Scrutatio

Martedi, 23 aprile 2024 - San Giorgio ( Letture di oggi)

Il combattimento cristiano

Sant'Agostino d'Ippona

Il combattimento cristiano
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Il diavolo è il nostro avversario.

1. 1. La corona della vittoria non si promette se non a coloro che combattono. Nelle divine Scritture, inoltre, troviamo con frequenza che si promette a noi la corona, se vinceremo. Ma per non dilungarci a richiamare molti passi, presso l’apostolo Paolo si legge con molta chiarezza: Ho compiuto la mia opera, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede, ora mi resta la corona di giustizia 1. Dobbiamo dunque conoscere quale sia questo avversario, vinto il quale, saremo incoronati. È quello stesso che il Signore nostro vinse per primo, sicché anche noi, se perseveriamo in lui. E perciò la Potenza e la Sapienza di Dio 2 e il Verbo, per mezzo del quale furono fatte tutte le cose 3, che è il Figlio unigenito, rimane immutabile al di sopra di ogni creatura. E poiché sotto di Lui sta anche la creatura che non ha peccato, quanto più sta sotto di Lui ogni creatura peccatrice? E poiché sotto di Lui sono tutti gli angeli santi, molto più a Lui sono sottoposti gli angeli prevaricatori, di cui il diavolo è il capo. Ma poiché quest’ultimo aveva ingannato la nostra natura, l’unigenito Figlio di Dio si è degnato di assumere la nostra stessa natura, affinché da essa stessa fosse vinto il diavolo, e quello che il Figlio di Dio ha sottoposto a sé, fosse sottoposto anche a noi. È appunto quello che indica quando dice: Il principe di questo mondo è stato cacciato fuori 4. Non perché il diavolo è stato cacciato fuori dal mondo, come credono alcuni eretici, ma fuori dalle anime di coloro che aderiscono alla parola di Dio e non amano il mondo, di cui egli è il capo; infatti egli domina su quelli che amano le cose temporali, che sono contenute in questo mondo visibile, non perché egli sia padrone di questo mondo, ma perché è fonte di tutte quelle cupidige, per le quali si brama tutto ciò che è passeggero, cosicché a lui sono soggetti quelli che trascurano l’eterno Dio ed amano le cose caduche e mutevoli. La radice di tutti i mali è la cupidigia: seguendo la quale alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da sé tormentati con molti dolori 5. Per mezzo di questa cupidigia il diavolo regna sull’uomo e occupa il suo cuore. Tali sono tutti quelli che amano questo mondo. Il diavolo poi è cacciato fuori, quando di tutto cuore si rinuncia a questo mondo. Così infatti si rinuncia al diavolo, che è principe di questo mondo, quando si rinuncia a ciò che è corrotto, alle pompe e ai suoi corifei. Ecco perché lo stesso Signore, avendo già assunto trionfalmente la natura dell’uomo, disse: Sappiate che io ho vinto il mondo 6.

Occorre vincere la cupidigia per vincere il diavolo.

2. 2. Molti poi dicono: come possiamo noi vincere il diavolo che non vediamo? Ma noi abbiamo un maestro il quale si è degnato di mostrarci in che modo si vincono i nemici invisibili. Di lui infatti dice l’Apostolo: Spogliandosi della carne, fu modello ai principati e alle potestà, trionfando con sicurezza su di loro in se stesso 7. Dunque si vincono le invisibili potenze a noi ostili là dove si vincono le invisibili cupidige. E perciò poiché in noi stessi vinciamo le brame delle cose temporali, è necessario che in noi stessi vinciamo anche colui che regna nell’uomo per mezzo delle stesse cupidige. Quando infatti fu detto al diavolo: Mangerai terra, fu detto al peccatore: Tu sei polvere e in polvere ritornerai 8. Il peccatore fu dunque dato in pasto al diavolo. Facciamo in modo di non essere terra, se non vogliamo essere divorati dal serpente. Come infatti ciò che mangiamo lo convertiamo nel nostro corpo, affinché lo stesso cibo si trasformi in ciò che noi siamo secondo il nostro corpo, così a causa dei cattivi costumi per mezzo della malvagità e della superbia e dell’empietà ciascuno diventa ciò che è il diavolo, cioè simile a lui, ed è sottoposto a lui, come il nostro corpo è soggetto a noi. E questo è ciò che si dice, essere mangiato dal serpente. Chiunque pertanto teme quel fuoco che fu preparato per il diavolo ed i suoi angeli 9, si sforzi di trionfare su di lui in se stesso. Infatti quelli che ci combattono all’esterno, noi li vinciamo internamente, col vincere le concupiscenze per mezzo delle quali essi ci dominano. E attirano con sé nelle pene quelli che troveranno simili a sé.

I cattivi demoni non abitano in cielo.

3. 3. Così dice anche l’Apostolo che in se stesso combatte le potenze esterne. Dice infatti: Non dobbiamo noi combattere contro la carne e il sangue, ma contro i principi e le potestà di questo mondo, contro coloro che governano queste tenebre, contro gli spiriti di malizia negli spazi celesti 10. Cielo infatti è chiamato anche questo spazio, dove i venti e le nubi e le tempeste e i turbini si avvicendano; come infatti anche la Scrittura dice in molti passi: E il Signore tuonò dal cielo 11; e gli uccelli del cielo 12 e i volatili del cielo 13; essendo chiaro che gli uccelli volano nell’aria. Anche noi abitualmente chiamiamo cielo quest’aria: infatti quando domandiamo intorno al tempo sereno o nuvoloso, talvolta diciamo: "com’è l’aria?", talvolta: "com’è il cielo?". Dico ciò affinché nessuno pensi che i cattivi demoni abitano là dove Dio dispose il sole, la luna e le stelle. Questi cattivi demoni perciò l’Apostolo chiama spirituali 14, perché anche gli angeli cattivi sono chiamati spiriti nelle divine Scritture. Perciò egli li chiama rettori di queste tenebre, perché chiama tenebre gli uomini peccatori, sui quali questi dominano. Perciò dice in un altro passo: Voi foste infatti una volta tenebre; ma ora siete luce nel Signore 15; perché da peccatori erano stati giustificati. Non pensiamo dunque che il diavolo con i suoi angeli abiti nelle sommità del cielo, donde crediamo che egli sia caduto.

Empia credenza dei manichei.


