agosto: Non avrei mai immaginato di soffrire
tanto. Le sfuggono dei piccoli gridi involontari di sofferenza. Sembra
soffocare. Ha l'impressione di essere distesa su delle punte dolorose.
Non si sa, le sfugge, cosa significhi soffrire in tal modo. E avverte
«di non lasciare a sua disposizione delle medicine velenose per uso
esterno, consigliando di non lasciarne mai a portata di malati che
soffrirebbero fino a perder la ragione». Sarà quello che ripeterà
ancora a tre giorni dalla morte a suor Maria della Trinità: Ah! se non
avessi la fede, non potrei mai sopportare tante sofferenze. Mi
meraviglio che tra coloro che non hanno fede non siano più numerosi
quelli che si suicidano. Tuttavia è felice di soffrire. Non si pente di
essersi consacrata all'amore. Vuole vivere fino in fondo la sua grazia
di sofferente. Ed è perfino lieta d'una giocondità contagiosa.
Suor Maria dell'Eucaristia lo rivela ripetutamente nei biglietti che
scrive al padre, il Sig. Guérin, dandogli il resoconto della malattia
di Teresa. «Ha sempre pronta la parola per far ridere... Se vedessi la
nostra cara malatina, non potresti ritenerti dal ridere; bisogna che
dica sempre qualcosa d'allegro. Dal momento che si è vista sicura di
morire, è gaia quanto un fringuello. Ci sono dei momenti nei quali si
pagherebbe il posto per esserle accanto... Quanto al morale, è sempre
la stessa cosa, la stessa allegria, facendo ridere tutti coloro che
l'avvicinano...». Dove la sorente, la vena nascosta di tanta letizia in
mezzo a tanti dolori? E’ contenta solo della volontà di Dio, dirà alla
fine d'agosto: Sono contenta di soffrire perché il buon Dio lo vuole.
Avvicinandosi la fine, il suo cuore si dilata. La sofferenza aumenta,
ma aumentano anche il realismo e la coerenza con cui l'accetta. Che
cos'è scrivere belle cose sulla sofferenza? Nulla, nulla! Bisogna
esserci per sapere!... Volevo soffrire per il Signore, ed è vero che lo
desidero. E insieme riconosce che tutta la forza le viene da Dio. Cosa
diverrei se d Signore misericordioso non mi desse energia?... Oh! come
deve essere buono il Signore, perché io riesca a sopportare tutto
quello che soffro! Si sente il bambino al quale il Padre dà momento per
momento quel poco che può sopportare. E ritorna di frequente a questo
riferimento al bambino, tanto che madre Agnese le chiede in agosto il
significato dell'immagine.
E Teresa: Restare piccolo è riconoscere il proprio nulla, è attendere
tutto dal buon Dio, è non inquietarsi a dismisura delle proprie colpe.
Infine non è guadagnare fortuna, non inquietarsi di nulla. Anche presso
i poveri, finché il bimbo è piccolo, gli si da' quanto è necessario. Ma
appena diventa grande, suo padre non vuole più mantenerlo, e gli dice:
«Adesso lavora! Puoi bastare a te stesso». Proprio per non sentire
questo non ho mai voluto crescere. Non mi sento capace di guadagnarmi
la vita, la vita eterna. Fin dal 21 settembre Teresa avverte d'essere
in una specie di agonia continua. Il 29 ci sarà il crollo. A
mezzogiorno, rivolgendosi alla Priora, le dirà: Madre mia, è l'agonia?
Come farò a morire? Non saprò mai morire! E dopo la visita del dottore
chiederà ancora: E oggi?, manifestando la sua felicità alla risposta
affermativa. Tuttavia il dolore la strazierà fino alla fine. Non ne
posso più. Pregate per me. Se sapeste! Dopo Mattutino, di fronte al
protrarsi delle sofferenze in aumento, gemerà: Sì, mio Dio, sì.. voglio
proprio tutto. 30 settembre Teresa l'inaugurò con un pensiero alla
Vergine. Per tutti quei mesi di martirio, aveva intensificato la sua
unione contemplativa con la Madonna.
