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Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

L'anima e la sua origine - Libro quarto

Sant'Agostino d'Ippona

L'anima e la sua origine - Libro quarto
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A VINCENZO VITTORE


Questo libro esamina gli attacchi personali di Vittore ad Agostino.

1. 1. Accogli adesso anche quello che desidero dirti nei miei riguardi personali, se lo potrò, ossia se me lo concederà colui nelle mani del quale siamo e noi e i nostri ragionamenti. Sono due le volte che mi hai ripreso, facendo espressamente anche il mio nome. Al principio del tuo libro, sebbene ti fossi detto oltremodo consapevole della tua ignoranza e sprovveduto del sussidio della dottrina, e sebbene mi avessi chiamato, dove mi hai nominato, dottissimo e peritissimo, tuttavia nelle questioni dove ti è sembrato di sapere quello che io confesso di non sapere o presumo di sapere, benché non lo sappia, non hai dubitato di riprendere con la libertà che occorreva, non solo un vecchio tu giovane e un vescovo tu laico, ma anche un uomo a tuo giudizio dottissimo e peritissimo. Io al contrario né mi conosco dottissimo e peritissimo, ma anzi conosco con la massima certezza che non lo sono, né metto in dubbio la possibilità che accada ad una qualsiasi persona non dotta e non perita di sapere ciò che non sa una qualche persona dotta e perita. Inoltre senz'altro ti lodo per il fatto che hai preferito ad una persona la verità, benché non sia la verità che hai raggiunta, ma certamente che hai creduto d'aver raggiunta; e ciò con evidente temerarietà, perché hai stimato di sapere quello che non sai, ma con libertà perché senza riguardi personali hai scelto d'aprire quello che ti senti dentro. Da questo devi capire quanto maggiormente deve stare a cuore a noi pastori di richiamare dagli errori le pecore del Signore, se anche per le pecore è disonesto occultare ai pastori i vizi dei medesimi pastori, se ne abbiano conosciuti. Oh, se tu riprendessi le mie colpe che sono degne di giusta riprensione! Non devo infatti negare che, sia negli stessi miei costumi come nei miei libri così numerosi, ci siano numerose mende che possano essere sottoposte ad accusa con retto giudizio e senza nessuna temerarietà. Se fossi tu stesso a riprendere qualcuna di queste mende, in quel caso forse ti indicherei quale vorrei che tu fossi nei casi dove non sei ripreso a caso, e offrirei a te minore io maggiore d'età, a te suddito io superiore nella Chiesa, un esempio di ravvedimento, tanto più salutare quanto più umile. Purtroppo invece tu mi hai ripreso in questioni dove l'umiltà non mi costringe a correggermi, ma dove la verità mi costringe in parte ad affermare e in parte a confermare le mie convinzioni.

Il primo attacco personale di Vittore ad Agostino.

2. 2. Ecco poi quali sono: la prima, sull'origine delle anime che sono state date o si danno agli uomini dopo il primo uomo, di non aver osato dire nulla di definitivo, perché confesso di non saperlo; la seconda, d'aver detto di sapere che l'anima è spirito e non corpo. Ma in questa mia seconda proposizione tu hai ripreso due errori: l'uno, che io non credo che l'anima sia corpo; l'altro, che io credo che l'anima è spirito. A te infatti sembra e che l'anima sia corpo, e che l'anima non sia spirito. Ascolta dunque la mia spiegazione contro la tua riprensione, e dall'esempio di questa mia spiegazione data a te impara le spiegazioni che devi dare in te stesso. Rammenta le parole del tuo libro, dove hai fatto per la prima volta il mio nome. " So " dici " che un gran numero di scrittori, anche tra quelli che sono di gran lunga i più esperti, dopo esser stati interpellati su questo argomento, hanno mantenuto il silenzio o non hanno detto nulla di abbastanza esplicito, sottraendo alle proprie discussioni la definizione del problema, dopo averne iniziato l'esposizione, come recentemente mi è capitato di leggere più volte presso di te contenuto negli scritti di Agostino, un uomo dottissimo e un vescovo celebrato: con troppa modestia, mi pare, e con troppa timidezza toccano costoro il mistero di questo problema, inghiottendo dentro di sé il giudizio delle proprie riflessioni e confessando di non essere in grado di precisare su questo tema nulla di sicuro. Ma a me, credimi, pare assurdissimo e irragionevole che l'uomo sfugga a se stesso o che l'uomo che crediamo arrivato ormai alla conoscenza di tutte le cose si debba ritenere sconosciuto a se stesso. In che cosa differirebbe l'uomo dalle bestie, se non sapesse discutere e ragionare della propria costituzione e natura, così da dover rivolgere contro di lui ciò che sta scritto: L'uomo quand'è in onore non comprende, si mette alla pari degli animali irragionevoli e si fa simile ad essi 1. Poiché, non avendo un Dio buono creato nulla irragionevolmente e avendo creato l'uomo stesso come animale ragionevole, capace d'intelligenza, dotato di raziocinio, vivace nei sensi, con il compito di dirigere con prudente ordine tutte le creature irrazionali, che cosa si potrebbe dire che sia altrettanto sconveniente quanto che Dio l'abbia defraudato della sola conoscenza di se stesso? E mentre la sapienza del mondo, che si protende fino alla conoscenza della verità, certo con sforzi vani, dato che non può conoscere colui che rende possibile la conoscenza della verità, ha tuttavia tentato di cogliere certe intuizioni sulla natura dell'anima che sono vicine, anzi affini alla verità, quanto è indegno e vergognoso che l'uomo religioso, chiunque egli sia, di questo stesso problema o non sappia nulla o abbia assolutamente proibito a se stesso di saperne qualcosa " 2.

Confesso che ignoro molte cose sulla natura umana.

2. 3. Questa tua eloquentissima e luminosissima fustigazione della nostra ignoranza ti obbliga a conoscere così bene tutti i problemi concernenti la natura dell'uomo che, se di essi ignorerai qualcosa, sarai equiparato alle bestie, non secondo il mio giudizio, ma secondo il tuo. Quantunque infatti sembri che tu abbia voluto colpire più segnatamente noi con le parole: L'uomo quand'è in onore non comprende 3, perché noi siamo nella Chiesa in un posto d'onore nel quale non sei tu, tuttavia anche tu sei in quel posto d'onore della natura che ti rende preferibile alle bestie, alle quali secondo il tuo giudizio sei da equiparare, se non conoscerai qualcosa di quei problemi che risultano pertinenti alla tua natura. Tu infatti non hai asperso con questo rimbrotto solamente coloro che non sanno quello che non so io, cioè l'origine dell'anima umana - della quale per la precisione non è che io non sappia assolutamente nulla: so in realtà che Dio alitò sulla faccia del primo uomo e l'uomo divenne così un essere vivente: ed è tuttavia una verità che, se non l'avessi letta nelle Scritture, non la potrei conoscere da me -, ma hai detto: " In che cosa differirebbe l'uomo dalle bestie se non sapesse discutere e ragionare della propria costituzione e natura? ". Nel dire così sembra che tu pretenda dall'uomo di saper discutere e ragionare così bene di tutta la sua costituzione e natura che non gli sfugga nulla di se stesso. Se così è, ti allivellerò subito alle pecore, se non mi dici il numero dei tuoi capelli. Se al contrario concedi che, per quanto progrediamo in questa vita, ignoreremo sempre alcune delle verità pertinenti alla nostra natura domando quale e quanta sia l'ampiezza della tua concessione, perché potrebbe esservi compreso anche il fatto di non conoscere completamente l'origine della nostra anima, sebbene sappiamo senza incertezze che l'anima è stata data da Dio e che essa non è della medesima natura di Dio: e queste sono verità che appartengono all'intangibilità della nostra fede. O forse pensi che ciascuno debba ignorare la propria natura nei limiti in cui la ignori tu e la debba conoscere nei limiti in cui l'hai potuta conoscere tu, di modo che, se qualcuno la ignora un poco più di te, lo metti alla pari delle pecore, perché tu hai potuto essere più dotto di lui, e altrettanto, se egli la conoscerà un poco meglio di te, con lo stesso metro di giustizia sarà lui che metterà te alla pari delle pecore? Dicci dunque in quale misura ci concedi d'ignorare la nostra natura, perché sia salva la nostra distanza dalle pecore, e rifletti tuttavia se chi sa di non sapere qualcosa della natura umana non disti dalle bestie più di chi crede di sapere quello che non sa. La natura completa dell'uomo sono certamente lo spirito, l'anima e il corpo: è pazzo dunque chi vuol considerare estraneo alla natura umana il corpo. Eppure, i medici chiamati anatomisti, i quali attraverso le membra, le vene, i nervi, le ossa, i midolli, le interiora vitali, tagliuzzando anche uomini vivi finché possono rimanere vivi tra le mani di chi ne fa la vivisezione, hanno fatto ricerche per conoscere la natura del corpo, non hanno tuttavia equiparato alle bestie noi che ignoriamo quello che conoscono essi. A meno che tu non sia pronto a dire che sono paragonabili alle bestie quelli che ignorano la natura dell'anima e non quelli che ignorano la natura del corpo. Non avresti dunque dovuto premettere quello che hai detto. Non hai detto infatti: " In che cosa differirebbe l'uomo dalle bestie, se non sa la costituzione e la natura della sua anima ", bensì hai detto: " Se non sa discutere e ragionare della propria costituzione e natura ". Certamente la nostra costituzione e natura comprende anche il corpo, benché dei singoli elementi che ci compongono si tratti singolarmente a parte. Ma a voler esporre tutte le così numerose discussioni che potrei fare con rigore assolutamente scientifico sulla natura dell'uomo, riempirei parecchi volumi, e confesso tuttavia che sono molte le verità che ignoro.

Servono argomentazioni serie, non facili ingiurie.

3. 4. Ma tu, la discussione fatta nel libro precedente sul respiro dell'uomo, a che cosa vuoi che si riporti: alla natura dell'anima perché è l'anima stessa che compie tale azione nell'uomo, o alla natura del corpo che è mosso dall'anima a compiere quell'azione, o alla natura dell'aria circostante con la cui alternanza si spiega quell'azione, o piuttosto a tutti e tre questi fattori, cioè all'anima che muove il corpo, e al corpo che muovendosi prende e rende l'aria, e all'aria circolante in ogni parte che dà alimento entrando e alleggerimento uscendo? E tuttavia è certo che lo ignoravi, tu scrittore letterato e facondo, quando credevi e dicevi e scrivevi e nell'assemblea di una moltitudine di invitati leggevi che noi gonfiamo un otre servendoci della nostra natura, senza che abbiamo nulla di meno nella nostra natura, mentre avresti potuto, appena avessi voluto, conoscere molto facilmente in che modo noi compiamo tale operazione, non scrutando diligentemente pagine divine e umane, ma stando attento a te stesso. Con qual sicurezza dunque affiderò il compito d'istruirmi sull'origine delle anime, che io confesso di non sapere, ad uno come te che non sai come fai ciò che incessantemente fai con le tue narici e con la tua bocca? E faccia il Signore che tu, esortato da me, ceda senza voler resistere ad una verità posta così alla nostra portata ed evidentissima, e che tu non interroghi i tuoi polmoni sul modo di gonfiare un otre, così da preferire d'averli gonfi contro di me, piuttosto che arrenderti ad essi che t'insegnano e ti rispondono secondo verità, non parlando e altercando, ma aspirando ed espirando. Quanto perciò alla mia ignoranza sull'origine delle anime, sopporterei senza molestia la tua aggressione e riprensione contro di essa, anzi ti renderei per giunta molte grazie, se non ti limitassi a percuotermela con aspre impertinenze, ma riuscissi anche a scuotermela da dosso con vere testimonianze. Se tu infatti mi potessi far conoscere ciò che non conosco, dovrei sopportare con grande pazienza non solo che tu mi colpissi con le parolacce, ma perfino con i pugni.