4. 4. Così infatti errano i manichei, i quali affermano che prima della creazione del mondo vi era stato un popolo di tenebre che si ribellò contro Dio. Quegli sventurati credono che in quella guerra Dio onnipotente non poté altrimenti aiutare se stesso se non inviando una parte di sé contro quella razza. I principi di quella razza, come essi dicono, divorarono la parte di Dio e si organizzarono in modo tale che il mondo potesse essere costruito da loro. Così affermano che Dio giunse alla vittoria con grandi disgrazie e tormenti e miserie delle sue membra; queste membra, dicono, essersi poi mescolate alle viscere tenebrose dei loro principi, per calmarli e frenarli dal loro furore. E non capiscono che la loro setta è tanto sacrilega da credere che Dio onnipotente abbia combattuto con le tenebre non per mezzo della creatura che egli aveva fatto, ma per mezzo della sua propria natura: credere ciò è un’empietà. Né affermano solo ciò, ma anche che quelli stessi che furono vinti divennero migliori per il fatto che il loro furore fu frenato e che la natura di Dio, che in realtà vinse, divenne miserrima. Dicono anche che essa per questa mescolanza abbia perduto l’intelletto e la sua felicità e si sia trovata implicata in gravi errori e rovine. Se dicessero che la natura di Dio si sia in parte completamente purificata, affermerebbero tuttavia una grande empietà contro Dio onnipotente, del quale una parte crederebbero essere stata esposta per tanto tempo ad errori e pene senza alcuna responsabilità di peccato. Ora quegli sventurati osano dire che non può purificarsi tutta completamente, e che quella stessa parte che non si è potuta purificare, è destinata alla necessità di essere avvolta e legata alla rovina del sepolcro; e così una parte di Dio che per niente ha peccato rimane sempre ivi misera, ed è punita in eterno col carcere delle tenebre. Questo essi dicono per ingannare le anime semplici. Ma chi è così semplice da non accorgersi che sono cose sacrileghe quando affermano che Dio onnipotente è stato oppresso dalla necessità, così da permettere che la sua parte buona e innocente fosse ricoperta da tante grandi rovine e macchiata da tanta immondezza e non potesse liberarla completamente, e legasse con vincoli eterni ciò che non ha potuto liberare? Chi dunque non rigetterebbe simili cose? Chi non capirebbe che queste cose sono empie e nefande? Ma essi quando ingannano gli uomini non parlano di questi argomenti per primo; se ne parlassero sarebbero derisi o sarebbero respinti da tutti; scelgono invece quei capitoli delle Scritture che gli uomini semplici non capiscono e per mezzo di quelli ingannano le anime inesperte, domandando loro donde provenga il male. Così fanno a proposito di un testo dell’Apostolo dov’è scritto: I principi di queste tenebre e gli spiriti del male nei cieli 16. Quegli ingannatori cercano l’uomo che non comprende le divine Scritture e gli dicono donde siano in cielo i principi delle tenebre; così non avendo egli potuto rispondere, possano trascinarlo attraverso la loro curiosità; poiché ogni anima ignorante è curiosa. Chi invece conosce bene la fede cattolica ed è munito di buoni costumi e vera pietà, sebbene ignori la loro eresia, tuttavia risponde loro. Né può essere ingannato colui che ormai conosce quello che appartiene alla fede cristiana, che è chiamata cattolica, diffusa nel mondo, protetta dalla Provvidenza divina contro tutti gli empi e i peccatori e quelli suoi che la trascurano.

La lotta cristiana non è esteriore ma interiore.

5. 5. Abbiamo dunque detto che l’apostolo Paolo ha affermato che noi lottiamo contro i capi delle tenebre e le potenze spirituali del male che abitano nei cieli, e abbiamo anche provato che questo spazio aereo prossimo alla terra si chiama cielo; bisogna credere che noi combattiamo contro il diavolo e i suoi angeli, i quali godono dei nostri turbamenti. Lo stesso Apostolo infatti in un altro passo chiama il diavolo principe della potenza dell’aria 17. Sebbene il passo dove dice: Gli spiriti del male che occupano gli spazi celesti 18, si possa intendere diversamente, di modo che egli non ha detto che sono gli stessi angeli prevaricatori negli spazi celesti, ma piuttosto noi, dei quali in altro passo dice: La nostra dimora è nei cieli 19, affinché noi stabiliti negli spazi celesti, cioè camminando nei precetti spirituali di Dio, combattiamo contro gli spiriti del male che tentano di distrarci di là. Perciò bisogna cercare di più in che modo possiamo combattere e vincere contro quelli che non vediamo, affinché gli stolti non pensino che noi dobbiamo combattere contro l’aria.

È necessario domare il proprio corpo.

6. 6. Pertanto lo stesso Apostolo insegna dicendo: Io non combatto per così dire battendo l’aria, ma castigo il mio corpo e lo riduco in servitù, affinché predicando agli altri, per caso non sia io riprovato 20. Quindi aggiunge: Siate miei imitatori come anch’io lo sono di Cristo 21. Perciò bisogna intendere che anche lo stesso Apostolo abbia trionfato in se stesso delle potenze di questo mondo 22, come aveva detto del Signore di cui si professa imitatore 23. Imitiamo dunque anche noi lui, come ci esorta e castighiamo il nostro corpo e riduciamolo in schiavitù, se vogliamo vincere il mondo. Poiché questo mondo ci può dominare per mezzo dei piaceri illeciti e le vanità e la pericolosa curiosità, cioè quelle cose che allettano gli amanti dei piaceri temporali con dannoso piacere in questo mondo e li costringono a servire al diavolo ed ai suoi angeli: se abbiamo rinunziato a tutte queste cose, riduciamo il nostro corpo in schiavitù.

Anzitutto sottomettersi a Dio "con buona volontà e sincera carità".

7. 7. Ma affinché nessuno chieda in che modo dobbiamo sottomettere il nostro corpo a schiavitù, si può facilmente capire e può avvenire se sottomettiamo a Dio per prima noi stessi con buona volontà e sincera carità. Infatti ogni creatura voglia o non voglia è soggetta a un solo Dio e suo Signore. Ma di ciò siamo ammoniti, a servire al Signore Dio nostro con tutta la volontà. Poiché il giusto serve liberamente, l’ingiusto invece serve in catene. Tutti però servono alla divina Provvidenza; ma alcuni obbediscono come figli e con essa fanno ciò che è bene, altri poi sono legati come schiavi e di essi avviene ciò che è giusto. Così Dio onnipotente, Signore di tutte le creature, il quale creò tutte le cose, com’è scritto, assai buone 24 le ha ordinate in modo che riesca del bene dalle cose buone e dalle cose cattive. Ciò che si fa con giustizia è fatto bene. Giustamente i buoni sono beati e giustamente i cattivi pagano le pene. Dio dunque ricava il bene e dai buoni e dai cattivi, poiché fa tutto con giustizia. Buoni sono coloro che con tutta la loro volontà servono a Dio; i cattivi servono per necessità: nessuno sfugge infatti alle leggi dell’Onnipotente. Ma altro è fare ciò che la legge comanda, altro è sopportare ciò che la legge comanda. E quindi i buoni agiscono secondo le leggi, i cattivi soffrono secondo le leggi.

Perché in questa vita i giusti sopportano molti mali gravosi e difficili.

7. 8. E non ci sconvolga il fatto che in questa vita secondo la carne che essi portano, i giusti sopportino molti mali gravosi e difficili. Infatti, non soffrono alcun male coloro che ormai possono dire ciò che quell’uomo spirituale, l’Apostolo, canta con esultanza e predica dicendo: Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce la pazienza, la pazienza la virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato 25. Se dunque in questa vita, dove vi sono tanti grandi travagli, gli uomini buoni e giusti, quando sopportano tali sofferenze, possono non solo tollerarle con animo sereno, ma anche gloriarsi nell’amore di Dio, che cosa pensare di quella vita che ci è promessa, dove nessuna molestia sentiremo da parte del corpo? In effetti il corpo dei giusti non risorgerà per lo stesso scopo per cui risorgerà il corpo degli empi. Come sta scritto: Tutti risorgeremo, ma non tutti saremo trasformati 26. E affinché nessuno creda che questa trasformazione non è promessa ai giusti, ma piuttosto agli ingiusti, e non consideri che essa procuri pena, l’Apostolo prosegue e dice: E i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati 27. Tutti i cattivi dunque sono ordinati in modo tale che ciascuno nuoce a se stesso e tutti si danneggiano vicendevolmente. Infatti desiderano ciò che è amato in modo pernicioso e ciò che ad essi può essere facilmente portato via; e queste cose portano via a se stessi a vicenda quando si perseguitano. E così sono angustiati coloro ai quali vengono tolti i beni temporali, perché li amano; al contrario coloro che se ne impossessano, godono. Ma una siffatta gioia è cecità e somma miseria: infatti coinvolge ancor più l’anima conducendola a tormenti sempre più grandi. Anche il pesce è contento, quando, non vedendo l’amo, divora l’esca. Ma appena il pescatore comincia a tirarlo, per primo vengono attorcigliate le sue viscere, in seguito, da tutto quel piacere per mezzo di quella stessa esca dalla quale era stato attratto, è trascinato alla morte. Similmente accade di tutti coloro che si reputano felici per i beni terreni. Abboccano, infatti, all’amo, e con quello vanno errando. Verrà il tempo quando sentiranno quanti tormenti avranno divorato con l’avidità. E ai buoni non arrecano danno per nulla, perché viene tolto loro ciò che essi non amano. Infatti, nessuno può loro sottrarre ciò che essi amano, e per cui sono felici. Il tormento del corpo affligge miseramente le anime malvagie, invece purifica fortemente quelle buone. Così avviene che l’uomo cattivo e l’angelo cattivo combattono per disposizione della divina Provvidenza, ma ignorano quale bene Dio trae da loro. E quindi vengono ricompensati non per i meriti del loro servizio, ma per i meriti della loro malizia.

