Scrutatio

Sabato, 20 aprile 2024 - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi)

L'anima e la sua origine - Libro primo

Sant'Agostino d'Ippona

L'anima e la sua origine - Libro primo
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A RENATO

Agostino ringrazia Renato di avergli mandato i libri di Vincenzo Vittore.

1. 1. Certamente anche prima, carissimo fratello Renato, avevamo avuto prova della tua sincerità verso di noi, della tua fraterna benevolenza e del contraccambio del tuo amore, ma adesso ci hai fornito una prova ancora più grande con la tua amichevole diligenza, mandandomi i due libri di Vincenzo Vittore (questo è infatti il nome che ho trovato scritto sopra di essi): una persona che per la verità io ignoravo assolutamente, ma che non è per questo da disprezzare. È nell'ultima estate che me li hai mandati, anche se sono stati consegnati a me alla fine dell'autunno, essendo io stato assente. Come avresti tu, carissimo a me, potuto omettere o, meglio, non sentire il dovere di portare a mia conoscenza qualsiasi scritto di qualsiasi autore capitato nelle tue mani, dove, sebbene lo scrittore si rivolgesse ad altri, tuttavia si faceva e si leggeva il mio nome e si andava contro ad affermazioni mie, pubblicate in alcuni miei libri? Hai fatto così quello che dovevi fare come mio sincerissimo e dilettissimo amico.

Giudizio su Vincenzo Vittore.

2. 2. Ma quello che mi fa sentire un po' mortificato è che finora la tua santità mi conosce meno di quanto vorrei, dal momento che hai creduto che io me la sarei presa come se tu mi avessi fatto un torto, facendomi noto ciò che ha fatto un altro. Vedi invece quanto ciò sia lontano dal mio animo: io non mi sento offeso nemmeno da costui. Trovandosi ad avere alcune opinioni diverse dalle mie, avrebbe dovuto forse starsene zitto? Proprio questo mi deve far piacere: che ci abbia dato anche la possibilità di leggere ciò che non ha taciuto. Si dirà che, parlando di me, avrebbe dovuto scrivere a me, invece che ad un altro. Ma per il fatto che non era conosciuto da me non ha osato presentarmisi nel momento di confutare le mie affermazioni. Non ha creduto nemmeno di consultarmi su problemi dove gli sembra di non dovere aver dubbi, ma d'essere in possesso d'una sentenza di sua piena conoscenza e certezza. Ha obbedito invece ad un suo amico, dal quale dice d'essere stato spinto a scrivere. E se nel corso della discussione ha detto qualcosa che ridondasse a mio disonore, sono disposto a credere che non l'abbia fatto con l'animo di chi vuol denigrare, ma per la necessità in cui si trova chi sostiene la sentenza opposta. Quando infatti mi è ignoto e incerto l'animo d'una persona verso di me, credo sia meglio pensare il meglio che incolpare senza prove. Forse, supponendo che il suo scritto poteva arrivare tra le mie mani, l'ha fatto per amore verso di me, perché vuole che io non sbagli su quei punti dove non crede d'essere piuttosto lui a sbagliare. Per questo devo aver cara la sua benevolenza, anche se sono costretto a riprovare la sua sentenza. Perciò nelle questioni dove non condivide la retta dottrina, mi sembra che sia ancora da correggere con mitezza e non da esecrare con asprezza, tanto più che, come sento dire, si è fatto cattolico da poco, e di ciò ci dobbiamo congratulare con lui. Si è liberato dallo scisma e dall'errore dei donatisti o più precisamente dei rogatisti, dov'era prima impigliato. A patto tuttavia che intenda la verità cattolica come va intesa, perché godiamo veramente della sua conversione.

Pregi e difetti nel modo di scrivere di Vincenzo Vittore.

3. 3. Ha tali risorse d'eloquio da saper esporre il proprio pensiero. Bisogna dunque trattarlo così che ritenga, come gli dobbiamo augurare, la retta dottrina, e non faccia diventare dilettevoli argomenti futili, e non gli sembri d'aver detto la verità solo perché l'ha detto con eleganza. Per quanto, anche nel suo stesso modo di scrivere c'è molto da emendare e da sfrondare da una eccessiva verbosità. E questo suo difetto è dispiaciuto anche a te, da persona grave che sei, come indicano i tuoi scritti. Ma è un difetto questo che o si corregge con facilità o, senza danno della fede, si ama da persone di carattere leggero e si tollera da persone di carattere grave. Abbiamo già infatti degli scrittori cristiani spumeggianti nello stile, ma sani nella fede 1. Non c'è dunque da disperare che anche in lui questo difetto, pur tollerabile se gli rimane, si possa tuttavia emendare e moderare, condurre o ricondurre ad una forma semplice e solida. Soprattutto perché è un giovane, si dice, e quanto manca alla sua esperienza potrà essere supplito dalla sua diligenza, e la cruda pasta che scodella la sua loquacità la porterà a cottura la maturità degli anni. Ciò che sarebbe increscioso, pericoloso o dannoso è questo: che lodando la sua eloquenza si faccia accettare la sua insipienza e in una coppa preziosa si beva un veleno mortale.

Affermazioni contraddittorie di Vincenzo Vittore sulla origine dell'anima da Dio.

4. 4. Vengo subito ad indicare i punti principali che nella sua trattazione meritano d'essere espunti. Dice che " l'anima è stata fatta da Dio e non è parte o natura di Dio " 2; e questo è completamente esatto. Ma poiché non vuol confessare che è stata fatta dal nulla, poiché non accenna a nessun'altra creatura da cui sia stata tratta, poiché le assegna come autore Dio senza credere che egli l'abbia fatta né da cose inesistenti, cioè dal nulla, né da alcunché di esistente che non sia quello che è Dio, bensì crede che l'abbia fatta dalla sua stessa divinità, non si accorge d'andare a finire così proprio nell'errore che pensava d'avere evitato: l'anima non è altro che la natura di Dio, e conseguentemente dalla natura di Dio il medesimo Dio trae una realtà della quale lui stesso che la fa è la materia da cui la fa. Ne segue ancora che è mutevole la natura di Dio, e poiché la natura di Dio stesso si è mutata in peggio, viene condannata dallo stesso Dio. Tutto ciò tu vedi con la tua intelligenza di credente come meriti di non essere accettato e di essere escluso e bandito lontano dal cuore dei cattolici. Pertanto sia che l'anima venga originata da un soffio o sia essa stessa un soffio di Dio, non emana però da Dio ma è Dio che l'ha creata dal nulla. Se l'uomo alitando non può fare dal nulla il suo alito, ma restituisce l'aria che prende dall'esterno, non per questo dobbiamo pensare che attorno a Dio circolassero già allora delle arie e che egli ne abbia aspirata una particella esigua e l'abbia poi espirata quando alitò sul volto dell'uomo e gli fece in quel modo l'anima 3. Anche se questo fosse vero, nemmeno allora ciò che Dio alitò sull'uomo poteva venire da Dio stesso, ma veniva da qualcosa di respirabile che preesisteva. Lungi però da noi che neghiamo la possibilità dell'Onnipotente di fare dal nulla l'alito della vita perché l'uomo divenisse un essere vivente, e che c'imprigioniamo in tali ristrettezze da credere o che esistesse già qualcosa di diverso da Dio con cui egli potesse fare l'alito o che abbia tratto da se stesso ciò che vediamo fatto da lui come qualcosa di mutevole. Ciò che infatti emana da Dio è necessariamente della sua stessa natura e quindi immutabile come Dio. L'anima al contrario, come tutti sanno, è mutevole. Non emana dunque da Dio, non essendo immutabile come Dio. Se poi non è stata fatta con nessun'altra cosa, è stata fatta certamente dal nulla, ma è Dio che l'ha fatta.

Secondo Vincenzo Vittore l'anima è un corpo.

5. 5. Costui poi, sostenendo che " l'anima non è spirito ma è un corpo ", che cosa vuol ottenere se non che siamo composti non d'anima e di corpo, bensì di due o anche di tre corpi? Infatti, poiché dice che " siamo composti di spirito, d'anima e di corpo " ed asserisce che " sono corpi tutti e tre ", logicamente ci crede composti di tre corpi. Nella quale opinione da quanta assurdità egli sia inseguito penso che si debba mostrare a lui piuttosto che a te. Ma questo è un errore sopportabile in un uomo che non conosce ancora l'esistenza di qualcosa che, pur senza essere un corpo, potrebbe tuttavia avere qualche somiglianza con un corpo.

Un rebus di Vincenzo Vittore: a causa della carne l'anima meritò d'inquinarsi nella carne!

