8. Sposa di Cristo (1890-1896)
Santa Teresa di Lisieux

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Cammino nell'aridità -
Giorno senza nubi della professione religiosa - Velazione - L'ultima
lacrima di una santa - Epidemia al Carmelo - Ineffabile consolazione -
Sulla via della confidenza e dell'amore - Desideri realizzati - Entrata
di Celina nel Carmelo - Alla scuola di san Giovanni della Croce -
Vittima dell'Amore misericordioso.
215 - Prima di parlarle di questa prova, avrei dovuto, Madre mia cara,
parlarle del ritiro che precedette la mia professione; lungi dal
portarmi consolazioni, mi recò l'aridità più assoluta e quasi
l'abbandono. Gesù dormiva come sempre nella mia navicella; ah, vedo
bene che di rado le anime lo lasciano dormire tranquillamente in loro
stesse. Gesù è così stanco di sollecitare sempre con favori e di
prendere le iniziative, che si affretta a profittare del riposo che io
gli offro. Non si sveglierà certamente prima del mio grande ritiro
dell'eternità, ma, invece di addolorarmi, ciò mi fa un piacere immenso.
In verità, sono ben lungi da essere santa, già questo di per sé ne è
prova; invece di rallegrarmi per la mia aridità, dovrei attribuirla al
mio poco fervore e alla mia scarsa fedeltà, dovrei sentirmi desolata
perché dormo (da sette anni) durante le mie orazioni e i miei
ringraziamenti; ebbene, non mi affanno per questo; penso che i bimbi
piccoli piacciono ai loro genitori quando dormono come quando sono
svegli, penso che per fare delle operazioni i medici addormentano i
malati. Infine, penso che «il Signore vede la nostra fragilità, e si
ricorda che noi siamo soltanto polvere»
216 - il mio ritiro di professione fu, dunque, come tutti quelli
successivi, aridissimo; tuttavia il buon Dio mi mostrava chiaramente,
senza che io me n'accorgessi, il mezzo per piacergli e praticare le
virtù più sublimi. Ho notato varie volte che Gesù non vuole darmi
provviste, mi sostiene minuto per minuto, con un nutrimento affatto
nuovo, lo trovo in me senza sapere come ci sia. Credo semplicemente che
sia Gesù stesso nascosto in fondo al mio povero cuore che mi fa grazia
di agire in me e mi fa pensare tutto quello che vuole ch'io faccia nel
momento presente. Qualche giorno prima della mia professione ebbi la
felicità di ricevere la benedizione del Sommo Pontefice; l'avevo
sollecitata per mezzo del buon fratel Simeone per Papà e per me, e fu
una grande consolazione poter rendere al mio Babbo caro la grazia che
egli mi aveva procurata conducendomi a Roma.
217 - Finalmente il giorno bello delle mie nozze arrivò, fu senza nubi,
ma il giorno avanti si alzò nell'anima mia una tempesta come non ne
avevo mai viste. Non mi era ancora mai venuto un solo dubbio sulla mia
vocazione, bisognava che conoscessi questa prova. La sera, facendo la
Via Crucis dopo Mattutino, la mia vocazione mi apparve come un sogno,
una chimera... Trovavo bellissima la vita del Carmelo, ma il demonio
m'ispirava la sicurezza che non era fatta per me, che avevo ingannato
le superiore procedendo in una strada alla quale non ero chiamata. Le
mie tenebre erano così grandi che vedevo e capivo una cosa sola: non
avevo la vocazione!... Ah, come descrivere l'angoscia dell'anima mia?
Mi pareva (cosa assurda, che dimostra come quella tentazione fosse dal
demonio) che se avessi detto le mie paure alla Maestra, questa mi
avrebbe impedito di pronunziare i santi voti; tuttavia volevo fare la
volontà di Dio e ritornare nel inondo piuttosto che restare nel Carmelo
facendo la mia; feci dunque uscire la mia Maestra e piena di confusione
le dissi lo stato della mia anima... Fortunatamente vide più chiaro di
me e mi rassicurò completamente; d'altra parte l'atto di umiltà che
avevo fatto aveva messo in fuga il demonio, il quale pensava forse che
io non avrei osato confessare la tentazione. Appena ebbi finito di
parlare i dubbi scomparvero; per rendere più completo il mio atto di
umiltà, volli ancora confidare la mia strana tentazione a Nostra Madre,
la quale si contentò di ridere di me.