L’onnipotenza di Dio governa non solo le anime ma l’intero universo.

8. 9. Ma come queste anime che hanno la volontà di nuocere e la facoltà di pensare sono ordinate sotto le leggi divine affinché nessuno soffra alcunché di ingiusto, così tutte le cose sia animate sia corporee sono, nel loro genere ed ordine, sottomesse alle leggi della divina Provvidenza e amministrate da esse. Perciò dice il Signore: Forse che due passeri non si vendono per un denaro ed uno di essi non cade in terra senza la volontà del Padre vostro? 28 Questo infatti disse volendo dimostrare che qualunque cosa che gli uomini stimano di pochissimo conto è governata dall’onnipotenza di Dio. Gli uccelli del cielo sono nutriti da Lui e i gigli del campo sono vestiti da Lui 29, così parla la Verità, e aggiunge che anche i nostri capelli sono contati 30. Ma poiché Dio cura da se stesso le anime razionali che sono pure, sia negli ottimi e grandi angeli, sia negli uomini che servono a Lui con tutta la volontà, governa poi le altre cose mediante questi stessi e poté anche in modo verissimo affermarsi dall’Apostolo quel detto: Non spetta a Dio prendersi cura dei buoi 31. Nelle sante Scritture Dio insegna agli uomini come debbono agire con gli altri uomini ed essi stessi servire Dio. Essi sanno già come agire con le loro bestie, cioè come governare la salute del loro bestiame con la pratica e la perizia e la ragione naturale: tutte cose queste che essi ricevettero dai grandi doni del loro Creatore. Chi dunque può capire come Dio creatore della natura universale la governa per mezzo delle anime sante che sono sue ministre in cielo e in terra; perché anche le stesse anime sante furono da Lui fatte e nella sua creazione tengono il primato: chi dunque può capire capisca ed entri nella gioia del suo Signore 32.

Finché siamo nel corpo gustiamo quanto è soave il Signore.

9. 10. Se poi non possiamo fare ciò, finché siamo nel corpo e siamo lontani dal Signore 33, almeno gustiamo quanto è soave il Signore 34; poiché ha dato a noi lo Spirito come pegno 35, nel quale sentiamo la sua dolcezza e desideriamo la stessa fonte della vita, dove con sobria estasi saremo inondati e irrigati, come l’albero che è piantato lungo il corso delle acque e dà il frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno 36. Dice infatti lo Spirito Santo: I figli degli uomini spereranno all’ombra delle tue ali, saranno inebriati dalla ubertà della tua casa e li abbevererai col torrente del tuo amore. Poiché presso di te è la fonte della vita 37. Tale ebrietà non sconvolge la mente, ma tuttavia la rapisce in alto, e dà la dimenticanza di tutte le cose terrene. E possiamo già dire con tutto il nostro affetto: Come il cervo desidera le fonti delle acque, così l’anima mia desidera te, o Dio 38.

Egli ha avuto pietà della nostra debolezza.

10. 11. Che se per caso ancora per le malattie dell’anima, che essa ha contratto per l’amore del secolo, noi non siamo idonei a gustare quanto è dolce il Signore, crediamo almeno alla divina autorità che ha voluto manifestare nelle sante Scritture circa il Figlio suo, il quale fu fatto a lui dalla discendenza di Davide secondo la carne, come dice l’Apostolo 39. Tutte le cose, infatti, sono state fatte per mezzo di lui, com’è scritto nell’Evangelo, e senza di lui nulla è stato fatto 40. Egli ha avuto pietà della nostra debolezza che noi abbiamo meritato non per opera sua ma per nostra volontà. Infatti Dio ha creato l’uomo per l’immortalità 41 e gli ha dato il libero arbitrio della volontà. Non sarebbe infatti molto felice se dovesse servire ai comandamenti di Dio per necessità e non per volontà. È facile, a mio avviso, tutto questo: la qual cosa non vogliono capire quelli che hanno abbandonato la fede cattolica, eppure vogliono essere chiamati cristiani. Infatti, se ammettono con noi che la natura umana non può essere guarita se non facendo il bene, confessino pure che la stessa natura non si può ammalare se non peccando. E perciò non bisogna credere che l’anima nostra sia ciò che Dio è, perché se ciò fosse né per sua volontà né per qualche altra necessità si cambierebbe in peggio; poiché in ogni modo capiamo che Dio è immutabile, lo si comprende non da quelli che in spirito di contesa e vanità e per desiderio di vana gloria amano parlare di ciò che non sanno, ma da quelli che con cristiana umiltà "sentono la bontà di Dio e lo cercano nella semplicità del cuore" 42. Il Figlio di Dio perciò si è degnato di assumere la nostra debolezza: E il Verbo si fece carne e abitò fra noi43. Non perché quell’eternità si sia cambiata, ma perché ha mostrato agli occhi mutabili degli uomini la creatura mutabile che Egli assunse con immutabile maestà.

Innalzi la sua speranza il genere umano: il Figlio di Dio ha assunto l’uomo.