Lo sguardo continuamente si era soffermato sulla statua del «Sorriso»,
trasferita in infermeria il giorno stesso nel quale vi era scesa
Teresa. E a lei che si appoggia nell'ora grande. Come Gesù sulla Croce,
guarda alla Madre. E da lei invoca la grazia di prepararla all'incontro
con Dio. Nelle lunghe ore nelle quali va spegnendosi, dalle sue labbra
escono espressioni che rivelano il suo stato, che dicono tutto il suo
abbandono fedele al Signore. Il calice, è pieno fino all'orlo! Dio mio,
sì, tutto quello che vuoi. Ma abbi pietà di me. Dio mio, Dio mio, voi
siete tanto buono!... Oh, sì, voi siete buono, io lo so. Verso le tre
del pomeriggio, Teresa mise le braccia in croce. Madre Maria di Gonzaga
le posò sulle ginocchia un'immagine della Madonna del Carmelo del Van
Oer. La guardò un istante, e poi: Madre mia, mi presenti subito alla
Vergine Santa. Mi prepari a ben morire.
La Priora le rispose che, avendo sempre capito e praticato l'umiltà, la
preparazione era fatta. Teresa, riflettuto un attimo, uscì umilmente
nell'asserzione: Si, mi pare di avere sempre cercato solo la verita!
Sì, ho capito l'umiltà del cuore. Poi cominciò a farsi più viva la
sofferenza. Una sofferenza dal volto nuovo, tuttavia. Teresa, pur nel
martirio più doloroso, sembrava illuminata da una gioia profonda, da
una forza sovrumana. Fu allora che le sfuggirono le parole: Tutto
quello che ho scritto sui miei desideri di soffrire corrisponde
perfettamente alla verità. Non mi pento di essermi offerta all'Amore.
Oh, no, non mi pento di essermi offerta all'Amore, anzi...Non avrei mai
creduto possibile soffrire tanto! Mai! Mai! Non posso spiegarmelo se
non con i desideri ardenti che ho avuto di salvare le anime.
Ebbene. Avanti, avanti!... Non vorrei soffrire meno. Poi, verso le
diciannove e qualche minuto, guardando il Crocifisso, le ultime parole:
Oh... l'amo!... Dio mio... Vi amo!... Appena ebbe dette queste parole,
Teresa cadde dolcemente indietro, la testa reclinata leggermente a
destra. La madre Maria di Gonzaga richiamò in fretta la comunità,
allontanata qualche istante prima, quando le condizioni dell'inferma
sembravano stazionarie. E tutte le consorelle furono testimoni di una
espressione di gioia, ammirazione, tranquillità che per lo spazio di un
Credo il volto della morente, stranamente tornato al suo colore, sembrò
avere, mentre gli occhi erano fissi verso l'alto, al di sopra della
statua della Madonna del Sorriso. Poi, serenamente diede l'ultimo
respiro. Erano le 19,20 circa del 30 settembre 1897. Io non muoio:
entro nella vita, aveva scritto il 9 giugno precedente a Maurizio
Bellière. Quel giovedì sera Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo
entrava veramente nella vita. Aveva inizio «il tempo delle sue
conquiste». Dal cielo cominciava a far scendere la «pioggia di rose»
promessa.
PREGHIERA ALLO SPOSO
DIVINO
Teresa la scrisse per sé
in occasione della sua professione religiosa e ne portò l'autografo sul
cuore per tutto quel giorno. 8 settembre 1890.
O Gesù, mio Sposo divino!
che io non perda mai la seconda veste del mio battesimo! prendimi prima
che commetta la più leggera colpa volontaria. Che io non cerchi e non
trovi mai se non te solo, che le creature siano un niente per me e che
io sia un niente per loro, ma tu, Gesù, sii tutto! Che le cose della
terra non possano mai turbare la mia anima, che niente turbi la mia
pace. Gesù, non ti domando che la pace, ed anche l'amore, l'amore
infinito senza altro limite che te, l'amore per cui non sia più io, ma
te, o Gesù! Gesù, che per te io muoia martire, il martirio del cuore o
del corpo, o piuttosto tutti e due! Concedimi di adempiere ai miei voti
in tutta la loro perfezione e fammi comprendere ciò che dev'essere una
sposa per te. Fa' che io non sia mai di peso alla comunità, ma che
nessuno si occupi di me, che io sia considerata come qualcosa da
calpestare, dimenticata come un granellino di sabbia tuo, o Gesù! Che
la tua volontà si compia in me perfettamente, che io raggiunga il posto
che tu sei andato avanti a me a prepararmi Gesù, fa' che io salvi molte
anime, che oggi neppure una sia dannata e che tutte le anime del
purgatorio siano liberate. Gesù, perdonami se dico cose che non si
devono dire: io non voglio che rallegrarti e consolarti!
ATTO D'OFFERTA ALL'AMORE
MISERICORDIOSO DI DIO'. J.M.J.T.