È proprio necessario conoscere l'origine dell'anima?

4. 5. Confesso alla tua dilezione che, per quanto concerne la presente questione, desidero molto conoscere, se mi è possibile, una delle due cose: o conoscere ciò che ignoro sull'origine delle anime, o conoscere se conoscere ciò sia di nostra competenza mentre viviamo quaggiù. Che dire infatti se fosse una di quelle verità di cui ci è detto: Non cercare le cose che sono più alte di te, non indagare le cose che sono più forti di te, ma bada sempre a quello che ti è stato comandato dal Signore 4? Ma desidero saperlo o da Dio stesso che sa quello che crea, o anche da qualche persona umana dotta che sa cosa dire, non da una persona che non conosce l'aria che respira. Nessuno sa ricordare la propria infanzia, e tu credi che un uomo possa senza l'insegnamento di Dio conoscere donde abbia cominciato a vivere nel seno materno, specialmente se la natura umana gli è ancora sconosciuta a tal punto da ignorare non solo che cosa abbia dentro di sé, ma anche che cosa la circondi fuori di sé? E sarà mai possibile che ad insegnare a me o a chicchessia donde i nascenti ricevano l'anima sii tu, o carissimo, che finora ignoravi donde i viventi ricevano l'alimento così necessario che una sua breve sottrazione basta a farli morire subito? Insegnerai a me o a chicchessia donde gli uomini siano animati tu che finora non sapevi da che cosa siano riempiti gli otri quando sono gonfiati? Magari, come tu non sai da dove sia l'origine delle anime, così io sapessi almeno se lo debba sapere in questa vita. Se infatti è una di quelle verità troppo alte, che ci è proibito di cercare e d'indagare, dobbiamo temere di peccare, non ignorandola, ma ricercandola. Né infatti la ragione per dover escludere che sia una di quelle verità troppo alte è che non concerne la natura di Dio, ma la natura nostra.

Tante cose non sappiamo!

5. 6. Come mai alcune delle opere di Dio sono più difficili a conoscersi in Dio stesso, nei limiti in cui Dio è conoscibile? Abbiamo imparato per esempio che Dio è Trinità, ma quante specie d'animali egli abbia creato, anche soltanto di quelli terrestri che poterono entrare nell'arca di Noè, lo ignoriamo finora. A meno che tu non sia arrivato per caso a saperlo! Anche nel libro della Sapienza è scritto: Se tanto poterono sapere da scrutare l'universo, come mai non ne hanno trovato più presto il padrone? 5 Oppure, perché è un fatto interiore a noi, per questo non è superiore a noi? Certo, è più interiore a noi la natura della nostra anima che il corpo. Come se al contrario l'anima non abbia potuto conoscere il corpo stesso più facilmente dal di fuori per mezzo degli occhi dello stesso corpo che dal di dentro per mezzo di se stessa. Quale è infatti tra gli organi interni del corpo quello in cui non si trovi l'anima? E nondimeno anche tutte le parti interne e vitali del corpo l'anima le ha studiate con gli occhi del corpo, e tutto ciò che ha potuto imparare da esse l'ha imparato per mezzo degli occhi del corpo. E certamente l'anima era in quelle membra anche quando non le conosceva. E poiché i nostri organi interni non possono vivere senza l'anima, è stato più facile all'anima vivificarli che conoscerli. O forse le è più difficile conoscere il corpo che se stessa? Perciò, se l'anima vuole ricercare e discutere quando il seme dell'uomo si converte in sangue, quando si converta in solida carne, quando le ossa s'induriscano, quando comincino a midollarsi, quante siano le specie delle vene e dei nervi, con quali giri e rigiri le vene irrighino l'intero corpo e i nervi lo intreccino, se tra i nervi si debba contare la cute, se tra le ossa i denti che differiscono dalle ossa perché mancano di midollo, in che cosa differiscano dalle ossa e dai denti le unghie che sono simili alle ossa per la durezza, ma hanno in comune con i capelli di poter esser tagliate e ricrescere, quale sia la funzione delle vene, non di quelle del sangue, ma di quelle dell'aria chiamate arterie: se l'anima, ripeto, desidera conoscere questi e simili problemi sulla natura del suo corpo, allora bisognerà forse dire all'uomo: Non cercare le cose che sono più alte di te, non indagare le cose che sono più forti di te 6? Se invece l'anima cerca di sapere quello che ignora della propria origine, non è allora questo per lei un problema troppo alto, né troppo forte da non poterlo conoscere? Tu stimi assurdo e sconveniente che l'anima ignori se sia stata ispirata direttamente da Dio o tratta dai genitori: un fatto passato che essa non ricorda più e che conta tra gli eventi irrevocabilmente dimenticati, come l'infanzia e tutti gli altri episodi dell'età più vicina alla nascita, seppur l'origine dell'anima avvenne, quando avvenne, con una qualche consapevolezza da parte dell'anima. Né stimi assurdo e sconveniente che l'anima non conosca il corpo a lei subordinato e ignori completamente tanti fatti che non riguardano il suo passato, ma il suo presente. Ad esempio, se muova le vene per vivere nel corpo e i nervi invece per operare con le membra del corpo, e se è così, perché non muova i nervi se non volontariamente e compia invece le pulsazioni delle vene anche involontariamente e incessantemente. Inoltre, da quale parte del corpo la facoltà che chiamiamo hJgemonikovn comandi a tutte le altre parti: se dal cuore, se dal cervello, se distintamente dal cuore per i movimenti e dal cervello per le sensazioni, o se dal cervello per le sensazioni e per i movimenti volontari e dal cuore invece per le pulsazioni involontarie delle vene. Ammesso poi che hJgemonikovn comandi dal cervello le due serie di operazioni, perché esso comandi le sensazioni anche involontariamente e non muova le membra se non volontariamente? Atteso dunque che è solo l'anima a fare tutte queste operazioni nel corpo, perché mai essa ignora ciò che fa o donde lo fa? Eppure non è turpe per l'anima ignorare coteste verità: e tu stimi turpe se ignora donde e come sia stata fatta, non essendosi fatta da se stessa? Oppure, perché alcuni sanno in che modo e da quale centro l'anima compia nel corpo queste azioni, reputi che questa sia una ragione valida per dire che tali verità non appartengono a quelle troppo alte e troppo superiori alle nostre forze

Perché non conosco da me quello che avviene in me?

6. 7. Ma io ti muovo da qui un'altra questione più grossa: quale sia la ragione per cui pochissimi conoscono donde facciano ciò che fanno tutti. Forse sei pronto a dire: Perché quelli hanno imparato l'arte anatomica o l'arte empirica, comprese nella disciplina medica, e sono pochi quelli che l'apprendono: tutti gli altri invece non hanno voluto imparare queste arti, mentre l'avrebbero potuto, se l'avessero veramente voluto. Davanti a questa risposta io ometto di dire quale sia la ragione per cui molti cerchino d'imparare queste arti e non lo possano: la ragione è che sono impediti dalla tardità dell'ingegno ad apprendere da altri - ecco la grande stranezza! - le attività che sono compiute da loro stessi e in loro stessi. Ma il punto culminante della questione sta precisamente qui: perché mai io non abbia bisogno di un'arte per sapere che in cielo ci sono il sole, la luna e le altre stelle, e abbia bisogno di un'arte per sapere, quando muovo un dito, da dove cominci a muoverlo: se dal cuore, se dal cervello, se da ambedue, se da nessuno dei due; perché mai non mi occorra un docente per sapere che cosa esiste tanto lontano da me e tanto più in alto al di sopra di me, e invece debba aspettare d'imparare per mezzo d'un altro donde si compia da me quello che si compie dentro di me. Infatti, mentre si dice che noi pensiamo dentro il nostro cuore, e mentre noi sappiamo ciò che pensiamo, senza che lo sappia nessun altro, tuttavia del cuore stesso dentro cui pensiamo non sappiamo in quale parte del corpo sia collocato se non lo veniamo a sapere da un altro, il quale non sa ciò che noi pensiamo. Né ignoro che quando udiamo di dover amare Dio con tutto il cuore, ciò non si dice di quella piccola parte della nostra carne che sta nascosta sotto le costole, ma di quella forza da cui prorompono i pensieri e alla quale si dà giustamente il nome di cuore perché, come il movimento non si arresta mai nel cuore da cui il battito si diffonde in tutte le parti delle vene, così noi non cessiamo mai di rigirare qualcosa con il pensiero. Ma tuttavia perché mai, pur trasmettendosi ogni sensazione dall'anima anche al corpo, noi perfino nelle tenebre e ad occhi chiusi con il senso del corpo chiamato tatto riusciamo a contare le nostre membra esterne, ed invece con la presenza interiore dell'anima stessa, che è così a disposizione di tutte le membra da lei vivificate e animate, non conosciamo nessuno dei nostri organi interni, credo che non soltanto i medici empirici, né gli anatomici, né i dogmatici, né i metodici, ma proprio nessuno al mondo lo sappia.

Siamo misteriosamente un mistero a noi stessi.

6. 8. E a chi tenterà di conoscere queste verità non si dice senza motivo: Non cercare le cose che sono più alte di te, non indagare le cose che sono più forti di te. Non è che siano più alte di dove può arrivare la nostra statura, ma sono più alte di quanto può comprendere la nostra congettura mentale, e sono più forti di quanto può esser compenetrato dalla forza dell'ingegno umano, e tuttavia non è in gioco il cielo del cielo, non la dimensione delle stelle, non la misura del mare e delle terre, non l'inferno inferiore: noi siamo che non ce la facciamo a comprendere noi stessi, noi siamo che superiamo la spanna della nostra scienza, più alti di essa e più forti di essa, noi siamo che non riusciamo a capire noi stessi, e certamente noi non siamo al di fuori di noi. Né, perché non riusciamo a trovare perfettamente quello che siamo, per questo siamo da equiparare alle bestie: e tu reputi di doverci mettere alla pari delle bestie, se abbiamo dimenticato ciò che eravamo, se pur un tempo lo sapevamo. Non è infatti adesso che la mia anima viene tratta dai genitori o ispirata da Dio: qualunque di queste due operazioni egli abbia fatta, l'ha fatta quando mi ha creato, non è che la faccia anche adesso attraverso di me o in me; è un'operazione già fatta e passata, non è né presente a me, né recente. Non so neppure questo: se una volta l'ho saputo e poi l'ho dimenticato, o se nemmeno quando fu fatto l'ho potuto sentire e conoscere.

L'attualità della nostra vita si svolge in un mistero personale.

7. 9. Ecco adesso, adesso che noi siamo, che viviamo, che noi sappiamo di vivere, che siamo certissimi di ricordare, di comprendere, di volere: ecco, noi che ci vantiamo d'essere grandi conoscitori della nostra natura, noi ignoriamo completamente quanto valga la nostra memoria o la nostra intelligenza o la nostra volontà. Un tale che era mio amico già dai tempi dell'adolescenza, di nome Simplicio, un tipo d'una memoria eccezionale e meravigliosa, interrogato da noi quale fosse il penultimo verso d'ogni libro di Virgilio, rispose immediatamente, speditamente, esattamente a memoria. Gli domandammo anche i versi antecedenti e li disse. Ci convincemmo che sarebbe stato capace di recitare tutto Virgilio alla rovescia. Gli chiedemmo di farlo in qualunque passo di nostra scelta e lo fece. Volemmo che lo facesse, in prosa, anche per qualsiasi orazione di Cicerone che aveva imparata a memoria: continuò a recitare all'indietro quanto noi volemmo. Alla nostra meraviglia, egli chiamò Dio in testimonio che prima di quell'esperimento non sapeva di poterlo, e così, per quanto concerne la memoria, fu allora che il suo animo ebbe conoscenza di se stesso; e, ogni volta che così si istruiva, non poteva farlo se non tentando e sperimentando. Eppure prima di tentare egli era il medesimo: perché mai dunque ignorava se stesso?