11. 12. Vi sono degli stolti che dicono: non poteva la Sapienza di Dio liberare gli uomini in modo diverso senza assumere l’umanità, senza nascere da una donna e patire tutte quelle sofferenze da parte dei peccatori? A costoro rispondiamo: lo poteva certamente; ma se avesse fatto diversamente, sarebbe dispiaciuto ugualmente alla vostra stoltezza. Se non apparisse agli occhi dei peccatori, certamente la sua luce eterna, che si vede con gli occhi interiori, non potrebbe essere vista dalle menti inquinate. Ora dal momento che si è degnato di istruirci visibilmente per prepararci alle cose invisibili, dispiace agli avari, perché non ha assunto un corpo tutto d’oro; dispiace agli impudichi, perché è nato da una donna (infatti, non hanno molto piacere gli impudichi che le donne concepiscano e partoriscano); dispiace ai superbi, perché ha sopportato con infinita pazienza le offese; dispiace ai delicati, perché è stato crocifisso; dispiace ai timidi, perché è morto. E perché non sembri che difendono i loro vizi, dicono che si dispiacciono che ciò sia accaduto non in un uomo, ma nel Figlio di Dio. Non capiscono infatti cosa sia l’eternità di Dio che ha assunto umana natura e che cosa sia la stessa umana creatura, che era riportata dalle sue mutazioni all’antica stabilità, affinché imparassimo, come insegna lo stesso Signore, che le infermità che abbiamo acquistato col peccare, possono essere sanate col bene operare. Si mostrava a noi, infatti, a quale fragilità l’uomo era giunto con la sua colpa, e da quale fragilità era liberato con l’aiuto divino. Perciò il Figlio assunse umana natura ed in essa ha sofferto da uomo. Questo rimedio a favore degli uomini è così grande che più non si può immaginare. Quale superbia si può sanare, se non si sana con l’umiltà del Figlio di Dio? Quale avarizia si può sanare, se non si sana con la povertà del Figlio di Dio? Quale iracondia si può sanare, se non si sana con la pazienza del Figlio di Dio? Quale empietà si può sanare, se non si sana con la carità del Figlio di Dio? Infine, quale timidezza si può sanare, se non si sana con la risurrezione del corpo di Cristo Signore? Innalzi la sua speranza il genere umano e riconosca la sua natura, veda quanto posto ha nelle opere di Dio. Non disprezzate voi stessi, o uomini: il Figlio di Dio si è fatto uomo. Non disprezzate voi stesse, o donne: il Figlio di Dio è nato da una donna. Non amate però le cose carnali: perché nel Figlio di Dio non siamo né maschio né femmina. Non amate le cose temporali: perché se si amassero come un bene, le amerebbe l’uomo che il Figlio di Dio ha assunto. Non temete gli oltraggi e le croci e la morte, perché se nuocessero agli uomini non le avrebbe sofferte l’uomo che il Figlio di Dio ha assunto. Questa fede che ormai dovunque si predica, dovunque si venera, che sana ogni anima obbediente, non esisterebbe nella società umana, se non fossero state realizzate tutte quelle cose che dispiacciono ai più stolti. Chi si degnerà di imitare la stolta presunzione per poter essere spinto a praticare la virtù, se arrossisce di imitare colui del quale fu detto, prima che nascesse, che sarà chiamato Figlio dell’Altissimo 44 e già in tutte le nazioni, cosa che nessuno può negare, lo si chiama Figlio dell’Altissimo? Se abbiamo una grande opinione di noi, degniamoci di imitare colui che è chiamato Figlio dell’Altissimo. Se invece ci stimiamo poco, osiamo imitare i pescatori e i pubblicani che lo hanno imitato. O medicina provvida per tutti, che reprime tutti i tumori, che ravviva tutto ciò che è debole, che toglie tutte le escrescenze, custodisce tutto ciò che è vitale, ripara tutte le perdite, corregge tutte le depravazioni! Chi ormai può elevarsi contro il Figlio di Dio? Chi può disperare di sé, se per lui il Figlio di Dio ha voluto essere tanto umile? Chi può stimare beata la vita per quelle cose che il Figlio di Dio ha insegnato doversi disprezzare? A quali avversità potrà cedere colui il quale crede che la natura dell’uomo è custodita da tante persecuzioni nel Figlio di Dio? Chi potrà pensare che il regno dei cieli gli è chiuso, se conosce che i pubblicani e le meretrici hanno imitato il Figlio di Dio? 45 Da quale malvagità non sarà preservato chi osserva e ama le opere e le parole di quest’uomo, nel quale il Figlio di Dio si è offerto a noi quale esempio di vita?

La speranza della vita eterna solleva il mondo.

12. 13. Ormai sia gli uomini, sia le donne, sia ogni età e grado di questo secolo sono mosse alla speranza della vita eterna. Alcuni lasciano i beni temporali e accorrono alle cose divine; altri si lasciano avvincere dalle virtù di quelli che fanno ciò e lodano quello che non osano imitare. Pochi però mormorano sino ad ora e sono tormentati da vano livore e sono o quelli che cercano il loro interesse nella Chiesa, sebbene sembrino cattolici, o gli eretici che vogliono trovare gloria dallo stesso nome di Gesù Cristo, o i giudei che desiderano difendere il loro peccato di empietà, o i pagani che temono di perdere la loro curiosità di vana licenza. Ma la Chiesa cattolica sparsa in lungo e in largo per tutto il mondo, rompendo i loro attacchi fin dai primi tempi, si è fortificata sempre di più, non col resistere ma col sopportare. Ora Essa con la fede irride alle loro insidiose questioni, con la ragione le discute, e con l’intelligenza le distrugge. Non si cura dei calunniatori delle sue pagliuzze, perché distingue il tempo della messe, il tempo dell’aia e il tempo dei granai con prudenza e diligenza. Corregge i calunniatori del suo frumento o gli erranti e relega gli invidiosi tra le spine e la zizzania.

Come nella conoscenza bisogna guardarsi dall’errore, così nell’azione bisogna guardarsi dal peccato.

13. 14. Sottoponiamo dunque l’anima a Dio, se vogliamo sottoporre il nostro corpo a schiavitù e trionfare del diavolo. La fede è la prima che sottopone l’anima a Dio; poi i precetti del vivere, con l’osservanza dei quali la nostra speranza si rafforza, e la carità si alimenta e comincia a risplendere quello che prima solo si credeva. Poiché la conoscenza e l’azione rendono beato l’uomo, come nella conoscenza bisogna guardarsi dall’errore, così nell’azione bisogna guardarsi dal peccato. Erra invece chiunque crede di poter conoscere la verità vivendo ancora nell’iniquità. È iniquità amare questo mondo e avere in grande considerazione le cose che nascono e passano, bramarle e affannarsi per esse per conquistarle; rallegrarsi quando abbondano e temere di perderle; contristarsi quando si perdono. Tale vita non può contemplare quella pura, sincera e immutabile verità e attaccarsi ad essa, né staccarsene più per l’eternità. Pertanto prima di purificare la nostra mente dobbiamo credere quello che non possiamo ancora comprendere; poiché in tutta verità fu detto per mezzo del profeta: Se non crederete, non comprenderete 46.

Crediamo in Dio Trinità.

13. 15. La fede nella Chiesa si esprime con somma brevità; in essa sono comprese le verità eterne che non possono ancora essere comprese dagli uomini carnali e le cose temporali passate e future che l’eterna divina Provvidenza ha fatto e farà per la salvezza degli uomini. Crediamo dunque nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Queste sono (Persone) eterne e immutabili, cioè un solo Dio, la Trinità eterna di una sola sostanza, Dio, dal quale è tutto, per il quale è tutto, nel quale è tutto 47.

Dio in tre Persone.

14. 16. Non dobbiamo ascoltare coloro che dicono che solamente il Padre esiste, che non ha il Figlio, né che è con Lui lo Spirito Santo; ma che lo stesso Padre talora si chiama Figlio e talvolta Spirito Santo. Ignorano il Principio dal quale sono tutte le cose, la sua Immagine per la quale tutte le cose sono formate e la sua santità nella quale tutte le cose sono ordinate.

Le tre Persone divine sono un solo Dio.

15. 17. Neppure dobbiamo ascoltare coloro che si indignano e si infastidiscono perché noi diciamo che non bisogna adorare tre dèi. Ignorano infatti che cosa significhi una sola e medesima sostanza; e si illudono dei loro fantasmi, perché sogliono vedere materialmente o tre esseri animati o tre corpi qualunque stare separati nei loro posti. Così credono che bisogna intendere la sostanza di Dio, e sono in grave errore perché sono superbi; e non possono imparare, perché non vogliono credere.

Uguaglianza delle tre Persone divine.

16. 18. Non dobbiamo ascoltare coloro che dicono che solo il Padre è il vero e sempiterno Dio; che il Figlio non è generato dal Padre, ma da Lui stesso fatto dal nulla e che ci fu un tempo quando non esisteva, ma che tuttavia tiene il primo posto fra tutte le creature; e (dicono anche) che lo Spirito Santo è di minore maestà rispetto al Figlio; e che le sostanze di questi tre sono diverse, come l’oro, l’argento e il bronzo. Non sanno quello che dicono e da queste realtà che sogliono guardare con gli occhi della carne, trasferiscono le vane immagini nelle loro discussioni. In realtà è arduo rendersi conto con la mente circa la generazione che non avviene nel tempo, ma è eterna; e la stessa Carità e Santità, per cui chi genera e chi è generato sono uniti reciprocamente in modo ineffabile. È arduo e difficile comprendere questa verità con la nostra mente, sebbene sia serena e tranquilla. Non è possibile che capiscano ciò quelli che guardano troppo le umane generazioni e a queste tenebre aggiungono ancora fumo, che essi non cessano di fomentare tra loro con le contese e le lotte quotidiane, con l’animo impelagato negli affetti carnali, come legni saturi di acqua, nei quali il fuoco vomita solo fumo e non può emanare splendide fiamme. E questo lo si può affermare benissimo per tutti gli eretici.