218 - La mattina dell'8 settembre mi sentii inondata da un fiume di
pace, e in questa pace «che superava ogni sentimento» pronunciai i miei
santi voti. La mia unione con Gesù ebbe luogo non in mezzo a folgori e
lampi, cioè tra grazie straordinarie, ma nel soffio di un vento lieve
simile a quello che sentì sulla montagna il nostro padre sant'Elia.
Quante grazie chiesi quel giorno! Mi sentivo veramente la Regina,
profittavo del mio titolo per liberare i prigionieri, ottenere i favori
del Re verso i suoi sudditi ingrati, infine volevo liberare tutte le
anime del Purgatorio e convertire i peccatori. Ho pregato molto per la
mia Madre, per le mie Sorelle care, per tutta la famiglia, ma
soprattutto per il mio Babbo, tanto provato e così santo. Mi sono
offerta a Gesù affinché Egli compia perfettamente in me la sua volontà
senza che mai le creature vi pongano ostacolo. Quel giorno bello passò
come i più tristi, poiché i più radiosi hanno un domani, ma senza
tristezza deposi la mia corona ai piedi della Vergine Santa, sentivo
che il tempo non avrebbe portato via la mia felicità. Che festa bella,
la natività di Maria per divenir la sposa di Gesù! Era la Santa Vergine
bambinella di un giorno che presentava il suo fiore piccino a Gesù
Bambino. Quel giorno lì tutto era piccolo, eccettuate le grazie e la
pace che io ricevetti, eccettuata la gioia serena che provai la sera,
guardando scintillare le stelle, e pensando che ben presto il cielo
bello si sarebbe aperto ai miei occhi rapiti, e che avrei potuto unirmi
al mio Sposo in una letizia eterna.
219 - Il 24 ebbe luogo la cerimonia della mia velazione, la giornata
intera fu velata di lacrime. Papà non c'era per benedire la sua regina.
Il Padre era in Canada. Monsignor Vescovo, il quale doveva venire e
pranzare poi da mio zio, si trovò malato e non venne nemmeno lui,
insomma tutto fu tristezza e amarezza. Tuttavia la pace, sempre la pace
si trovava in fondo al calice. In quel giorno Gesù permise che io non
potessi trattenere le mie lacrime, le mie lacrime non furono capite...
In verità, avevo sopportato senza piangere prove ben più grandi, ma
allora ero aiutata da una grazia potente; invece il 24 Gesù mi lasciò
alle mie proprie forze e mostrai quanto erano piccole.
220 - Otto giorni dopo la mia velazione ci fu il matrimonio di
Giovanna. Dirle, Madre mia cara, quanto il suo esempio m'istruì
riguardo alle premure che una sposa deve prodigare al proprio sposo, mi
sarebbe impossibile; ascoltavo avidamente tutto quello che potevo
impararne perché non volevo fare per il mio Gesù amato meno di quanto
Giovanna faceva per Francesco, una creatura senza dubbio molto
perfetta, ma pur sempre una creatura. Mi divertii anche a comporre una
lettera d'invito per paragonarla alla sua, ecco com'era concepita:
Lettera d'invito alle nozze del Volto Santo.
Iddio Onnipotente, Creatore del cielo e della terra, Sovrano Dominatore
del mondo, e la gloriosissima Vergine Maria, Regina della Corte
celeste, partecipano il Matrimonio del loro Augusto Figlio, Gesù, Re
dei re e Signore dei signori, con la Signorina Teresa Martin,
attualmente Dama e Principessa dei regni portati in dote dal suo Sposo
Divino, cioè: l'Infanzia di Gesù e la sua Passione, essendo suoi titoli
di nobiltà: di Gesù Bambino e del Volto Santo. di suor Teresa di Gesù
Bambino e ll Signor Luigi Martin, Proprietario e Sire delle Signorie
della Sofferenza e della Umiliazione, e la Signora Martin, Principessa
e Dama d'Onore della Corte celeste, partecipano il Matrimonio della
loro figlia Teresa con Gesù il Verbo di Dio, seconda Persona
dell'Adorabile Trinità, il quale, per opera dello Spirito Santo si è
fatto Uomo e Figlio di Maria, la Regina dei Cieli. Non avendo potuto
invitarvi alla benedizione nuziale che è stata data loro sulla montagna
del Carmelo, l'8 settembre 1890 (essendo stata ammessa soltanto la
Corte Celeste), la S. V. è comunque pregata al Ritorno dalle Nozze che
avrà luogo Domani, Giorno della Eternità, nel quale giorno Gesù, Figlio
di Dio, verrà sulle nubi del Cielo nello splendore della sua Maestà,
per giudicare i Vivi e i Morti. L'ora essendo ancora incerta, siete
invitati a tenervi pronti, e a vegliare. felicità di aver conosciuto la
nostra santa Madre Genoveffa. E una grazia inestimabile, quella;
ebbene, il buon Dio, il quale me ne aveva già concesse tante, di
grazie, ha voluto che io vivessi con una Santa non già inimitabile,
bensì una Santa santificata da virtù nascoste e ordinarie. Più d'una
volta ho ricevuto grandi consolazioni da questa Madre, soprattutto una
domenica. Andai come di consueto a farle una visitina, ma trovai due
religiose presso di lei; le sorrisi, e mi disponevo a uscire poiché non
si può essere in tre presso una malata, ma lei, guardandomi con aria
ispirata, disse: «Attenda, figlia mia, ho da dirle una parolina sola.
