Lasciatemi solo; soffro troppo.
San Giovanni Bosco

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La sera del 25 giugno 1867 Don Bosco narrava ai giovani uno dei suoi sogni più suggestivi.
Gli sembrò di essere sulla via che conduce a... (e nominò la città),
quando si sentì chiamare per nome dalla sua Guida. La seguì. Viaggiavano
con la rapidità del pensiero, senza che i loro piedi toccassero terra.
Giunsero a un palazzo di mirabile struttura, ma inaccessibile.
— Entra in quel palazzo — gli disse la Guida.
— Come faccio se non c’è l’entrata?
— Entra! — replicò imperiosamente la Guida.
E vedendo che Don Bosco non si moveva, disse:
— Fa’ come faccio io: alza le braccia e salirai.
Così dicendo, allargò le braccia verso il cielo; Don Bosco lo imitò e si
sentì sollevare in aria, finché si trovò sulla soglia del palazzo.
— Che cosa c’è qui dentro? — chiese Don Bosco.
— Entra, visitalo e vedrai. In fondo, in una sala, troverai chi ti ammaestrerà.
La Guida scomparve. Don Bosco percorse molte sale sfarzose con la
rapidità del vento e, cosa mirabile, sospeso in aria, con le gambe
unite, strisciava senza fatica, come sopra un cristallo, ma senza
toccare il pavimento. Così passando da un appartamento all’altro, giunse
a una grande sala, più splendida delle altre.
Alla sua estremità, sopra un seggiolone, scorse maestosamente seduto un Vescovo, in atto di chi aspetta per dare udienza.
«Mi avvicinai con rispetto — narra Don Bosco — e restai preso da somma
meraviglia nel riconoscere in quel prelato un mio intimo amico. Era
Monsignor... (e ne fece il nome), Vescovo di... Il suo aspetto era
fondo, affettuoso e di tale bellezza che non si può esprimere».
— Oh, Monsignore! Lei qui? — gli disse —. Ma non è morto?
— Sì che sono morto. E voi, Don Bosco, siete vivo o morto?
— Io sono vivo: non vede che sono qui in corpo e anima?
— Qui non si può venire col corpo.
— Eppure ci sono.
Quindi Don Bosco fece al Vescovo molte domande:
— Mi dica, Monsignore, è salvo?
— Sì, sono in luogo di salvezza.
— Ma è in paradiso a godere Dio, oppure in purgatorio?
— Sono in luogo di salvezza, ma Dio non l’ho ancora visto e ho bisogno che preghiate ancora per me.
— E quanto tempo avrà ancora da stare in purgatorio?
— Guardate qui.
E gli porse una carta soggiungendo:
— Leggete.
Don Bosco esaminò il foglio, lo rivolse da ogni parte, ma non poté
leggere nulla. Il Vescovo gli fece notare che bisognava leggerlo a
rovescio, perché i giudizi di Dio sono diversi da quelli del mondo. Don
Bosco non osò insistere per una risposta più chiara e domandò:
— Io mi salverò?
— Sperate.
— Ma non mi tenga in pena: mi dica subito se mi salverò.
— Non lo so.
— Almeno mi dica se io sono in grazia di Dio.
— Non lo so.
— E i miei giovani si salveranno?
— Non lo so.
— Ma, di grazia, la supplico, me lo dica.
— Ecco: queste cose il Signore le fa conoscere a chi vuole e, quando
vuole, dà il permesso che siano comunicate a coloro che vivono ancora.
Qui Don Bosco dice che era smanioso di sapere tante cose; quindi fece al Vescovo altre domande:
— Ora mi dica qualche cosa da riportare ai giovani da parte sua.
— Dite loro che salvino l’anima, perché il resto a nulla giova.
— Ma lo sappiamo già che dobbiamo salvare l’anima; ma come dobbiamo fare a salvarla?
— Dite ai giovani che si facciano buoni e ubbidienti.
— E chi non le sa queste cose?
— Dite loro che siano puri e che preghino.
— Ma si spieghi più praticamente.
— Dite loro che si confessino sovente e facciano buone Comunioni.
— Mi dica qualche cosa di più speciale ancora.
— Ve lo dirò giacché lo volete. Dite loro che hanno davanti agli occhi
una nebbia; e quando uno è giunto a vedere quella nebbia, è già a buon
punto.
— Che cos’è questa nebbia?
— Sono le cose del mondo, che impediscono di vedere le cose celesti come sono.
— E come debbono fare a togliere quella nebbia?