Offerta di me stessa
come vittima d'olocausto all'Amore misericordioso del Buon Dio.
Mio Dio! Trinità beata, desidero amarvi e farvi amare, lavorare per la
glorificazione della santa Chiesa, salvando le anime che sono sulla
terra e liberando quelle che sono nel purgatorio. Desidero compiere
perfettamente la vostra volontà e arrivare al grado di gloria che
m'avete preparato nel vostro regno. In una parola, desidero essere
santa, ma sento la mia impotenza e Vi domando, o mio Dio, di essere voi
stesso la mia santità. Poiché mi avete amata fino a darmi il vostro
unico Figlio perché fosse il mio salvatore e il mio sposo, i tesori
infiniti dei suoi meriti appartengono a me ed io ve li offro con gioia,
supplicandovi di non guardare a me se non attraverso il volto di Gesù e
nel suo cuore bruciante d'amore. Vi offro inoltre tutti i meriti dei
Santi (che sono in cielo e sulla terra), i loro atti d'amore e quelli
dei santi Angeli; vi offro infine, o beata Trinità, l'amore e i meriti
della santa Vergine, mia madre diletta. A lei abbandono la mia offerta
e la prego di presentarvela. Il suo Figlio divino, mio sposo diletto,
nei giorni della sua vita mortale, ci ha detto «Tutto ciò che
domanderete al Padre in nome mio, ve lo darà!». Sono dunque certa che
esaudirete i miei desideri; lo so, mio Dio, più volete dare, più fate
desiderare. Sento nel mio cuore desideri immensi e vi chiedo con tanta
fiducia di venire a prendere possesso della mia anima. Ah! non posso
ricevere la santa comunione così spesso come vorrei, ma, Signore, non
siete l'Onnipotente?... Restate in me come nel tabernacolo, non
allontanatevi mai dalla vostra piccola ostia... Vorrei consolarvi
dell'ingratitudine dei cattivi e vi supplico di togliermi la libertà di
dispiacervi. Se qualche volta cado per mia debolezza, il vostro sguardo
divino purifichi subito la mia anima consumando tutte le mie
imperfezioni, come il fuoco che trasforma ogni cosa in se stesso... Vi
ringrazio, o mio Dio, di tutte le grazie che m'avete accordato, in
particolare di avermi fatta passare attraverso il crogiolo della
sofferenza. Sarò felice di vedervi comparire, nel giorno finale, con lo
scettro della croce. Poiché vi siete degnato di darmi come eredità
questa croce tanto preziosa, spero di rassomigliare a voi nel cielo e
di veder brillare sul mio corpo glorificato le sacre stimmate della
vostra passione. Dopo l'esilio della terra, spero di venire a godervi
nella patria, ma non voglio ammassare dei meriti per il cielo, voglio
lavorare solo per vostro amore, con l'unico scopo di farvi piacere, di
consolare il vostro Sacro Cuore e di salvare anime che vi ameranno
eternamente. Alla sera di questa vita, comparirò davanti a voi a mani
vuote, perché non vi chiedo, Signore, di contare le mie opere. Tutte le
nostre giustizie hanno macchie ai vostri occhi. Voglio perciò
rivestirmi della vostra giustizia e ricevere dal vostro amore il
possesso eterno di voi stesso. Non voglio altro trono e altra corona
che voi, o mio Diletto!... Ai vostri occhi il tempo è nulla. Un giorno
solo è come mille anni, e perciò potete prepararmi in un istante a
comparire davanti a voi... Per vivere in un atto di perfetto amore, mi
offro come vittima d'olocausto al vostro amore misericordioso,
supplicandovi di consumarmi senza posa, lasciando traboccare nella mia
anima i flutti d'infinita tenerezza che sono racchiusi in voi, e così
possa diventare martire del vostro amore, o mio Dio!... Che questo
martirio, dopo avermi preparata a comparire davanti a voi, mi faccia
infine morire e la mia anima si slanci senza alcuna sosta verso
l'eterno abbraccio del vostro amore misericordioso... Voglio, o mio
Diletto, ad ogni battito del cuore rinnovarvi questa offerta un numero
infinito di volte, fino a che, svanite le ombre, possa ridirvi il mio
amore in un a faccia a faccia eterno!... Maria Francesca Teresa del
Bambino Gesù e del Volto Santo Gesù! rel. carm. md. Festa della
Santissima Trinità, il 9 giugno dell'anno di grazia 1895.