Ogni volta che lei viene, mi chiede di darle un mazzetto spirituale,
ebbene, oggi le darò questo: Servite Dio in pace e con gioia; si
ricordi, figlia, che il nostro Dio è il Dio della pace» Dopo averla
semplicemente ringraziata, usci commossa fino alle lacrime, e convinta
che il buon Dio le avesse rivelato la condizione dell'anima mia; quel
giorno ero estremamente provata, quasi triste, in una notte tale che
non sapevo più se ero amata da Dio misericordioso, ma la gioia e la
consolazione che provai, lei le indovina, Madre mia cara! La domenica
seguente volli sapere quale rivelazione Madre Genoveffa avesse avuta;
mi assicurò che non ne aveva avuta alcuna; allora la mia ammirazione fu
ancora più grande, vedendo a quale grado eminente Gesù viveva in lei e
la faceva agire e parlare. Ah, quella santità là mi pare la più vera,
la più santa, ed è quella che desidero, perché non si trovano in essa
illusioni...
222 - ll giorno della mia professione fui anche molto consolata venendo
a sapere dalla bocca di Madre Genoveffa che ella era passata dalla
stessa prova mia, prima di pronunciare i suoi voti. Nel momento delle
nostre grandi pene, lei rammenta, Madre cara, le consolazioni che
trovammo presso lei? il ricordo che Madre Genoveffa mi ha lasciato nel
cuore, è un ricordo profumato. il giorno del suo transito al Cielo mi
sentii particolarmente commossa, era la prima volta che assistevo alla
morte, realmente quello spettacolo era incantevole... Ero situata
proprio a piè del letto della santa morente, vedevo perfettamente i
suoi movimenti più lievi. Mi pareva, durante le due ore che passai
così, che l'anima mia avrebbe dovuto empirsi di fervore; al contrario,
una specie d'insensibilità si era impadronita di me, ma nel momento
stesso in cui la nostra santa Madre Genoveffa nasceva al Cielo, le mie
disposizioni intime cambiarono, in un batter d'occhio mi sentii piena
di una gioia e d'un fervore indicibili, era come se Madre Genoveffa mi
avesse dato una parte della felicità della quale godeva, perché sono
ben sicura che è andata diritta al Cielo. Durante la vita le dissi un
giorno: «Oh Madre, lei non andrà in purgatorio! ». - «Lo spero», mi
rispose con dolcezza. Ah, certamente il buon Dio non ha potuto deludere
una speranza così piena d'umiltà, lo dimostrano tutti i favori che
abbiamo ricevuti... Ciascuna suora si fece premura di richiedere
qualche reliquia; lei lo sa, Madre mia cara, quale è quella che io
possiedo, felice me! Durante l'agonia di Madre Genoveffa, notai che una
lacrima riluceva sulla sua palpebra come un diamante; era l'ultima di
tutte quelle sparse da lei, e non cadde, la vidi ancora brillare nel
coro senza che alcuna pensasse a raccoglierla. Allora, prendendo un
pannolino fine, osai avvicinarmi la sera, senza essere veduta, e
prendere come reliquia l'ultima lacrima di una Santa! Dopo, l'ho
portata sempre nel sacchetto entro il quale sono chiusi i miei voti.
223 - Io non do importanza ai miei sogni, del resto ne ho raramente di
simbolici, e mi domando perfino come mai, pensando tutto il giorno al
Signore, io non me ne occupi di più durante il sonno. Generalmente
sogno i boschi, i fiori, i ruscelli, il mare, e quasi sempre vedo dei
bambini belli, acchiappo farfalle ed uccellini come non ne ho visti
mai. Lei vede, Madre, che se i miei sogni hanno un'apparenza poetica,
sono lungi dall'essere mistici... Una notte dopo la morte di Madre
Genoveffa, ne feci uno consolante: sognai che ella faceva testamento,
dando a ciascuna consorella una cosa che le era appartenuta; quando
venne il mio turno, credevo di non ricevere niente perché niente le
restava più, ma sollevandosi ella disse per tre volte con un tono
penetrante: «A lei lascio il mio cuore».
