«Perché non parli?»
San Giovanni Bosco

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Qualche volta erano talmente terribili le cose che Don Bosco vedeva nei
suoi sogni, che restava sgomento e non si decideva a parlare. È il caso
di alcuni sogni fatti a Lanzo nei primi giorni dell’aprile 1868. Ma un
ultimo sogno lo decise a raccontare ai giovani dell’Oratorio anche gli
altri. La sera del 30 aprile parlò così:
«Miei cari figliuoli, ho fatto un sogno ed ero deciso di non far ne
parola a voi, sia perché dubitavo che fosse un sogno come tutti gli
altri che si presentano alla fantasia nel sonno; sia perché tutte le
volte che ne ho raccontato qualcuno, ci fu sempre qualche osservazione o
qualche reclamo. Ma un altro sogno mi obbliga a parlarvi del primo. Voi
sapete che sono stato a Lanzo per avere un pò di quiete. Orbene,
l’ultima notte che dormii in quel collegio, messomi a letto, mentre
cominciavo a prender sonno, mi si presentò alla fantasia quanto sto per
dirvi.
Mi parve di vedere entrare nella mia camera un gran mostro che,
avanzandosi, venne a porsi ai piedi del letto. Aveva la forma di un
rospo ripugnante e gigantesco. Io lo guardavo senza fiatare, mentre
quello s’ingrossava sempre più. Era di color verde con una linea rossa
intorno alla bocca e alla gola che lo rendeva ancora più spaventoso. I
suoi occhi erano di fuoco; sul naso si alzavano due corna; dai fianchi
spuntavano due alacce verdastre. Aveva una lunga coda che terminava in
due punte. In quei momenti mi pareva di non aver paura; ma quando il
mostro cominciò ad avanzarsi verso di me allargando la bocca ampia e
fornita di grossi denti, allora fui preso da grande terrore. Mi feci il
segno di croce, ma a nulla valse; suonai il campanello, ma nessuno mi
udì; gridai, ma invano: il mostro non fuggiva.
— Che vuoi da me, brutta bestiaccia — gridai allora.
Ma egli continuò ad avanzare. A un tratto, posate le zampe anteriori
sulle sponde del letto, si tirò su lentamente, poi si fermò a fissarmi.
Quindi, allungatosi in avanti, protese il muso verso la mia faccia e
spalancò la bocca. Io ero paralizzato dall’orrore. Mi misi a urlare,
gettai la mano indietro cercando l’acquasantino, ma non trovandolo,
battevo pugni nel muro. Intanto il rospo abboccò per un istante la mia
testa in modo che mi trovai con la metà della persona dentro quelle
orride fauci. Allora gridai:
— In nome di Dio, perché mi fai questo?
Il rospo, al mio grido, si ritirò un tantino, lasciando libera la mia
testa. Mi feci nuovamente il segno di croce ed essendo finalmente
riuscito a intingere le dita nell’acquasantino, gli gettai sopra un po’
di acqua benedetta. Allora quel demonio, mandando un urlo terribile,
precipitò indietro e scomparve.
Ma mentre scompariva il mostro, io potei udire distintamente una voce
che dall’alto pronunciò queste parole: “Perché non parli?” Il direttore
di Lanzo Don Lemoyne quella notte si svegliò a causa delle mie urla
prolungate, udì che battevo le mani contro il muro e il mattino seguente
mi domandò:
— Don Bosco, questa notte ha sognato?
— Perché mi fai questa domanda?
— Ho udito le sue grida.
Avevo dunque conosciuto la volontà di Dio; dovevo dirvi ciò che ho
veduto. Quindi ho deciso di raccontarvi tutti i sogni che ho fatto in
quei giorni, perché mi sento obbligato in coscienza, e anche per
liberarmi da visioni tanto orribili come quella del rospo».
In quella voce venuta dall’alto, che rimprovera Don Bosco per ché non ha
raccontato alcuni sogni, si può vedere uno di quegli elementi
soprannaturali che caratterizzano i sogni di Don Bosco e ci confermano
che non erano dei semplici sogni. Ci sarebbe da augurarsi che la stessa
voce di richiamo sentissero e ascoltassero i genitori che vedono i figli
mettersi su cattiva strada e non parlano.