Gesù Cristo è il Figlio di Dio.

17. 19. Credendo nell’immutabile Trinità noi crediamo anche alla sua economia temporale per la salvezza del genere umano. Non ascoltiamo coloro che dicono che il Figlio di Dio, Gesù Cristo altro non è che un uomo, sebbene così giusto da essere degno di essere chiamato Figlio di Dio. E infatti la dottrina cattolica li ha cacciati fuori, poiché ingannati dalla brama di vana gloria vollero disputare contenziosamente, prima di capire cosa sia la Virtù di Dio e la Sapienza di Dio 48 e che in principio esisteva il Verbo, per cui sono state fatte tutte le cose e in che modo il Verbo si è fatto carne e ha abitato tra noi 49.

Gesù Cristo è vero uomo.

18. 20. Non dobbiamo ascoltare coloro che dicono che il Figlio di Dio non ha assunto un vero uomo, né che è nato da una donna, ma ha voluto mostrare a quelli che lo vedevano una falsa carne e un’immagine simulata del corpo umano. Non sanno come la sostanza di Dio che amministra tutta la creazione non può assolutamente corrompersi. E tuttavia predicano che questo sole visibile sparge i suoi raggi attraverso tutte le brutture e le immondizie dei corpi e pure li conserva dovunque mondi e puri. Se dunque le cose pure visibili possono venire a contatto con le cose visibili immonde e non si corrompono, quanto più l’invisibile e immutabile Verità, assumendo l’anima per mezzo dello spirito e il corpo per mezzo dell’anima, avendo preso l’uomo completo, lo ha liberato da tutte le infermità senza alcuna contaminazione! Perciò provano maggiori difficoltà e, temendo che la Verità si inquini di carne umana, ciò che non può avvenire, affermano che la Verità ha mentito. E, avendo Egli detto col suo precetto: Sia nella vostra bocca: Sì, sì, e no, no 50 e gridando l’Apostolo: Non era in lui sì e no; in lui era sì 51, costoro sostengono che tutto il suo corpo sia stato una falsa carne, di modo che a loro non sembra di imitare il Cristo, se non mentendo ai loro uditori.

Gesù Cristo ha non solo il corpo e l’anima dell’uomo, ma anche lo spirito.

19. 21. Non dobbiamo ascoltare coloro che professano la Trinità in una sostanza eterna, ma che osano dire che l’uomo stesso, assunto nel tempo, non aveva la mente di uomo, ma solamente l’anima e il corpo. Come se dicessero: non fu uomo ma aveva le membra di corpo umano. Anche le bestie hanno l’anima e il corpo, ma non hanno la ragione, che è propria della mente. Se pertanto bisogna riprovare coloro che negano che egli abbia avuto un corpo umano, la qual cosa nell’uomo è parte secondaria, mi meraviglio che costoro non arrossiscano quando negano che Cristo abbia avuto quello che nell’uomo è il massimo. Molto è da deplorare la mente umana, se è vinta dal suo corpo, se poi in quell’uomo la mente umana non è stata resa alla forma primiera, in lui il corpo stesso umano ha ricevuto già la dignità della forma celeste. Ma sia lontano da noi credere ciò che la temeraria cecità e la superba loquacità ha immaginato.

L’unione dell’uomo con Dio in Gesù Cristo non è solo morale ma reale.

20. 22. Non dobbiamo dare ascolto a coloro che affermano che da quella eterna Sapienza è stato assunto l’uomo, che è nato da una vergine, allo stesso modo come anche da essa diventano sapienti altri uomini, che sono perfettamente saggi. Ignorano infatti il mistero proprio di quell’uomo e credono che ciò che egli ha avuto di più rispetto agli altri tanto beati consiste nell’essere nato da una vergine. Questo stesso privilegio, se essi lo considerassero attentamente, forse crederebbero ch’egli lo abbia meritato più che gli altri, precisamente per il carattere unico di tale unione. Altro è divenire sapiente solamente per la Sapienza di Dio ed altro è portare la Persona stessa della Sapienza di Dio. Sebbene la natura del corpo della Chiesa sia la stessa, tuttavia chi non capisce che c’è molta differenza tra il Capo e le altre membra? Se infatti il Capo della Chiesa è quell’uomo, per la cui assunzione il Verbo si è fatto carne ed ha abitato fra noi 52; le altre membra sono tutti i santi, per mezzo dei quali si compagina e si completa la Chiesa. Come infatti l’anima dà vita a tutto il nostro corpo e lo vivifica, ma sente nel capo vedendo, udendo, odorando, gustando e toccando, nelle altre membra invece solamente toccando; e perciò al capo tutte le membra sono soggette per operare, esso poi è collocato sopra per provvedere a tutto, poiché l’anima, la quale provvede al corpo, in certo modo sostiene tutta la persona, ivi infatti si manifesta ogni sentimento: così per tutto il popolo dei santi, come un solo corpo, il capo è il Mediatore di Dio e degli uomini l’uomo Cristo Gesù 53. E perciò la Sapienza di Dio, e il Verbo in principio per il quale tutto è stato fatto 54, non assunse quell’uomo come gli altri santi, ma in modo molto più eccellente e sublime: come fu necessario che fosse assunto solo colui nel quale la Sapienza doveva mostrarsi agli uomini, così conveniva che quella si mostrasse in maniera visibile. Perciò altra è la sapienza del resto degli uomini, quali che siano, o poterono essere, o lo potranno; e altro quell’unico Mediatore di Dio e degli uomini l’uomo Cristo Gesù, che della stessa Sapienza per la quale divengono sapienti tutti gli altri uomini, non solo ha il beneficio, ma porta anche la persona. Degli altri spiriti sapienti e spirituali rettamente si può dire che abbiano in sé il Verbo di Dio per il quale tutte le cose sono state create. Ma in nessuno di essi rettamente si può dire che il Verbo si è fatto carne ed ha abitato fra noi, cosa che molto rettamente si dice solo del Signore nostro Gesù Cristo.

Il Verbo si è fatto carne significa: il Verbo si è fatto uomo.

21. 23. Meno ancora sono da ascoltare coloro che dicono che il solo corpo umano è stato assunto dal Verbo di Dio e così interpretano ciò che fu detto: E il Verbo si fece carne 55, così che dicono che quell’uomo non ha avuto o l’anima o alcunché di umano se non la sola carne. Errano molto, né intendono che è stata nominata la sola carne proprio in ciò che è stato detto: Il Verbo si fece carne, perché agli occhi degli uomini, per i quali è avvenuta tale assunzione, poté apparire la sola carne. Infatti, se è assurdo e particolarmente indegno che quell’uomo non abbia avuto uno spirito umano come prima abbiamo dimostrato, quanto più assurdo e indegno che egli non abbia avuto né spirito né anima ed abbia avuto soltanto ciò che anche nelle bestie è più vile e più basso, cioè il corpo. Dalla nostra fede dunque si escluda questa empietà, e crediamo che l’uomo intero e perfetto sia stato assunto dal Verbo di Dio.

Gesù Cristo è nato da una donna.