224 - Un mese dopo il transito della nostra santa Madre, l'influenza si
manifestò nella comunità; ero sola in piedi con due altre consorelle,
mai potrò dire tutto quello che ho visto, e che cosa m'è sembrato della
vita e di tutto ciò che passa... il giorno dei miei diciannove anni fu
festeggiato da una morte, seguita ben presto da altre due. In quel
periodo ero sola ad occuparmi della sacristia, la mia maggiore
d'ufficio era ammalata gravemente, perciò toccava a me preparare i
funerali, aprire le grate del coro per la Messa, ecc. Il buon Dio mi ha
dato molte grazie di forza in quel momento, mi domando ora come io
abbia potuto fare senza paura tutto quello che ho fatto; la morte
regnava dovunque, le più malate erano curate da quelle che si
trascinavano a fatica; appena una consorella aveva reso l'ultimo
respiro, eravamo costrette a lasciarla sola. Un mattino, alzandomi,
ebbi il presentimento che suor Maddalena fosse morta; il dormitorio era
all'oscuro, nessuna usciva dalle celle, finalmente mi decisi a entrare
in quella di suor Maddalena, la cui porta era aperta; la vidi, infatti,
vestita e distesa sul pagliericcio, non ebbi la minima paura. Vedendo
che non aveva più cero, andai a cercarne uno, ed anche una corona di
rose. La sera in cui morì la madre Sottopriora, ero sola con
l'infermiera. Impossibile figurarsi la triste condizione della comunità
in quel momento, soltanto quelle che erano in piedi potevano farsene
un'idea, ma in mezzo a quell'abbandono, io sentivo che il Signore
vegliava su noi. Senza sforzo le morenti passavano a vita migliore,
subito dopo la morte una espressione di gioia e di pace si diffondeva
sui loro volti, si sarebbe detto un sonno dolce; e tale era veramente,
perché, dopo che le parvenze di questo mondo saranno dileguate, esse si
risveglieranno per godere eternamente le delizie riservate agli eletti.
225 - Per tutto il tempo durante il quale la comunità fu provata in
questo modo, potei avere l'ineffabile consolazione della santa
Comunione quotidiana. Ah com'era dolce! Gesù mi favorì più a lungo che
le sue spose fedeli, perché permise che me la dessero allorché le altre
non avevano la felicità di averla. Ed ero anche tanto felice di toccare
i vasi sacri, di preparare i lini destinati a ricevere Gesù, sentivo
che dovevo essere molto fervente e mi ricordai spesso una parola
rivolta a un santo diacono: «Siate santi, voi che toccate i vasi del
Signore». Non posso dire d'avere ricevuto spesso delle consolazioni
durante i miei ringraziamenti, forse è il momento in cui ne ho meno. Ma
questo lo trovo naturale perché mi sono offerta a Gesù come una persona
che desidera ricevere la sua visita non già per propria consolazione,
bensì per il piacere di Colui che si dà a me. Mi figuro l'anima mia
come un terreno libero, e prego la Vergine Santa di sgombrare i detriti
che potrebbero impedirle di essere libera, poi la supplico di alzare
ella stessa una tenda vasta, degna del Cielo, di abbellirla con i suoi
ornamenti, e invito tutti i Santi e gli Angeli affinché vengano a fare
un magnifico concerto. Mi pare, quando Gesù discende nel mio cuore, che
sia contento di vedersi ricevuto così bene, ed anch'io sono contenta.
Tutto ciò non impedisce alle distrazioni e al sonno di venire a farmi
visita, ma, uscendo dal ringraziamento e vedendo che l'ho fatto tanto
male, risolvo di stare tutto il resto della giornata in azione di
grazie.
226 - Lei vede, Madre cara, che sono ben lungi dall'esser guidata per
la via della paura, so trovar sempre il mezzo per essere felice e
profittare delle mie miserie. Realmente ciò non deve dispiacere a Gesù,
perché pare che m'incoraggi su questa via. Un giorno, contrariamente al
mio solito, ero un poco turbata mentre andavo alla Comunione, mi pareva
che il Signore non fosse contento di me, e io dicevo a me stessa: «Ah se oggi ricevo soltanto metà
di un'ostia, sarò addolorata, crederò che Gesù venga quasi
malvolentieri nel mio cuore». Mi avvicino... oh felicità!
per la prima volta in vita mia, vedo il sacerdote che prende due ostie
ben separate e me le dà! Lei capisce la mia gioia e le lacrime dolci
che ho pianto, vedendo una misericordia tanto grande.
