1. Infanzia radiosa ad Alencon (1873-1877)
Storia di un'anima
Santa Teresa di Lisieux

Preambolo - Dolce clima
domestico - Temperamento felice - L'inseparabile Celina - Gesto
rivelatore - Diavoletti in sogno - In sintonia con la natura.
J.M.J.T. Gesù+ Gennaio
1895
STORIA PRIMAVERILE DI UN
FIORELLINO BIANCO SCRITTA DA LUI STESSO E DEDICATA ALLA REVERENDA MADRE
AGNESE DI GESÙ.
1 - A lei, Madre mia cara, a lei che mi è due volte madre confido la
storia dell'anima mia... Quando lei mi chiese di farlo, pensai: il
cuore si dissiperà, occupandosi di se stesso; ma poi Gesù mi ha fatto
sentire che, obbedendo con semplicità, avrei fatto piacere a lui; del
resto, faccio una cosa sola: comincio a cantare quello che debbo
ripetere eternamente: “Le misericordie del Signore!”.
2 - Prima di prendere la penna, mi sono inginocchiata davanti alla
statua di Maria (quella che ci ha offerto tante prove delle materne
premure da parte della Regina del Cielo verso la nostra famiglia), l'ho
supplicata che mi guidi la mano: nemmeno un rigo voglio scrivere che
non piaccia a lei! Poi ho aperto il Vangelo, e lo sguardo è caduto su
alcune parole: «Gesù salì sopra una montagna, e chiamò a sé quelli che
volle: e andarono a lui» (s. Marco, cap. III, v. 13).
3 - Questo, proprio questo il mistero della mia vocazione, della mia
vita tutta, e in particolare il mistero dei privilegi di Gesù
sull'anima mia. Gesù non chiama quelli che sono degni, bensì chi vuole
lui, o, come dice san Paolo: «Dio ha pietà di chi vuole lui, ed usa
misericordia a chi vuole lui. Non è dunque opera di chi voglia né di
chi corra, bensì di Dio che usa misericordia» (Ep. ai Rom., cap. IX,
vv. 15-16).
4 - Per tanto tempo mi sono chiesta perché Dio abbia delle preferenze,
perché tutte le anime non ricevano grazie in grado uguale, mi
meravigliavo perché prodiga favori straordinari a Santi che l'hanno
offeso, come san Paolo, sant'Agostino, e perché, direi quasi, li
costringe a ricevere il suo dono; poi, quando leggevo la vita dei Santi
che Nostro Signore ha carezzati dalla culla alla tomba, senza lasciare
sul loro cammino un solo ostacolo che impedisse di elevarsi a lui, e
prevenendo le loro anime con tali favori da rendere quasi impossibile
che esse macchiassero lo splendore immacolato della loro veste
battesimale, mi domandavo: perché i poveri selvaggi, per esempio,
muoiono tanti e tanti ancor prima di avere inteso pronunciare il nome
di Dio?
5 - Ma Gesù mi ha istruita riguardo a questo mistero. Mi ha messo
dinanzi agli occhi il libro della natura, ed ho capito che tutti i
fiori della creazione sono belli, le rose magnifiche e i gigli
bianchissimi non rubano il profumo alla viola, o la semplicità
incantevole alla pratolina... Se tutti i fiori piccini volessero essere
rose, la natura perderebbe la sua veste di primavera, i campi non
sarebbero più smaltati di infiorescenze. Così è nel mondo delle anime,
che è il giardino di Gesù. Dio ha voluto creare i grandi Santi, che
possono essere paragonati ai gigli ed alle rose; ma ne ha creati anche
di più piccoli, e questi si debbono contentare d'essere margherite o
violette, destinate a rallegrar lo sguardo del Signore quand'egli si
degna d'abbassarlo. La perfezione consiste nel fare la sua volontà,
nell'essere come vuole lui.
6 - Ho capito anche un'altra cosa: l'amore di Nostro Signore si rivela
altrettanto bene nell'anima più semplice la quale non resista affatto
alla grazia, quanto nell'anima più sublime; in realtà, è proprio
dell'amore umiliarsi, e se tutte le anime somigliassero ai santi
Dottori, i quali hanno rischiarato la Chiesa con i lumi della loro
dottrina, parrebbe che Dio misericordioso non discendesse abbastanza
per raggiungerli; ma egli ha creato il bimbo il quale non sa nulla e si
esprime soltanto con strilletti deboli deboli; ha creato il selvaggio
il quale, nella sua totale miseria, possiede soltanto la legge naturale
per regolarsi; e Dio si abbassa fino a loro! Anzi, sono questi i fiori
selvatici che lo rapiscono perché sono tanto semplici.