22. 24. Non dobbiamo prestare ascolto a coloro che dicono che nostro Signore ha avuto un corpo tale e quale apparve nella colomba, che Giovanni Battista vide discendere dal cielo e fermarsi su di Lui come segno dello Spirito Santo. Così infatti tentano di persuadere che il Figlio di Dio non è nato da una donna, perché se bisognava mostrarsi agli occhi degli uomini, dicono, poté assumere un corpo così come lo Spirito Santo. Infatti anche quella colomba non nacque da un uovo, dicono, e tuttavia poté apparire agli occhi degli uomini. A costoro bisogna rispondere, prima di tutto, ciò che ivi leggiamo che lo Spirito Santo apparve in forma di colomba a Giovanni 56, dove leggiamo che Cristo nacque da una donna 57. E non bisogna in parte credere al Vangelo e in parte non credere. Donde infatti credi che lo Spirito Santo sia apparso in forma di colomba, se non perché lo hai letto nel Vangelo? Dunque anch’io credo che Cristo sia nato da una vergine perché l’ho letto nel Vangelo. Il motivo per cui lo Spirito Santo non è nato da una colomba, come Cristo da una donna, dimostra che lo Spirito Santo non era venuto a liberare i colombi, ma a significare agli uomini l’innocenza e l’amore spirituale, che visibilmente è stato raffigurato sotto l’apparenza di colomba. Invece, nostro Signore Gesù Cristo che era venuto a liberare il genere umano e procurare la salvezza e agli uomini e alle donne, non disprezzò i primi, perché assunse il sesso maschile, né le seconde, perché nacque da una donna. A ciò poi si aggiunge un grande mistero, che, poiché per mezzo di una donna la morte era caduta su di noi, per mezzo di una donna la vita risorgesse in noi, in modo che il diavolo vinto fosse sconfitto riguardo all’una e all’altra natura, cioè femminile e maschile, poiché esso (il diavolo) si rallegrava della rovina di entrambi i sessi. Minor pena sarebbe stata per il diavolo, se ambedue i sessi fossero stati liberati in noi, senza essere stati liberati anche per mezzo di ambedue i sessi. Non vogliamo però dire che solamente Gesù Cristo abbia avuto un vero corpo, e che lo Spirito Santo sia apparso ingannevolmente agli occhi degli uomini, ma crediamo ambedue quei corpi veri corpi. Come non era necessario che il Figlio di Dio ingannasse gli uomini, così non conveniva che li ingannasse lo Spirito Santo; ma a Dio onnipotente, che creò dal nulla la creatura universale, non era difficile formare un vero corpo di colomba senza l’aiuto di altri colombi, come a Lui non fu difficile formare un vero corpo nel grembo di Maria senza seme virile: in quanto la natura corporea obbedisce al comando e alla volontà del Signore e per formare un uomo nelle viscere di una donna e per formare una colomba nello stesso mondo. Ma gli uomini stolti e gretti non credono che si possa fare da parte di Dio onnipotente quello che essi non possono fare, o che giammai videro nella loro vita.

Il Figlio di Dio ha patito per noi.

23. 25. Non dobbiamo ascoltare coloro che pertanto vogliono obbligarci ad annoverare il Figlio di Dio tra le creature, per il fatto che ha patito. Dicono infatti: se ha patito, è mutevole, e, se è mutevole, è una creatura, in quanto la sostanza divina non può essere mutevole. Anche noi conveniamo con costoro e che la sostanza divina è immutabile e che la creatura è mutevole. Ma altro è essere creatura, altro è assumere la creatura. L’Unigenito Figlio di Dio che è la Potenza e la Sapienza di Dio 58 e il Verbo per cui tutto è stato fatto59, perché non può assolutamente mutare, assunse l’umana creatura che, caduta, si degnò sollevare e, invecchiata, rinnovare. Né per la sua passione Egli è stato cambiato in peggio, ma piuttosto, mediante la risurrezione, l’ha cambiata in meglio. Né per questo si deve negare che il Verbo del Padre, cioè l’Unigenito Figlio di Dio, per cui tutto è stato fatto, sia nato ed abbia patito per noi. Infatti diciamo pure che i martiri hanno patito e sono morti per il regno dei cieli, né tuttavia le loro anime sono state uccise nella loro passione e morte. Dice infatti il Signore: Non temete quelli che uccidono il corpo ma non possono far nulla all’anima 60. Come dunque diciamo che i martiri hanno patito e sono morti nel corpo che portavano senza uccisione o morte dell’anima, così diciamo che il Figlio di Dio ha patito ed è morto nell’umanità che portava senza alcun cambiamento o morte della divinità.

Il corpo del Signore è risuscitato.

24. 26. Non dobbiamo ascoltare coloro che dicono che il corpo del Signore non è risuscitato, tale e quale fu deposto nel sepolcro. Se non fosse stato il medesimo, Egli non avrebbe detto dopo la sua risurrezione ai discepoli: Palpate e vedete, poiché lo spirito non ha ossa e carne, come vedete che io ho 61. È infatti sacrilego credere che il Signore nostro, essendo Egli stesso la Verità, abbia mentito in qualche cosa. Né ci turbi ciò che è scritto, che a porte chiuse improvvisamente apparve ai discepoli 62 e in modo da negare che quello sia stato un corpo umano, perché vediamo che l’entrare a porte chiuse sia contro la natura di questo corpo. Tutto è possibile a Dio 63. È chiaro che camminare sulle acque 64 è contro la natura di questo corpo. E tuttavia non solo lo stesso Signore vi camminò prima della passione, ma vi fece camminare anche Pietro 65. Così dunque anche dopo la sua risurrezione fece quello che volle del suo corpo. Se poté prima della passione glorificarlo come lo splendore del sole 66, perché non avrebbe potuto anche dopo la passione portarlo a tanta sottigliezza da Lui voluta in un istante, così da poter entrare attraverso le porte chiuse?

Gesù Cristo è asceso al cielo.

25. 27. Non dobbiamo ascoltare coloro che dicono che nostro Signore non abbia portato con sé in cielo quello stesso corpo e ricordano ciò che è scritto nell’Evangelo: Nessuno sale in cielo, se non colui che è disceso dal cielo 67, e dicono che il corpo, poiché non è disceso dal cielo, non è potuto salire in cielo. Non si rendono conto perché il corpo non è salito in cielo. Il Signore è salito; il suo corpo non è salito, ma è stato elevato in cielo, elevandolo Colui che è salito. Se, per esempio, qualcuno discende nudo da una montagna, e disceso si riveste e rivestito sale nuovamente, giustamente diciamo: nessuno sale se non chi è disceso; e non consideriamo la veste che egli ha sollevato con sé, ma noi diciamo solamente che lo stesso che si è rivestito è salito.

Gesù Cristo è assiso alla destra del Padre.

26. 28. Non dobbiamo ascoltare coloro che dicono che il Figlio non siede alla destra del Padre. Dicono: forse che Dio Padre ha il lato destro e sinistro come i corpi? Neppure noi pensiamo questo di Dio Padre. Dio infatti non è circoscritto o limitato da alcuna forma di corpo. Ma la destra del Padre è la perpetua felicità che è promessa ai santi, come la sinistra di Lui assai giustamente è detta la miseria perpetua che è inflitta agli empi, in modo che si capisce che in Dio stesso non c’è la destra e la sinistra, ma nelle creature, nel modo come abbiamo detto. Così anche il corpo di Cristo, che è la Chiesa, dovrà essere nella stessa destra cioè nella stessa beatitudine, come dice l’Apostolo, in quanto Egli risuscitò anche noi e ci fece sedere insieme con Lui nei cieli 68. Sebbene il nostro corpo non sia ancora lì, tuttavia la nostra speranza è già di là. Perciò anche lo stesso Signore dopo la risurrezione comandò ai discepoli, che trovò mentre pescavano, di gettare le reti nella parte destra 69. Fatto ciò, presero pesci che erano tutti grandi, significando così i giusti, ai quali è promessa la destra (la felicità). Ciò significa quello che anche disse nel giudizio, che gli agnelli li avrebbe posti alla sua destra, i capretti invece alla sua sinistra 70.

Il giorno del giudizio.