6. 6. Chi al contrario saprebbe ben sopportare quello che dice costui, nel suo secondo libro, tentando di risolvere la difficilissima questione del peccato originale? Come fa il peccato ad interessare il corpo e l'anima, se l'anima non si trae dai genitori ma viene ispirata nuova da Dio? Tentando dunque di risolvere un problema tanto spinoso e scabroso, scrive: "L'anima ricupera giustamente mediante la carne la sua condizione originale, che è sembrato per poco avesse perduta a causa della carne: comincia a rinascere mediante la medesima carne per la quale aveva meritato d'esser macchiata". T'accorgi che, avendo osato al di là delle sue forze, è caduto in un baratro tanto profondo da dire che l'anima ha meritato d'esser macchiata a causa della carne, mentre non sa dire in nessun modo donde l'anima abbia tratto tale merito prima d'esser unita alla carne. Se infatti è dalla carne che l'anima comincia ad avere il demerito del peccato, dica, se può, in che modo prima del suo peccato abbia meritato d'inquinarsi nella carne. Il demerito per essere mandata nella carne peccatrice che la inquinasse o dipende da lei stessa o dipende da Dio. Quest'ultima ipotesi è la più lontana dalla verità. Evidentemente prima d'esser unita alla carne non poté meritare a causa della carne d'esser mandata ad inquinarsi nella carne. Se tale demerito dipese dunque da lei stessa, in che modo se lo poté acquisire, dato che prima della carne essa non ha fatto nessun male? Se poi si dicesse che ha ricevuto tale demerito da Dio, chi potrebbe stare ad ascoltare uno sproposito simile? Chi lo sopporterebbe? Chi permetterebbe che lo si dicesse impunemente? Adesso infatti non si cerca che cosa l'anima dopo l'unione con la carne abbia meritato per esser condannata, bensì in che modo prima dell'unione con la carne abbia meritato la condanna d'esser mandata ad inquinarsi nella carne. Lo spieghi, se può, costui che ha osato scrivere che l'anima ha meritato d'esser macchiata a causa della carne.

Un altro testo sibillino di Vincenzo Vittore

7. 7. Similmente in un altro passo, proponendosi di dipanare in qualche modo la medesima matassa nella quale si era intrigato, domanda a nome dei suoi avversari: " Perché mai Dio ha colpito l'anima con una pena tanto ingiusta da volerla relegare nel corpo del peccato, dove per l'unione con la carne comincia ad esser peccatrice l'anima che altrimenti non l'avrebbe potuto essere? ". Nel gorgo scoglioso, direi, di tale mare avrebbe dovuto guardarsi dal naufragio e non azzardarsi in acque dalle quali non avrebbe potuto tirarsi fuori passando oltre, ma se mai ritornando, cioè pentendosi. Tenta costui di liberarsi ricorrendo alla prescienza di Dio, ma invano. Coloro infatti dei quali la prescienza di Dio preconosce che saranno risanati da lui, li preconosce peccatori, non li fa peccatori. Al contrario, se Dio liberasse dal peccato le anime che, innocenti e pure, avesse egli stesso implicate nella colpa, allora sanerebbe una ferita inferta da lui a noi, non una ferita trovata da lui in noi. Dio ben ci guardi dal dire e non ci accada mai di dire che Dio, quando monda le anime dei bambini nel lavacro della rigenerazione, corregge allora il male che ha fatto egli stesso a loro unendole, immuni com'erano dal peccato, alla carne peccatrice che le contaminasse con il suo peccato originale. Tuttavia costui accusa le anime dicendo che hanno meritato a causa della carne d'esser macchiate, senza saper dire in che modo prima dell'unione con la carne abbiano esse potuto meritare una così grande enormità di male.

Un terzo testo di Vincenzo Vittore.

8. 8. Costui, pensando vanamente di poter risolvere la presente questione con la prescienza di Dio, s'imbroglia ancora di più e dice" Se l'anima che non poteva esser peccatrice meritò d'esser peccatrice, non rimase tuttavia nel peccato, perché, modellata sul Cristo, non doveva essere nel peccato, come non lo poteva essere ". In che modo vanno intese queste espressioni: " Non poteva essere peccatrice ", o: " Non poteva essere nel peccato " se non, come credo, unite alla condizionale: se non veniva nella carne? Non avrebbe potuto infatti essere peccatrice per il peccato originale o essere in qualsiasi modo nel peccato originale a causa della sola carne, se l'anima non si trae dal genitore. Noi dunque vediamo che l'anima è liberata dal peccato mediante la grazia, ma non vediamo in che modo abbia meritato di rimanere impaniata nel peccato. Che significano allora le sue parole: " Se meritò d'esser peccatrice, non rimase tuttavia nel peccato "? Se gli domanderò perché non rimase nel peccato, risponderà esattissimamente che l'ha liberata la grazia del Cristo. Come dunque dell'anima peccatrice del bambino dice in che modo è stata liberata, dica così altrettanto in che modo ha meritato d'esser peccatrice.

L'unica cosa saggia per Vincenzo Vittore è la ritrattazione.

8. 9. Ma che cosa può dire, dopo che gli è capitato esattamente quello che aveva previsto? Prima infatti di proporre la questione scrive: " Altre ingiurie incalzano da parte di gente che abbaia con queruli borbottamenti e noi, sbattuti da una specie di turbine, andiamo a fracassarci ripetutamente tra scogli immani ". Se lo dicessi io di lui, probabilmente si arrabbierebbe. Sono parole sue: le ha premesse prima di proporre la questione nella quale fa vedere gli scogli stessi contro cui è andato a fracassarsi ed è naufragato. A tanto è stato ridotto, ed ora, spinto, sbattuto, incagliato tra scogli così paurosi, è in tale condizione da non potersi liberare se non correggendo quello che ha detto, dal momento che gli è impossibile far vedere per quale demerito sia diventata peccatrice l'anima, della quale non ha esitato ad affermare che, prima d'ogni suo peccato, ha meritato di diventare peccatrice. Chi potrebbe meritare senza peccato un castigo così immane da non esser senza peccato già prima d'uscire dal seno materno, perché concepito in una colpa non sua? Da questa pena libera le anime dei bambini che sono rigenerati nel Cristo, senza nessun loro merito precedente, la grazia gratuita: altrimenti non sarebbe più grazia 4. Perciò quest'uomo molto intelligente, a cui dispiace in tanta difficoltà la nostra esitazione (non dotta, è vero, ma tuttavia cauta), dica, se può, con quale merito l'anima sia arrivata a questa pena dalla quale la libera la grazia senza merito. Lo dica così da poter difendere con qualche argomento quello che dice, se n'è capace. Non lo esigerei, se egli non avesse detto che l'anima ha meritato d'esser peccatrice. Dica se il merito dell'anima fu buono o cattivo. Se buono, come ha potuto finire nel male l'anima con un merito buono? Se cattivo, da dove viene all'anima un merito cattivo prima d'ogni peccato? Dirò ancora: Se buono, la grazia allora non libera l'anima gratuitamente, ma debitamente, essendo stata preceduta la grazia da un merito buono, e così la grazia non sarà più grazia 5. Se invece cattivo, domando in che consista. Sarà forse il fatto d'esser venuta nella carne, dove non sarebbe venuta se non vi fosse stata mandata da colui nel quale non c'è ingiustizia 6? Mai dunque se non con il risultato di precipitarsi in errori sempre più gravi potrà costui affannarsi a tenere in piedi la propria sentenza, con la quale ha detto che l'anima ha meritato d'esser peccatrice. E per la verità, quanto a quei bambini dei quali nel battesimo si lava il peccato originale, costui ha trovato in un certo senso qualcosa di passabile da dire, perché " ai predestinati dalla prescienza divina alla vita eterna non avrebbe potuto nuocere per nulla l'essere contagiati per poco tempo da un peccato altrui ". E questo suo modo di dire si potrebbe tollerare, se egli non s'intrigasse nelle sue stesse parole affermando che l'anima ha meritato d'esser peccatrice: uno sproposito questo dal quale non si libera affatto se non pentendosi d'averlo detto.

La sorte dei bambini morti senza battesimo.

9. 10. Per quanto invece riguarda quei bambini che vengono prevenuti dalla morte prima d'esser battezzati nel Cristo, costui nel voler rispondere ha osato promettere ad essi non solo il paradiso, ma anche il regno dei cieli, non sapendo come cavarsela senza esser costretto a dire che Dio condanna alla morte eterna anime innocenti che egli immette dentro la carne peccatrice senza nessun precedente demerito di peccato. Ma sentendo in qualche modo quale svarione fosse l'aver detto che le anime dei bambini sono redente senza la grazia del Cristo per la vita eterna e il regno dei cieli, e che il peccato originale si può sciogliere in esse senza il battesimo del Cristo, dove si opera la remissione dei peccati: vedendo dunque in quale profondo e pericoloso gorgo si fosse buttato, scrive: " Decreto senz'altro che si offrano per essi assidue oblazioni e continui sacrifici da parte di santi sacerdoti ". Ecco un altro errore dal quale non sarà mai in grado d'uscire se non pentendosi d'averlo detto. Chi potrebbe infatti offrire il corpo del Cristo tranne che per coloro che sono membra del Cristo? Ma da quando il Cristo dichiarò: Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non può entrare nel regno di Dio 7, e: Chi avrà perduto la sua anima per causa mia, la troverà 8, nessuno diventa membro del Cristo se non per mezzo o del battesimo nel Cristo o della morte per il Cristo.

L'episodio del buon ladrone non diminuisce la necessità del battesimo.