7 - Abbassandosi fino a questo punto, Dio si mostra infinitamente
grande. Allo stesso modo in cui il sole illumina i grandi cedri ed i
fiorucci da niente come se ciascuno fosse unico al mondo, così Nostro
Signore si occupa di ciascuna anima con tanto amore, quasi fosse la
sola ad esistere; e come nella natura le stagioni tutte sono regolate
in modo da far sbocciare nel giorno stabilito la pratolina più umile,
così tutto risponde al bene di ciascun'anima.
8 - Certamente, Madre cara, lei si domanda dove io voglia arrivare,
perché finora non ho detto parola che somigli alla storia della mia
vita, ma lei mi ha chiesto di scrivere liberamente quello che mi viene
al pensiero, perciò io non racconterò la mia vita vera e propria, bensì
i miei pensieri riguardo alle grazie che Dio mi ha concesse. Mi trovo a
un punto della mia esistenza dal quale posso guardare il passato;
l'anima mia si è maturata tra prove esterne e interne, ora, come un
boccio rafforzato dalla tempesta, mi risollevo, e vedo che in me si
verificano le parole del Salmo XXII «il Signore è il mio Pastore, nulla
mi può mancare. Mi fa riposare nelle pasture fresche e ricche. Mi guida
dolcemente lungo il fiume. Conduce l'anima mia senza stancarla... E
quand'anche scenderò nella valle ombrosa della morte, non temerò danno,
perché tu sarai con me, Signore!».
9 - Sempre il Signore è stato pieno di compassione per me, e di
dolcezza... Lento a punire e abbondante in misericordie! (Salmo CII, v.
8). Così, Madre mia, sono felice di cantare vicino a lei la
misericordia del Signore. Per lei sola scriverò la storia del fiore
umile colto da Gesù, e parlerò abbandonandomi, senza preoccuparmi dello
stile, o delle tante digressioni che farò. Un cuore di mamma capisce
sempre il suo bimbo, anche se questo balbetta soltanto, e perciò sono
sicura di essere capita, indovinata da lei: è lei che mi ha formato il
cuore, e l'ha offerto a Gesù!
10 - Mi pare che, se un fiorellino potesse parlare, direbbe, con gran
semplicità, ciò che il Signore ha fatto per lui e non cercherebbe di
nascondere i benefici divini. Per falsa modestia, non direbbe: «Sono
sgraziato, non ho profumo, il sole ha portato via il mio splendore, la
bufera ha infranto il mio stelo» quando riconoscesse in sé tutto il
contrario.
11 - Il fiore che racconta qui la sua storia si rallegra perché farà
conoscere le premure tutte gratuite di Gesù; non ha niente lui - e lo
sa bene - che possa attrarre lo sguardo di Dio, ed anche sa che la sola
misericordia divina ha fatto tutto il buono esistente in lui. L'ha
fatto nascere in una terra santa, e quasi permeata da un profumo
verginale. L'ha fatto precedere da otto gigli sfolgoranti di candore.
Nel suo amore, ha voluto preservare il fiore umile dal soffio velenoso
del mondo; stavano appena per aprirsi i petali, e il Salvatore l'ha
trapiantato sulla montagna del Carmelo, ove già olezzavano due gigli:
proprio quei due che l'avevano avvolto e cullato dolcemente al suo
primo germogliare… Sette anni sono trascorsi da quando il fiore si è
radicato nel giardino dello Sposo dei vergini, ed ora vicine a lui
ondulano tre corolle fragranti; non lontano, un'altra si apre allo
sguardo di Gesù, ed i due steli benedetti che le hanno prodotte sono
riuniti per sempre nella Patria divina. Là hanno ritrovato i quattro
gigli che la terra non ha visti fiorire. Oh, che Gesù voglia non
lasciare a lungo sulla riva straniera coloro che sono rimaste
nell'esilio: che ben presto tutto il cespo bianco sia completo nel
Cielo!
12 - Madre mia, ho riassunto in poche parole ciò che il Signore ha
fatto per me, ora mi addentrerò nella mia vita di bimba; so che là,
dove chiunque altro non vedrebbe se non una tiritera noiosa, il suo
cuore di mamma troverà un fascino. E poi, i ricordi che evocherò sono
anche i suoi, perché l'infanzia mia è trascorsa vicina a lei, ed io ho
la fortuna d'appartenere ai genitori ineguagliabili i quali ci hanno
avviluppate delle stesse premure e di uguale tenerezza. Benedicano essi
la minima delle loro figlie e l'aiutino a cantare le misericordie di
Dio!
