«Amico venerato, siateci padre diletto»
I sogni di don Bosco
San Giovanni Bosco

Durante gli Esercizi Spirituali che precedettero il primo Capito lo
Generale della Società Salesiana nel 1877, Don Bosco narrava che, poco
prima di ricevere una lettera del Vescovo di Fréjus, che lo invitava ad
aprire in Francia una scuola agricola a La Navarre, aveva fatto questo
sogno.
Gli parve di trovarsi in una regione che non era quella di Torino. C’era
una casa rustica e disadorna, davanti alla quale si stendeva una
piccola aia. Dalla camera, dove egli si trovava, si accedeva per mezzo
di alcuni scalini ad altre camere, le une situate più in alto, le altre
più in basso; e tutto intorno alla stanza girava una rastrelliera, da
cui pendevano vari strumenti agricoli.
Il luogo appariva deserto e silenzioso, quand’ecco giungere alle sue
orecchie la voce di un ragazzo. Guarda e vede nell’aia un fanciullo di
10 o 12 anni, vestito da artigiano, e vicino a lui una Donna pulita e
assestata, che aveva l’apparenza di una campagnola. Il ragazzo cantava
in francese: «Amico venerato, siateci padre di letto ». Don Bosco si
domandava che cosa significasse e il ragazzo continuava a cantare: «I
miei compagni ti diranno ciò che voglia mo». Ed ecco avanzarsi dal campo
incolto verso l’aia, una moltitudine di giovani, che cantavano in
pieno coro: «O nostra guida, conduceteci al giardino dei buoni costumi».
Domandò chi fossero, e gli fu risposto sempre cantando: «La nostra
patria è il paese di Maria».
A queste parole la Donna prese per mano il fanciullo che aveva parlato
per primo e, accennando agli altri di seguirla, s’incamminò verso
un’aia più grande, non molto lontana, di fronte alla quale sorgeva un
altro fabbricato. Giunta colà, la Donna, che intanto aveva assunto un
aspetto misterioso, si volse a Don Bosco e gli disse:
— Questi giovani sono tutti tuoi.
— Miei?! — rispose il Santo —. E con quale autorità voi mi date
questi giovanetti? Non sono né vostri né miei; sono del Signore.
— Con quale autorità? Sono i miei figli: a te li affido.
— Ma come farò io a sorvegliare tanta gioventù così vispa e chiassosa?
— Osserva! — disse la Donna.
Don Bosco si voltò e vide avanzarsi un’altra schiera numerosissima di
giovani, sopra dei quali Ella gettò un gran velo che li coprì tutti;
quindi trasse il velo a sé, ed ecco si videro quei giovani tra sformati
in altrettanti preti e chierici.
— E questi preti e chierici sono miei? — chiese Don Bosco.
— Saranno tuoi se saprai formarteli.
E fatto cenno a tutti i giovani di raccogliersi attorno a Lei, diede un
segnale e quelli cominciarono a cantare a pieno coro: Gloria, laus,
honor et gratiarum actio Domino Deo Sabaoth! (Gloria, onore e lode,
ringraziamento al Signore Dio degli eserciti).
A questo punto Don Bosco si svegliò.
In vista di questo sogno Don Bosco, com'ebbe l’accennata lettera del
Vescovo di Fréjus, accettò senz'altro la direzione della scuola agraria
offertagli. Il primo biografo di Don Bosco, Don G. B. Lemoyne, scrive: «
Noi stessi, recatici a visitare quella Colonia poco tempo dopo la
fondazione, restammo estatici: entrati nella casa dove abitava il
direttore, vedemmo al piano superiore una stanza con attorno una
rastrelliera e ai lati delle porte con scalini da cui si saliva e si
scendeva in altre stanze. Davanti alla casa una piccola aia e un vasto
campo incolto, cinto da una corona di alberi; e al di là un'altra aia
più grande con un'altra casa, ove erano stati col locati i primi
giovanetti; insomma nè più nè meno la località de scritta da Don Bosco».
Don Bosco stesso più tardi, recatosi a visitare la Colonia, fece sapere a
Don Lemoyne d’avervi trovato qualche cosa « ancor più meravigliosa». Al
suo giungere infatti tutti i giovani gli andarono incontro, preceduti
da un compagno che portava un mazzo di fiori. Quando lo vide, Don Bosco
cambiò colore per la commozione:
era il ragazzo del sogno! Non basta: alla sera vifu un po’ di accademia
e si cantò un inno, e quel ragazzo vi sostenne un assolo... Esattamente
quanto aveva già contemplato nel sogno!