9. 11. Perciò anche quel ladrone che prima della croce non fu servitore del Signore, ma sulla croce fu suo confessore, quel ladrone dal quale talvolta si capta o si tenta di captare il pretesto d'andare contro il sacramento del battesimo, è computato da S. Cipriano tra i martiri battezzati nel proprio sangue 9, come è capitato a molte persone non battezzate durante l'imperversare della persecuzione. L'aver infatti confessato il Signore crocifisso gli fu valutato tanto e gli valse tanto presso colui che sa pesare i meriti, quanto se fosse stato crocifisso lui stesso per il Signore. Eccone la ragione: la sua fede fiorì dal legno della croce proprio quando marcì la fede dei discepoli, destinata a rifiorire solamente con la risurrezione di Gesù per il terrore della cui morte era marcita. Essi disperarono di chi moriva, egli sperò in chi con lui moriva. Essi abbandonarono l'autore della vita, costui si abbandonò supplichevole ad un suo compagno di pena. Essi si dolsero della sua morte d'uomo, costui credette che Gesù dopo la morte sarebbe diventato re. I discepoli trascurarono colui che prometteva la salvezza, il ladrone rese onore ad un compagno con il quale condivideva la croce. Nel ladro che ebbe fede nel Cristo si trovò la statura del martire, proprio quando crollarono quelli che sarebbero stati i martiri futuri. E ciò fu certamente chiaro agli occhi del Signore che a lui non battezzato, ma come lavato dal sangue del martirio, conferì subito tanta felicità 10. Ma anche tra noi chi non immaginerebbe con quanta fede, con quanta speranza, con quanta carità avrebbe potuto accettare la morte per il Cristo vivente quel ladro che seppe cercare la vita nel Cristo morente? A ciò si aggiunge, perché non si afferma senza credibilità, che quel ladro, diventato credente sulla croce accanto al Signore, fu asperso dall'acqua sgorgante dal suo costato, come se fosse il più santo battesimo 11. Per tacere che nessuno riesce a convincerci, perché nessuno di noi lo sa, che quel ladro non sia stato battezzato prima della sua condanna. Ma ciascuno può prendere come vuole tutti questi particolari, purché non si valga dell'esempio di questo ladrone per negare il precetto del battesimo da parte del Salvatore, e nessuno prometta ai bambini non battezzati una condizione quasi intermedia tra la dannazione e il regno dei cieli di una qualsiasi quiete o felicità e in un qualsiasi luogo. Questo è infatti quanto ha promesso ad essi anche l'eresia pelagiana, perché essa da una parte non teme la dannazione per i bambini, ritenendo che non abbiano in nessun modo il peccato originale, e dall'altra non spera per i bambini il regno dei cieli se non giungono al sacramento del battesimo. Costui al contrario, mentre confessa che i bambini sono impegolati nel peccato originale, ha osato promettere a loro non ancora battezzati anche il regno dei cieli: e non hanno osato questo nemmeno i pelagiani che escludono assolutamente i bambini da qualsiasi peccato. Ecco in quali lacci di presunzione s'intriga costui, se non si pente d'aver scritto tali spropositi.

Il caso di Dinocrate.

10. 12. Quanto poi al racconto riguardante Dinocrate, fratello di santa Perpetua, né si tratta d'una Scrittura canonica, né Perpetua ha scritto, né l'ha scritto chiunque abbia scritto quel racconto, in tal modo da dire che fosse deceduto senza il battesimo quel ragazzo che morì a sette anni di età e per il quale si crede che Perpetua nell'imminenza del martirio pregò che fosse trasferito dalle pene alla pace e fu esaudita. I fanciulli infatti di quell'età possono mentire e dire la verità, confessare e rinnegare. È per questo che quando si battezzano, rendono già il Simbolo e rispondono da sé per se stessi alle interrogazioni. Chi sa dunque se quel ragazzo, dopo il battesimo, in tempo di persecuzione, non sia stato allontanato dal Cristo ad opera dell'empio suo padre mediante l'idolatria e per questo non sia finito nella dannazione della morte e non sia uscito da essa perché donato alle preghiere della sorella che era sul punto di morire per amore del Cristo?

Il caso dei bambini pagani.

11. 13. Ma anche se si concedesse a costui quello che, salva la fede cattolica e la regola ecclesiastica, non si concede per nessuna ragione, cioè che il sacrificio del corpo e del sangue del Cristo si offra a favore di persone non battezzate di qualsiasi età, come se per tale atto di pietà da parte dei loro cari siano aiutate a raggiungere il regno dei cieli, che cosa ha pronto costui per rispondere sul conto di tante migliaia di bambini che nascono da gente pagana, che non capitano tra le mani dei cristiani per nessuna compassione né divina né umana, che partono da questa vita in quella tenerissima età senza il lavacro della rigenerazione? Dica, se può, in che modo coteste anime hanno meritato di diventare tanto peccatrici da non essere liberate dal peccato nemmeno in seguito. Se infatti chiedo perché meritino d'esser condannate, se non si battezzano, giustamente mi si risponde: A causa del peccato originale. Se chiedo pure da dove hanno tratto il peccato originale, costui mi risponderà: Diamine, dalla carne peccatrice. Se allora chiederò per quale causa hanno meritato d'esser condannate nella carne peccatrice quelle anime che non avevano fatto nulla di male prima della loro unione con la carne, trovi qui costui che cosa rispondere, tanto più che questi bambini si condannano a subire il contagio di peccati altrui in tal modo che né il battesimo li rigenera dopo che sono stati mal generati, né i sacrifici li purificano dopo che sono stati inquinati. Infatti questi bambini sono nati e continuano fino ad oggi a nascere in tali luoghi e da tali genitori da non poter essere aiutati con nessuno di quei mezzi. Qui evidentemente ogni argomentazione fa cilecca. Non chiediamo infatti come le anime abbiano meritato d'esser condannate dopo che sono state messe a condividere la sorte della carne peccatrice, ma chiediamo come le anime abbiano meritato d'esser condannate a subire la pena di condividere la sorte della carne peccatrice senza aver nessun peccato prima d'esser messe a condividere la sorte della carne peccatrice. Non serve dire: " Non fu di nessun danno la contaminazione temporanea del peccato altrui per quelli a cui nella prescienza di Dio era stata preparata la redenzione ". Noi adesso parliamo precisamente di quelli che, uscendo dal corpo prima del battesimo, non sono soccorsi in nessun modo dalla redenzione. Non serve dire: " Le anime che non ha lavate il battesimo, le monderanno i frequenti sacrifici offerti per esse e Dio, prevedendo ciò, ha voluto che per breve tempo i peccati altrui si attaccassero a loro senza nessun esito di dannazione eterna e con la speranza della felicità eterna ". Noi adesso parliamo precisamente di quelle anime che, nascendo tra gli empi e dagli empi, non hanno potuto trovare nessuno di questi aiuti. I quali, se potessero essere applicati, non potrebbero certamente giovare ai non battezzati, come nemmeno quei sacrifici, che costui ha ricordati dal Libro dei Maccabei 12 e che furono offerti per i peccatori morti, avrebbero potuto loro giovare minimamente, se non fossero stati circoncisi.

Due soluzioni inaccettabili.

11. 14. Trovi dunque costui, se può, la risposta da dare, quando gli si domanda come abbia fatto l'anima, senza nessun peccato né originale né personale, a meritare d'esser condannata a subire il peccato originale di un altro in tal modo da non potersene liberare, e veda quale voglia scegliere di queste due risposte: se dire che vengono sciolte dal nodo del peccato originale anche le anime dei bambini che muoiono e che se ne vanno da questo mondo senza il lavacro della rigenerazione e per le quali non si offre il sacrificio del corpo del Signore, sebbene l'Apostolo insegni che per uno solo tutti finiscono nella condanna 13, tutti s'intende quelli ai quali non viene in soccorso la grazia a liberarli con la redenzione per mezzo di uno solo; o se dire che quelle anime, immuni da ogni peccato sia originale che proprio e assolutamente innocenti, semplici e pure, sono punite con la dannazione eterna da un Dio giusto, dopo che egli stesso di sua iniziativa le immette nella carne peccatrice senza dover mai essere liberate.

Altre due soluzioni inaccettabili.

12. 15. Per conto mio confermo che non va data né l'una né l'altra di coteste due risposte e nemmeno una terza: cioè che le anime abbiano peccato in un'altra vita prima d'aver la carne per meritare d'esser condannate a venire nella carne. A questo proposito l'Apostolo dichiara apertissimamente che Esaù e Giacobbe, quando non erano ancora nati nella carne non avevano fatto nulla di bene o di male 14. Da ciò risulta che i bambini, per aver bisogno della remissione dei peccati, non possono che aver contratto il peccato originale. E non va data neppure una famosa quarta risposta: cioè che il giusto Dio relega e condanna a venire nella carne peccatrice le anime di quei bambini che sono destinati a morire senza battesimo, perché ha previsto che sarebbero vissuti malamente, se avessero raggiunto l'età dell'uso del libero arbitrio. Questo non ha avuto l'ardire di dirlo nemmeno Vincenzo Vittore, benché ridotto in tante ristrettezze. Anzi egli parla abbastanza manifestamente e sbrigativamente anche contro una tale vana affermazione già quando dichiara: " Dio sarebbe ingiusto, se volesse giudicare l'uomo che non è nato per le opere della sua propria volontà che non ha compiute ". È appunto in questo modo che ha risposto, quando trattava la questione sollevata da coloro che domandano: Perché mai Dio si mise a creare l'uomo di cui sapeva con la sua esatta previsione che non sarebbe stato buono? L'avrebbe infatti giudicato quando non era ancora nato, se non l'avesse voluto creare proprio perché prevedeva che non sarebbe stato buono. Ed è vero, come sembra anche a costui, che Dio avrebbe dovuto giudicare l'uomo in base alle opere da lui compiute, non in base alle opere previste e non ammesse mai all'esistenza. Poiché se i peccati che un uomo avrebbe potuto commettere nella sua vita si condannassero in lui senza che li abbia commessi perché è morto prima, non sarebbe stato concesso nessun beneficio a chi fu rapito perché la malizia non ne mutasse i sentimenti 15: egli sarebbe giudicato allora secondo la malizia che ci sarebbe stata in lui e non secondo l'innocenza che invece è stata trovata in lui. E non ci potrebbe essere sicurezza di nessun morto che sia stato battezzato, perché anche dopo il battesimo gli uomini possono non solo peccare come che sia, ma perfino apostatare. Che dire dunque d'un battezzato che è stato rapito via da questa vita e che sarebbe diventato apostata se avesse continuato a vivere: penseremo forse che non gli è stato concesso nessun beneficio con l'essere rapito perché la malizia non ne mutasse i sentimenti e crederemo che a causa della prescienza di Dio sia da esser giudicato non come un membro fedele del Cristo, ma come un apostata? Quanto sarebbe stato meglio, se si puniscono i peccati non ancora fatti, non ancora pensati, ma previsti e di là da venire, che quei due fossero scacciati dal paradiso prima del peccato, per impedire che si peccasse in un luogo così santo e beatifico! Che dire del fatto che va a finire assolutamente nel nulla la prescienza divina, se non accadrà ciò che si prevede? Con quale logica infatti si può dire previsto un futuro che non sarà mai futuro? In che modo dunque si puniscono i peccati che non esistono in nessun modo, cioè i peccati che non sono stati commessi né prima della carne in questa vita, perché essa non era ancora cominciata, né dopo la carne, perché sono stati prevenuti dalla morte?