27. 29. Non dobbiamo ascoltare coloro che dicono che non verrà il giorno del giudizio e ricordano quello che nel Vangelo è scritto: "Colui che crede in Cristo non sarà giudicato; chi invece non crede in Lui è già stato giudicato" 71. Dicono: se anche colui che crede non verrà in giudizio e colui che non crede è già stato giudicato, dove sono quelli che Egli giudicherà nel giorno del giudizio? Non si rendono conto che le Scritture si esprimono in tal modo da introdurre il tempo passato al posto del futuro. Ciò che l’Apostolo disse di noi, come sopra dicemmo, non è ancora accaduto, che cioè ci ha fatto sedere insieme con Lui negli spazi celesti 72, ma poiché certissimamente avverrà, così ci è stato detto come se già sia accaduto. Così anche lo stesso Signore disse ai discepoli: Tutte le cose che ho udito dal Padre mio, le ho fatte conoscere a voi 73, e poco dopo dice: Io ho molte cose da dirvi, ma per adesso voi non le potete comprendere 74. Quale la ragione dunque per cui aveva detto: Tutte le cose che ho udito dal Padre mio le ho fatte conoscere a voi, se non perché quello che avrebbe fatto certissimamente per mezzo dello Spirito Santo, lo disse come se lo avesse già fatto? Così dunque quando sentiamo: Chi crede in Cristo non verrà in giudizio intendiamo che non verrà alla dannazione. Si dice infatti giudizio invece di dannazione, come dice l’Apostolo: Chi non mangia non giudichi colui che mangia 75, cioè non pensi male di lui. Anche il Signore dice: Non giudicate affinché non siate giudicati 76. Non infatti egli ci toglie l’intelligenza del giudizio, allorquando anche il Profeta dice: Se veramente amate la giustizia, giudicate rettamente, o figli degli uomini 77, e lo stesso Signore dice: Non giudicate secondo il vostro modo di vedere, ma giudicate con giusto giudizio 78. Ma in quel passo in cui proibisce di giudicare, ci ammonisce di non condannare alcuno il cui pensiero non ci è chiaro o non sappiamo quale sarà in futuro. Così dunque quando disse: Non verrà a giudizio, disse cioè che non verrà a condanna. Chi poi non crede, è già giudicato, volle dire che è già condannato per la prescienza di Dio, il quale sa quello che attende i non credenti.

Lo Spirito Santo.

28. 30. Non dobbiamo ascoltare quelli che dicono che lo Spirito Santo, che nel Vangelo il Signore promise ai discepoli, sia entrato o nell’apostolo Paolo o in Montano e Priscilla, come dicono i Catafrigi o in non so qual Manete o Manicheo, come affermano i Manichei. Costoro sono così ciechi che non capiscono le Scritture così manifeste; oppure tanto dimentichi della loro salvezza che non le leggono assolutamente. Chi, dopo averle lette, non capirebbe particolarmente nel Vangelo ciò che, dopo la resurrezione del Signore, è stato scritto per insegnamento del Signore: Io mando il dono promesso dal Padre mio a voi; voi dunque rimanete qui in Gerusalemme finché non sarete rivestiti di potenza dall’alto 79. E negli Atti degli Apostoli, dopo che il Signore si fu allontanato in cielo dagli occhi degli Apostoli, trascorsi dieci giorni, nel dì della Pentecoste, essi non si accorgono molto chiaramente che era venuto lo Spirito Santo; ed essendo loro a Gerusalemme, come prima li aveva esortati, li riempì, così che parlavano in più lingue. Infatti le diverse genti che erano presenti, ciascuna di quelle, che li ascoltavano, li capivano nella propria lingua 80. Ma codesti uomini ingannano quelli che, trascurando la fede cattolica e la stessa propria fede che è manifesta nelle Scritture, non vogliono imparare, e, ciò che è più grave e doloroso, vivendo con negligenza nella Chiesa cattolica, prestano attentamente l’orecchio agli eretici.

La Chiesa è universale.

29. 31. Non dobbiamo ascoltare coloro che dicono che la santa Chiesa cattolica non è diffusa nel mondo, ma pensano cioè che fiorisce nella sola Africa, nella parte di Donato. In questo modo si dimostrano sordi contro il Profeta che dice: Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato: chiedilo a me e ti darò tutte le genti come tua eredità, e i confini della terra come tuo possesso 81. E molti altri passi che sono stati scritti e nei libri dell’Antico e in quelli del Nuovo Testamento, affinché molto apertamente dichiarino che la Chiesa di Cristo è diffusa su tutta la terra. Se obiettiamo loro ciò, dicono che queste cose si erano già compiute tutte prima che ci fosse la parte di Donato, ma che poi tutta la Chiesa è perita, e pretendono che sono rimasti i resti di essa nella parte di Donato. O lingua superba e nefanda! Falso, ma vivessero in modo da custodire in seguito almeno la pace fra loro! Ora essi non si accorgono che già nello stesso Donato si è compiuto ciò che è stato detto: Con la stessa misura con cui voi misurerete, a voi sarà misurato 82. Come infatti ha tentato di dividere Cristo, così egli stesso dai suoi è diviso con scissione quotidiana. A ciò si riferisce quello che disse Cristo: Chi di spada ferirà, di spada perirà 83. La spada, che in quel passo è presa in senso peggiorativo, significa la lingua malefica e causa di discordie, con cui allora quell’infelice ha percosso ma non ucciso la Chiesa. Infatti il Signore non disse: chi ucciderà con la spada, morirà di spada; ma chi si servirà della spada, morirà di spada. Dunque egli ha percosso la Chiesa con la sua lingua litigiosa, dalla quale ora egli stesso è colpito, affinché del tutto vada in rovina e muoia. E tuttavia l’apostolo Pietro aveva pure fatto ciò non per superbia, ma per amore del Signore, sebbene per amore naturale. Pertanto, ammonito, ripose la spada. Donato, invece, neppure vinto l’ha fatto. Come quando col vescovo Ceciliano egli discusse la sua causa alla presenza dei vescovi, che egli stesso aveva richiesto, nulla poté provare di quelle cose che aveva proposto; e rimase nel suo scisma così che morì della sua stessa spada. Il popolo di lui, quando non ascolta i Profeti e l’Evangelo, in cui con somma chiarezza è scritto che la Chiesa di Cristo è diffusa tra tutte le genti, e ascolta invece gli scismatici che non cercano la gloria di Dio ma la propria, abbastanza chiaramente dimostra che è schiavo e non libero e porta tagliato l’orecchio destro. Pietro infatti, sbagliando per amore del Signore, tagliò l’orecchio destro ad un servo, non già ad un uomo libero. Da ciò è chiaro che coloro che sono feriti dalla spada dello scisma sono servi dei loro carnali desideri e non sono ancora portati nella libertà dello Spirito Santo, tanto che ormai non confidano nell’uomo e non ascoltano ciò che è destro, cioè che la gloria del Signore si è divulgata dappertutto per mezzo della Chiesa cattolica, ma ascoltano l’errore sinistro dell’umana superbia. Ma tuttavia, poiché il Signore dice nel Vangelo che, quando sarà predicato il Vangelo fra tutte le genti, verrà la fine 84; in che modo costoro dicono che ormai tutte le altre genti hanno perduto la fede e la Chiesa è rimasta nella sola parte di Donato, mentre è chiaro che, da quando questa parte è stata tagliata dall’unità, alcune genti hanno creduto e che ancora ve ne sono altre che non hanno creduto, alle quali non si cessa ogni giorno di predicare il Vangelo? Chi non si meraviglia che vi può essere qualcuno che vuol essere detto cristiano e si scaglia contro la gloria di Cristo con tanta empietà, da osare dire che tutti i popoli, i quali ancora accedono alla Chiesa di Dio e credono subito nel Figlio di Dio, vanamente agiscono perché non li battezza qualche donatista? Senza dubbio gli uomini rigetterebbero ciò e senza aspettare li abbandonerebbero, se veramente cercassero Cristo, se amassero la Chiesa, se fossero liberi, se conservassero integro il loro orecchio destro.

Nel riconciliare i peccatori la Chiesa cattolica si mostra vera madre.