227 - L’anno che seguì la mia professione, cioè due mesi prima che
morisse madre Genoveffa, ricevetti grandi grazie durante il ritiro.
Generalmente i ritiri predicati mi sono ancora più dolorosi di quelli
che faccio da sola, ma quell'anno accadde diversamente. Avevo fatto una
novena preparatoria con grande fervore, nonostante quello che provavo
intimamente, perché mi sembrava che il predicatore non potesse capirmi,
in quanto pareva adatto soprattutto a far del bene ai grandi peccatori,
ma non alle anime consacrate. Il Signore, volendo mostrarmi che è lui
solo il direttore dell'anima mia, si servì proprio di quel Padre, il
quale fu apprezzato soltanto da me. Avevo allora grandi prove intime di
ogni sorta (fino a chiedermi talvolta se ci fosse un Cielo). Mi sentivo
inclinata a non parlare delle mie disposizioni intime, non sapendo come
esprimerle, ma appena entrata in confessionale senti l'anima mia
dilatarsi. Dopo che avevo detto poche parole, fui capita in un modo
meraviglioso e perfino indovinata. L’anima mia era come un libro nel
quale il Padre leggeva meglio che io stessa. Mi lanciò a vele spiegate
sulle onde della confidenza e dell'amore che mi attiravano così
fortemente, e sulle quali non osavo andare avanti. Mi disse che le mie
colpe non addoloravano il Signore, e aggiunse come suo rappresentante e
a nome suo che il Signore era molto contento di me.
228 - Oh, come fui felice d'ascoltare quelle parole consolanti! Mai
avevo inteso dire che le colpe potevano non addolorare il buon Dio,
quest'assicurazione mi colmò di gioia, mi fece sopportare pazientemente
l'esilio della vita. Sentivo bene in fondo al cuore che era vero,
perché il Signore è più tenero di una madre; ora lei, Madre cara, non è
sempre pronta a perdonarmi le piccole mancanze di delicatezza che le
faccio involontariamente? Quante volte ne ho fatta la dolce esperienza!
Nessun rimprovero mi avrebbe toccata tanto, quanto una sola delle sue
carezze. Sono di una natura tale che la paura mi fa indietreggiare, con
l'amore non soltanto vado avanti, ma volo. Oh, Madre mia, fu
soprattutto dal giorno della sua elezione che volai sulla via
dell'amore. In quel giorno Paolina divenne il mio Gesù vivente.
229 - Da lungo tempo già ho la felicità di contemplare le meraviglie
che Gesù opera per mezzo della mia cara Madre. Credo che la sofferenza
sola può generare le anime e più che mai le sublimi parole di Gesù mi
svelano la loro profondità: «In verità, in verità vi dico, se il chicco
di grano caduto a terra non muore, rimane solo, ma se muore dà molto
frutto». Quale messe abbondante lei ha raccolto! Ha seminato tra le
lacrime, ma ben presto vedrà il frutto delle sue fatiche, ritornerà
colma di gioia, portando manipoli tra le mani... Oh, Madre mia, tra
quei manipoli il fiorellino bianco si nasconde, ma in Cielo avrà una
voce per cantare la dolcezza e le virtù che vede praticare da lei
giorno per giorno nell'ombra e nel silenzio dell'esilio. Sì, da due
anni ho capito molti misteri nascosti per me fino allora. Il buon Dio
mi ha mostrato la stessa misericordia che mostrò al re Salomone. Ha
voluto che io non abbia nemmeno un solo desiderio inappagato, non
soltanto i miei desideri di perfezione, bensì anche quelli di cui
capivo la vanità, senza averla sperimentata.
230 - Avendo sempre considerato lei, Madre mia cara, come il mio
ideale, desideravo somigliarle in tutto; vedendo lei che faceva belle
pitture e deliziose poesie, dicevo: «Come sarei felice di poter
dipingere, di sapere esprimere i miei pensieri in versi e così far del
bene alle anime...». Non avrei voluto chiedere questi doni naturali e i
miei desideri mi rimanevano nascosti in fondo al cuore. Piacque a Gesù,
nascosto anche lui in questo povero cuore, mostrarmi che tutto è vanità
e afflizione di spirito sotto il sole... Con grande meraviglia delle
consorelle, mi fecero dipingere e il buon Dio permise che io
profittassi delle lezioni datemi dalla mia cara Madre. Volle inoltre
che io riuscissi a fare delle poesie secondo l'esempio di lei, a
comporre strofe che furono trovate carine. Così come Salomone
volgendosi verso le opere delle sue mani, per le quali si era
affaticato inutilmente, vide che tutto è vanità e afflizione di
spirito, così io ho riconosciuto per esperienza che la felicità
consiste soltanto nel nascondersi, nel restare nell'ignoranza delle
cose create. Ho capito che, senza l'amore tutte le cose sono niente,
anche le più splendide come risuscitare i morti o convertire i popoli.