13 - Nella storia dell'anima mia fino a quando sono entrata nel
Carmelo, distinguo nettamente tre periodi: il primo, nonostante la
brevità, non è il meno fecondo di ricordi: dall'iniziale destarsi della
mia mente al transito della nostra Mamma amata.
14 - Per tutta la mia vita è piaciuto a Dio circondarmi d'amore, i
primi ricordi sono sorrisi e carezze tenerissime: ma, se egli mi aveva
messo intorno tanto amore, me ne aveva posto anche nel cuore, creandolo
amante e sensibile; così amavo grandemente Papà e Mamma e dimostravo il
mio affetto in mille modi, perché ero molto espansiva. Soltanto i mezzi
che usavo erano talvolta strani, come lo prova questo passo di una
lettera di Mamma: «La piccina è un furicchio impagabile, mi ha
carezzata augurandomi la morte: "Oh, come vorrei che tu morissi, povera
Mammina mia!..."; la rimbrottano e lei mi fa: "Ma è perché tu possa
andare in Cielo, giacché tu dici che bisogna morire per andarci!". E in
modo simile augura la morte al Babbo, quand'è nei suoi trasporti
d'amore».
15 - Il 25 giugno 1874, avevo appena diciotto mesi, ecco ciò che Mamma
diceva di me: «Papà ha installato un'altalena, Celina è felice a più
non posso, ma bisogna vedere la piccina quando si dondola: è
buffissima, si regge come una bimba grande, non c'è pericolo che lasci
la corda, poi quando non va abbastanza forte, grida. L'attacchiamo
davanti con un'altra corda e, nonostante questo, non sono tranquilla
quando la vedo issata lì sopra.
16 - M'è accaduta un'avventura curiosa ultimamente con la piccina. Ho
l'abitudine di andare alla Messa delle cinque e mezzo, nei primi giorni
non osavo lasciarla, ma vedendo che non si svegliava mai, ho finito per
decidermi. La metto nel letto mio, e accosto la culla in modo che lei
non possa cadere. Un giorno dimentico di avvicinare la culla. Ritorno,
la piccina non c’è più: nello stesso attimo odo uno strilletto, guardo,
la vedo seduta sopra una seggiola accanto al letto, con la testina
appoggiata al traversino, e dormiva agitata per la posizione scomoda.
Non ho ancora capito come abbia potuto cadere seduta su una seggiola,
dal momento che era distesa. Ho ringraziato Iddio che non le sia
capitato nulla, è un fatto provvidenziale davvero, avrebbe dovuto
ruzzolare per terra, il suo Angelo ha vegliato, e le anime del
purgatorio, che invoco per lei tutti i giorni, l'hanno protetta: io lo
accomodo così, questo fatto... Voi accomodatelo come vi pare!...».
17 - Alla fine della lettera, Mamma aggiungeva: «Ecco la piccina, che
mi mette le manotte sul viso e mi abbraccia. Povera bimba, non mi vuole
lasciare, sta sempre con me; le piace tanto andare in giardino, ma se
non ci vado anch'io, non ci rimane, e piange fino a quando me la
riportano». Ecco un altro tratto di un'altra lettera: «L’altro giorno
Teresa mi domanda se andrà in Cielo: le dico di si, se è proprio buona;
mi risponde: "Sì, ma se non fossi proprio buona buona, andrei
all'inferno... ma io lo so cosa farei: scapperei su con te, che saresti
in Cielo, come farebbe il buon Dio per prendermi? Tu mi reggeresti
forte tra le braccia...". Ho letto nei suoi occhi: è convinta che il
buon Dio non le può fare nulla se è tra le braccia della Mamma».
18 - «Maria ama molto la sorellina, la trova deliziosa e la piccolina
ha un gran timore di farle dispiacere. Ieri le volli dare una rosa
perché sapevo che lei ne è felice, ma si è messa a supplicarmi di no,
diceva: "Maria ha proibito di tagliarle", era rossa per il gran
sottosopra, nonostante ciò gliene ho date due, non osava più tornare a
casa. Avevo un bel dirle che le rose sono mie, "ma no - diceva lei -,
sono di Maria".
19 - È una bambina che si emoziona facilmente. Appena ha fatto un
piccolo malestro, bisogna che lo sappiano tutti. Ieri aveva fatto
cadere senza volere un pezzetto di tappezzeria, era in uno stato da far
pietà, poi bisognava dirlo subito a Papà; lui arrivò quattr'ore dopo,
nessuno ci pensava più, ma lei corse da Maria: "Svelta, dì a Papà che
ho strappato la carta". Rimane lì come un criminale in attesa della
sentenza, ma ha nella sua testolina l'idea che le sarà perdonato più
facilmente se lei stessa si accusa».