Vincenzo Vittore è dalla parte dell'eresia pelagiana.

13. 16. Pertanto il tempo intermedio da quando l'anima fu mandata nella carne fino al suo disciogliersi dalla carne, poiché si tratta dell'anima d'un bambino che non è giunto all'età del libero arbitrio, non trova per essere condannato, se non riceve il battesimo, nient'altro che il peccato originale. Che per questo peccato l'anima sia giustamente condannata non lo neghiamo, perché è giusta la legge che stabilisce un castigo per il peccato. Ma ci chiediamo la ragione per cui l'anima è stata condannata a subire questo peccato, se essa non si trae da quell'unica anima che peccò nel primo padre del genere umano. Perciò, se Dio non condanna gli innocenti, né fa che non siano innocenti quelli che vede innocenti, e se soltanto il battesimo del Cristo nella Chiesa del Cristo libera le anime sia dai peccati originali, sia dai peccati propri, e se le anime non ebbero prima della carne nessun peccato, e se non si possono punire con legge giusta i peccati prima che si commettano e tanto meno i peccati che non sono stati mai commessi, Vincenzo Vittore non dica nessuna di queste quattro bestialità e spieghi, se può, per quale demerito le anime dei bambini, che uscendo dal corpo senza battesimo si mandano alla dannazione, siano state mandate, pur senza aver peccato in nessun modo, nella carne peccatrice per trovarvi il peccato che le facesse condannare giustamente. Ebbene, se scansando questi quattro errori che la sana dottrina condanna, ossia se non osando dire o che Dio fa peccatrici le anime che esistevano già senza peccato, o che il peccato originale si scioglie nelle anime senza il sacramento del Cristo, o che le anime hanno peccato in qualche altro luogo prima d'esser mandate nella carne, o che nelle anime si puniscono i peccati che esse non hanno mai avuti: se non volendo dire tali errori, perché non sono certamente da dirsi, dirà che i bambini non contraggono il peccato originale, né hanno alcunché che li faccia condannare, se escono da questa vita senza aver ricevuto il sacramento della rigenerazione, incorrerà nell'eresia pelagiana, senza dubbio condannabile, ed egli stesso sarà da condannare. Perché questo non gli capiti, quanto sarebbe meglio che si attenesse alla mia esitazione sull'origine dell'anima per non avere la presunzione d'affermare ciò che e non comprende con la ragione umana e non difende con l'autorità divina, e quindi non esser costretto a professare la propria insipienza per la vergogna di confessare la propria ignoranza.

Per dimostrare l'origine dell'anima umana per nuova creazione divina Vincenzo Vittore usa testi biblici incerti.

14. 17. Qui probabilmente costui dirà che la sua sentenza gode del patrocinio dell'autorità divina, perché è convinto di provare con testimonianze delle sante Scritture "che le anime non sono fatte da Dio attraverso la propaggine, ma sono ispirate nuove da Dio nelle singole persone ". Lo provi, se può, e sarò pronto a confessare d'aver imparato da lui quello che cercavo con tanta insistenza. Ma cerchi costui altre testimonianze, e chi sa che non le trovi, perché con queste testimonianze che ha già messe nel suo libro non l'ha provato. Tutte le testimonianze usate da lui sono valide per dimostrare qualcosa, ma risultano ambigue quanto al problema dell'origine dell'anima. Per esempio, è certo che Dio ha dato agli uomini il respiro e lo spirito, perché il profeta afferma: Così dice il Signore che crea i cieli e distende la terra con ciò che vi nasce e dà il respiro al popolo che la abita e lo spirito a quanti la calcano 16. Costui vuole che s'intenda questo testo nel senso della sentenza che difende e che quindi in forza delle parole Dà il respiro al popolo si deve credere che Dio non fa le anime al popolo attraverso la propaggine, ma le ispira nuove. Abbia allora il coraggio di dire che non è stato Dio a darci la carne, dal momento che essa ha avuto origine dai nostri genitori. E dove l'Apostolo dice del chicco di frumento che Dio gli dà un corpo come ha stabilito 17, neghi, se osa, che il frumento nasca dal frumento e l'erba nasca dal suo seme secondo la stessa specie. Che se non osa negarlo, donde sa allora in che senso la Scrittura abbia detto: Dà il respiro al popolo, se traendolo dai genitori o se ispirandolo nuovo?

Esegesi di un testo biblico usato da Vincenzo Vittore.

14. 18. O donde sa altresì se nelle parole: Che dà il respiro al popolo che la abita e lo spirito a quanti la calcano 18 non ci sia la ripetizione di un medesimo concetto, cosicché ambedue i vocaboli debbano intendersi d'una stessa realtà e il profeta abbia voluto indicare non l'anima e lo spirito di cui vive la natura umana, sibbene lo Spirito Santo? Se infatti non si potesse con il respiro indicare lo Spirito Santo, il Signore dopo la risurrezione non avrebbe alitato sui discepoli dicendo: Ricevete lo Spirito Santo 19. E non sarebbe stato scritto negli Atti degli Apostoli: Venne all'improvviso dal cielo un rombo come di respiro che si abbatte gagliardo, e apparvero a loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro, ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo 20. Che ci sarebbe da obiettare, se il profeta avesse voluto proprio preannunziare lo Spirito Santo dicendo: Che dà il respiro al popolo che la abita, e quasi per spiegare che cosa aveva chiamato " respiro " ripete e dice: E lo spirito a quanti la calcano? Ciò infatti avvenne con grande evidenza quando furono tutti pieni di Spirito Santo. O se non si possono dire ancora popolo i centoventi che si trovavano tutti insieme allora nello stesso luogo, certamente, quando quattro o cinquemila insieme credettero, furono battezzati e ricevettero lo Spirito Santo 21, chi potrebbe dubitare che abbia ricevuto allora lo Spirito Santo tutto un popolo, e una moltitudine che camminava sulla terra, cioè una moltitudine di gente che la calcava? Lo spirito che si dà invece alla natura umana come sua parte componente, tanto se si dà mediante la propaggine, quanto se si ispira di nuovo - su nessuna delle due ipotesi mi pronunzio, finché l'una o l'altra non apparisca chiara senza incertezze -, non è dato a coloro che calcano la terra, ma a coloro che sono inclusi ancora nell'utero materno. Diede dunque il respiro al popolo che la abita e lo spirito a quanti la calcano, quando credettero insieme in molti e furono ripieni di Spirito Santo. Ed è Dio stesso che dà lo Spirito Santo al suo popolo, benché non lo dia a tutti insieme, ma a ciascuno secondo il suo tempo, fino a quando partendo da questa vita e arrivando in questa vita l'intero numero del medesimo popolo giunga a compimento. Dunque in questo passo della santa Scrittura non sarebbero realtà diverse il " respiro " e lo " spirito " ma si tratterebbe della ripetizione del medesimo concetto. Come non è altro " colui che abita nei cieli " e altro " il Signore ", né " ridere " è diverso da " beffarsi ", ma è sempre una stessa idea ripetuta nelle parole del salmo: Colui che abita nei cieli si ride di loro e il Signore se ne fa beffe 22. O quando dice: Ti darò le genti come tua eredità e i confini della terra come tuo possedimento 23, non intende una cosa per " eredità " e un'altra cosa per " possedimento ", né c'è differenza tra " genti " e " confini della terra ", ma è sempre la ripetizione del medesimo concetto. E troverà costui nei detti divini altre innumerevoli espressioni di tal genere, se sta attento a quello che legge.

Non è in discussione il fatto che l'anima di ogni uomo venga da Dio, ma il modo.

