Quarto sogno missionario: l’Africa e la Cina
I sogni di don Bosco
San Giovanni Bosco

La Provvidenza non cessava di squarciare dinanzi agli occhi di Don Bosco
il velo del futuro sui progressi della Congregazione Salesiana nel
campo sconfinato delle Missioni. Anche nel 1885 un sogno rivelatore
venne a manifestargli i disegni di Dio sul remoto avvenire. Don Bosco lo
narrò e commentò ai membri del Consiglio Generale la sera del 2 luglio.
«Mi parve — disse — di essere innanzi a una montagna altissima, sulla
cui vetta stava un angelo splendidissimo per luce, sicché illuminava le
contrade più remote. Intorno al monte vi era un vasto regno di genti
sconosciute.
L’angelo con la destra teneva sollevata in alto una spada, che splendeva
come fiamma vivissima, e con la sinistra mi indicava le regioni
all’intorno. Mi diceva:
— Angelus Arfaxad vocat vos adproelianda bella Domini et ad
congregandospopulos in horrea Domini (L’Angelo Arfaxad vi chiama a
combattere le battaglie del Signore, e a radunare i popoli nei granai
del Signore).
Una turba meravigliosa di Angeli lo circondava. Fra questi vi era Luigi
Colle, a cui faceva corona una moltitudine di giovanetti, ai quali
insegnava a cantare le lodi di Dio.
Intorno alla montagna, ai piedi di essa e sopra i suoi dorsi, abitava
molta gente. Tutti parlavano tra di loro, ma era un linguaggio a me
sconosciuto. Io capivo solo ciò che diceva l’Angelo. Non posso
descrivere quello che ho visto. Sono cose che si vedono, s’intendono, ma
non si possono spiegare.
Innanzi a questa montagna e in tutto questo viaggio mi sembrava di essere sollevato a un’altezza sterminata, come sopra le nuvole, circondato da uno spazio immenso. Chi può esprimere a parole quell’altezza, quella larghezza, quella luce, quel chiarore, quello spettacolo? Si può godere, ma non si può descrivere.
Vi erano molti che mi accompagnavano e mi incoraggiavano, e facevano animo anche ai Salesiani perché non si fermassero nella loro strada. Fra costoro che calorosamente mi tiravano, per così dire, per mano affinché andassi avanti, c’era il caro Luigi Colle e schiere di Angeli, i quali facevano eco al canto di quei giovanetti che gli stavano d’intorno.
Quindi mi parve di essere al centro dell’Africa, in un vastissimo
deserto. In terra era scritto a grossi caratteri trasparenti: Negri. Nel
mezzo vi era l’Angelo di Cam, il quale diceva:
— Cessabit maledictum e la benedizione del Creatore discenderà sopra i
riprovati suoi figli, e il miele e il balsamo guariranno i morsi fatti
dai serpenti; dopo saranno coperte le turpitudini dei figliuoli di Cam.
Finalmente mi parve di essere in Australia. Qui pure vi era un Angelo,
ma non aveva nessun nome. Egli guidava e faceva camminare la gente verso
il mezzodì. Una moltitudine di fanciulli che colà abitavano, tentavano
di venire verso di noi, ma erano impediti dalla distanza e dalle acque
che li separavano. Tendevano però le mani verso Don Bosco e i Salesiani
dicendo:
— Venite in nostro aiuto! Perché non compite l’opera che i vostri padri hanno incominciato?
Molti si fermarono, altri con mille sforzi passarono in mezzo ad animali
feroci e vennero a mischiarsi con i Salesiani, che io non conoscevo, e
si misero a cantare: Benedictus qui venit in nomine Domini (Benedetto
colui che viene nel nome del Signore).
A qualche distanza si vedevano aggregati di isole innumerevoli ma io non
ne potei discernere le particolarità. Mi pare che tutto questo insieme
indicasse che la Provvidenza offriva una porzione di campo evangelico ai
Salesiani, ma in tempo futuro. Le loro fatiche otterranno frutto perché
la mano del Signore sarà costantemente con loro, se non demeriteranno i
suoi favori.
Se potessi imbalsamare e conservare vivi un cinquanta Salesiani di
quelli che ora sono fra di noi, da qui a 500 anni vedrebbero quali
stupendi destini ci riserva la Provvidenza, se saremo fedeli.
Noi saremo sempre ben visti, anche dai cattivi, perché il nostro campo
speciale è di tal fatta da attirare le simpatie di tutti, buoni ed empi.
Potrà essere qualche testa matta che ci voglia distrutti, ma saranno
progetti isolati e senza appoggio degli altri. Tutto sta che i Salesiani
non si lascino prendere dall’amore alle comodità e quindi rifuggano dal
lavoro. Mantenendo anche solo le opere già esistenti e non dandosi al
vizio della gola, avranno caparra di lunga durata.
La Società Salesiana prospererà materialmente se procureremo di
sostenere e di diffondere il Bollettino e l’Opera dei Figli di Maria
Ausiliatrice e la estenderemo: sono così buoni tanti di questi
figliuoli! La loro istituzione è quella che ci darà valenti confratelli
risoluti nella loro vocazione».
Il 10 agosto Don Bosco scriveva al Conte Fiorito Colle di Tolone, padre
di Luigi: «Il nostro amico Luigi mi ha condotto a fare una gita nel
centro dell'Africa, “terra di Cam” come diceva egli, e nelle terre di
Arfaxad, ossia in Cina».
Dopo il sogno, Don Bosco incaricò il chierico Festa di far ricerche nei
dizionari biblici sull’enigmatico Arfaxad, che è nominato nel capo
decimo della Genesi. Si credette poi di aver trovato la chiave del
mistero nel primo volume della Storia della Chiesa del Rohrbacher, il
quale asserisce che da Arfaxad discendono i Cinesi.
Don Bosco si fissò particolarmente sulla Cina e diceva: « Se io avessi
20 Salesiani da spedire in Cina, è certo che vi riceverebbero un
‘accoglienza trionfale, nonostante la persecuzione».
A questo sogno il Santo mostrava di pensare sovente, ne discorreva
volentieri e ravvisava in esso una conferma dei sogni precedenti sulle
Missioni.