20 - Amavo tanto la mia Madrina. Senza parere, stavo attentissima a
tutto quello che dicevano e facevano intorno a me, mi pare che
giudicavo le cose come adesso. Ascoltavo con grande premura ciò che
Maria insegnava a Celina, per fare come lei; dopo che uscì dalla
Visitazione, ero buona buona e facevo tutto quello che voleva lei, per
ottenere la grazia d'essere ammessa nella stanza durante le lezioni che
dava a Celina; e lei mi faceva tanti regalini che, pur essendo di poco
valore, mi davano gran contentezza.
21 - Ero fierissima delle mie sorelle grandi, ma quella che era il mio
ideale di bimba, era Paolina... Quando cominciai a parlare, se Mamma mi
domandava: «A che pensi?» la risposta non cambiava mai: «A Paolina».
Un'altra volta lasciavo scorrere il ditino sui vetri e dicevo: «Scrivo:
Paolina! ...». Spesso udivo dire che Paolina certamente si sarebbe
fatta religiosa: allora pensavo, senza sapere bene di che si trattasse:
“Sarò religiosa anch’io”. Quello è uno dei miei primi ricordi, e da
allora non ho cambiato mai risoluzione. Fu lei, Madre cara, che Gesù
scelse per fidanzarmi con lui; lei a quel tempo non era presso me, ma
già un legame si era formato tra le nostre anime: era il mio ideale,
volevo somigliare a lei, e fu il suo esempio che dall'età di due anni
mi attirò verso lo Sposo delle vergini. Oh, quante dolci riflessioni
vorrei confidarle! Ma debbo continuare la storia del fiorellino, la sua
storia completa e generale, perché se volessi parlare minutamente delle
mie relazioni con Paolina, dovrei tralasciare tutto il resto!
22 - La mia cara Leonia occupava anche lei un gran posto nel cuore mio.
Mi voleva molto bene. La sera era lei che mi custodiva quando tutta la
famiglia andava a passeggiare. Mi pare di ascoltare ancora le belle
canzoncine che cantava per addormentarmi... in tutte le cose cercava il
modo per farmi piacere, cosicché sarei stata ben triste se l'avessi
contrariata.
23 - Ricordo distintamente la sua prima Comunione, soprattutto il
momento in cui mi prese in braccio per farmi entrare nel presbiterio;
mi pareva meraviglioso di essere portata così da una sorella grande
tutta bianca come me! La sera mi misero a letto per tempo, ero troppo
piccola per restare al gran pranzo, ma vedo ancora Papà che, dopo il
dolce, venne a portarne un pezzetto alla sua reginetta... Il giorno
dopo, o pochi giorni dopo, andammo con Mamma dalla piccola compagna di
Leonia; mi pare fosse quel giorno che la nostra Mamma tanto cara ci
condusse dietro un muro per farci bere un pochino di vino dopo il
pranzo (che ci aveva allestito la povera signora Dagoran) perché non
voleva mortificare la buona donna, ma anche voleva che non ci mancasse
niente. Com'è delicato il cuore di una mamma, e come traluce la sua
tenerezza in mille premure alle quali nessuno penserebbe!
24 - Ora mi resta da parlare di Celina cara, la mia compagnetta
d'infanzia, ma ecco i ricordi in tanta folla che non so quale
scegliere! Caverò qualche brano dalle lettere che Mamma scriveva alla
Visitazione, ma non copierò tutto, sarebbe troppo lungo... ll 10 luglio
1873, anno della mia nascita, diceva: «Giovedì la balia ha portato qui
Teresina, la quale non ha fatto che ridere, soprattutto le piaceva
Celina, faceva gran risate con lei; si direbbe che abbia già voglia di
giocare, e presto lo farà, sta ritta sulle gambette, rigida come un
palettino. Credo che camminerà presto e che sarà di buon carattere,
pare molto intelligente e ha un visino da predestinata. Ma soprattutto
dopo che da balia tornai a casa, rivelai il grande affetto per la mia
Celina. C'intendevamo a meraviglia, soltanto io ero assai più vivace e
meno ingenua di lei; benché avessi tre anni e mezzo di meno, mi pareva
di essere della stessa età.