Invece di farmi del male, di indurmi a vanità, i doni che il buon Dio
mi ha prodigati (senza che glielo chiedessi) mi portano verso lui, vedo
che lui solo è immutabile, che lui solo può colmare i miei desideri
immensi.
231 - Gesù si è compiaciuto di soddisfare anche altri miei desideri
d'altro genere, desideri infantili, simili a quello della neve per la
mia vestizione. Lei sa, Madre cara, quanto io ami i fiori; facendomi
prigioniera a quindici anni, rinunciai per sempre alla gioia di correre
nelle campagne smaltate dai tesori della primavera; ebbene! mai ho
avuto più fiori che da quando sono entrata nel Carmelo. È usanza che i
fidanzati offrano spesso dei mazzi alle fidanzate; Gesù non lo
dimenticò, mi mandò in gran numero mazzi di fiordalisi, margherite,
papaveri, ecc. di tutti i fiori che mi piacciono di più. C'era perfino
un fiorellino chiamato la nigella dei grani che non avevo trovato da
quando stavamo a Lisieux, desideravo tanto rivederlo, questo fiore
della mia infanzia che avevo colto nelle campagne di Alencon; proprio
al Carmelo venne a sorridermi e mostrarmi che sia nelle cose piccole
come nelle grandi il buon Dio dà il centuplo fin da questa vita alle
anime che per amor suo hanno lasciato tutto.
232 - Ma il più intimo dei miei desideri, il più grande di tutti, che
credevo non veder mai attuato, era che la mia Celina entrasse nel
nostro stesso Carmelo. Questo sogno mi pareva inverosimile: vivere
sotto il medesimo tetto, condividere gioie e dolori della mia compagna
d'infanzia; così avevo fatto completamente il mio sacrificio, avevo
affidato a Gesù l'avvenire della mia sorella cara, ed ero risoluta a
vederla partire verso l'estremità del mondo, se necessario. La sola
cosa che non potevo accettare, era che lei non fosse la sposa di Gesù,
perché l'amavo quanto me stessa, e mi pareva impossibile vederla dare
il cuore a un uomo di questa terra. Avevo già sofferto molto sapendola
nel mondo, esposta a pericoli che io non avevo conosciuti. Posso dire
che a datare dal mio ingresso nel Carmelo, il mio affetto per Celina
era un amore di madre quanto di sorella. Una volta in cui doveva andare
a una festa, ciò mi dispiaceva tanto che supplicai il Signore
d'impedirle di ballare, e (contro la mia abitudine) ci feci anche un
bel pianto. Gesù si degnò di esaudirmi. Non permise che la sua piccola
fidanzata potesse ballare quella sera (nonostante che non fosse
impacciata per farlo graziosamente quando ciò era necessario). Essendo
stata invitata senza che le fosse possibile rifiutare, il suo cavaliere
si trovò nell'incapacità totale di farle fare un passo, con grande sua
confusione fu condannato a camminare semplicemente per ricondurla al
posto, poi sparì, e non ricomparve più per tutta la serata.
Quell'avventura, unica nel suo genere, mi fece crescere nella fiducia e
nell'amore di Colui che, ponendo il suo segno sulla mia fronte, l'aveva
al tempo stesso inciso su quella della mia Celina cara.
233 - Il 29 luglio dell'anno scorso, il buon Dio, rompendo i vincoli
del suo incomparabile servo, lo chiamò alla ricompensa eterna e spezzò
al tempo stesso il legame che tratteneva nel mondo la sua fidanzata
cara; ella aveva compiuto la sua prima missione. Incaricata di
rappresentarci tutte presso nostro Padre così teneramente amato, aveva
assolto come un angelo questo compito; e gli angeli non restano sulla
terra, quando hanno attuato la volontà di Dio tornano subito a lui, è
per questo che hanno le ali. Anche il nostro angelo scosse le sue ali
bianche, era pronto a volare lontano lontano per trovare Gesù, ma Gesù
lo fece volare vicino. Si contentò che venisse accettato il grande
sacrificio, ben doloroso per Teresa. Durante due anni la sua Celina
aveva nascosto un segreto. Ah, quanto aveva sofferto anche lei!