A noi non sono note le forze della nostra memoria.

7. 10. Spesso noi presumiamo di tenere a mente qualcosa e pensando così non lo annotiamo; dopo quando lo vogliamo ricordare non ci viene in mente e ci pentiamo di aver creduto che ci sarebbe venuto in mente e di non averlo appuntato per scritto perché non ci sfuggisse; poi all'improvviso ci torna in mente di nuovo quando non lo cerchiamo più. Non eravamo forse noi, quando lo tenevamo in mente? Né tuttavia, quando non possiamo averlo in mente, siamo ciò che siamo stati. Come avviene dunque che, non so come, noi veniamo sottratti e negati a noi? E come avviene che, ugualmente non so come, veniamo ripresentati e restituiti a noi? Quasi che siamo altri e siamo altrove, quando cerchiamo e non troviamo ciò che abbiamo riposto nella nostra memoria, e non possiamo raggiungere noi stessi, come se ci fossimo trasferiti altrove e ci raggiungessimo quando ci troviamo. Dov'è infatti che cerchiamo se non dentro di noi? E che cosa cerchiamo se non noi? Quasi che non siamo in noi e ci siamo allontanati da noi in un qualche luogo nascosto. Non ti colpisce forse e non ti spaventa tanta profondità? E che altro è questo se non la nostra natura, e non quale essa è stata, ma quale è adesso? Ed ecco essa è più oggetto d'esplorazione che di comprensione. Spesso davanti ad una questione io ho creduto che l'avrei capita se ci avessi riflettuto: ho riflettuto e non ho potuto; spesso non ho creduto e tuttavia ho potuto. Le forze dunque della mia intelligenza evidentemente non sono note a me, e credo nemmeno a te.

Ignoriamo le forze della nostra volontà.

7. 11. Ma forse tu mi disprezzi per la mia confessione e anche per questa mi paragonerai alle bestie. Io al contrario non cesso di rivolgerti monito, se li disdegni, non cesso di rivolgerti ammonimenti amichevoli perché tu riconosca piuttosto la comune debolezza nella quale si manifesta pienamente la potenza divina 7, per evitare che, presumendo come a te noto l'ignoto, tu non possa giungere alla verità. Credo infatti che ci sia qualcosa che anche tu cerchi d'intendere e non lo puoi, né tuttavia lo cercheresti se non sperassi di poterlo. E quindi tu ignori la forza della tua intelligenza, anche tu che professi la conoscenza della tua natura e non ne confessi con me l'ignoranza. Che dirò della volontà, nella quale si predica da noi con certezza il libero arbitrio? A questo proposito, il beatissimo apostolo Pietro voleva dare la sua vita per il Signore 8, lo voleva senz'altro, né infatti promettendolo intendeva ingannare Dio; ma egli ignorava di quanta forza disponesse la sua stessa volontà. Un uomo dunque così grande, che aveva riconosciuto Gesù come figlio di Dio, era sconosciuto a se stesso. Noi pertanto sappiamo che vogliamo o che non vogliamo qualcosa, ma quanto valga la nostra volontà anche quando è buona, quanta forza abbia, a quali tentazioni ceda e a quali non ceda, se non inganniamo noi stessi, o figlio mio diletto, noi lo ignoriamo.

Conferme da parte del Salmista e di S. Paolo.

8. 12. Vedi dunque quante verità, non passate, ma presenti, ignoriamo sulla nostra natura, non solo riguardo al corpo, ma anche riguardo all'uomo interiore, e tuttavia non veniamo allivellati alle bestie. E tu, non perché io non conosco assolutamente nulla della lontana origine della mia anima, ma perché non conosco tutto su di essa - so infatti che l'anima mi è stata data da Dio e che tuttavia non viene dalla natura di Dio -, mi hai creduto degno di tanta offesa. E quando potrei finire di ricordare tutte le verità che noi ignoriamo sulla natura dello spirito e della nostra anima? Qui dobbiamo piuttosto esclamare all'indirizzo di Dio quello che ha esclamato il salmista dicendo: Troppo più alta di me la tua saggezza, troppo sublime, e io non la comprendo 9. Perché dice di me se non perché arguiva quanto fosse incomprensibile la scienza di Dio partendo da se stesso, atteso che non arrivava a comprendere se stesso? L'Apostolo veniva rapito al terzo cielo e udiva ineffabili parole che all'uomo non è dato di pronunziare, e dice di non sapere se ciò gli era accaduto nel corpo o fuori dal corpo 10, né teme d'esser paragonato da te alle bestie. Il suo spirito sapeva d'essere nel terzo cielo, d'essere nel paradiso, e non sapeva se fosse o non fosse dentro il suo corpo. E ovviamente il terzo cielo e il paradiso non erano lo stesso apostolo Paolo, ma il suo corpo e la sua anima e il suo spirito erano proprio lui. Ecco, sapeva cose grandi, alte, divine che non erano lui e non sapeva proprio quello che costituiva la sua stessa natura. Chi in mezzo a tanta conoscenza di realtà occulte non si meraviglia della tanta ignoranza che ha di se stesso? Chi infine crederebbe, se non lo dicesse lui che non inganna, che noi non sappiamo che cosa sia conveniente domandare nella preghiera 11? È lassù che deve protendersi al massimo la tensione della nostra volontà, perché ci buttiamo agli interessi del nostro avvenire: e tu, perché delle realtà del nostro passato io ne ho dimenticata qualcuna sulla mia origine, mi equipari alle bestie, mentre senti il medesimo Apostolo che dice: Dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù nel Cristo Gesù 12?

S. Paolo offre la conferma anche col suo esempio.

9. 13. Forse, anche perché ho detto che non sappiamo che cosa sia conveniente domandare nella preghiera 13, mi stimi meritevole d'esser deriso e mi giudichi simile agli animali irragionevoli? E probabilmente qui hai delle attenuanti. Poiché, preferendo noi con retto e sano giudizio la nostra sorte futura al nostro passato ed essendo a noi necessaria l'orazione, non per quello che siamo stati, ma per quello che saremo, è certamente molto più molesto ignorare che cosa chiedere nella preghiera che ignorare la nostra origine. Ma ti venga in mente dove hai letto quelle parole o rileggendo rammentale e non voler scagliare contro di me la pietra di tale insulto, perché non colpisca uno che non vorresti. Le parole: Non sappiamo che cosa sia conveniente domandare nella preghiera le ha dette lo stesso Apostolo, dottore delle genti. E non l'ha soltanto insegnato con le sue parole, ma l'ha pure mostrato con il suo esempio. Contro infatti l'utilità e la perfezione della propria salvezza, pregava per ignoranza che fosse allontanata da lui la spina della carne che diceva essergli stata data perché non s'insuperbisse della grandezza delle sue rivelazioni. E il Signore, poiché l'amava, non fece quello che lui chiedeva per ignoranza 14. Ma tuttavia dove dice che non sappiamo che cosa sia conveniente domandare nella preghiera, aggiunge immediatamente: Ma lo stesso Spirito intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili. E colui che scruta i cuori, sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio 15, cioè fa pregare i credenti. S'intenda quello Spirito che Dio ha mandato nei nostri cuori e che grida: Abbà, Padre 16, e per mezzo del quale noi gridiamo: Abbà, Padre 17. Infatti è stata adoperata l'una e l'altra espressione: " noi abbiamo ricevuto lo Spirito che grida: Abbà, Padre ", e " noi abbiamo ricevuto lo Spirito nel quale gridiamo: Abbà, Padre ", per spiegare in che senso dica " che grida ". Lo dice nel senso " che fa gridare ", perché noi gridiamo per mezzo di lui che ci fa gridare. Mi insegni dunque il Signore anche questo, quando vorrà e se lo crederà utile a me, perché io sappia donde abbia origine secondo la mia anima. Ma me lo insegni quello Spirito che scruta le profondità di Dio 18, non un uomo che ignora lo spirito dal quale un otre è gonfiato. Lungi da me tuttavia paragonarti per questo alle bestie. L'ignoravi infatti non per insufficienza, ma per inavvertenza.

La Scrittura ci fornisce delle conoscenze altrimenti impossibili alla natura.

10. 14. Ma probabilmente, benché le verità delle quali si va in cerca sull'origine delle anime siano più alte di quelle che riguardano il modo del nostro prendere e rendere il fiato, tu tuttavia confidi d'avere appreso quelle medesime verità più alte dalle Scritture sante, dalle quali mediante la fede abbiamo imparato verità che gli ingegni umani di nessuna levatura potrebbero trovare. La conoscenza infatti che la carne è destinata a risorgere in avvenire e a vivere senza fine è certamente di gran lunga superiore a tutte le nozioni che i medici hanno potuto acquisire con le loro esplorazioni nella carne e che l'anima non percepisce con nessun senso, benché con la sua presenza animi tutti gli organi che essa non conosce; e sapere che l'anima rinata e rinnovata nel Cristo è destinata ad essere beata in eterno è una conoscenza di gran lunga più bella di tutte le conoscenze che ci mancano sulla sua memoria, intelligenza, volontà. Ora, tutte queste conoscenze che ho dichiarate superiori e migliori, non le potremmo acquisire in nessun altro modo che credendo alla parola di Dio. È dunque su questa parola di Dio che tu probabilmente stimi di confidare per non trattenerti dal pronunziare una sentenza definitiva sull'origine delle anime. Se fosse così, in primo luogo non avresti dovuto attribuire alla stessa natura umana, ma a un dono di Dio, che l'uomo sappia investigare e discutere sulla propria costituzione e natura. Hai scritto infatti: " In che cosa differirebbe l'uomo dalle bestie, se non sapesse questo?" Che bisogno ci sarebbe allora di leggere per saperlo, se lo dobbiamo già sapere per il fatto stesso che siamo diversi dalle bestie? Come infatti non mi leggi nulla perché io sappia che vivo, non potendolo ignorare in forza della mia natura, così, se è naturale conoscere anche l'origine delle anime, perché mai mi presenti su di essa le testimonianze delle Scritture perché io vi creda? Differiscono forse dalle bestie soltanto quelli che leggono le Scritture? Non siamo stati creati così da essere diversi dalle bestie anche prima che possiamo giungere ad un qualche studio letterario? Come va, ti prego, che attribuisci alla nostra natura così tanto che essa sappia già trattare e discutere dell'origine delle anime per il fatto stesso che differisce dalle bestie, e poi la fai di nuovo così priva della medesima conoscenza da non potersela procurare con mezzi umani, ma solo credendo a testimonianze divine?

Bisogna sapere di non sapere.