25 - Ecco un brano di una lettera di Mamma che le mostrerà Celina dolce
e me cattiva: «La mia Celina è proprio disposta alla virtù, è il
sentimento intimo del suo essere, ha un'anima candida ed ha orrore del
male. Quanto al furicchio, non si sa come butterà. E un cosino tanto
piccino e tanto stordito! E anche più intelligente di Celina, ma meno
dolce assai, e soprattutto di un'ostinazione quasi invincibile; quando
dice no, niente da fare; la metti in cantina tutta una giornata, lei ci
dorme piuttosto che dire "sì"
26 - Però ha un cuore d'oro, ed è tanto carezzevole e molto franca; è
curioso vederla quando mi corre dietro per farmi le sue confessioni: -
Mamma, ho dato una spinta a Celina, una sola, e le ho dato un colpetto,
ma non lo faccio più. (Così per tutto quel che fa). Giovedì sera
andammo a passeggiare verso la stazione, in tutti i modi volle entrare
nella sala d'aspetto per cercare Paolina, mi correva avanti con una
gioia che metteva l'allegria anche a me, ma quando vide che bisognava
tornarsene a casa senza salire in treno per andare a cercare Paolina,
pianse per tutta la strada...».
27 - Queste ultime righe mi ricordano la felicità di quando la vedevo
tornare dalla Visitazione: lei, Madre, prendeva in braccio me, Maria
prendeva Celina; allora io le facevo cento carezze, e mi sporgevo
dietro per ammirare la sua grande treccia, poi mi dava una tavoletta di
cioccolata che aveva conservata per tre mesi. Pensi un po' che reliquia
era per me! Ricordo anche il viaggio che feci a Le Mans, era la prima
volta che andavo in treno. Che gioia viaggiar sola con Mamma! Però, mi
misi a piangere, non so più perché, e la povera Mamma mia non poté
presentare alla zia di Le Mans altro che un cosino brutto e tutto rosso
dalle lacrime versate in viaggio. Non mi è rimasto nessun ricordo del
parlatorio, ma soltanto del momento in cui la zia mi porse un topino
bianco e un panierino di carta bristol pieno di dolcini e sui quali
troneggiavano due anelli di zucchero, proprio grossi come il mio dito;
gridai subito: «Che bellezza! C'è un anello anche per Celina». Oh,
sciagura! prendo il panierino per il manico, do l'altra mano a Mamma, e
partiamo; dopo qualche passo, guardo il paniere e vedo che i dolci sono
tutti seminati per la via, come i Sassetti di Puccettino... Guardo
meglio, e vedo che uno dei due anelli ha subito il destino tragico dei
dolci: non c'è più nulla per Celina! Allora il dolore erompe, chiedo di
tornare indietro, Mamma non mi dà retta, e questo è troppo, alle
lacrime succedono i gridi... non capivo come mai non condividesse il
mio dolore e per questo soffrivo molto di più!...
28 - Ritorno alle lettere nelle quali Mamma le parla di Celina e di me,
è il miglior modo per farle conoscere il mio carattere. Ecco un brano
nel quale i miei difetti brillano di vivo splendore: «Celina si diverte
con la piccina al gioco dei cubi, bisticciano di quando in quando,
Celina cede per avere una perla alla sua corona. Sono costretta a
correggere quella povera piccolina che va in furie paurose; quando le
cose non vanno secondo le sue idee, si rotola per terra come una
disperata credendo tutto perduto, ci sono momenti in cui è più forte di
lei, ne è come soffocata. E una bambina molto nervosa, eppure è
deliziosa e intelligentissima, si ricorda di tutto».
29 - Vede dunque, Madre mia, quant'ero distante dall'essere una bambina
senza difetti! E nemmeno potevano dire di me che stessi buona quando
dormivo, perché la notte era ancor piu movimentata che il giorno,
buttavo via tutte le coperte, e poi (sempre dormendo) battevo dei colpi
contro il legno del mio lettino, il dolore mi risvegliava. Allora
dicevo: «Mamma, sono "picchiata"». Povera Mamma, era costretta ad
alzarsi e costatava che davvero avevo dei bernoccoli alla fronte, ero
“picchiata”; mi copriva bene, poi tornava nel suo letto, ma dopo un
minuto io ricominciavo ad essere «picchiata», tanto che dovettero
legarmi nel lettino. Sera per sera, Celina veniva ad annodare i
numerosi cordoni destinati ad impedire al furicchio di farsi i
bernoccoli e di svegliare Mamma, e questo mezzo riuscì bene, diventai
saggia dormendo.
30 - Ma c'era un altro difetto che avevo (da sveglia) e di cui Mamma
parla nelle sue lettere, era un grande amor proprio. Ne do due esempi
soli per non allungare troppo il racconto. Un giorno Mamma mi disse:
«Teresina, se tu baci la terra, ti do un soldo». Un soldo! Era la
ricchezza per me! Per impadronirmene mi bastava abbassare la mia
altezza, giacché la mia statura minima non frapponeva gran distanza tra
me e la terra, e tuttavia la mia fierezza si ribellò all'idea di baciar
la terra: dritta indomita dissi a Mamma: «Oh no, Mammina mia,
preferisco fare a meno del soldo».