— Considerino il mondo com’è: mundus totus in maligno posi tus est
(tutto il mondo si trova sotto il potere del diavolo), e allora
salveranno l’anima; non si lascino ingannare dalle apparenze del mondo. I
giovani credono che i piaceri, le gioie, le amicizie del mondo possano
renderli felici, e quindi non aspettano che il momento di godere di quei
piaceri; ma si ricordino che tutto è vanità e afflizione di spirito.
— E questa nebbia da che cosa principalmente è prodotta?
— Dall’immodestia e dall’impurità. come un nero nuvolone densissimo che
toglie la vista e impedisce ai giovani di vedere il precipizio al quale
vanno incontro. Dite loro quindi che conservino gelosamente la virtù
della purezza, perché quelli che la possiedono florebunt sicut lilium in
civitate Dei (fioriranno come gigli nella città di Dio).
— E che cosa ci vuole per conservare la purezza?
— Sono necessarie: ritiratezza, obbedienza, fuga dell’ozio e preghiera.
— E poi?
— Preghiera, fuga dell’ozio, obbedienza e ritiratezza.
— E niente altro?
— Obbedienza, ritiratezza, preghiera e fuga dell’ozio.
Appena il Vescovo ebbe finito di parlare — continua Don Bosco —, tutto
smanioso di comunicarvi questi avvisi, lasciai in fretta quella sala e
corsi all’Oratorio. Volavo con la rapidità del vento e in un istante mi
trovai alla porta dell’Oratorio. Quando fui qui, mi arrestai e pensai:
Perché non mi sono fermato di più con il Vescovo? Avrei avuto ancora
altri schiarimenti. E subito ritornai indietro con la stessa rapidità
con la quale ero venuto. Entrai di nuovo in quel palazzo e in quella
sala.
Ma quale cambiamento era avvenuto in quei brevi istanti! Il Vescovo,
pallidissimo come cera, era steso sul letto, sembrava un cadavere; gli
spuntavano sugli occhi le ultime lacrime: era in agonia. Solo un leggero
movimento del petto, scosso dagli estremi aneliti, indicava che era
ancor vivo. Io mi accostai a lui affannoso:
— Monsignore, che cosa è avvenuto?
— Lasciatemi — rispose con un gemito.
— Monsignore, avrei ancora molte cose da domandarvi.
— Lasciatemi solo, soffro troppo.
— Che cosa posso fare per lei?
— Pregate e lasciatemi andare.
— Dove?
— Dove la mano onnipotente di Dio mi conduce.
— Ma, Monsignore, la supplico, mi dica dove.
— Soffro troppo, lasciatemi.
— Ancora una sola parola: non ha nessuna commissione che io possa
eseguire nel mondo? Non mi lascia nulla da dire al suo successore?
— Andate dall’attuale Vescovo di... e ditegli da parte mia questo e questo.
Le cose che mi disse non fanno per voi, o miei cari giovani, e quindi le tralascio. Il Vescovo proseguì ancora:
— E poi dite alle tali e tali persone queste e queste altre cose segrete».
da Don Lemoyne se avesse eseguito le commissioni ricevute da quel Vescovo, rispose:
— Sì, ho eseguito fedelmente il mio mandato.
«— E niente altro? — io continuai.
— Dite ai vostri giovani che io ho sempre voluto loro molto bene, che
finché ero in vita ho sempre pregato per loro e che anche adesso mi
ricordo di loro. Ora essi preghino per me.
— Stia sicuro, lo dirò e cominceremo subito a fare suffragi per lei; ma
lei appena sarà in paradiso si ricordi di noi.
Il Vescovo intanto aveva preso un aspetto ancor più sofferente. Era uno
strazio al vederlo. Soffriva un’agonia delle più angosciose.
— Lasciatemi — mi disse ancora —, lasciatemi che io vada dove il Signore mi chiama.
— Monsignore! ... Monsignore! ... — io andavo ripetendo stretto da irdicibile compassione.
— Lasciatemi! Lasciatemi! — ripeté e disparve.
Io, spaventato e commosso a tanto soffrire, mi volsi per tornare
indietro, ma avendo urtato in qualche oggetto, mi svegliai e mi trovai
nel mio letto».
Il biografo Don Lemoyne scrive: «Don Bosco non fece commenti sullo stato
di quel buon Vescovo. Del resto da rivelazioni degnissime di fede e da
attestazioni dei santi Padri si conosce che personaggi di santità
consumata, gigli di purità verginale, ricchi di meriti, operatori di
miracoli, e che ora noi veneriamo sugli altari, per difetti
leggerissimi, un tempo anche lungo dovettero rimanere in purgatorio » .