11. 15. In secondo luogo, anche su questo t'inganni. Infatti le testimonianze divine che hai voluto riportare per la soluzione della nostra questione non ce ne danno la chiave. È un'altra la verità che esse dimostrano, ed è una verità tale che senza di essa veramente non possiamo vivere nella pietà della fede cristiana: cioè la verità che abbiamo Dio come datore, come creatore, come formatore delle nostre anime. Ma in che modo Dio le faccia, se ispirandole nuove o se traendole dai genitori, le Scritture non lo dicono, fatta eccezione per quella che Dio diede al primo uomo. Leggi diligentemente quanto io ho scritto al nostro fratello, servo di Dio, Renato: poiché l'ho dimostrato in quel libro, non è stato necessario che lo scrivessi anche in questo. Tu vorresti però che io definissi il problema che tu hai definito, cacciandomi così nelle medesime stretture nelle quali ti sei cacciato tu e per cui hai sproloquiato contro la fede cattolica con spropositi tanto numerosi e tanto vistosi, che se li ricordi e li ripensi con sincerità e umiltà vedi senza dubbio quanto ti sarebbe giovato aver saputo non sapere e quanto ti gioverebbe saper di non sapere almeno adesso. Se quello infatti che ti piace nella natura dell'uomo è l'intelligenza, poiché realmente, se non l'avesse, non ci distingueremmo in nulla dalle bestie per quanto concerne l'anima, cerca con la tua intelligenza di capire che cosa vada al di là della tua intelligenza, per non finire col non avere l'intelligenza di nulla, e non voler disprezzare uno che per aver l'intelligenza verace di ciò che è al di sopra della sua intelligenza ha tanto d'intelligenza da capire di non arrivare ad averne l'intelligenza. Per quale ragione poi sia stato detto nel salmo santo: L'uomo quand'è in onore non comprende, si mette alla pari degli animali irragionevoli e si fa simile ad essi 19, sappilo leggere e capire, perché sii tu stesso a guardarti con umiltà da questa vergogna piuttosto che rovesciarla con superbia sopra un altro. È stato detto infatti di coloro che, stimando vita solamente questa vita, vivono secondo la carne e non sperano nulla dopo la morte, come le bestie; non di coloro i quali non negano di conoscere ciò che conoscono e riconoscono di non conoscere ciò che non conoscono, ed inoltre trovano più sicuro rendersi conto della loro infermità piuttosto che presumere della loro forza.

Si rispettino i segreti di Dio.

11. 16. Non dispiaccia pertanto, o figlio, alla tua giovanile baldanza la mia senile titubanza. Se ciò infatti che stiamo cercando sull'origine delle anime non potrò saperlo per mezzo dell'insegnamento né di Dio, né d'un qualche uomo spirituale, io sono più disposto a difendere come sia giusto che Dio abbia voluto che noi ignorassimo anche questa verità come tante altre, piuttosto che avanzare temerariamente una risposta che o sia così oscura da non poterla non solo rendere intelligibile all'intelligenza degli altri, ma da non intenderla nemmeno io stesso, o sia tale che giovi anche agli eretici, i quali tentano di persuadere che le anime dei bambini sono monde da ogni colpa proprio con questo argomento: che la medesima colpa non si ritorca e non ricada su Dio come causa, perché dandole alla carne peccatrice avrebbe costretto ad esser peccatrici le anime innocenti, alle quali previde che non sarebbe venuto in soccorso nemmeno il lavacro della rigenerazione e nessuna grazia del battesimo, che le liberasse dalla dannazione eterna: un fatto gravissimo, perché sono innumerevoli le anime dei bambini che escono dal loro corpo prima del battesimo. Non sia mai infatti che per voler sciogliere questo nodo io dica le assurdità che hai dette tu: " A causa della carne l'anima meritò d'esser macchiata e diventare peccatrice ", pur non avendo antecedentemente nessun peccato per poter dire che se lo sia meritato giustamente; e: " Anche senza il battesimo si sciolgono i peccati originali " e: " Il regno dei cieli sarà concesso alla fine anche a persone non battezzate ". Se io non temessi di spargere questi e simili veleni contro la fede, non temerei probabilmente di prendere una decisione definitiva su questo argomento. Quanto meglio faccio dunque a non dissertare e a non affermare nei riguardi dell'anima ciò che non conosco, separandomi dagli altri, ma a ritenere semplicemente ciò che vedo insegnato esplicitamente dall'Apostolo: a causa d'un solo uomo tutti gli uomini che nascono da Adamo finiscono nella condanna 20, ad eccezione di coloro che rinascono nel Cristo, nella maniera in cui ha stabilito che rinascano 21, prima della loro morte corporale, e che sono stati predestinati alla vita eterna dal misericordiosissimo elargitore della grazia, il quale è per coloro che ha predestinati alla morte eterna anche il giustissimo distributore del castigo, non solo per i peccati che aggiungono volontariamente, ma anche, nel caso dei bambini che non vi aggiungono nessun altro peccato, per il solo peccato originale. Questo è tutto ciò che io definisco in tale questione, perché, salva la mia fede, l'arcano agire di Dio abbia i suoi segreti.

Il secondo attacco personale di Vittore ad Agostino.

12. 17. Ora è venuto già il momento di dover rispondere, per quanto il Signore si degni concedermelo, anche a quel punto dove, parlando dell'anima, hai fatto il mio nome per la seconda volta e hai detto: " Noi non consentiamo, come invece sostiene il peritissimo vescovo Agostino, che l'anima si dica incorporea e insieme spirituale ". Discutiamo pertanto se l'anima sia da ritenersi incorporea, come ho detto io, o corporea, come hai detto tu. Dopo discuteremo se anch'essa si chiami spirito secondo le nostre Scritture, sebbene si dica spirito, in senso proprio, non tutta l'anima ma anche una sua qualche parte. E prima di tutto vorrei sapere come tu definisca un corpo. Se infatti non è corpo se non quanto risulta di membra carnali, non sarà corpo nemmeno la terra, nemmeno il cielo, nemmeno una pietra, né l'acqua, né le stelle, né alcuna di simili realtà. Se corpo è invece quanto risulta di parti che più grandi e più piccole occupano spazi più grandi e più piccoli, sono corpi anche coteste realtà che ho ricordate: corpo è l'aria, corpo è questa luce visibile, corpi sono tutti i corpi celesti e i corpi terrestri, come si esprime l'Apostolo 22.

L'incorporeità dell'anima.

12. 18. Ora, se qualcosa di simile sia l'anima è oggetto d'una ricerca ingarbugliatissima e sottilissima. Ma tu comunque, e te ne faccio i più grandi complimenti, confermi che Dio non è corpo. D'altra parte però torni di nuovo a preoccuparmi dove dici: " Se l'anima non ha corpo, potrebbe essere, come piace ad alcuni, una sostanza aerea e inconsistente di una vanità assoluta". Da queste tue parole sembra infatti che tu creda essere sostanza vana tutto ciò che è privo di corpo. Se è così, come osi dire che Dio non ha corpo e non temi conseguentemente che Dio sia una sostanza vana? Ma se per un verso è vero che Dio non ha corpo, come hai già confessato, e se per l'altro verso sia lungi da te dire che Dio è una sostanza vana, allora non è vero che sia una sostanza vana tutto ciò che non ha corpo. Perciò chi dice che l'anima è incorporea, non segue che la voglia far apparire sostanza vana ed inconsistente, perché anche di Dio, che non è qualcosa di vano, confessa ugualmente che è incorporeo. Nota però quanto ci corra tra quello che dico io e quello che tu mi fai dire. Io infatti non dico nemmeno che l'anima è di una sostanza aerea: altrimenti confesserei che è un corpo. L'aria è appunto un corpo, secondo tutti coloro che parlando dei corpi sanno quello che dicono. Tu viceversa, perché io ho detto incorporea l'anima, hai creduto che l'abbia detta non solo d'una vanità assoluta, ma per questo una sostanza aerea, mentre e io non ho detto che l'anima è corpo come l'aria, e non può essere vano ciò che si riempie d'aria. E non te l'hanno potuto far capire nemmeno i tuoi otri. Quando infatti si gonfiano, che cos'altro si comprime dentro di essi se non dell'aria? Tanto poco sono vani che per la loro medesima pienezza sopportano anche dei pesi. Che se eventualmente ti sembra una cosa l'alito e un'altra cosa l'aria, mentre lo stesso alito è aria in movimento, come si può dimostrare anche con un ventaglio agitato, perché tu conosca con certezza che i vasi concavi di qualsiasi genere da te creduti vuoti sono pieni, immergili nell'acqua dalla parte dalla quale si riempiono e renditi conto con i tuoi occhi come non vi possa entrare una sola goccia d'acqua, perché la respinge l'aria di cui sono pieni. Al contrario, se si collocano con la bocca verso l'alto o su di un fianco, allora ricevono il liquido che vi si versa o che vi penetra, uscendone l'aria che si libera da dove trova d'uscire. Ciò si potrebbe dimostrare più facilmente alla presenza d'un fatto che per mezzo d'uno scritto. Ma non è il caso di fermarsi qui più a lungo, perché, sia che tu capisca che la natura dell'aria è corporea, sia che tu non lo capisca, tu non devi tuttavia credere che io abbia detto che l'anima è per lo meno aerea, ma ho detto che è assolutamente incorporea: la stessa verità che anche tu riconosci nei riguardi di Dio, pur non osando dire che egli è qualcosa di vano e non potendo invece negare che egli sia una sostanza onnipotente ed immutabile. Perché dunque temiamo che l'anima sia una vanità assoluta, qualora sia incorporea, quando riconosciamo che Dio è incorporeo, né diciamo che sia una vanità assoluta? Così pertanto ha potuto, lui incorporeo, creare un'anima incorporea, come lui vivente un'anima vivente, benché, immutabile, abbia creato un'anima mutevole e, onnipotente, un'anima a lui di gran lunga inferiore.

La Scrittura sulla presente questione.

13. 19. Non vedo poi la ragione per la quale tu non vuoi che l'anima sia spirito, ma corpo. Se infatti non è spirito perché l'Apostolo ha nominato lo spirito distintamente dall'anima, scrivendo: Tutto quello che è vostro: spirito, anima e corpo 23, per il medesimo motivo l'anima non è nemmeno corpo, perché anche il corpo l'ha nominato distintamente dall'anima. Se viceversa affermi che anche l'anima è corpo, sebbene il corpo sia stato nominato distintamente da essa, permetti che l'anima sia anche spirito, benché lo spirito sia stato nominato distintamente da essa. Molto più infatti ti deve sembrare che l'anima sia spirito invece che corpo, perché riconosci che lo spirito e l'anima sono d'una sola sostanza, mentre non dici che siano d'una medesima sostanza l'anima e il corpo. Per quale ragione dunque l'anima è corpo, pur essendo la natura dell'anima diversa da quella del corpo, e per quale ragione non è spirito l'anima, pur essendo una sola e medesima la natura dell'anima e la natura dello spirito? Non è vero che con questo tuo modo di ragionare sei costretto a dire che anche lo spirito è corpo? Altrimenti, se lo spirito non è corpo e l'anima è corpo, lo spirito e l'anima non sono d'una sola e medesima sostanza. Tu invece, sebbene ritenga che sono due realtà, confessi che hanno ambedue una sola sostanza. Anche lo spirito dunque è corpo, se l'anima è corpo: altrimenti non potrebbero essere d'una sola e medesima natura. Perciò le parole dell'Apostolo: Il vostro spirito, la vostra anima e il vostro corpo 24, secondo te, starebbero ad indicare tre corpi, ma due di essi, l'anima e lo spirito, sarebbero corpi della stessa natura, e quel corpo invece che viene detto anche carne sarebbe di natura diversa. E secondo te, da questi tre corpi, uno di sostanza diversa e due d'una sola e medesima sostanza, sarebbe composto l'uomo nella sua interezza, come un'unica realtà e un'unica sostanza. Sebbene tu faccia queste asserzioni, non vuoi tuttavia che le due realtà d'una sola e medesima sostanza, ossia l'anima e lo spirito, abbiano in comune il nome di spirito, mentre le due realtà che non sono d'una sola e medesima sostanza, ma di sostanza impari e diversa, ossia l'anima e il corpo, a tuo avviso hanno in comune il nome di corpo.

L'uomo interiore.