14. 19. Quello che il testo greco chiama pnohv nei codici latini è stato reso in maniere diverse: talvolta " respiro ", talvolta " spirito ", talvolta " ispirazione ". In questo testo profetico di cui parliamo ora i codici greci hanno pnohvn dove in latino è detto: Dà il respiro al popolo che abita la terra 24. Lo stesso vocabolo è adoperato anche quando fu animato l'uomo: E Dio soffiò nelle sue narici un respiro di vita 25. Il medesimo vocabolo è così tradotto nel salmo: Ogni spirito lodi il Signore 26. Lo stesso si trova così tradotto in questo passo del libro di Giobbe: È il soffio dell'Onnipotente che fa l'uomo intelligente 27. Non ha voluto dire " respiro " ma " soffio ", mentre in greco c'è pnoh,v come troviamo anche nelle parole del profeta di cui stiamo discutendo. E almeno in questo passo di Giobbe non so se si debba nutrire il dubbio che sia stato significato lo Spirito Santo. Si trattava infatti di dire donde venga agli uomini la sapienza: Non sono i molti anni a dar la sapienza, ma certo c'è uno spirito nell'uomo, è il soffio dell'Onnipotente che fa l'uomo intelligente 28. Con questa ripetizione voleva far capire che le parole: C'è uno spirito nell'uomo non sono dette dello spirito umano. Intendeva appunto mostrare da dove gli uomini abbiano la sapienza: non l'hanno da se stessi, e lo spiega ripetendo: È il soffio dell'Onnipotente che fa l'uomo intelligente. Similmente si legge in un altro passo del medesimo libro: L'intelligenza comprende le parole pure delle mie labbra: lo Spirito di Dio mi ha creato, il soffio dell'Onnipotente mi ha fatto intelligente 29. Anche in questo testo quello che chiama " ispirazione " o " soffio " è in greco pnohv che nelle precedenti parole del profeta è reso con " respiro ". Perciò mentre sarebbe temerario negare che le parole: Dà il respiro al popolo che abita la terra e lo spirito a coloro che la calcano siano state dette dell'anima o dello spirito dell'uomo, sebbene vi si possa intendere molto più credibilmente anche lo Spirito Santo, con quale argomento oserà qualcuno stabilire definitivamente che in quel passo il profeta ha voluto significare l'anima o lo spirito che fa vivere la nostra natura? Del resto, anche se dicesse apertissimamente: " Dà l'anima al popolo che abita la terra ", ci sarebbe ancora da domandarsi se lo stesso Dio dia l'anima attraverso l'origine dagli ascendenti della specie (come attraverso l'origine dagli ascendenti della specie è sempre Dio che dà il corpo non solo all'uomo e alla bestia, ma anche al seme del frumento e d'ogni altra pianta, secondo quello che ha stabilito 30), o se Dio ispiri un'anima nuova alla maniera in cui la ricevé il primo uomo.

La questione andrebbe risolta con testi biblici sicurissimi.

14. 20. Ci sono anche taluni che intendono il testo del profeta così da voler che si prenda solo per l'anima il " respiro " nella frase: Dà il respiro al popolo che la abita 31, cioè la terra, e ritengono invece che con l'altra frase: Lo spirito a coloro che la calcano sia stato significato lo Spirito Santo, cioè nello stesso ordine in cui anche l'Apostolo scrive: Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale 32. Così questa sentenza del profeta scolpirebbe anche un'elegante immagine, cioè avrebbe detto: " A coloro che la calcano " per indicare " coloro che la disprezzano ". Quelli infatti che ricevono lo Spirito Santo disprezzano i beni terreni per amore dei beni celesti. Tutte queste interpretazioni si trovano a non essere contrarie alla fede: sia che uno voglia intendere, in ambedue, il respiro e lo spirito che fanno parte della natura umana, sia che li intenda ambedue dello Spirito Santo, sia che riferisca il respiro all'anima e lo spirito invece allo Spirito Santo. Ma se anche qui si deve intendere l'anima e lo spirito dell'uomo, come non c'è da dubitare che sia Dio a darlo, così c'è da domandare ancora per quale via lo dia: se attraverso la propaggine, come è lui stesso che dà le membra del corpo, ma le dà tuttavia attraverso la propaggine, oppure se lo distribuisca alle singole persone ispirandolo in esse nuovo e senza propaggine. È questo che noi vogliamo dimostrato non con testimonianze ambigue, come fa costui, ma con qualche testimonianza certissima dei detti divini.

La questione è questa: l'anima umana viene oggi da Dio alla stessa maniera del corpo o alla maniera della prima anima?

14. 21. Allo stesso modo anche nel testo dove Dio dice: Lo Spirito esce da me e ogni respiro di vita l'ho fatto io 33, le parole: Lo Spirito esce da me si devono intendere dello Spirito Santo, di cui anche il Salvatore afferma: Procede dal Padre 34, ma non si può negare che sia stato detto di ciascun'anima il resto: Ogni respiro di vita l'ho fatto io. Ma è lui stesso che fa pure ogni corpo, e nessuno però dubita che faccia il corpo umano attraverso la propaggine. Perciò rispetto all'anima, pur nella certezza che è Dio a farla, dobbiamo chiederci ulteriormente da che cosa la faccia: se attraverso la propaggine come il corpo o se ispirandola come fece la prima.

Un testo del profeta Zaccaria.

14. 22. Aggiunge anche come terza testimonianza il passo del profeta Zaccaria: Il Signore ha formato lo spirito dell'uomo nel suo intimo 35. Quasi che lo si neghi! Ma la questione è da che cosa lo formi. Anche l'occhio corporeo dell'uomo da chi è formato se non da Dio? E credo che non fuori dell'uomo, ma nell'uomo, e tuttavia, com'è certo, Dio lo forma attraverso la propaggine. Poiché dunque è Dio che forma anche lo spirito dell'uomo nel suo interno, dobbiamo chiederci se lo formi con una nuova ispirazione o perché è stato tratto dalla propaggine.

Anche il libro dei Maccabei afferma il fatto, ma non spiega il modo dell'origine dell'anima umana da Dio.

14. 23. Sappiamo pure che la madre dei giovani Maccabei, più feconda di virtù quando i suoi figli soffrirono il martirio che di virgulti quando essi germogliarono da lei, li esortò con queste parole: Figli, io non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho dato lo spirito e l'anima, né io ho dato forma al volto e alle membra di ciascuno di voi. Ma è Dio che ha fatto il mondo con tutte le cose che ci sono e ha fatto il genere umano e scruta l'attività di tutti, ed è lui che con la sua grande misericordia restituirà a voi lo spirito e l''anima 36. Conosciamo bene questi testi, ma non vediamo in che modo essi suffraghino quello che afferma costui. Chi infatti tra i cristiani negherebbe che sia Dio a donare agli uomini l'anima e lo spirito? Ma penso che costui allo stesso modo non possa negare che sia Dio a dare agli uomini la lingua, gli orecchi, le mani, i piedi, tutti i sensi del corpo, la forma e la natura di tutte le membra. Come potrebbe negare che tutte queste realtà siano doni di Dio senza dimenticarsi d'essere cristiano? Ma come consta che Dio fa e dona queste entità materiali attraverso la propaggine, così dobbiamo chiederci anche da che cosa faccia lo spirito e l'anima dell'uomo il medesimo Dio che li dona con la sua efficienza: se attraverso i genitori, se dal nulla, se, come afferma costui, ma è un errore che dobbiamo assolutamente scartare, da una qualche sostanza esistente del respiro di Dio, creata non dal nulla, bensì dalla stessa natura di Dio.

La sicurezza di Vincenzo Vittore non ha base biblica.

15. 24. Poiché dunque le testimonianze delle Scritture alle quali ricorre non insegnano affatto quello che si sforza di dimostrare (non sono per niente esplicite per quanto concerne la presente questione), con quale diritto dice: " Affermiamo convintamente che l'anima viene dal respiro di Dio e non per trasmissione, perché è da Dio che è data "? Come se il corpo sia dato da un altro che non sia colui che lo crea e dal quale, per mezzo del quale, nel quale sono tutte le cose 37: benché non dalla sua natura divina, ma dalla sua attività. " Né dal nulla " dice costui " perché procede da Dio ". Quanto a ciò noi non ammoniamo che c'è ancora da cercare se sia vero, ma confermiamo senza esitazione che non è vero quanto dice costui, ossia che l'anima non viene né per trasmissione, né dal nulla: questo, ripeto, non è assolutamente vero. Delle due ipotesi infatti una è sicura: se l'anima non viene per trasmissione, viene dal nulla; non viene infatti da Dio, perché non è della stessa natura di Dio: un errore in cui sarebbe del tutto sacrilego credere. Ma ancora una volta noi reclamiamo o cerchiamo testimonianze certe per stabilire che non venga per trasmissione, non quelle che ha portate costui e che non risolvono la questione posta da noi.

Fu esemplare l'umiltà della madre dei Maccabei.

15. 25. Magari in un problema tanto profondo, finché ignora che cosa dire, costui imitasse la madre dei Maccabei! La quale, pur sapendo che aveva concepito i suoi figli dal marito e che essi erano stati creati per lei dal Creatore di tutte le cose, sia quanto al corpo, sia quanto all'anima e allo spirito, tuttavia dichiara: Io non so come siate comparsi nel mio seno 38. Vorrei che costui dicesse che cosa ignorava quella donna. Sapeva bene quello che ho già detto: come erano venuti nel suo seno quanto al corpo, perché non poteva dubitare d'averli concepiti dal marito. Confessava anche, perché ugualmente lo sapeva, che Dio aveva dato ad essi l'anima e lo spirito, che egli aveva formato i loro volti e le loro membra. Che cosa dunque ignorava? Non ignorava forse ciò che ignoriamo noi pure: se l'anima e lo spirito, che Dio certamente aveva dato ad essi, l'avesse tratti dai genitori o l'avesse ispirati nuovi come al primo uomo? Ma fosse questo o fosse altro quello che ignorava sul formarsi della natura umana, quella donna diceva d'ignorarlo e non difendeva temerariamente quello che ignorava. Eppure a lei non direbbe costui ciò che non si è vergognato di dire a noi: L'uomo, quando è in onore, non comprende: si comporta come gli animati irragionevoli e diviene simile ad essi 39. Ecco, quella donna disse dei suoi figli: Io non so come siate comparsi nel mio seno, senza per questo comportarsi come gli animali irragionevoli. Io non so, disse, e come se le chiedessero il perché aggiunse: Non io vi ho dato lo spirito e l'anima. Colui dunque che ve ne ha fatto dono sa da che cosa ha fatto ciò che vi ha donato: se l'abbia fatto discendere fino a voi attraverso la propaggine o se l'abbia ispirato nuovo. È questo, disse, che io non so. Né ho dato forma ai volti e alle membra di ciascuno di voi 40: lo sa colui che ve li formò se li abbia formati insieme con l'anima o se abbia dato l'anima dopo che le membra erano già state formate. In qual modo dunque, se nel primo modo o nel secondo, fossero comparsi i figli nel suo seno non lo sapeva, e nondimeno sapeva che tutto quello che Dio aveva dato Dio l'avrebbe ridato come l'aveva dato. Ma scelga costui, in un mistero così profondo e segreto della natura umana, che cosa questa donna abbia ignorato: soltanto non l'incolpi di mentire, né la abbassi al livello degli animali irragionevoli perché ignora. Checché fosse quello che ignorava, ciò faceva parte certamente della natura umana, e tuttavia una creatura umana lo ignorava senza colpa. Perciò anch'io nei riguardi della mia anima dico: Non so come essa sia venuta nel mio corpo, perché non sono stato io a darmela: lo sa colui che me l'ha donata se l'ha tratta da mio padre o se l'ha creata nuova per me come per il primo uomo. Lo saprò anch'io, se il Signore me lo insegnerà, quando vorrà. Ma per ora lo ignoro e non ho vergogna, come l'ha costui, a confessare di non sapere quello che non so.