VIVO D’AMORE
Alla sera d’Amore, parlando senza parabole, Gesù diceva: “Se qualcuno
mi vuole amareper tutta la vita, osservi la mia parola. Mio Padre ed Io
verremo a visitarlo. E facendo del suo cuorela nostra dimora, venendo a
lui lo ameremo sempre!… Pieno di pace, vogliamo che dimori nel nostro
cuore!… Viver d’amore è vivere della tua Vita, Re glorioso, delizia
degli Eletti! Tu vivi per me, nascosto nell’ostia… Io voglio per Te
nascondermi, o Gesù! Agli amanti occorre solitudine, un cuore a cuore
che duri notte e giorno. Solo il Tuo sguardo fa la mia beatitudine.
Vivo D’amore! Morire d’amore, ecco la mia speranza. Quando vedrò
spezzarsi i miei lacci, il mio Dio sarà la mia Gran Ricompensa: non
voglio possedere altri beni. Del suo amore voglio essere infiammata,
voglio vederlo, unirmi a Lui per semopre. Ecco il mio cielo… ecco il
mio destino. Vivere d’Amore!
PRINCIPALI DATE DELLA VITA DI TERESA MARTIN
1873 2 gennaio, giovedì: nascita ad Alencon (Orne), rue Saint-Blaise.
4 gennaio, sabato: battesimo nella chiesa di Notre Dame d'Alencon con i nomi di Maria Francesca Teresa.
29 marzo, sabato: è messa a balia presso Rosa Taillé a Semallé (Orne).
1874 2 aprile, giovedì: defimtivo ritorno alla casa paterna.
1877 28 agosto, martedì: morte della mamma, signora Zélie Martin.
29 agosto, mercoledì: Teresa sceglie la sorella Paolina per seconda mamma.
16 novembre, venerdì: la famiglia Martin si trasferisce nella nuova dimora dei «Buissonnets» a Lisieux (Calvados).
1878 8 agosto, giovedì: gita a Trouville.
1879 Verso la fine dell'anno: prima confessione di Teresa.
1879-1880 Visione profetica della malattia di suo padre.
1881 3 ottobre, lunedì: semiconvittrice all'Abbazia delle Benedettine di Lisieux.
2 ottobre, lunedì: Paolina entra nel Carmelo di Lisieux. Al termine dell'anno: Teresa comincia a soffrire di continui mal di testa.
Fine marzo, circa Pasqua: cade gravemente ammalata. 13 maggio, domenica di Pentecoste: sorriso della Madonna e guarigione miracolosa.
8 maggio, giovedì: prima Comunione di Teresa all'Abbazia delle Benedettine e Professione religiosa di suor Agnese di Gesù (Paolina) al Carmelo.
22 maggio, giovedì di Ascensione: seconda Comunione di Teresa.
14 giugno, sabato: Cresima, ricevuta dalle mani di Mons. Hugonin, Vescovo di Bayeux e Lisieux.
21 maggio, giovedì: celebrazione dell'anniversario della prima Comunione. Durante il ritiro di preparazione è assalita dalla <4erribile malattia degli scrupoli».
Marzo: Teresa lascia la vita di semiconvittrice all'Abbazia delle Benedettine.
31 maggio, lunedì: Teresa è ammessa nella Congregazione delle Figlie di Maria, presso le Benedettme.
15 ottobre, venerdì: entrata al Carmelo di Lisieux di Maria, sorella maggiore e madrina di Teresa. Fine ottobre: per intercessione dei fratelli in cielo, Teresa è guarita dagli scrupoli.
25 dicembre, sabato: grazia di Natale, da lei chiamata «conversione».
29 maggio, domenica di Pentecoste: Teresa chiede a suo padre il permesso di entrare al Carmelo a 15 anni. Prima della fine di luglio, una domenica: grazia di zelo per la salvezza delle anime, ricevuta contemplando un'immagine di Gesù crocifisso.
31 agosto, mercoledì: conversione di Pranzini.
31 ottobre, lunedì: visita al Vescovo di Bayeux per sollecitare l'autorizzazione ad entrare al Carmelo.
4 novembre, venerdì: partenza da Lisieux per Roma e visita al santuario di Notte-Dame des Victoires, a Parigi.
20 novembre, domenica: Teresa ricevuta in udienza da papa Leone XIII.
2 dicembre, venerdì: ritorno a Lisieux.
1888
1 gennaio, domenica: Teresa riceve la risposta affermati-va di Mons. Hugonin circa il suo ingresso al Carmelo.