31 - Un'altra volta dovevamo andare a Grogny dalla signora Monnier.
Mamma disse a Maria di mettermi un bel vestitino azzurro-cielo ornato
di trine, ma di non lasciarmi le braccia nude affinché il sole non me
le brunisse. Mi feci vestire con l'indifferenza che dovevano avere le
bimbe dell'età mia, ma intimamente pensavo che sarei stata molto più
carina con le mie braccine nude. Con una natura come la mia, se fossi
stata educata da genitori privi di virtù, oppure se, come Celina, fossi
stata viziata da Luisa, sarei diventata un cattivo arnese, e, forse, mi
sarei perduta.
32 - Ma Gesù vegliava sulla sua piccola fidanzata, ha voluto che tutto
volgesse al bene di lei; perfino i difetti che, repressi per tempo, le
sono serviti per crescere nella perfezione... Poiché avevo amor proprio
ed anche amor del bene, appena cominciai a pensare seriamente (e ho
cominciato piccina piccina), bastava che mi dicessero: questo non è
bene, che io non me lo facevo ripetere due volte. Vedo con piacere
dalle lettere di Mamma che, crescendo, le davo più consolazione. Avevo
soltanto buoni esempi intorno a me: naturalmente, volevo seguirli. Ecco
ciò che scriveva nel 1876: “Perfino Teresa vuol prender parte a fare
delle "pratiche". E’ una bimba incantevole, fina come l'ombra, molto
vivace, ma il cuore è sensibile.
33 - Celina e lei si vogliono un gran bene, si bastano reciprocamente
per non annoiarsi: tutti i giorni, appena abbiamo finito il pranzo,
Celina va a prendere il suo galletto, poi acchiappa a un tratto la
gallinella di Teresa; io non ce la faccio, ma lei è così svelta che al
primo balzo la piglia; poi arrivano tutt'e due al cantuccio del fuoco,
e si divertono così per un gran tempo. [Era la Rosina che mi aveva
regalato gallina e galletto, io avevo regalato il gallo a Celina].
L'altro giorno Celina ha dormito con me. Teresa ha dormito al piano di
sopra nel letto di Celina, ha supplicato Luisa di portarla giù perché
la potessimo vestire. Luisa sale per prenderla, trova il letto vuoto.
Teresa ha inteso Celina ed è discesa con lei. Luisa le dice: "Non vuoi
venire a farti vestire?". "Oh, no, povera Luisa, siamo come i due
polli, non ci possiamo separare!,,. E mentre dicevano così, si
abbracciavano. Poi, la sera, Luisa, Celina e Leonia sono andate al
circolo cattolico e hanno lasciato a casa questa povera Teresa la quale
si rendeva conto benissimo di esser troppo piccola per andare anche
lei; e diceva: "Oh, basterebbe che mi mettessero nel letto di Celina!".
Ma no, non ce l'hanno messa... non ha detto più nulla, è rimasta sola
col suo lumino e dopo un quarto d'ora se ne dormiva d'un sonno
profondo».
34 - Un altro giorno Mamma scriveva: «Celina e Teresa sono
inseparabili, non si possono vedere due bimbe che si vogliano più bene.
Quando Maria viene a prendere Celina per darle lezione, Teresa, più
piccina, è tutta in lacrime. Ahimè che sarà di lei, l'amichetta se ne
va! Maria si muove a compassione, prende anche lei, e la povera bimba
rimane issata sopra una seggiola per due o tre ore; le danno delle
perline da infilare o un pezzetto di stoffa da ricamare, lei non osa
muoversi e spesso fa dei gran sospironi. Quando l'ago si sfila, fa di
tutto per rinfilarlo, è curioso vederla mentre non le riesce, e che non
osa disturbar Maria; poco dopo due lacrimoni grossi scendono sulle
gotine. Maria la consola subito, rinfila l'ago, e il povero angiolino
sorride attraverso le lacrime...».
35 - Infatti, ricordo che non potevo restare senza Celina, preferivo
uscir da tavola prima d'aver finito il dolce piuttosto che non
seguirla, appena lei si alzava. Mi dibattevo sul mio seggiolone
chiedendo che mi mettessero giù, e poi: via, a giocare insieme; qualche
volta andavamo dalla piccola «prefetta», ciò che mi piaceva molto a
causa del parco e di tutti i bei giocattoli che ci faceva vedere, ma in
realtà ci andavo più che altro per far piacere a Celina, perché avrei
preferito restare nel nostro giardinetto a grattare i muri, dai quali
staccavamo tutte le pagliuzze brillanti che vi si trovavano per poi
andare a venderle a Papà nostro, e lui le comperava con grande serietà.