Una testimonianza di S. Paolo che non serve bene a Vincenzo Vittore.

16. 26. " Impara! Ecco l'Apostolo insegna " scrive costui. Sono prontissimo ad imparare, se l'Apostolo insegna, perché per mezzo dell'Apostolo non insegna altri che Dio. Ma che cos'è una buona volta quello che l'Apostolo insegna? " Ecco " scrive costui " parlando agli Ateniesi afferma risolutamente proprio questo, dicendo che Dio dà a tutti la vita e lo spirito 41 ". Chi lo nega infatti? " Ma cerca di capire " continua costui " quello che l'Apostolo dice: "Dà" dice, non: "Diede", richiamando ad un tempo indeterminato e continuo, non parlando del passato e del già fatto. E quanto dà senza interruzione, lo dà sempre, come sempre è colui che lo dà ". Ho trascritto le sue parole come le ho trovate nel secondo libro di quelli che mi hai mandati. Osserva prima di tutto fin dove s'è spinto intestandosi nell'affermare quello che ignora. Ha osato dire che Dio non adesso soltanto e in questo secolo, ma per un tempo infinito, senza interruzione e sempre in senso assoluto dà le anime a coloro che nascono. " Dà sempre, come sempre è colui che dà ". Che cosa abbia detto l'Apostolo, poiché è abbastanza aperto, lungi da me negare di capirlo, ma che quanto dice Vincenzo Vittore sia contro la fede cristiana lo deve capire anche lui stesso e deve guardarsi dal continuare a dirlo. Quando infatti i morti saranno risorti, nessuno nascerà più e perciò Dio non darà più le anime a chi nasce, ma giudicherà insieme ai loro corpi le anime che dà adesso in questo secolo. Non sempre dunque le dà, benché sia per sempre colui che adesso le dà. Né tuttavia dal fatto che il beato Apostolo non dice: " Diede ", ma: " Dà " si conclude ciò che vuole concludere costui, cioè che Dio non dà le anime attraverso la propaggine. È sempre evidentemente Dio che le dà, anche se le dà attraverso la propaggine. Perché, e anche le membra del corpo e i sensi del corpo e la forma del corpo e addirittura la sostanza del corpo è Dio stesso che li dà agli uomini, benché li dia attraverso la propaggine. Né, a riprova, per il fatto che il Signore dice: Se Dio veste così l'erba del campo che oggi c'è e domani verrà buttata nel forno 42, non dice: " Vestì ", riferendosi alla prima volta che la creò, ma dice: " Veste ", riferendosi a ciò che fa anche adesso, non negheremo che i gigli nascano dai semi della loro specie. Che dire allora se, analogamente, anche l'anima e lo spirito dell'uomo è dato da Dio finché sarà dato e tuttavia è dato attraverso la propaggine della specie umana? È questo un punto di vista che io né sostengo, né respingo. Ma se è da sostenersi o se è da respingersi, io ricordo che si deve sostenere o si deve respingere in base a testimonianze trasparenti e non in base a testimonianze ambigue. Né per il fatto che dichiaro di non saperlo ancora sono equiparabile agli animali irragionevoli, ma piuttosto alle persone caute, perché non oso insegnare quello che ignoro. Io poi non voglio per rivalsa, quasi contraccambiando maledizione con maledizione, paragonare costui ad una bestia, ma lo ammonisco come figlio a confessare l'ignoranza di ciò che ignora e a non presumere d'insegnare ciò che non ha imparato ancora, per non rischiare d'esser paragonato non alle bestie, ma a coloro dei quali l'Apostolo dice: Pretendono di essere dottori della legge, mentre non capiscono né quello che dicono, né alcuna di quelle cose che danno per certe 43.

Nella questione della origine dell'anima da Dio non si può trascurare il modo in cui viene da Dio il corpo umano.

17. 27. Da che dipende infatti che riguardo alle Scritture di cui parla sia così disattento da sostenere, quando legge che gli uomini vengono da Dio, che essi " vengono da Dio solo nell'anima e nello spirito " e non anche nel corpo? Quello infatti che dice l'Apostolo: Da lui noi siamo 44, costui non lo vuole riferire al corpo, ma esclusivamente all'anima e allo spirito. Se i corpi non vengono da Dio, allora è falso quello che è scritto: Da lui, per lui, in lui sono tutte le cose 45. Dove poi il medesimo Apostolo dice: Come la donna deriva dall'uomo, così anche l'uomo ha vita dalla donna 46, ci spieghi costui quale propaggine abbia voluto intendere l'Apostolo: se dell'anima o del corpo o d'ambedue. Ma egli esclude che le anime vengano dalla propaggine. Resta dunque, secondo lui e secondo tutti quelli che respingono la propaggine delle anime, che nel dire: Come la donna deriva dall'uomo, così anche l'uomo ha vita dalla donna, l'Apostolo abbia indicato unicamente il corpo maschile e il corpo femminile, perché la donna fu fatta dall'uomo e perché anche l'uomo potesse poi nascere per mezzo della donna. Ma se nel dire questo l'Apostolo non voleva intendere altresì l'anima e lo spirito, ma solamente il corpo d'ambedue i sessi, perché mai soggiunge immediatamente: Tutto poi proviene da Dio, se non perché anche i corpi vengono da Dio? Dice appunto: Come la donna deriva dall'uomo, così anche l'uomo ha vita dalla donna, tutto poi proviene da Dio. Scelga dunque costui di che cosa questo sia stato detto. Se dei corpi, allora anche i corpi sono da Dio. Perché dunque costui ogni volta che nelle Scritture legge nei riguardi degli uomini che essi vengono " da Dio ", non vuole che s'intendano anche i corpi, ma unicamente le anime e gli spiriti? Se invece la frase: Tutto poi proviene da Dio è stata detta sia del corpo d'entrambi i sessi, sia dell'anima e dello spirito, allora la donna deriva dall'uomo in tutte le sue parti. La donna deriva dall'uomo, l'uomo ha vita dalla donna, tutto poi proviene da Dio. " Tutto " che cosa se non ciò di cui parlava, ossia e quell'uomo da cui deriva la donna, e quella donna che ha vita dall'uomo, e quell'uomo che nasce per mezzo della donna? L'uomo infatti che nasce per mezzo della donna non è lo stesso uomo da cui deriva la donna, bensì l'uomo nato successivamente dall'uomo mediante la donna, come gli uomini nascono tuttora. Quindi se l'Apostolo, quando scriveva questi testi, parlava dei corpi, sicuramente i corpi d'ambedue i sessi vengono da Dio. Ora, se Vincenzo Vittore non vuole che vengano da Dio se non le anime e gli spiriti degli uomini, la donna deriva certamente dall'uomo anche nell'anima e nello spirito, e così non rimarrà più nulla per coloro che si oppongono alla propaggine delle anime. Se invece Vincenzo Vittore distingue così da dire che la donna deriva dall'uomo nel corpo, ma deriva da Dio nell'anima e nello spirito, come sarà vero quello che dice l'Apostolo: Tutto poi proviene da Dio, se il corpo della donna deriva dall'uomo in tal modo da non venire da Dio? In conclusione, per lasciar dire all'Apostolo la verità piuttosto che preferire questo scrittore all'Apostolo, la donna deriva dall'uomo o nel corpo soltanto o in tutto ciò che costituisce la natura umana - non affermiamo come certo nulla di tutto questo, ma stiamo ancora cercando dove stia la verità -, l'uomo nasce per mezzo della donna, sia che si tragga dal padre tutta la natura umana che nasce per mezzo della donna, sia che si tragga solamente la carne, ed è questo il punto su cui è ancora accesa la questione, tutto poi proviene da Dio: e su questo punto non c'è nessuna questione, ossia proviene da Dio e il corpo e l'anima e lo spirito, e dell'uomo e della donna. Benché infatti non siano nati da Dio o non siano stati tratti da Dio o non siano emanati da Dio così da essere della sua medesima natura, nondimeno vengono da Dio. Da colui infatti dal quale sono stati creati, costituiti, fatti, dal medesimo ricevono il dono di esistere.

Nell'interpretare la Scrittura non si trascuri il suo parlare figurato.