14. 20. Ma voglio sorvolare su questo, perché la controversia tra noi non finisca sui nomi invece che sulle cose. Vediamo chi sia l'uomo interiore: se l'anima, se lo spirito, se ambedue. Ma, come vedo scritto da te, tu chiami uomo interiore l'anima. Era appunto di essa che parlavi quando scrivevi: " Condensandosi per raffreddamento quella sostanza inafferrabile, veniva a formare un altro corpo dentro il corpo e lo componeva con la forza e con l'alito della propria natura, e allora cominciava ad apparire l'uomo interiore, delineato dalla configurazione dell'uomo esteriore a propria immagine e come incluso dentro la vagina del corpo ". Dopo ne deduci: " L'alito di Dio fece dunque l'anima, o meglio l'alito venuto da Dio si fece anima, modellata come sostanza e come corpo secondo la propria natura, simile al suo corpo e conforme ad esso come a sua immagine ". Dopo di che, cominciando a parlare dello spirito, dici: " Quest'anima, avendo origine dall'alito di Dio, non ha potuto esser priva d'un suo proprio senso e d'un intimo intelletto: e ciò è lo spirito ". Come vedo dunque, tu vuoi che l'uomo interiore sia l'anima, che l'uomo intimo sia lo spirito, quasi che lo spirito sia a sua volta interiore all'anima, come l'anima è interiore al corpo. In questo modo avviene che, come il corpo esterno accoglie nelle sue cavità interne un altro corpo, che secondo la tua opinione è l'anima, così si deve credere che anche l'anima abbia il suo interno vuoto per avervi potuto accogliere lo spirito come terzo corpo, e allora tutto l'uomo consterebbe di tre corpi: esterno, interno, intimo. È proprio vero che non ti avvedi ancora quante sono le conseguenze assurdissime che ti vengono dietro, quando tenti d'affermare che l'anima è corporea? Dimmi inoltre: quale di questi elementi è quello che si rinnoverà nella conoscenza di Dio ad immagine del suo Creatore 25: l'interiore o l'intimo? Certo, quanto all'Apostolo, oltre all'uomo interiore e all'uomo esteriore, non vedo che egli conosca un altro uomo interiore all'interiore, cioè l'uomo intimo di tutto l'uomo. Ma scegli chi vuoi perché si rinnovi secondo l'immagine di Dio: come potrà accogliere l'immagine di Dio un corpo che ha già assunto l'immagine dell'uomo esteriore? Se infatti l'uomo interiore è corso ad espandersi attraverso le membra dell'uomo esteriore e si è condensato per raffreddamento - anche di questo vocabolo hai precisamente fatto uso, come se da uno stampo d'argilla si formasse per fusione una figura -, in che modo può rinnovarsi ad immagine di Dio, rimanendo in esso la medesima forma che gli è stata impressa o che è stata espressa partendo dal corpo? O avrà forse due immagini: nel diritto l'immagine di Dio e nel rovescio l'immagine del corpo, come nelle monete si dice: " Testa e navi "? O dici forse che l'anima ha ricevuto l'immagine del corpo e lo spirito riceve invece l'immagine di Dio, come se l'anima sia contigua al corpo e lo spirito sia contiguo a Dio, e quindi a rinnovarsi ad immagine di Dio sia quell'uomo intimo e non quest'uomo interiore? Ma lo dici inutilmente. Perché, se anche quell'uomo intimo è così coesteso a tutte le membra dell'anima, come l'anima è coestesa a quelle del corpo, anche l'uomo intimo ha già preso per mezzo dell'anima l'immagine del corpo, in quella forma che gli ha data l'anima, e perciò non ha più dove accogliere l'immagine di Dio, rimanendo in esso cotesta immagine del corpo, a meno che alla pari d'una moneta, come ho detto, non prenda due immagini diverse, una nel diritto e un'altra nel rovescio. A coteste assurdità ti spinge, lo voglia o no, quando pensi all'anima, il tuo modo di pensarla alla maniera dei corpi. Ma Dio, come anche tu riconosci rettissimamente, non è corpo: in che modo dunque un corpo potrà ricevere l'immagine di Dio? Ti prego, o fratello, di non conformarti alla mentalità di questo secolo, ma di trasformarti rinnovando la tua mente 26, e di non seguire la sapienza della carne, perché è morte 27.

L'anima come oggetto di conoscenza.

15. 21. Ma tu dici: " Se l'anima non ha la natura di un corpo, cos'è che negli inferi conosce quel ricco? Certamente questi conosceva già Lazzaro, ma non conosceva Abramo. Da dove gli è venuto il riconoscimento d'Abramo, morto tanto tempo prima 28? ". Dicendo questo, se pensi che il riconoscimento d'un uomo non si possa avere senza la forma del corpo, credo che per conoscere te stesso te ne stai continuamente allo specchio per paura di non poterti riconoscere se dimentichi la tua faccia. Chi conosce, ti chiedo, un altro più di se stesso e di chi può vedere la faccia meno della sua? Ma chi potrebbe conoscere Dio, che tu stesso non dubiti essere incorporeo, se la conoscenza non potesse provenire che dalla forma del corpo, come pensi tu, cioè se soltanto i corpi fossero conoscibili? Quale cristiano poi nel discutere di questioni tanto grandi e difficilissime potrebbe rivolgere l'animo alla parola di Dio con tanta negligenza da dire: " Se l'anima fosse incorporea, mancherebbe necessariamente di forma "? Hai dimenticato d'aver letto: " La forma della dottrina " 29? Allora, è corporea la forma della dottrina. Hai dimenticato che di Gesù Cristo è scritto che prima di vestirsi da uomo era nella forma di Dio 30? In che modo dunque puoi dire: "Se l'anima fosse incorporea, mancherebbe necessariamente di forma", mentre senti che la Scrittura parla della "forma di Dio", di cui riconosci l'incorporeità, e perché parli così come se la forma non possa trovarsi se non nei corpi?

I nomi astratti.

15. 22. Tu dici pure: " Crollano i nomi dove non si distingue la forma, e i nomi non hanno più nulla da fare dove non si designano le persone ". Il tuo intento è qui di provare che l'anima d'Abramo era corporea per il fatto che si è potuto dire: Padre Abramo. Abbiamo già detto che la forma c'è anche dove non c'è nessun corpo. Se poi credi che non serva a nulla l'uso dei nomi dove non ci sono corpi, conta, ti prego, i nomi in questo passo: Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé 31, e dimmi se non riconosci le virtù stesse alle quali si riferiscono cotesti nomi, o se riconosci tali virtù così da vederle tratteggiate dentro lineamenti corporali. Ecco per tacere delle altre virtù, dimmi quale figura, quali membra, quale colorito abbia la carità, la quale senza dubbio, se non sei vano tu stesso, non ti può sembrare qualcosa di vano. Tu dici: " Lazzaro, del quale fu implorato l'aiuto, fu visto certamente corporeo e formato ". Se gli uomini ti sentissero, nessuno più implorerebbe l'aiuto di Dio, perché nessuno lo può vedere sotto forma corporea.

Gli antropomorfismi.

16. 23. Tu dici: " In quel passo inoltre la descrizione delle membra di quell'anima è fatta in tal modo da far pensare veramente a un corpo " e vuoi che " per gli occhi s'intenda tutta la testa, perché si dice che alzò i suoi occhi; per la lingua la bocca, per il dito la mano, perché si legge: Manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua 32 ". Tuttavia, perché non ci si avvalga dei nomi delle membra come d'una prescrizione contro di te per provare che Dio è corporeo, tu dici: " Per membra di Dio sono da intendersi i suoi poteri spirituali ", poiché sostieni giustissimamente che Dio non è corporeo. Qual è dunque la ragione per cui i nomi delle membra non fanno in Dio per te un corpo e nell'anima lo fanno? Forse che questi nomi li dobbiamo prendere in senso proprio quando si dicono delle creature e viceversa in senso metaforico o traslato quando si dicono del Creatore? Sei dunque disposto a dare ali materiali a noi, perché non è il Creatore, ma la creatura, cioè l'uomo, a dire: Se prendessi le mie ali come una colomba 33. Ora, se la ragione per attribuire a quel ricco la lingua corporale è che disse: A bagnarmi la lingua, anche in noi, mentre viviamo ancora nella carne, la stessa lingua ha mani corporali, perché è stato scritto: La morte e la vita sono nelle mani della lingua 34. Penso altresì che non ti sembrerà che il peccato o sia una creatura o sia un corpo: perché dunque ha una faccia? Non senti nel salmo: Non c'è pace per le mie ossa davanti alla faccia dei miei peccati 35?

Il seno di Abramo.

16. 24. Il fatto poi che tu stimi "corporeo quel seno d'Abramo" e asserisci che " si indica con esso tutto il suo corpo " mi fa temere che ti si creda colpevole di comportarti in materia di tanta importanza in maniera scherzosa e schernevole, non seria e grave. Né infatti è possibile che tu sia così stupido da pensare che il seno corporeo d'un uomo solo porti tante anime o meglio, per usare il tuo linguaggio, " porti tanti corpi di persone che hanno ben meritato e che gli angeli conducono là come Lazzaro ". A meno che la tua opinione non sia per caso che solo quell'unica anima abbia meritato di giungere a quel medesimo seno. Se non scherzi e non vuoi sbagliare come un bambino, prendi il seno d'Abramo come la sede remota e segreta della pace dove si trova Abramo. E non è stato detto seno d'Abramo perché è di lui soltanto, ma perché lo stesso Abramo è stato posto da Dio nel ruolo di padre d'una moltitudine di popoli, ai quali è stato proposto per il primato della fede come modello da imitare 36, allo stesso modo che Dio ha voluto chiamarsi il Dio di Abramo e il Dio d'Isacco e il Dio di Giacobbe 37, benché sia il Dio d'innumerevoli persone.

I nostri sogni.

17. 25. Né credere che io dica questo quasi con l'intenzione di negare all'anima di un morto, come all'anima di uno che dorme, la possibilità di sentire nella similitudine del suo corpo tanto il bene, quanto il male. Infatti anche nei sogni, quando ci troviamo a soffrire sensazioni violente e moleste, siamo proprio noi stessi, e se esse non cessano perché ci svegliamo, sopportiamo pene gravissime. Ma credere che siano corpi quelli dai quali siamo come portati qua e là e con i quali voliamo nei sogni è da persona che è stata poco sveglia nel riflettere su tali fenomeni. È appunto da queste immagini dei sogni che soprattutto si prova che l'anima non è corporea, a meno che tu non voglia dire corpi anche quegli oggetti così numerosi che, oltre a noi stessi, vediamo nei sogni: cielo, terra, mare, sole, luna, stelle, fiumi, monti, alberi, animali 38. Chi crede che siano corpi tutti questi oggetti è incredibilmente stolto, e tuttavia sono assolutamente somigliantissimi ai corpi. Di tal genere sono pure le visioni prodotte per intervento divino con lo scopo di significare qualcosa, sia nei sogni, sia nell'estasi: da che cosa si formino, cioè quale sia, per così dire, la loro materia di partenza, chi lo potrebbe indagare o dichiarare? Senza dubbio tuttavia si tratta di fenomeni spirituali e non di fenomeni corporali. Queste che sono come immagini di corpi e che tuttavia non sono corpi si formano dall'immaginazione di coloro che sono in stato di veglia, e si raccolgono nel fondo della memoria, e dalle sue occultissime segrete, non so in qual modo mirabile e ineffabile, escono quando le ricordiamo, e si presentano a noi quasi fossero state portate davanti ai nostri occhi. Tanto numerose e tanto voluminose immagini di corpi, se l'anima fosse un corpo, non potrebbe accoglierle nel pensiero o contenerle nella memoria. Proprio secondo la tua definizione, " l'anima con la sua sostanza corporea non trabocca fuori da questo corpo ". Con quale grandezza dunque, se non ce l'ha, accoglie le immagini di corpi tanto grandi e le immagini di spazi e le immagini di regioni? Che c'è dunque da meravigliarsi se anche l'anima appare a se stessa nella similitudine del proprio corpo, pur quando apparisce senza corpo? Non è infatti con il suo corpo che apparisce a se stessa nei sogni, e nondimeno in quella stessa similitudine del proprio corpo è come se corresse di qua e di là per luoghi ignoti e noti, ed ha molte sensazioni liete o tristi. Ma penso che nemmeno tu osi dire che sia un vero corpo la figura di corpo e la figura di membra che all'anima sembra d'avere nei sogni. In questo modo infatti sarà un vero monte quello che le sembra di scalare, e una casa materiale quella dove le sembra d'entrare, e un vero albero di vero legno materiale quello sotto il quale le sembra di stare a giacere, e vera acqua quella che le sembra d'attingere, e veri corpi tutti quegli oggetti in mezzo ai quali si comporta come tra corpi veri, se fosse un corpo anche l'anima, che in forza dello stesso tipo d'immagine si viene a trovare coinvolta tra tutti quegli oggetti.