9 aprile, lunedì: Teresa entra nel Carmelo di Lisieux.
22 maggio, martedì: Professione di suor Maria del Sacro Cuore, sua sorella maggiore.
1889
10 gennaio, giovedì: Vestizione religiosa di Teresa.
12 febbraio, martedì: il signor Martin lascia Lisieux per entrare in una casa di salute, a Caen. Luglio: grazia di unione alla Santa Vergine, nell'eremitaggio di Santa Maddalena.
1890
8 settembre, lunedì: Professione religiosa di Teresa.
24 settembre, mercoledì: Teresa prende il velo di carmelitana.
1891
8-15 ottobre: esercizi spirituali della comunità predicati da padre Alessio Prou, recolletto, che stimola Teresa sulla via della confidenza e dell'amore.
5 dicembre, sabato: morte di madre Genoveffa di Santa Teresa, fondatrice del Carmelo di Lisieux.
1893
20 febbraio, lunedì: suor Agnese di Gesù (Paolina) èeletta priora del monastero e, poco dopo, Teresa viene affidata a madre Maria di Gonzaga come aiuto per la formazione delle novizie.
1894
29 luglio, domenica: morte di Luigi Martin, padre di Teresa.
14 settembre, venerdì: entrata della sorella Celina al Carmelo di Lisieux.
1895
Gennaio: madre Agnese di Gesù chiede a Teresa di -scrivere i suoi ricordi d'infanzia.
9 giugno, domenica, festa della santissima Trinita': Teresa si offre come vittima all'Amore misericordioso di Dio.
14 giugno, venerdì: ferita d'amore divino durante la «Via Crucis».
17 ottobre, giovedì: Teresa è scelta dalla madre priora per divenire sorella spirituale di un futuro Missionario, il seminarista Bellière, che entrerà tra i Padri Bianchi.
1896
20 gennaio, lunedì: Teresa consegna alla madre Agnese di Gesù il quaderno dei suoi ricordi (Manoscritto A).
24 febbraio, lunedì: Professione di Celina, divenuta suor Genoveffa di Santa Teresa.
21 marzo, sabato: madre Maria di Gonzaga, rieletta prio ra, conferma a Teresa l'incarico di sottomaestra delle novizie. Notte dal 2 al 3 aprile, giovedì-venerdì della Settimana Santa: prima emottisi.
5 aprile, domenica di Pasqua o giorni seguenti: inmio delle tentazioni contro la fede, che durerà fino alla morte di Teresa.
10 maggio, domenica: il sogno più consolante della sua vita.
30 maggio, sabato: madre Maria di Gonzaga affida a Teresa, come secondo fratello spirituale, padre Adolfo Roulland delle Missioni Estere.
13-16 settembre: Teresa, a richiesta di suor Maria del Sacro Cuore, scrive le pagine che formeranno lo scritto autobiografico B.
1897
3 giugno, giovedì: madre Maria di Gonzaga, priora, ordina a Teresa di completare il racconto della sua vita, scrivendo i ricordi degli anni trascorsi al Carmelo.
8 luglio, giovedì: Teresa lascia la sua cella per l'infermeria del monastero.
8-10 luglio: traccia a matita le ultime righe del terzo manoscritto autobiografico (C).
30 luglio, venerdì: riceve l'Estrema Unzione.
19 agosto, giovedì: ultima Comunione.
30 settembre, giovedì: verso le sette e venti di sera, Teresa spira, in un'estasi d'amore.
4 ottobre, lunedì: sepoltura nel cimitero di Lisieux.
1925
17 maggio: Roma, nella Basilica di S. Pietro, Teresa di Gesù Bambino viene proclamata santa.
1927
14 dicembre: Teresa di Gesù Bambino è proclamata da Pio XI Patrona principale, con Francesco Saverio, di tutte le Missioni.
La Storia di un'anima, insieme ad altri scritti di Thérèse Martin (1873-1897), carmelitana del Carmelo di Lisieux, fu pubblicata per la prima volta nel 1898, a un anno dalla morte della sua straordinaria autrice. La piccola Teresa conquistava il mondo, rivelandosi maestra di primo piano delle vie di Dio. È quindi comprensibile che Teresa sia stata proclamata Dottore della Chiesa, terza donna in due millenni di storia cristiana. A cento anni di distanza, il racconto autobiografico della sua breve vita continua a ispirare grandi scrittori e registi, ma soprattutto a parlare al cuore di donne e uomini di oggi, in tutto il mondo.