Il sogno dell'elefante
I sogni di don Bosco
San Giovanni Bosco

Il 6 gennaio 1863 Don Bosco raccontava ai suoi giovani uno di quei sogni
che facevano epoca per l’efficacia con la quale scuotevano i cuori e li
portavano a Maria.
Sognò di trovarsi nella sua cameretta in amichevole conversa zione col
prof. Vallauri, senatore del Regno, quando sentì bussare alla porta.
Corse a vedere. Era Mamma Margherita, morta da sei anni, che affannata
lo chiamava:
— Vieni a vedere! Vieni a vedere!
Don Bosco esce sul balcone e vede, nel cortile, un elefante di smisurata
grandezza. Sbigottito si precipita nel cortile, seguito dal prof.
Vallauri.
Quell’elefante sembrava mite, docile, si divertiva con i giovani, li
accarezzava con la proboscide, in modo che era sempre seguito da un gran
numero di giovani. La maggior parte però fuggiva spaventata e finì per
rifugiarsi in chiesa. Anche Don Bosco li seguì e, nel passare vicino
alla statuetta della Vergine, collocata sotto il porticato (ove si trova
ancora oggi), toccò l’estremità del suo manto per invocarne la
protezione; ed Ella alzò il braccio destro. Vallauri lo imitò e la
Vergine sollevò il braccio sinistro.
Venne l’ora delle sacre funzioni e tutti i giovani si recarono in
chiesa. L’elefante li seguì e Don Bosco, mentre impartiva la benedizione
eucaristica, vide al fondo il mostro anch’esso inginocchiato, ma in
senso contrario, col muso e con le zanne rivolti alla porta principale.
Usciti di chiesa, i giovani ripresero la ricreazione. «A un tratto
— racconta Don Bosco —, all’impensata di tutti, vidi quel brutto
animale, che prima era tanto gentile, avventarsi con furiosi barriti in
mezzo ai giovani circostanti e, prendendo i più vicini con la
proboscide, scagliarli in alto, sfracellarli sbattendoli in terra e con i
piedi farne uno strazio orrendo. Era un fuggi fuggi generale: chi
gridava, chi piangeva, chi invocava l’aiuto dei compagni; mentre, cosa
straziante, alcuni giovani, invece di soccorrere i feriti, avevano fatto
alleanza col mostro per procacciargli nuove vittime.
Mentre avvenivano queste cose, la statuetta della Madonna si animò,
s’ingrandì, divenne persona di alta statura, alzò le braccia, aperse il
manto che si allargò smisuratamente, tanto da coprire tutti quelli che
vi si ricoveravano sotto. Ma vedendo Maria SS. che molti non si curavano
di correre a lei, gridava ad alta voce:
— Venite ad me omnes (Venite a me tutti).
Ed ecco che la folla dei giovani sotto il manto cresceva, mentre
il manto continuava ad allargarsi. Siccome però alcuni facevano
i sordi e rimanevano feriti, la Vergine, rossa in viso, continuava
a gridare:
— Venite ad me òmnes!
L’elefante intanto continuava la strage, aiutato da alcuni giovani che,
armati di spada, impedivano ai compagni di rifugiarsi presso la Madonna.
Tra i giovani ricoverati sotto il manto della Vergine alcuni facevano
rapide scorrerie, strappavano all’elefan te qualche preda e portavano i
feriti sotto il manto della Madonna, e subito restavano guariti».
Il cortile ormai era deserto e presentava due scene opposte. Da una
parte c’era l’elefante con 10-12 giovani che lo avevano aiutato a fare
tanto male. A un tratto quel bestione si sollevò sulle zampe posteriori,
si trasformò in un fantasma orribile con lunghe corna e, preso un nero
copertone, avviluppò quei miseri che avevano parteggiato con lui,
mandando un orribile barrito. Allora un denso fumo tutti li avvolse e si
sprofondarono e sparirono col mostro in una voragine improvvisamente
apertasi sotto i loro piedi.
Dall’altra parte la scena dolcissima della Vergine che, ai giovani
ricoverati sotto il suo manto, rivolgeva belle parole di conforto e di
speranza. Tra le altre, Don Bosco udì queste:
— Voi che avete ascoltato la mia voce e siete sfuggiti alla strage del
demonio, volete sapere qual è la causa della loro perdita? So no i
cattivi discorsi e le azioni che ne seguirono. Fuggite quei compagni che
sono amici di Satana, fuggite i cattivi discorsi, specialmente quelli
contro la purità; abbiate in me una confidenza illimitata e il mio manto
vi sarà sempre sicuro rifugio.
Detto questo, si dileguò e Don Bosco non vide altro che la cara
statuetta, mentre i giovani salvati si ordinarono dietro a uno stendardo
che portava la scritta: Sancta Maria, succurre miseris (Santa Maria,
soccorri noi poveretti) e partirono cantando: «Lodate Maria, o lingue
fedeli».
Don Bosco terminava il suo racconto dicendo: « Chi vorrà sapere il posto
che tenevano in sogno, venga da me e io glielo manifesterò ».
«I giovani — commenta il biografo Don Lemoyne —, meditando tal sogno,
per una settimana e più non lo lasciarono in pace. Al mattino molte
confessioni, dopo pranzo furono quasi tutti da lui per sapere quale
luogo tenessero in quel sogno misterioso ».