36 - La domenica, essendo troppo piccola per andare alle funzioni,
Mamma rimaneva per badarmi; ero buona buona e camminavo in punta di
piedi durante il tempo della Messa, ma appena vedevo la porta che si
apriva, era una esplosione di gioia senza pari; mi precipitavo incontro
alla mia bella sorellina, che ritornava «ornata a festa come una
cappella» e le dicevo: «Oh Celinetta mia, svelta, dammi il pane
benedetto!». A volte non ce l'aveva perché era arrivata tardi... Come
si fa, allora? Impossibile rinunciarvi: era la «mia messa»! Il rimedio
è trovato subito: «Non hai pane benedetto! Ebbene, fanne!». Detto,
fatto: Celina prende una seggiola, apre l'armadio, acchiappa il pane,
ne taglia un boccone e molto seriamente ci recita sopra un'Ave Maria
poi me l'offre, e io, dopo fatto il segno della Croce, lo mangio con
grande devozione e scopro proprio il sapore del pane benedetto...
Spesso facevamo insieme delle conferenze spirituali. Ecco un esempio,
anche questo preso dalle lettere di Mamma: «Le nostre due care bimbe
Celina e Teresa sono angeli di benedizione, nature di paradiso. Teresa
è la gioia, la felicità di Maria, e la sua gloria, è incredibile come
Maria ne è fiera. È vero che ha delle uscite rare alla sua età, supera
Celina che ha il doppio di anni. L'altro giorno Celina diceva: "Ma come
può essere che il buon Dio sia in una Ostia tanto minuscola?". La
piccina: "Non è tanto strano, poiché Dio è onnipotente". "Che vuol dire
onnipotente?". "Ma che può fare tutto quello che vuole!"».
37 - Un giorno Leonia, pensando di essere troppo grande per giocare con
la bambola, venne da noi due con un paniere pieno di vestiti e di
pezzetti belli di stoffa per farne altri; su queste ricchezze stava
distesa la bambola. «Prendete, sorelline, scegliete, vi do tutto».
Celina allungò la mano e prese un pacchetto di gale che le piacevano.
Io riflettei un attimo, poi anch'io allungai la mano e dissi: «Io
scelgo tutto!», e presi il paniere senza tanti complimenti; quelli che
assistevano alla scenetta trovarono la cosa molto giusta, e la stessa
Celina non si sognò di protestare (bisogna dire che i giocattoli non le
mancavano, il suo padrino la colmava di regali, e Luisa trovava il modo
di procurarle tutto quello che desiderava). Questo minimo tratto della
mia infanzia è il riassunto di tutta la vita mia; più tardi, quando la
perfezione mi apparve, capii che, per diventare una santa, bisognava
soffrir molto, cercar sempre il più perfetto e dimenticar se stessi;
capii che ci sono molti gradi nella perfezione, e che ciascun'anima è
libera di rispondere agli inviti di Nostro Signore, di far poco o molto
per lui, insomma di scegliere tra i sacrifici che egli chiede. Allora,
come ai giorni della mia prima infanzia, esclamai: «Dio mio, scelgo
tutto. Non voglio essere una santa a metà, non ho paura di soffrire per
Voi, temo una cosa sola, cioè di conservare la mia volontà: prendetela,
perché scelgo tutto quello che Voi volete...».
38 - Bisogna che mi fermi, non devo ancora parlarle della mia
giovinezza, bensì del furicchio di quattro anni. Mi ricordo di un sogno
che mi capitò verso quell'età e che si incise profondamente nella mia
immaginazione. Una notte sognai che uscivo per andare a spasso, in
giardino, sola. Giunta agli scalmi che bisognava salire per arrivarvi,
mi fermai spaventata. Davanti a me, vicino alla pergola c'era un barile
di calce, e su questo barile due orribili diavolini ballavano con
agilità sorprendente nonostante i ferri da stiro che avevano ai piedi;
a un tratto lanciarono verso di me i loro sguardi fiammeggianti, poi,
nello stesso momento, parvero assai più spaventati di me, si
precipitarono giù dal barile, e andarono a nascondersi nella lavanderia
ch'era di faccia. Vedendoli così poco coraggiosi volli vedere
cos'andavano a fare, e mi avvicinai alla finestra. I diavolini erano
li, correvano sulle tavole e non sapevano come fare per fuggire il mio
sguardo; a momenti si avvicinavano alla finestra, guardavano inquieti
se ero ancor li, e, vedendomi, ricominciavano a correre come disperati.