Una visione di S. Perpetua.

18. 26. Devo dirti qualcosa sulle visioni dei martiri raccontate nei libri, perché anche da esse hai creduto di dover prendere testimonianza 39. Precisamente a santa Perpetua parve in sogno d'esser stata trasformata in uomo e di combattere contro un egiziano. Ora, chi potrebbe dubitare che in quella similitudine del suo corpo c'era la sua anima e non il suo corpo, il quale, rimanendo evidentemente nel suo sesso femminile, giaceva sul pavimento con i sensi assopiti, quando la sua anima stava a combattere in quella similitudine di corpo maschile? Che dici qui? Era forse vero corpo quella similitudine d'un uomo maschio o non era un corpo, sebbene avesse la similitudine d'un corpo? Scegli quello che vuoi. Se era un corpo, perché non conservava in sé la forma della sua vagina? Nella carne infatti quella donna non aveva trovato i genitali maschili, perché potesse formarsi così rapprendendosi e, come dici tu, " condensandosi per raffreddamento ". Inoltre, ti prego, essendo ancora vivo durante il sonno il corpo di Perpetua, la sua anima quando combatteva era nella propria vagina, racchiusa si intende dentro tutte le sue membra vive, e nel corpo di Perpetua conservava la propria forma che aveva ricevuta dal suo corpo: non aveva cioè abbandonato ancora quegli arti, come avviene nella morte, e non aveva ancora sotto la forza costringente della morte estratto dalle membra formanti le singole membra formate. Da dove dunque veniva all'anima di Perpetua il corpo maschile, con il quale le sembrava di combattere contro il suo avversario? Se viceversa non era un corpo ed era tuttavia qualcosa di simile ad un corpo in cui si poteva sentire una vera sofferenza o una vera letizia, non scorgi ormai finalmente la possibilità che nell'anima ci sia una certa similitudine del corpo, senza che essa sia corpo?

Il significato della ferita che Perpetua vide nell'anima del suo fratello ucciso.

18. 27. Che ne dici se qualcosa di simile si fa negli inferi e le anime laggiù non si riconoscono dai loro corpi, ma dalle similitudini dei loro corpi? Quando infatti, benché in sogno, soffriamo tristi esperienze, per quanto ivi ci sia la similitudine delle membra corporali e non siano le stesse membra del nostro corpo, non c'è tuttavia in quei casi una similitudine di pena, ma una pena vera, e altrettanto quando si hanno sensazioni liete. Ma poiché santa Perpetua non era ancora morta, forse tu non vuoi che si argomenti contro di te dal suo caso, sebbene sia molto pertinente alla nostra questione sapere di qual natura tu stimi quelle similitudini di corpi che noi abbiamo nei sogni, e sarebbe finita tutta la nostra questione se tu confessassi che esse e sono simili ai corpi e non sono corpi. Tuttavia però il suo fratello Dinocrate era morto: essa lo vide con la piaga che aveva da vivo e che l'aveva fatto morire. Dov'è tutto quello che, trattando della mutilazione delle membra, ti sei tanto affaticato a dire, perché non si credesse che insieme si tagliasse l'anima? Ecco, nell'anima di Dinocrate c'era la piaga che con la sua crudeltà, quando l'anima era ancora nel suo corpo, la buttò fuori dal corpo. Come può essere vera allora la tua opinione che " quando si tagliano le membra del corpo, l'anima si sottrae al colpo e comprimendosi si raccoglie nelle altre parti, perché nessuna parte dell'anima resti amputata dalle ferite del corpo, anche quando si taglia qualcosa alle membra d'una persona che dorme e che non s'avvede di nulla"? Attribuisci all'anima tanta vigilanza che, sebbene sia occupata nelle visioni dei suoi sogni, se un colpo improvviso si abbatte su di uno che non se l'aspetta e gli ferisce la carne, la sua anima si sottrae previdentemente e rapidamente, perché essa non si possa ferire, lesionare o tagliare. E non t'accorgi, uomo avveduto qual sei, che, se l'anima si sottraesse, quel colpo non si dovrebbe nemmeno sentire. Ma trova quello che ti sarà possibile per dare una risposta alla questione presente: in che modo l'anima sottrae le sue parti e le nasconde nell'interno, perché non sia amputata e danneggiata anche l'anima stessa là dove è tagliato o percosso un membro del corpo. Osserva Dinocrate e spiega la ragione per cui la sua anima non si sottrasse da quella parte del corpo che era corrosa da una piaga mortale, perché non avvenisse in lei quello che appariva sulla faccia di lui anche dopo la morte dello stesso corpo. Ormai ti piace forse che riteniamo queste apparizioni come similitudini di corpi invece che corpi, di modo che come sembra piaga quella che non è piaga, così quello che non è corpo sembri corpo? Se infatti l'anima può esser ferita da quelli che feriscono il corpo, non c'è forse da temere che l'anima possa essere uccisa da quelli che uccidono il corpo? Il Signore l'ha dichiarato apertissimamente impossibile 40. E comunque l'anima di Dinocrate non poté morire per la piaga di cui morì il suo corpo e si fece vedere quasi fosse stata piagata com'era stato piagato il suo corpo, perché non era un corpo, ma portava nella similitudine del corpo anche la similitudine della piaga: ebbene, in quel corpo non vero era vera l'infelicità dell'anima, significata dalla riproduzione della piaga del corpo, e da quell'infelicità l'anima di Dinocrate meritò d'esser liberata per le preghiere della santa sorella.

Insostenibile la teoria dell'anima insegnata da Vittore.

18. 28. Che senso ha dopo tutto questo dire che " l'anima prende forma dal corpo, si espande e cresce con la crescita del corpo ", e non avvertire quanto diventerebbe mostruosa l'anima di un giovane o d'un vecchio, se gli viene tagliato un braccio da bambino. " Si ritrae ", come dici tu, " la mano dell'anima, per non essere amputata anch'essa con la mano del corpo, e comprimendosi si rifugia nelle altre parti del corpo ". Perciò quel braccio dell'anima, dovunque si conservi, si conserverà corto com'era il braccio del corpo dal quale aveva ricevuto la forma, avendo perduto la forma che crescendo gli avrebbe consentito di crescere alla pari. L'anima dunque d'un giovane o d'un vecchio che ha perduto una mano quand'era bambino, esce, sì, dal corpo con due mani, perché la mano dell'anima sottraendosi non è rimasta amputata insieme alla mano del corpo, ma esce dal corpo con una mano giovanile o senile e con l'altra mano infantile com'era prima. Tali anime, credimi, non le foggia la forma del corpo, ma le finge la deformità dell'errore. Non mi pare che tu possa esser liberato da cotesto errore, se con l'aiuto di Dio non prenderai diligentemente in esame le visioni di coloro che sognano e non conoscerai da esse l'esistenza di corpi che non sono corpi, ma sono similitudini di corpi. Sebbene infatti siano del medesimo genere anche le rappresentazioni dei corpi che facciamo con la nostra immaginazione, tuttavia per congetturare ciò che concerne i morti il metodo più adatto è di partire da ciò che avviene in coloro che dormono. Non per nulla infatti la santa Scrittura chiama dormienti i morti 41 per il fatto che il sonno è in qualche modo parente della morte 42.

Conferma della insostenibilità della teoria dell'anima di Vittore.

19. 29. Perciò, se l'anima fosse un corpo e fosse corporea la figura in cui vede se stessa nei sogni, perché modellata sul suo corpo, nessuno che sia stato amputato d'un membro del corpo vedrebbe se stesso nei sogni così privo di esso come n'è privo, ma si vedrebbe piuttosto sempre intero, perché alla sua anima non sarebbe stato amputato nulla. Poiché invece qualche volta i mutilati vedono se stessi interi e qualche altra volta viceversa si vedono privi così come sono della parte perduta, che altro insegna questa esperienza se non che l'anima, come degli altri oggetti che sente nei sogni, così anche del suo corpo non porta la realtà, ora in un modo e ora in un altro, ma porta la similitudine? La gioia però e la tristezza, il piacere o il dispiacere dell'anima sono veri e nei corpi e nelle similitudini dei corpi. Non hai forse detto tu stesso, e lo hai detto con verità: " Gli alimenti e gli abiti non sono necessari all'anima, ma al corpo "? Perché dunque il ricco desiderava negli inferi una stilla d'acqua? Perché il santo Samuele dopo la morte, come hai ricordato tu stesso, apparve vestito del suo abito consueto 43? Forse quel ricco desiderava di ristorare con un alimento liquido le sofferenze dell'anima, come si ristorano quelle del corpo? Forse Samuele era uscito dal corpo con quell'abito addosso? No. Il fatto è invece che in quel ricco era vero il tormento che pativa la sua anima, pur non essendo vero il corpo per il quale chiedeva l'acqua. E Samuele poté apparire così vestito non perché la sua anima e il suo abito erano un corpo ma perché ne avevano similitudine. L'anima infatti non si allarga né si restringe anche rispetto agli abiti, come rispetto alle membra del corpo, per essere formata pure dagli abiti.

È misterioso il potere conoscitivo delle anime nell'aldilà.

19. 30. Chi poi potrebbe esplorare quale forza conoscitiva dopo la morte acquistino le anime, anche quelle non buone sollevate dal peso dei corpi corruttibili? Possono conoscere e riconoscere le altre anime (o quelle parimente cattive o anche quelle buone) con i sensi interiori, sia nelle stesse similitudini dei corpi che non sono corpi, sia nelle impressioni buone o cattive dell'animo, dove non si hanno affatto quelle specie di lineamenti delle membra. Da ciò si spiega pure che quel ricco, mentre era in mezzo ai tormenti, riconobbe il patriarca Abramo, sebbene non gli fosse nota la figura del suo corpo, perché la sua anima poté conservare la similitudine del suo corpo anche se incorporea. Ma chi dirà con ragione d'aver conosciuto una persona se non in quanto ne ha potuto conoscere la vita e la volontà, che senza dubbio non ha né mole né colori? Così infatti anche di noi stessi abbiamo una conoscenza più certa che degli altri, perché a noi stessi è nota la nostra coscienza e la nostra volontà, che vediamo bene, senza vedere tuttavia in essa una qualche similitudine corporale. In un altro, benché presente, non scorgiamo la vita e la volontà, anche se di lui assente conosciamo, ricordiamo, ripensiamo la faccia. Viceversa non possiamo conoscere, ricordare, ripensare in quella stessa maniera la nostra faccia, e tuttavia diciamo verissimamente d'essere noti a noi stessi più di chiunque altro: così è chiaro in che consista più propriamente e più veramente la conoscenza d'una persona.

Le nostre diverse facoltà conoscitive.