Finalmente dall'alto del Cielo il mio Re diletto, al quale sulla terra
non piacevano le lungaggini, si affrettò ad accomodare le faccende così
complicate della sua Celina e il 14 settembre ella poté riunirsi a noi.
234 - Un giorno in cui le difficoltà parevano insuperabili, dissi a
Gesù durante il ringraziamento: «Voi sapete, Dio mio, quanto desidero
conoscere se Papà è andato direttamente in Cielo, io non vi chiedo di
parlarmi, ma datemi un segno. Se suor A.d.G. consente che Celina entri
nel Carmelo, o almeno non pone ostacoli, sarà la risposta che Papà è
venuto difilato da voi». Quella consorella, lei lo sa, Madre mia cara,
trovava che eravamo già troppe noi tre, e per conseguenza non voleva
ammetterne un'altra, ma Dio, che tiene in mano sua il cuore delle
creature e l'orienta come vuole lui, cambiò le disposizioni di questa
religiosa; fu proprio la prima persona che incontrai dopo il
ringraziamento: mi chiamò con tono amabile, mi disse di salire da lei,
e mi parlò di Celina con le lacrime agli occhi. Ah, quante ragioni ho
di ringraziare Gesù che seppe colmare tutti i miei desideri.
235 - Ora non ho più alcun desiderio se non quello di amare Gesù alla
follia... I miei desideri infantili sono scomparsi, certo mi piace
ancora ornare di fiori l'altare di Gesù Bambino, ma dopo che mi ha dato
il fiore che desideravo, la mia Celina cara, non ne desidero altri, gli
offro lei come il mio più incantevole mazzo. Non desidero più la
sofferenza né la morte, eppure le amo tutte due, ma è l'amore solo che
mi attira. A lungo le ho desiderate; ho posseduto la sofferenza e ho
creduto raggiungere la riva del Cielo, ho creduto che il fiorellino
sarebbe stato colto nella sua primavera. Ora l'abbandono solo mi guida,
non ho altra bussola! Non posso chiedere più niente con ardore, fuorché
il compimento perfetto della volontà del Signore sull'anima mia senza
che le creature riescano a porvi ostacolo. Posso dire queste parole del
cantico spirituale del Nostro Padre san Giovanni della Croce: «Nel
celliere interno del mio Amato, ho bevuto, e quando sono uscita, in
tutta questa pianura non conoscevo più nulla e ho perduto il gregge che
prima seguivo. L'anima mia si è impegnata con tutte le sue risorse al
suo servizio, non ho più gregge, non ho più altro ufficio, perché ora
tutto il mio esercizio è di amare! » Oppure ancora: «Da quando ne ho
l'esperienza, l'Amore è così potente in opere che sa trarre profitto di
tutto, del bene e del male che trova in me, e trasforma l'anima mia in
sè». Oh Madre cara! Com'è dolce la via dell'amore! Senza dubbio, si può
ben cadere, si può commettere delle infedeltà, ma l'amore, sapendo
trarre profitto da tutto, consuma rapidamente tutto quello che può
dispiacere a Gesù, lasciando soltanto una umile profonda pace in fondo
al cuore...
236 - Quante luci ho trovato nelle opere del Nostro Padre san Giovanni
della Croce! All'età di diciassette e diciotto anni non avevo altro
nutrimento spirituale, ma più tardi tutti i libri mi lasciarono
nell'aridità, e sono ancora in questa condizione. Se apro un libro
scritto da un autore spirituale (anche il più bello, il più
commovente), sento subito il mio cuore serrarsi, e leggo quasi senza
capire, o, se capisco, lo spirito mio si ferma senza poter meditare. In
questa impotenza, la Sacra Scrittura e l'Imitazione mi vengono in
soccorso; in esse trovo nutrimento solido e puro. Ma soprattutto il
Vangelo mi occupa durante la preghiera, in esso trovo tutto il
necessario per la mia povera anima. Scopro sempre in esso luci nuove,
significati nascosti e misteriosi. Capisco e so per esperienza «che il
Regno di Dio è dentro di noi». Gesù non ha bisogno di libri né di
dottori per istruire le anime; lui, il Dottore dei dottori, insegna
senza rumor di parole... Mai l'ho inteso parlare, ma sento che è in me,
ad ogni istante, e mi guida e m'ispira ciò che debbo dire o fare.
Scopro proprio nel momento in cui ne ho bisogno, delle luci che non
avevo ancora viste, e più spesso non è durante l'orazione che sono
maggiormente abbondanti, è piuttosto in mezzo alle occupazioni della
giornata.
