Nessuno spaventava le galline
San Giovanni Bosco
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Il 23 gennaio 1876, dopo le preghiere della sera, Don Bosco salì sulla
piccola cattedra dalla quale soleva dare la «buona notte» ai suoi
giovani. Il suo volto, raggiante di gioia, manifestava, come sempre, la
sua contentezza nel trovarsi tra i suoi figli. Fattosi un pò di
silenzio, prese a raccontare questo sogno.
Gli parve di trovarsi in piena campagna e di avere davanti una grande
estensione di terreno, situato in una vasta e bella pianura. In essa
vide molti che lavoravano con vanghe, zappe, rastrelli e altri
strumenti. Chi arava, chi spianava la terra, chi seminava il grano.
C’era qua e là chi dirigeva i lavori; a Don Bosco parve di essere uno di
questi. Ed era una meraviglia vedere come quei buoni lavoratori non
desistessero un istante dal loro lavoro. In altra parte cori di
contadini stavano cantando.
Mentre Don Bosco contemplava quella piacevole scena, si vide attorniato
da alcuni suoi preti e da molti chierici. Comparve an che la Guida
misteriosa dei suoi sogni, a cui chiese:
— Qui dove siamo? Chi sono questi lavoratori? Di chi è questo campo?
La Guida rispose:
— Ella ha studiato latino: qual è il primo nome della seconda declinazione che ha imparato?
— E dominus — rispose Don Bosco.
— E come fa al genitivo?
— Domini.
— Bravo, bene! Questo campo è Domini, cioè del Signore.
Intanto Don Bosco vide varie persone che venivano con sacchi di grano
per seminare, mentre un gruppo di contadini cantava: Exiit qui seminat
seminare semen suum (Il seminatore è uscito a semi nare il suo seme). In
quel mentre vede uscire da ogni parte una moltitudine di galline che,
spargendosi per il campo, beccavano tutto il grano che veniva seminato.
E quel gruppo di cantori proseguiva nel suo canto: Venerunt aves coeli,
sustuleruntfrumentum el reliquerunt zizaniam (Vennero gli uccelli del
cielo, si portarono via il frumento e lasciarono la zizzania).
Don Bosco continua: «Io do uno sguardo attorno e osservo quei chierici
che erano con me. Uno con le mani conserte stava guardando con fredda
indifferenza, un altro chiacchierava con i com pagni, alcuni si
stringevano nelle spalle, altri proseguivano tranquillamente la
ricreazione; ma nessuno spaventava le galline per farle andar via. Io mi
rivolgo loro tutto risentito e, chiamando ciascuno per nome, dico:
— Ma che cosa fate? Non vedete quelle galline che si mangiano tutto il
grano, facendo svanire le speranze di questi buoni contadini?
Ma i chierici si stringono nelle spalle, mi guardano e non dicono
niente.
— Stolti che siete! — io continuavo —, le galline hanno già il gozzo pieno. Non potreste battere le mani e fare così?
Allora alcuni si misero a fugare le galline, mentre io ripetevo tra me:
“Eh, sì, ora che tutto il grano è mangiato, si scacciano le galline!”.
In quel mentre mi colpì l’orecchio il canto di quel gruppo di contadini, i quali così cantavano: Canes muti nescientes latrare (Cani muti
che non sanno abbaiare).
Allora io mi rivolsi alla Guida e, tra stupefatto e sdegnato, le dissi:
— Orsù, mi dia una spiegazione di quanto vedo. Che cos’è quel seme che si getta per terra?
— Oh, bella! Semen est Verbum Dei (Il seme è la Parola di Dio).
— Ma che cosa vuol dire che le galline se lo mangiano?
La Guida, cambiando tono di voce, rispose:
— Il campo è la vigna del Signore di cui si parla nel Vangelo, e si può
anche intendere del cuore dell’uomo. I coltivatori sono gli operai
evangelici che, specialmente con la predicazione, seminano la Parola di
Dio. Questa Parola produrrebbe molto frutto in quel cuore ben disposto,
ma vengono gli uccelli del cielo e la portano via.
— Che cosa indicano questi uccelli?
— Vuol che glielo dica? Indicano le mormorazioni. Sentita quella
predica, uno fa la chiosa a un gesto, alla voce, alla parola del
predicatore, ed ecco portato via tutto il frutto della predica; un altro
accusa il predicatore di qualche difetto fisico o intellettuale; un
terzo ride del suo italiano; e così tutto il frutto della predica è portato via. Lo stesso deve dirsi di una buona lettura.
Il grano, sebbene il campo non sia tanto fertile, tuttavia nasce, cresce
e produce frutto; se in un campo di fresco seminato viene un temporale,
la terra resta pesta e non porta più tanto frutto, ma pure ne porta; se
la semente non è tanto bella, porterà poco frutto, ma pure ne porta;
ma se le galline o gli uccelli si beccano la semente, il campo non porta
più frutto di sorta. Così se alle predi che, alle esortazioni, ai buoni
propositi segue qualche distrazione o tentazione, faranno meno frutto;
ma quando c’è la mormorazione, il parlar male o simile, non c’è poco che
tenga, ma c’è subito il tutto che viene portato via. E a chi tocca
battere le mani, insistere, gridare perché queste mormorazioni, questi
discorsi cattivi non si facciano? Lei lo sa.
Lei che è prete insista su questo: predichi, esorti, parli, non abbia
paura di dire mai troppo, e tutti sappiano che il fare le chiose a chi
predica, a chi esorta, a chi dà buoni consigli è ciò che reca più del
male. E lo star muti quando si vede qualche disordine e non impedirlo,
specialmente se uno può e deve impedirlo, è rendersi complice del male
degli altri.
Io, impressionato da queste parole, volevo rimproverare i chierici,
infiammarli a compiere il proprio dovere; ma, fatti pochi passi,
inciampai in un rastrello destinato a spianare la terra, lasciato in
quel campo, e mi svegliai».
Parlando di questo sogno, Don Bosco affermò: « Io nel sogno ho visto
tutti e ho visto lo stato nel quale ognuno si trovava: se gallina, se
cane muto, se nel numero di coloro che, avvisati, si misero all’opera o
non si mossero. Di queste cognizioni io mi servo, confessando,
esortando in pubblico e in privato, finché vedo che producono del
bene... ».
Presa quindi un‘aria più grave, e quasi conturbato, proseguì: Il Papa
al Colle Don Bosco « Quando penso alla mia responsabilità nella
posizione in cui mi trovo, tremo tutto... Che conto tremendo avrò da
rendere a Dio di tutte le grazie che ci fa per il buon andamento della
nostra Congregazione!» .
La trama esile di questo sogno ci avrebbe suggerito di ometterlo, ma la
notizia che Giovanni Paolo II ha promesso all’Arcivescovo di Torino e al
Rettor Maggiore dei Salesiani che nel 1988, per il centenario della
morte di Don Bosco, sarà presente al Colle Don Bosco per le celebrazioni
centenarie, ci fa scorgere in questo sogno, molto singolare, quasi un
significato profetico.