17. 28. Scrive costui: " Ma l'Apostolo dicendo che Dio dà a tutti la vita e lo spirito e aggiungendo che fece tutto il genere umano da un unico sangue 47 riporta l'anima e lo spirito nella loro origine al Creatore e l'origine del corpo alla trasmissione ". Tutt'altro. Chi non vuol negare temerariamente la propaggine delle anime, prima che apparisca chiaro se essa ci sia o non ci sia, ha motivo d'intendere che l'Apostolo in questa sua frase ha detto: Da un unico sangue per significare: Da un unico uomo, prendendo la parte per il tutto con figura retorica. Se infatti è lecito a costui intendere il tutto dalla parte nella frase: E l'uomo divenne un'anima vivente 48, dove è sottinteso anche lo spirito, di cui qui la Scrittura tace, perché non dovrebbe essere permesso ad altri di prendere la frase: Da un unico sangue così da poter sottintendere nel " sangue " anche l'anima e lo spirito, atteso che l'uomo, significato con la parola " sangue " non consta di solo corpo, ma anche d'anima e di spirito? Chi infatti difende la propaggine delle anime non deve aggredire costui con l'argomento che nel primo uomo è stato scritto: In lui tutti hanno peccato 49. Non si dice che in lui peccò la carne di tutti, ma si dice " tutti ", cioè tutti gli uomini, e l'uomo non è carne soltanto. Come dunque chi difende la propaggine delle anime non dev'essere aggredito con questo argomento, perché forse si dice tutti gli uomini volendoli intendere nella carne soltanto, a sua volta costui non deve aggredire i sostenitori della propaggine delle anime argomentando dalle parole: Tutto il genere umano da un unico sangue 50, come se esse restringessero la propaggine alla carne soltanto. Perché, se fosse vero quanto sostengono costoro, cioè che l'anima non viene dall'anima, ma solamente la carne dalla carne, allora la frase: Da un unico sangue non indicherebbe tutto l'uomo con una sua parte, ma soltanto la carne d'un uomo soltanto, mentre nella frase: In lui hanno peccato tutti si dovrebbe intendere solamente la carne di tutti gli uomini che si è propagata da Adamo, significando la Scrittura la parte con il tutto. Viceversa, se è vero che da tutto l'uomo è propagato tutto l'uomo, cioè il corpo, l'anima e lo spirito, allora la frase: In lui hanno peccato tutti gli uomini ha un senso proprio, mentre la frase: Da un unico sangue avrebbe un senso metaforico, usando la parte per il tutto, cioè indicando con il sangue tutto l'uomo che è composto d'anima e di carne, o d'anima, di spirito e di carne, come ama esprimersi costui. Infatti le rivelazioni divine delle Scritture sono solite indicare sia il tutto con la parte, sia la parte con il tutto. Il tutto è indicato con la parte nelle parole: A te ricorre ogni carne 51, intendendo con la carne l'uomo intero. Al contrario è indicata la parte con il tutto quando si dice che il Cristo fu seppellito, mentre fu seppellita soltanto la sua carne. Ora, quanto alla proposizione contenuta in questo passo dell'Apostolo: Dio dà a tutti la vita e lo spirito 52, penso che essa, secondo il precedente ragionamento, non scomodi nessuno. È vero che Dio dà, ma ci chiediamo ancora in che modo dia: se con una nuova ispirazione o attraverso la propaggine. Con molta esattezza è detto che è Dio stesso a dare anche la sostanza della carne, senza tuttavia negare che sia data da Dio attraverso la propaggine.

Un testo della Genesi.

18. 29. Vediamo ora quel famoso passo della Genesi dove la donna, fatta dal fianco dell'uomo, fu presentata a lui ed egli esclamò: Questa volta essa è osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne 53. Costui crede a questo proposito che "Adamo avrebbe dovuto dire: Anima dalla mia anima o spirito dal mio spirito, se anche l'anima o lo spirito fosse stato tratto da lui". Ma coloro che ammettono la propaggine delle anime, stimano di trovare un più valido appoggio per la loro sentenza nella circostanza che, mentre è scritto che Dio staccò una costola dal fianco dell'uomo e formò con essa la donna, non è stato aggiunto che Dio soffiò sul volto di lei l'alito della vita 54: e questo perché, dicono, la donna aveva già ricevuto l'anima attraverso l'uomo. Se fosse vero, dicono, che non aveva già ricevuto l'anima, la santa Scrittura non avrebbe mancato in nessun modo d'informarci d'un tale fatto 55. Quanto alle parole d'Adamo: Questa volta essa è osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne, invece che: Spirito o anima dal mio spirito o dalla mia anima, costoro possono rispondere, come si è detto sopra, che la parte sta per il tutto nell'espressione: " osso e carne mia ", e si vuol dire che si tratta di elementi in stato di vita e non di morte. Né infatti è da negarsi che l'Onnipotente l'abbia potuto fare per la ragione che nessuno di noi può tagliare una qualche parte dalla carne umana insieme all'anima. Infatti come mai, al posto di quello che soggiunse: Questa sarà chiamata donna, perché è stata tratta dall'uomo 56, Adamo non disse piuttosto, nel senso dell'opinione di costoro: Perché la sua carne è stata tratta dall'uomo? In questo caso dunque coloro che seguono una sentenza diversa da quella di costui possono dire che, non essendo stato scritto che fu tratta dall'uomo la carne della donna, bensì " la donna dal suo uomo ", si deve intendere tutta la donna con l'anima e con lo spirito. Benché infatti l'anima non abbia sesso, non è tuttavia che quando si nominano le donne si debbano necessariamente intendere senza l'anima. Altrimenti non si esorterebbero ad ornarsi in questo modo: Non di trecce e ornamenti d'oro, di perle o di vesti sontuose, ma di opere buone, come conviene a donne che fanno professione di pietà 57. Certo, la pietà è dentro l'anima o dentro lo spirito, e nondimeno sono state nominate le donne ad adornarsene anche nell'interno dove non c'è in nessun modo il sesso.

Le affermazioni devono essere molto caute.

18. 30. Mentre dunque costoro hanno combattuto tra di loro a botta e risposta, il giudizio che io pronunzio in mezzo alle due parti è questo: ammonisco gli uni e gli altri che non si fidino di sé in problemi sconosciuti e non osino affermare temerariamente ciò che ignorano. Se infatti fosse stato scritto: Soffiò l'alito della vita sulla faccia della donna ed essa divenne un'anima vivente, nemmeno allora si potrebbe concludere che l'anima non si propaga attraverso i genitori, se ciò non si leggesse scritto ugualmente anche del figlio di Adamo e di Eva. Era possibile infatti che un membro preso senz'anima dal corpo di Adamo avesse bisogno di ricevere l'anima, mentre invece l'anima del figlio si traeva dal padre attraverso la madre mediante la trasmissione della propaggine. Dal momento che si è al contrario taciuto di ciò, vuol dire che si è occultato, non che si è negato, ma non è stato nemmeno affermato. Si deve dunque appurare con prove più chiare se eventualmente in altri testi non sia stato serbato il silenzio su questo problema. Conseguentemente, né coloro che difendono la propaggine delle anime trovano un aiuto nel fatto che Dio non soffiò sul volto della donna, né coloro che negano la propaggine delle anime, per il fatto che Adamo non disse: " Anima dalla mia anima ", devono esser convinti di ciò che ancora ignorano. Come infatti, senza risolvere la questione ma lasciandola intatta, la Scrittura ha potuto tacere l'informazione che la donna riceve l'anima alla pari del suo uomo dal soffio di Dio, così, senza risolvere la questione ma lasciandola intatta, la Scrittura ha potuto tacere l'informazione perché Adamo non ha detto: " Anima dalla mia anima ". Quindi, se l'anima della prima donna viene dall'uomo, la parte sta per il tutto nella proposizione: Questa volta essa è osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne 58, perché fu tratta dall'uomo tutta la donna intera e non la sua carne soltanto. Se al contrario l'anima della donna non viene dall'uomo, ma fu Dio a ispirarla in lei come nell'uomo, allora con il tutto si è indicata la parte là dove si legge: Fu tratta dal suo uomo 59, perché sarebbe stata tratta la carne di Eva e non tutta Eva.

I testi incerti della Scrittura hanno bisogno di altri testi sicuri.

18. 31. Benché dunque con queste testimonianze, innegabilmente ambigue rispetto al nostro problema, non si risolva la presente questione, tuttavia una cosa so: coloro che sono dell'opinione che l'anima della donna non viene dall'anima dell'uomo, perché non è stato detto: " Anima dalla mia anima ", ma è stato detto: Carne dalla mia carne 60, argomentano alla stessa maniera degli Apollinaristi o di altri, quali che siano, contro l'anima del Signore. Essi la negano, perché leggono scritto: Il Verbo si fece carne 61. Se qui infatti, affermano costoro, fosse compresa anche l'anima, si sarebbe dovuto dire: Il Verbo si fece uomo. Ma la vera ragione per cui a questi si replica che la Scrittura è solita indicare con il nome di carne tutto l'uomo, come per esempio nel testo: E vedrà ogni carne la salvezza di Dio 62, perché senza l'anima la carne non può vedere nulla, è che da moltissimi altri luoghi delle Scritture sante risulta senza nessuna ambiguità la presenza nell'umanità del Cristo non della sola carne ma altresì dell'anima umana, cioè dell'anima razionale. Perciò anche quelli che difendono la propaggine delle anime potrebbero prendere il tutto come espresso dalla parte nella frase: Osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne 63 per sottintendervi pure l'anima, come non intendiamo che il Verbo si sia fatto carne senza l'anima. Ma, come da altre testimonianze si deduce che il Cristo possedeva un'anima umana, così anche costoro dovrebbero da altre testimonianze non ambigue dimostrare la propaggine delle anime. Parimenti ammoniamo anche coloro che escludono la propaggine delle anime perché assicurino con documenti certi l'ispirazione di anime nuove da parte di Dio, e allora potranno sostenere che la frase: Osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne non usa metaforicamente la parte per il tutto così da doversi intendere insieme anche l'anima, ma è detta in senso proprio e soltanto della carne.