Certo, questo sogno non ha nulla di straordinario, eppure io credo che
il Signore mi abbia permesso di ricordarmene per provarmi che un'anima
in stato di grazia non ha nulla da temere dai demoni i quali sono
vigliacchi, capaci di fuggire davanti allo sguardo di una bambina.
39 - Ecco un altro passo di una lettera di Mamma. Già quella povera
Madre presentiva la fine del suo esilìo: «Le due piccole non mi
preoccupano, sono tanto care tutte due, sono nature scelte, certamente
saranno buone. Maria e tu potrete educarle perfettamente. Celina non
commette mai la minima colpa volontaria. La piccina sarà buona anche
lei, non direbbe una bugia per tutto l'oro del mondo, e ha spirito come
non ne ho visto a nessuna di voi. L’altro giorno era dal pizzicagnolo,
con Celina e Luisa, parlava delle sue "pratiche" e discuteva a voce
alta con Celina; la padrona ha detto a Luisa: "Ma che vuol dire, quando
gioca in giardino, non si sente parlar che di 'pratiche'? La signora
Gaucherin allunga la testa dalla finestra per cercar di capire quel che
vuol dire questa discussione sulle pratiche...". Cara piccina! Forma la
nostra gioia, sarà buona, già si vede il germe; non parla che di Dio,
non mancherebbe alle sue preghiere per niente al mondo. Vorrei che tu
la vedessi recitare una favoletta, non ho visto mai cosa tanto gentile,
trova da sé l'espressione e il tono, ma soprattutto quando dice: "Bimba
piccina dalla testa bionda, dove credi che sia Dio?", quando è a:
"Lassù nel Cielo blu" volge in alto lo sguardo con una espressione di
angelo. Non ci stanchiamo di farglielo dire, tanto è bello, c'è nello
sguardo di lei un che di celeste che rapisce...».
40 - Oh, Madre mia! Come ero felice a quella età! Già cominciavo a
godere della vita, la virtù aveva un fascino per me, ed ero, mi pare,
nelle medesime disposizioni nelle quali mi trovo ora, avendo già una
grande padronanza sulle mie azioni. Ah, come sono passati rapidi gli
anni solatii della prima infanzia, ma che impronta dolce mi hanno
lasciata nell'anima! Ricordo con gioia i giorni in cui Papà ci
conduceva al «padiglione», ho ancora scolpiti nel cuore i minimi
particolari... Ricordo soprattutto le passeggiate della domenica: Mamma
ci accompagnava sempre. Rivivo ancora i sentimenti profondi e poetici
che nascevano nell'anima mia alla vista dei campi di grano smaltati di
fiordalisi e di fiori campestri. Già amavo gli orizzonti lontani; lo
spazio e gli abeti giganti i cui rami toccavano terra mi lasciavano un
impressione simile a quella che ancora oggi provo contemplando la
natura... Spesso durante quelle lunghe passeggiate incontravamo dei
poveri, ed era sempre Teresa piccina a ricevere l'incarico di portare
l'elemosina, e come ne era felice! Ma spesso Papà pensava che il
cammino fosse troppo lungo per la reginetta, e la riconduceva a casa
prima delle altre (con grande dispiacere per lei). Allora, per
consolarla, Celina riempiva di margherite un bel panierino, glielo dava
al ritorno; senonché, ecco la povera Nonnina, la quale trovava che la
nipote ne avesse fin troppe, e ne prendeva lei una buona parte per la
sua Madonna. Questo non piaceva a Teresa, ma lei si guardava bene dal
dirlo perché aveva preso la gran buona abitudine di mai lamentarsi,
nemmeno quando le togliessero le cose sue o l'accusassero
ingiustamente. Non era merito da parte sua, bensì virtù naturale. Che
peccato che questa buona disposizione sia svanita!
41 - In verità, tutto mi sorrideva sulla terra. Trovavo un fiore sotto
ciascun passo, e il mio carattere felice contribuiva a rendermi
gradevole la vita; tuttavia un nuovo periodo cominciava per l'anima
mia. Sarei passata attraverso la prova; avrei sofferto fin
dall'infanzia per potere essere offerta più presto a Gesù. Al modo
stesso in cui i fiori di primavera cominciano a germogliare sotto la
neve e sbocciano ai primi raggi, così il fiore umile del quale scrivo i
ricordi ha dovuto passare attraverso l'inverno della sofferenza.