20. 31. Dunque altro è nell'anima il potere di sentire i corpi veri, e li sentiamo con i cinque sensi del corpo; altro è il potere di vedere al di fuori della portata dei sensi le similitudini dei corpi che non sono corpi, e qui ci vediamo anche noi stessi, non altrimenti che come similitudini corporali; altro è il potere di percepire in modo sicuramente ancora più certo e più fermo le entità che non sono né corpi, né similitudini di corpi, per esempio la fede, la speranza, la carità, senza colori, senza volumi, senza similitudini di esse. Domando allora: dov'è che dobbiamo stare di preferenza e in certo qual modo abitare in modo più familiare, dov'è che dobbiamo rinnovarci nella conoscenza di Dio secondo l'immagine di colui che ci ha creati 44 Non è forse nella facoltà che ho ricordata al terzo posto? È sicuro infatti che in essa non portiamo in nessun modo né il sesso, né la similitudine del sesso.

Indimostrabile il mostro di Vittore!

20. 32. Se infatti quella forma d'anima maschile o femminile, contraddistinta da membra virili e femminili, non è la similitudine d'un corpo, ma è un corpo, essa è vuoi o non vuoi maschio, essa è vuoi o non vuoi femmina, ogni volta che appare o come maschio o come femmina. Ma tuttavia se, conforme alla tua opinione, l'anima è un corpo, se è un corpo vivo, se ha le mammelle, turgide e prominenti, se non ha la barba, se ha l'utero e i genitali propri del corpo d'una donna, e con tutto questo non è donna, allora non potrò dire io con più verità e sicurezza: Ha gli occhi, ha la lingua, ha le dita, ha in apparenza tutte le altre membra del corpo e tuttavia è la similitudine d'un corpo e non è un corpo? Infatti chiunque ha la possibilità di sperimentare in se stesso ciò che dico io quando immagina i corpi degli assenti, o lo sperimenta almeno quando rievoca le figure dei suoi sogni, la sua e quelle degli altri, mentre da te non può esser addotta nessuna testimonianza che esista in natura un esemplare di cotesto mostro, che abbia un corpo vero, un corpo vivo, un corpo femminile e non sia di sesso femminile.

Se l'anima fosse corpo, sarebbe anche sesso.

20. 33. Quello infatti che dici della fenice 45 non è assolutamente pertinente al nostro argomento. Essa significa per la precisione la risurrezione dei morti e non elimina il sesso delle anime, se tuttavia è vero, come si crede, che rinasca dalla sua stessa morte. Ma io penso che tu avresti reputato poco plausibile il tuo ragionamento, se non ci avessi inserito una lunga declamazione sulla fenice alla maniera dei ragazzini. Ci sono forse nel corpo della fenice i genitali maschili senza che sia maschio, o i genitali femminili senza che sia femmina? Sta' però attento a quello che dici, a quello che ti sforzi di sostenere, a quello che ti sforzi di dimostrare. Dici che " l'anima nel diffondersi per tutte le membra si è cristallizzata per raffreddamento e dalla cima della testa alla punta dei piedi, dall'interno delle midolla fino alla superficie della pelle, ha preso tutta la forma di tutto il suo corpo, e conseguentemente ha preso in un corpo di donna tutte le membra femminili interne che hanno le donne, e questo è un corpo vero, e queste sono membra vere, e tuttavia non è una donna ". Perché, ti prego, in un corpo vero e vivo tutte le membra sono femminili e non c'è la femmina? Perché in un corpo vero e vivo ci sono tutte le membra maschili e non c'è il maschio? Chi se la sentirebbe di credere, d'affermare, d'insegnare queste stranezze? Forse perché le anime non generano? Allora nemmeno i muli e le mule sono maschi e femmine. O forse perché le anime non potranno nemmeno accoppiarsi senza i loro corpi di carne? Ma questa possibilità è tolta anche a coloro che si evirano, e tuttavia, mentre si toglie ad essi l'eccitazione e la capacità operativa, non si toglie il sesso, rimanendo, per quanto menomata, la figura delle membra maschili. Nessuno ha mai negato che l'eunuco sia un maschio. Che dire del fatto che presso di te anche le anime degli eunuchi hanno i testicoli integri e, secondo la tua opinione, se a qualcuno si tolgono completamente tutti i genitali, essi rimarranno tutti interi e assolutamente integri nella loro anima? " Essa infatti sa sottrarsi, come dici tu, quando si comincia a tagliare quelle parti del corpo, perché, amputandosi l'organo su cui si è modellata la forma, non perisca la forma che si è modellata su di esso. L'anima allora, sebbene si sia condensata per raffreddamento dopo la sua infusione nel corpo, viene rapita subito da un movimento rapidissimo e si nasconde più all'interno per conservarsi intatta; nondimeno non è maschio negli inferi colui che, pur portando in sé la totalità dei genitali maschili, sebbene non li avesse più nel suo corpo, è stato maschio a causa soltanto del loro posto nel corpo ". False sono queste opinioni, o figlio. Se non vuoi ammettere nell'anima la sessualità, non ammettere nell'anima nemmeno la corporeità.

Bisogna distinguere le visioni dei corpi dai corpi stessi.

21. 34. Non ogni similitudine di corpo è corpo. Dormi e vedrai ma poi da sveglio sappi discernere che cosa tu abbia visto. Nel sogno infatti apparirai a te stesso come corporeo, né in ciò vi sarà il tuo corpo, ma la tua anima, né sarà vero corpo, ma similitudine di corpo. Il tuo corpo infatti continuerà a giacere e sarà la tua anima a camminare, la lingua del tuo corpo tacerà e sarà la tua anima a parlare, i tuoi occhi rimarranno chiusi e sarà la tua anima a vedere, ed evidentemente le membra del tuo corpo giaceranno vive, non morte. E perciò non è stata estratta ancora, quasi dalla sua vagina, la forma condensata della tua anima, come pensi tu, ed in essa tuttavia si vede completa ed integra la similitudine della tua carne. Di questo tipo di similitudini corporali che appariscono come corpi, pur non essendo corpi, sono tutte quelle immagini che non comprendi anche nelle visioni profetiche, quando leggi i Libri santi. Esse stanno a significare gli avvenimenti che si compiono nel tempo, o presente o passato o futuro. T'inganni poi in esse, non perché sono ingannevoli, ma perché non le prendi come vanno prese. Nella stessa rivelazione infatti dove sono apparse le anime dei martiri 46, è apparso pure un Agnello ucciso con sette corna 47, ci sono cavalli e altri animali raffigurati secondo l'opportunità, e nella stessa rivelazione cadono infine le stelle e il cielo viene arrotolato come un manoscritto: eppure il mondo non è crollato allora 48. Se pertanto intendiamo sapientemente tutte queste immagini, benché diciamo che le visioni sono vere visioni, non diremo tuttavia che i corpi sono veri corpi.

Termina il discorso sulla incorporeità dell'anima.

21. 35. Un più lungo discorso richiederebbe in questo genere di similitudini corporali la più diligente discussione del problema se anche gli angeli, tanto i buoni che i cattivi, appariscano in questo modo, quando appariscono sotto forma di uomini o di altri corpi: se abbiano corpi veri e sia più probabile che si facciano vedere nella realtà di quei corpi, o se nei sogni e nell'estasi non si vedano in corpi veri ma in coteste similitudini di corpi, mentre invece fuori dal sonno offrano alle persone corpi veri da vedere e, se necessario, anche da toccare. Ma non credo che la ricerca e la trattazione di tali problemi sia da farsi in questo libro. Ora abbiamo già detto abbastanza della incorporeità dell'anima. Se preferisci crederla corporea, devi prima stabilire che cosa è il corpo, per evitare che, essendo sostanzialmente d'accordo tra noi, non ci accada di affannarci invano su questioni di parole. Tuttavia credo che ti renda già conto saggiamente di quante assurdità ti siano corse dietro per aver pensato nell'anima un corpo uguale a quelli che si chiamano corpi da tutti gli eruditi, ossia quei corpi che per le loro differenze di lunghezza, d'altezza, di larghezza occupano spazi minori con le loro dimensioni minori e spazi maggiori con le loro dimensioni maggiori.

La spiritualità dell'anima nella Bibbia.

22. 36. Rimane da dimostrare che, sebbene non si chiami spirito in senso proprio tutta l'anima, ma una sua parte, come dice l'Apostolo: Tutto quello che è vostro: spirito, anima, corpo 49, o come ancora più espressamente si trova nel libro di Giobbe: Hai tolto lo spirito dalla mia anima 50, nondimeno anche tutta l'anima si indica con il nome di spirito. Comunque questa è una questione che sembra molto più di nomi, e non di cose. Poiché infatti consta che nell'anima c'è una parte che si nomina in senso proprio spirito, e che si nomina in senso proprio anima tutto il resto, meno lo spirito, non esiste più nessuna divergenza sulla sostanza stessa delle cose. Tanto più che anch'io dico chiamarsi propriamente spirito quello che dici tu, cioè la facoltà del ragionamento o dell'intelligenza, quando le nostre componenti si indicano distintamente, come fa l'Apostolo scrivendo: Tutto quello che è vostro: spirito, anima, corpo 51. Quanto poi a questo spirito, sembra che l'Apostolo lo chiami anche mente, quando dice: Con la mente servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato 52. È infatti la stessa sentenza espressa dalle parole: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne 53, di modo che s'intenda che qui dice "spirito" ciò che prima ha detto "mente". Non come giudichi tu: "Si chiama tutta insieme mente, ed essa consta d'anima e di spirito ", parole che non so dove tu abbia lette. Noi per la precisione non siamo soliti dire " nostra mente " se non la parte nostra razionale ed intellettuale. Perciò le parole del medesimo Apostolo: Rinnovatevi nello spirito della vostra mente 54 che altro significano se non: Rinnovatevi nella vostra mente? Così infatti lo spirito della mente non è nient'altro che la mente, come il corpo di carne non può esser nient'altro che la carne. Anche questo si trova scritto: Nella spogliazione del corpo di carne 55, dove chiama la carne corpo di carne. È vero che dice spirito dell'uomo anche in un altro senso, differenziandolo del tutto dalla mente, dove scrive: Quando prego con il dono delle lingue, il mio spirito prega, ma la mia mente rimane senza frutto 56. Adesso però non parliamo di questo spirito che è distinto dalla mente. Questo concetto di spirito ha il suo problema, e difficile, perché in molti modi e con diversi significati le divine Scritture nominano lo spirito. Ma dello spirito di cui trattiamo adesso, cioè quello del ragionamento, dell'intelligenza, della sapienza, consta tra noi che viene chiamato spirito anche in senso così proprio da non essere tutta l'anima, bensì una sua parte. Se tuttavia neghi che l'anima sia anche spirito per questa ragione che si dice spirito distintamente la sua intelligenza, potrai negare che si chiami Israele l'intera discendenza di Giacobbe perché al di fuori di Giuda è stato chiamato Israele anche distintamente il gruppo delle dieci tribù che erano allora in Samaria 57. Ma che bisogno c'è che ci fermiamo ancora più a lungo su questo punto?

L'anima viene chiamata anche spirito.