237 - Madre cara, dopo tante grazie, non posso cantare col salmista:
«Che il Signore è buono, che la sua misericordia è eterna»? Mi pare
che, se tutte le creature avessero le stesse grazie che ho io, nessuno
avrebbe paura del Signore, ma tutti lo amerebbero alla follia, e che
tutte le anime eviterebbero di offenderlo, per amore, e non tremando.
Capisco tuttavia che non tutte le anime possono somigliarsi, bisogna
che ce ne siano di gruppi diversi per onorare in modo particolare
ciascuna perfezione del Signore. A me ha dato la sua misericordia
infinita, attraverso essa contemplo e adoro le altre perfezioni divine.
Allora tutte mi appaiono raggianti di amore, la giustizia stessa (e
forse ancor più che qualsiasi altra) mi sembra rivestita d'amore. Quale
gioia pensare che il buon Dio è giusto, cioè che tiene conto delle
nostre debolezze, che conosce perfettamente la fragilità della nostra
natura. Di che cosa dunque avrei paura? Ah, il Dio infinitamente giusto
che si degnò perdonare con tanta bontà le colpe del figliuol prodigo,
non deve essere giusto anche verso me che «sto sempre con lui» ~
238 - Quest'anno, il 9 giugno, festa della Santissima Trinità, ho
ricevuto la grazia di capire più che mai quanto Gesù desideri d'essere
amato. Pensavo alle anime che si offrono come vittime alla giustizia di
Dio al fine di stornare e attirare sopra se stesse i castighi riservati
ai colpevoli, questa offerta mi pareva grande e generosa, ma ero lungi
dal sentirmi portata a farla. «O Dio mio! - dissi dal profondo del
cuore - soltanto la vostra giustizia riceverà anime le quali s'immolino
come vittime? Il vostro Amore misericordioso non ne ha bisogno anche
lui?... Da ogni parte è misconosciuto, respinto; i cuori ai quali voi
desiderate prodigarlo si volgono verso le creature chiedendo ad esse la
felicità col loro miserabile affetto, invece di gettarsi tra le vostre
braccia e di accettare il vostro amore infinito. Oh Dio mio! il vostro
amore disprezzato resterà dentro il vostro cuore? Mi pare che se voi
trovaste anime che si offrissero come vittime di olocausto al vostro
amore, voi le consumereste rapidamente, mi pare che sareste felice di
non comprimere le onde d'infinita tenerezza che sono in voi. Se alla
vostra giustizia piace di scaricarsi, lei che si estende soltanto sulla
terra, quanto più il vostro amore misericordioso desidera incendiare le
anime, poiché la vostra misericordia s'innalza fino ai cieli. O Gesù
mio! che sia io questa vittima felice, consumate il vostro olocausto
col fuoco del vostro amore divino!...». Madre cara, lei che mi ha
permesso di offrirmi così al buon Dio, lei sa quali fiumi, o piuttosto
quali oceani di grazie, inondarono l'anima mia... Ah, da quel giorno
felice mi pare che l'amore mi compenetri e mi avvolga, mi pare che, ad
ogni istante, questo amore misericordioso mi rinnovi, purifichi l'anima
mia e non lasci alcuna traccia di peccato, perciò non posso temere il
purgatorio... So che per me stessa non meriterei nemmeno di entrare in
quel luogo di espiazione, poiché soltanto le anime sante possono
trovare adito ad esso, ma so altresì che il fuoco dell'amore è più
santificante di quello del Purgatorio, so che Gesù non può desiderare
per noi sofferenze inutili, e che egli non m'ispirerebbe i desideri che
sento, se non volesse colmarli... Oh com'è dolce la via dell'amore!
Come mi voglio dedicare a far sempre, col più grande abbandono, la
volontà del Signore!
239 - Ecco, Madre cara, tutto quello che posso dirle riguardo alla vita
della sua piccola Teresa; lei stessa sa ben meglio di me quella che io
sono e ciò che Gesù ha fatto per me, perciò lei mi vorrà perdonare se
ho abbreviato molto la storia della mia vita religiosa... Come si
compirà questa «storia di un fiorellino bianco»? Forse l'umile fiore
verrà colto nella sua freschezza, oppure trapiantato su altre rive?...
L'ignoro, ma di una cosa sono sicura, ed è che la misericordia di Dio
lo accompagnerà sempre, e che mai esso cesserà di benedire la Madre
cara che lo ha dato a Gesù; eternamente si rallegrerà di essere uno dei
fiori della sua corona. Eternamente canterà con questa Madre diletta il
cantico sempre nuovo dell'Amore.