L'anima umana non può venire da Dio senza essere creata dal nulla.

19. 32. A questo punto vedo che il presente libro è già da concludere. Esso contiene tutte le ragioni che mi sembravano le più necessarie per svegliare nei lettori la coscienza di doversi guardare dal condividere con l'individuo di cui mi hai mandato i due libri l'errore di credere che le anime vengano così dal respiro di Dio da non venire dal nulla. Chi crede in quest'errore, anche se a parole lo nega, in realtà grida che le anime hanno la medesima sostanza di Dio 64 e sono stirpe di Dio non per munificenza divina ma per natura. Non si può in nessun modo ragionevolmente negare che ciascuno tragga la specie della propria natura da dove trae l'origine della propria natura. Costui viceversa contraddice talmente se stesso da dire che " le anime sono stirpe di Dio non per natura ma per munificenza divina, e tuttavia - dice - non le ha fatte Dio dal nulla, ma traggono origine da Dio stesso ", e così non esita a ricondurle alla medesima natura di Dio, mentre prima l'aveva negato.

Le tante assurdità di Vincenzo Vittore.

19. 33. Quanto poi all'infusione di anime nuove senza la propaggine, certamente non proibiamo in nessun modo che essa si difenda, però si difenda da parte di coloro che possano trovare o nei Libri canonici qualche testimonianza che non sia ambigua per la soluzione di questa intricatissima questione, o trovino nei propri ragionamenti qualche argomento che non sia contrario alla verità cattolica; non da parte di coloro che facciano la figura di Vincenzo Vittore, il quale, non trovando che cosa dire e non volendo rinunziare al suo proposito, senza misurare in nessun modo le proprie forze, per non tacere, ha osato dire che " a causa della carne l'anima meritò di macchiarsi e di diventare peccatrice ", senza poter scoprire nell'anima prima della carne nessun merito né buono né cattivo. Dice anche che " il peccato originale può essere sciolto nei bambini che escono dal corpo senza battesimo e si deve offrire il sacrificio del corpo del Cristo per essi ", i quali non sono stati incorporati al Cristo con i sacramenti del Cristo nella Chiesa del Cristo, e che " essi, emigrando da questa vita senza il lavacro della rigenerazione, non raggiungono soltanto l'eterno riposo, ma possono raggiungere anche il regno dei cieli ". E scrive tante altre assurdità, che è sembrato troppo lungo raccogliere ed esporre tutte in questo libro. Rimanga dunque stabilito: se la propaggine delle anime è falsa, non sia mai che venga ributtata da gente siffatta; e se l'infusione di anime nuove è vera, non sia mai che venga patrocinata da gente siffatta.

Esortazione a guardarsi dall'errore e dall'eresia.

19. 34. Per queste considerazioni coloro che vogliono difendere l'opinione per cui si dice che le anime si ispirano nuove nei nascenti e non si traggono dai genitori, si guardino assolutamente dal seguire qualcuno di questi quattro errori che ho ricordati sopra: cioè non dicano che è Dio a far peccatrici le anime a causa di un peccato originale altrui; non dicano che i bambini morti senza battesimo possono giungere alla vita eterna e al regno dei cieli, potendo qualsiasi altro mezzo sciogliere in essi il peccato originale; non dicano che le anime hanno peccato in qualche altro luogo prima della carne e che per questo loro demerito furono precipitate nella carne peccatrice; non dicano che in quelle anime sono giustamente puniti i peccati previsti dalla prescienza divina, benché non trovati in esse, non essendo stato consentito a loro di raggiungere quella vita dove commetterli. Senza far dunque nessuna di queste quattro affermazioni, perché ognuna di esse è falsa ed empia, trovino inoltre su questo argomento testimonianze certissime delle Scritture, e allora potranno difendere la loro sentenza non solo senza incontrare la mia opposizione, ma anche con la mia adesione e la mia gratitudine. Se invece non trovano nessuna testimonianza certissima da parte delle rivelazioni divine su questo argomento e si sentono spinti dalla mancanza di prove a dire qualcuno di quei quattro spropositi, si frenino, per non essere trascinati dalla stessa mancanza di prove a dire perfino che le anime dei bambini non hanno il peccato originale, in consonanza con l'eresia pelagiana, una volta condannabile e recentissimamente condannata. È meglio per ognuno riconoscere di non sapere quello che non sa piuttosto che incorrere in una eresia condannata o fondare una eresia nuova nel tentativo temerario di difendere ciò che non sa. Vi sono altre affermazioni false e assurde di questo individuo, nelle quali non devia dall'orbita della verità altrettanto pericolosamente, ma pur devia ugualmente. Essendo molte, poiché se il Signore lo vorrà, mi riprometto di scrivere qualcosa anche a lui a proposito dei suoi libri, le esaminerò forse tutte o in grandissima parte, se non potrò tutte, in quella occasione.

Ringraziamenti a Renato, auguri a Vincenzo Vittore.

20. 35. Quanto poi a questo libro che a preferenza di qualsiasi altro ho creduto di dover scrivere a te, perché da vero cattolico e da buon amico ti sei preso cura tanto della nostra fede quanto della mia reputazione con sincerità e amore, lo darai a leggere o a copiare alle persone alle quali lo potrai dare o alle persone alle quali giudicherai di doverlo dare. In esso ho creduto mio dovere rintuzzare e confutare la presunzione di cotesto giovane, ma in modo tuttavia da dimostrargli il mio amore e il mio desiderio che non sia condannato ma emendato, e che nella grande casa che è la Chiesa cattolica, dove l'ha portato la misericordia divina, progredisca tanto da essere nella Chiesa un vaso santificato per nobile uso, utile al Signore, sempre pronto ad ogni opera buona 65, sia vivendo rettamente, sia proclamando una dottrina sana. Ora, se è necessario che io ami lui, come faccio, quanto più sarà necessario che io ami te, o fratello, di cui conosco ottimamente la benevolenza nei miei riguardi, nonché la fede cattolica prudente e saggia! Tutto questo ti ha indotto a copiare e a mandare a me con una carità veramente fraterna e limpidamente sincera quei libri che ti sono dispiaciuti e nei quali hai trovato il mio nome trattato in maniera diversa da come avresti voluto. Perciò sono tanto lontano dall'adirarmi contro la tua carità per aver fatto questo, che piuttosto mi sarei dovuto adirare in nome dei diritti dell'amicizia, se non l'avessi fatto. Ti rendo dunque abbondanti grazie. Del resto, in che modo abbia io preso il tuo comportamento te l'ho indicato ancora più palesemente con lo scriverti senza nessun indugio questo libro, appena ho letto quei libri.


Note:



1 - Cf. Tt 1, 13; 2, 2.

2 - Qui e appresso le citaz. sono di Vincenzo Vittore.

3 - Cf. Gn 2, 7.

4 - Rm 11, 6.

5 - Rm 11, 6.

6 - Cf. 2 Paral 19, 7; Rm 9, 14.

7 - Gv 3, 5.

8 - Mt 10, 39.

9 - CIPRIANO, Ep. 73, 22.

10 - Cf. Lc 23, 43.

11 - Cf. Gv 19, 32. 34.

12 - Cf. 2 Mac 12, 43.

13 - Cf. Rm 5, 16, 18.

14 - Cf. Rm 9, 11.

15 - Sap 4, 11.

16 - Is 42, 5.

17 - 1 Cor 15, 38.

18 - Is 42, 5.

19 - Gv 20, 22.

20 - At 2, 2-4.

21 - Cf. At 4, 31.

22 - Sal 2, 4.

23 - Sal 2, 8.

24 - Is 42, 5.

25 - Gn 2, 7.

26 - Sal 150, 6.

27 - Gb 32, 8 (sec. LXX).

28 - Gb 32, 7-8.

29 - Gb 33, 3-4.

30 - Cf. 1 Cor 15, 38.

31 - Is 42, 5.

32 - 1 Cor 15, 46.

33 - Is 57, 16.

34 - Gv 15, 26.

35 - Zc 12, 1.

36 - 2 Mac 7, 22-23.

37 - Cf. Rm 11, 36.

38 - 2 Mac 7, 22.

39 - Sal 48, 13.

40 - 2 Mac 7, 22.

41 - At 17, 25.

42 - Mt 6, 30.

43 - 1 Tm 1, 7.

44 - At 17, 28.

45 - Rm 11 36.

46 - 1 Cor 11, 12.

47 - At 17, 25-26.

48 - Gn 2, 7.

49 - Rm 5, 12.

50 - At 17, 26.

51 - Sal 64, 3.

52 - Cf. At 17, 25.

53 - Gn 2, 23.

54 - Cf. Gn 2, 7.

55 - Cf. TERTULLIANO, De anima 36, 4.

56 - Gn 2, 23.

57 - 1 Tm 2, 9-10.

58 - Gn 2, 23.

59 - Gn 2, 23.

60 - Cf. AUG, De haeres. 55.

61 - Gv 1, 14.

62 - Is 40, 5; Lc 3, 6.

63 - Gn 2, 23.

64 - Cf. At 17, 28.

65 - Cf. 2 Tm 2, 20-21.