23. 37. Adesso sta' subito attento come possiamo più facilmente rendere evidente che si dice anche spirito quella che è l'anima. Là dove senti leggere o leggi al momento della morte del Signore: E, chinata la testa, rese lo spirito 58, tu vuoi che s'intenda come se l'evangelista abbia significato il tutto con la parte, e non che possa aver chiamato anche spirito quella che è l'anima. Ma io per poter provare più speditamente ciò che dico adopererò te stesso come teste con un procedimento più svelto e più comodo. Tu infatti hai definito lo spirito così da far apparire che le bestie non hanno lo spirito, ma hanno l'anima. Si dicono appunto irragionevoli, perché non hanno la facoltà dell'intelligenza e della ragione. Perciò, ammonendo l'uomo stesso a conoscere la propria natura, tu hai parlato così: " Non avendo un Dio buono creato nulla irragionevolmente e avendo creato l'uomo stesso come animale ragionevole, capace d'intelligenza, dotato di raziocinio, vivace nei sensi, con il compito di dirigere con prudente ordine tutte le creature irrazionali... ". Con queste tue parole hai sufficientemente asserito quello che è vero assolutamente: l'uomo è dotato di ragione e capace d'intelligenza, mentre gli animali irragionevoli non lo sono. È per questo che anche con una testimonianza divina hai equiparato coloro che non comprendono alle bestie che non hanno in nessun modo l'intelligenza 59. Questo concetto è stato espresso pure in un altro passo della Scrittura: Non siate come il cavallo e come il mulo privi d'intelligenza 60. Tirate le cose a questo punto, poni attenzione con quali parole tu abbia definito e descritto lo spirito, quando cercavi di distinguerlo dall'anima: " Quest'anima " tu dici " avendo origine dall'alito di Dio, non ha potuto esser priva del proprio senso e dell'intimo intelletto: e ciò è lo spirito ". E poco dopo dici: " Sebbene sia l'anima ad animare il corpo, tuttavia è necessariamente un fatto dello spirito il fatto che ha il senso, il fatto che ha la sapienza, il fatto che ha la forza della volontà ". Similmente poco più sotto dici: " Altra cosa sarà l'anima e altra cosa lo spirito, la sapienza e il senso dell'anima ". Con queste parole indichi sufficientemente quale sia la tua sentenza sulla natura dello spirito dell'uomo, cioè del nostro elemento razionale, in forza del quale l'anima ha il senso e l'intelligenza: non il senso come quello con il quale si sente per mezzo dei sensi del corpo, ma com'è quel senso intimo da cui deriva la parola sentenza. È per questo spirito che noi senza dubbio siamo superiori alle bestie, perché esse sono prive di ragione. Gli animali pertanto non hanno lo spirito, cioè l'intelletto, il senso della ragione, il senso della sapienza, ma hanno l'anima soltanto. Di essi infatti è scritto: Producano le acque animali vivi e striscianti, e: Produca la terra animali viventi 61. Perché dunque tu sappia nel modo più pieno e nel modo più piano che nello stile della parola di Dio quella che è l'anima si dice anche spirito, l'anima delle bestie è chiamata spirito delle bestie. E certamente le bestie non hanno quello spirito che la tua dilezione ha definito, quando hai distinto lo spirito dall'anima. E ciò rende manifesto che l'anima delle bestie ha potuto esser chiamata spirito in senso generico, come si legge nel libro dell'Ecclesiaste: Chi sa se lo spirito degli uomini salga in alto e se lo spirito degli animali discenda sotto terra? 62 E similmente nella devastazione del diluvio è stato scritto: E fu distrutta ogni carne che si muoveva sulla terra: uccelli, animali, giumenti, belve e ogni rettile che si muove sopra la terra e ogni uomo e tutti gli esseri che hanno spirito di vita 63. E qui, rimossi tutti i pretesti del dubbio, veniamo a capire che spirito è il nome generico dell'anima. E per la verità il senso della parola " spirito " è tanto largo che è chiamato spirito anche Dio 64. Lo stesso soffiare dell'aria, sebbene sia corpo, è chiamato in un salmo lo spirito della tempesta 65. Ed è per questo che a mio avviso l'anima può chiamarsi anche spirito secondo quel testo che dice: Togli loro lo spirito e periranno 66, e ancora: Uscirà il loro spirito e ritornerà alla sua terra 67, cioè il corpo alla sua polvere. Il nome di anima dunque è spirito per il fatto che è spirituale; si chiama anima perché anima un corpo, cioè lo vivifica. Per tutto questo io credo che non negherai ulteriormente che si chiama pure spirito anche quella che è l'anima, dopo esser stato ammonito da queste testimonianze delle pagine divine da me riferite, dove si trova chiamata spirito perfino l'anima delle bestie che non hanno l'intelletto. Conseguentemente, se possiedi l'intelligenza e la sapienza anche delle discussioni che sono state fatte sulla incorporeità dell'anima, non c'è motivo per cui io ti dispiaccia perché ho detto di sapere che l'anima non è un corpo ma uno spirito, dal momento che e si dimostra che non è un corpo e si chiama con il nome generico di spirito.

Agostino esorta Vittore a correggere i suoi errori principali.

24. 38. Perciò, se prendi e leggi con resa d'amore questi libri che ti ho scritti con spesa d'amore, se ascolti anche te stesso in quello che hai premesso all'inizio del tuo primo libro, se ti adoperi, come hai promesso, " a non difendere la tua opinione, qualora non ti sembri approvabile ", guardati principalmente da quegli undici errori dei quali ti ho ammonito nel libro precedente. Non dire che " l'anima viene da Dio in tal modo che egli non l'abbia creata dal nulla, né da un'altra sostanza ma dalla propria natura ". Non dire che " per un tempo infinito e così per sempre Dio donerà le anime, come per sempre esiste colui che le dona ". Non dire che " a causa della carne l'anima ha perduto un qualche suo merito che aveva prima della carne ". Non dire che " l'anima per mezzo della carne restaura la sua condizione originale e rinasce mediante la stessa carne, a causa della quale aveva meritato d'esser peccatrice o che l'anima prima di ogni peccato abbia meritato d'esser peccatrice ". Non dire che " i bambini morti senza il battesimo della rigenerazione giungono all'indulgenza dei peccati originali ". Non dire che " quanti il Signore ha predestinati al battesimo, possono morire prima del [battesimo] senza che si compia in essi quello che l'Onnipotente ha predestinato ". Non dire che " di coloro che spirano prima d'esser stati battezzati è stato scritto: Fu rapito, perché la malizia non ne mutasse i sentimenti 68 " e le altre parole appartenenti al medesimo testo. Non dire che " alcuni di quei posti che il Signore disse essere in gran numero nella casa del Padre suo 69, si trovano fuori dal regno di Dio ". Non dire che " il sacrificio del corpo e del sangue del Cristo si deve offrire per coloro che sono usciti dal corpo senza esser stati battezzati ". Non dire che alcuni di coloro che muoiono senza il battesimo del Cristo, sono accolti per ora nel paradiso e riceveranno in seguito anche la beatitudine del regno dei cieli ". Principalmente da questi errori guàrdati, o figlio, e non gioire di chiamarti Vincenzo, se vuoi essere il Vittore dell'errore. E quando non sai, non credere di sapere, ma per sapere impara a sapere che non sai. Non si pecca infatti ignorando qualcosa nelle occulte opere di Dio, ma dando temerariamente come note le soluzioni ignote e proferendo e difendendo come vero il falso. Quanto poi alla mia ignoranza se le anime degli uomini si facciano nuove o derivino dai genitori - non è lecito tuttavia mettere in dubbio che Dio creatore non le fa servendosi della propria sostanza -, credo d'aver persuaso la tua carità che essa o non dev'essere ripresa o dev'essere ripresa da chi può anche, istruendomi, eliminarla; ed inoltre che le anime hanno dentro di sé le similitudini incorporee dei corpi, ma che in se stesse le anime non sono corpi; che, salva la distinzione tra l'anima e lo spirito, l'anima si chiama universalmente anche spirito. Se però non sono riuscito a persuaderti, toccherà piuttosto a coloro che leggeranno giudicare se in ogni modo io ho detto quanto avrei dovuto per persuaderti.

Vieni a trovarmi.

24. 39. Se tu desiderassi per buona fortuna conoscere molti altri punti dei moltissimi che mi sembrano da correggere nei tuoi libri, non ti sia gravoso venire da me, non come discepolo a maestro, ma come giovane ad anziano, come forte ad infermo. Benché non avresti dovuto pubblicarli, tuttavia chi, ripreso, riprende ed accusa se stesso, ha gloria più grande e più vera di chi riceve lodi dagli erranti. Sarei però propenso a credere che in occasione della tua declamazione dei medesimi libri non tutti i tuoi uditori ed applauditori avessero già prima sentito nella stessa maniera o abbiano acconsentito allora con te circa cotesti errori che la sana dottrina riprova, ma credo che, essendo stata la loro attenzione pressata dall'impeto stesso e dal rapido ritmo della tua declamazione, abbiano ben poco potuto avvertire questi errori, oppure credo che anche coloro che poterono accorgersi di quegli errori non abbiano lodato in te una verità limpidissima delle cose, ma il fiume delle parole, la potenza e la qualità dell'ingegno. Il più delle volte infatti nella speranza di un giovane si loda, si esalta, si ama l'eloquenza, anche se non ha per il momento la maturità e l'autorità d'un maestro. Perciò allo scopo che il tuo sapere sia retto e il tuo parlare non solo possa dilettare, ma anche edificare gli altri, bisogna che tu abbia cura dei discorsi tuoi, lasciando ogni cura degli applausi altrui.


Note:




 

1 - Sal 48, 13.

2 - Qui e appresso VINCENZO VITTORE.

3 - Sal 48, 13.

4 - Sir 3, 22.

5 - Sap 13, 9.

6 - Sir 3, 22.

7 - Cf. 2 Cor 12, 9.

8 - Cf. Gv 13, 37; poco dopo Mt 16, 16.

9 - Sal 138, 6 (sec. LXX).

10 - Cf. 2 Cor 12, 2-4.

11 - Rm 8, 26.

12 - Fil 3, 13-14.

13 - Rm 8, 26.

14 - Cf. 2 Cor 12, 7-9.

15 - Rm 8, 26-27.

16 - Gal 4, 6.

17 - Rm 8, 15.

18 - Cf. 1 Cor 2, 10.

19 - Sal 48, 13.

20 - Cf. Rm 5, 18.

21 - Cf. Gv 3, 3.

22 - 1 Cor 15, 40.

23 - 1 Ts 5, 23.

24 - 1 Ts 5, 23.

25 - Cf. Col 3, 10.

26 - Cf. Rm 12, 2.

27 - Cf. Rm 8, 6.

28 - Cf. Lc 16, 19-31; TERTULL., De anima 7.

29 - Cf. Rm 6, 17.

30 - Cf. Fil 2, 6.

31 - Gal 5, 22-23.

32 - Lc 16, 24.

33 - Cf. Sal 54, 7; 138, 9.

34 - Prv 18, 21.

35 - Sal 37, 4.

36 - Cf. Gn 17, 4-5; Rm 4, 17-22.

37 - Cf. Es 3, 6; Mc 12, 26.

38 - Cf. Contra ep. fundamenti 17-20.

39 - Cf. TERTULL., De anima 9, 4.

40 - Cf. Mt 10, 28.

41 - Cf. 1 Ts 4, 12.

42 - Cf. VIRG., Aen. 6, 278.

43 - Cf. 1 Sam 28, 14.

44 - Cf. Col 3, 10.

45 - Cf. TERTULL., De resurr. mort. 13: CC 2, 936.

46 - Cf. Ap 6, 9.

47 - Cf. Ap 5, 6.

48 - Cf. Ap 6, 13-14.

49 - 1 Ts 5, 23.

50 - Gb 7, 15 (sec. LXX).

51 - 1 Ts 5, 23.

52 - Rm 7, 25.

53 - Gal 5, 17.

54 - Ef 4, 23.

55 - Col 2, 11.

56 - 1 Cor 14, 14.

57 - Cf. 1 Re 12, 20.

58 - Gv 19, 30.

59 - Cf. Sal 48, 13.

60 - Sal 31, 9.

61 - Gn 1, 20. 24.

62 - Qo 3, 21.

63 - Gn 7, 21-22.

64 - Cf. Gv 4, 24.

65 - Cf. Sal 10, 7; 106, 25; 148, 8.

66 - Sal 103, 9.

67 - Sal 145, 4.

68 - Sap 4, 11.

69 - Cf. Gv 14, 2.