30. 32. Non dobbiamo ascoltare coloro i quali, sebbene non ribattezzino alcuno, tuttavia si sono tagliati fuori dall’unità e hanno preferito piuttosto chiamarsi Luciferiani anziché Cattolici. Essi agiscono rettamente per il fatto che capiscono che il battesimo di Cristo non si deve ripetere. Si accorgono che il Sacramento della santa purificazione non trae la sua origine da nessun luogo se non dalla Chiesa cattolica; ma i tralci tagliati conservano quella forma che essi avevano ricevuto sulla stessa vigna prima di essere tagliati. Questi infatti sono coloro di cui l’Apostolo dice: Essi hanno l’apparenza della pietà, ma rinnegano la virtù di essa 85. Infatti la grande virtù della pietà è la pace e l’unità, perché Dio è uno solo. Questa virtù essi non posseggono, perché furono tagliati fuori dall’unità. Pertanto se alcuni di loro ritornano alla Chiesa cattolica, non ripetono la forma della pietà che già hanno, ma ricevono la virtù della pietà che non hanno. Con molta chiarezza l’Apostolo insegna che i rami tagliati possono di nuovo inserirsi, se non hanno perseverato nell’incredulità 86. Noi non riproviamo che i Luciferiani capiscano ciò e non ribattezzino: ma il fatto che essi stessi abbiano voluto recidersi dalla radice chi non riconosce essere una cosa detestabile? E ciò che è più grave è che quel che ad essi è dispiaciuto nella Chiesa cattolica fa parte veramente della santità cattolica. In nessun luogo infatti debbono mettersi tanto in evidenza le viscere di misericordia quanto nella Chiesa cattolica, in modo che come vera madre non insulti con la superbia i figli peccatori, né le sia difficile perdonare a quelli già corretti. Infatti non senza ragione tra tutti gli Apostoli, Pietro personifica la Chiesa cattolica: infatti a questa Chiesa sono state date le chiavi del regno dei cieli, quando furono date a Pietro 87. E quando a lui si dice, a tutti si dice: Mi ami tu? Pasci le mie pecore 88. La Chiesa cattolica dunque deve perdonare volentieri ai figli una volta corretti e confermati nella pietà; poiché vediamo che allo stesso Pietro, che la impersonava, venne concesso il perdono, e quando aveva dubitato nel mare 89, e quando per debolezza umana aveva richiamato il Signore dalla sua passione 90, e quando aveva tagliato l’orecchio del servo con la spada 91, e quando aveva negato tre volte lo stesso Signore 92, e quando infine era caduto nella simulazione superstiziosa 93; e vediamo poi che egli corretto e confermato era giunto alla gloria della passione del Signore. Pertanto dopo la persecuzione che era avvenuta per opera degli eretici ariani, dopo che la pace che la Chiesa cattolica possiede nel Signore, fu ridata dai principi secolari, molti vescovi che in quella persecuzione avevano dato il loro consenso alla perfidia degli Ariani, corretti, decisero di ritornare alla Chiesa cattolica, condannando sia ciò che avevano creduto, sia ciò che avevano finto di credere. La Chiesa cattolica ricevette costoro nel suo seno materno, come Pietro ammonito per mezzo del canto del gallo dopo il pianto della negazione, oppure come lo stesso Pietro dopo la stolta simulazione, corretto per mezzo della voce di Paolo. I Luciferiani, accogliendo con superbia la carità della madre e criticandola con empietà, poiché non si rallegrarono che Pietro si era pentito dopo il canto del gallo 94, meritarono di cadere insieme con Lucifero 95, che sorgeva insieme con l’aurora.

Il potere della Chiesa di rimettere tutti i peccati. La legittimità delle seconde nozze.

31. 33. Non dobbiamo ascoltare coloro che dicono che la Chiesa di Dio non possa rimettere tutti i peccati. Pertanto quei miseri, mentre non comprendono che la pietra è in Pietro, e non vogliono credere che le chiavi del regno dei cieli 96 furono date alla Chiesa, essi stessi le hanno perdute di mano. Costoro sono quelli che condannano come adultere le vedove, se passano a nuove nozze, e vanno dicendo che essi sono più puri della dottrina apostolica 97. Se costoro volessero conoscere il loro vero nome si chiamerebbero mondani, anziché mondi. Non volendo correggersi, infatti, se hanno peccato, nient’altro hanno scelto che dannarsi con questo mondo. A coloro ai quali negano il perdono dei peccati, essi non custodiscono quel po’ di salute, ma sottraggono la medicina agli ammalati, e costringono le loro vedove ad essere bruciate dalle passioni, non permettendo loro di risposarsi. Non si debbono ritenere più prudenti di Paolo apostolo, il quale volle piuttosto che esse si sposassero, anziché essere bruciate dalle passioni 98.

La risurrezione della carne.

32. 34. Non dobbiamo ascoltare coloro che negano la futura risurrezione della carne e si appellano a ciò che dice l’apostolo Paolo: La carne e il sangue non possederanno il regno di Dio 99, non comprendendo ciò che dice lo stesso Apostolo: È necessario che questo corpo corruttibile si rivesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si rivesta di immortalità 100. Quando ciò avverrà, non sarà più carne e sangue, ma corpo celeste. Anche il Signore promette ciò quando dice: Non si mariteranno, né prenderanno moglie, ma saranno uguali agli angeli di Dio 101. Non vivranno infatti per gli uomini ma per Iddio, quando saranno diventati uguali agli angeli. La carne e il sangue saranno cambiati e diventeranno corpo celeste e angelico. E i morti risusciteranno incorruttibili e anche noi saremo cambiati 102, in modo che è vero il fatto che la carne risorgerà, ed è anche vero il fatto che la carne e il sangue non possederanno il regno di Dio 103.

Amiamo il Cristo e sconfiggeremo il diavolo.

33. 35. Nutriti con il latte di questa semplicità e sincerità di fede, noi ci nutriamo in Cristo e quando siamo ancora piccoli non desideriamo gli alimenti dei grandi, ma cresciamo con nutrimenti molto salubri in Cristo, mentre progrediscono i buoni costumi e la giustizia cristiana, nella quale la carità di Dio e del prossimo è perfetta e ben salda; in modo che ciascuno di noi trionfi, in se stesso, nel Cristo di cui si è rivestito, sul diavolo nemico e i suoi angeli 104. La perfetta carità non ha né la cupidigia del secolo, né il timore del secolo, cioè né la cupidigia per accaparrarsi le cose temporali, né il timore di perderle. Attraverso queste due porte entra e regna il nemico, il quale deve essere cacciato prima col timore di Dio e poi con la carità. Dobbiamo pertanto desiderare una chiarissima ed evidentissima conoscenza della verità tanto più ardentemente, quanto più ci accorgiamo di progredire nella carità e avere il cuore purificato dalla sua semplicità, in quanto proprio attraverso l’occhio interiore si vede la verità: Beati i puri di cuore, dice il Signore, perché essi vedranno Dio 105. In questo modo radicati e fondati nella carità possiamo comprendere con tutti i santi quale sia la larghezza e la lunghezza e l’altezza e la profondità; sapere l’altissima scienza della carità di Cristo, per essere riempiti di tutta la pienezza di Dio 106, e dopo queste battaglie col nemico invisibile, poiché per quelli che vogliono e amano il giogo di Cristo è soave e il suo fardello è leggero 107, possiamo meritare la corona della vittoria.

Note:



1 - 2 Tm 4, 7-8.

2 - Cf. 1 Cor 1, 24.

3 - Cf. Gv 1, 1. 3.

4 - Gv 12, 31.

5 - 1 Tm 6, 10.

6 - Gv 16, 33.

7 - Col 2, 15.

8 - Gn 3, 14. 19.

9 - Mt 25, 41.

10 - Ef 6, 12.

11 - Sal 17, 14.

12 - Sal 8, 9.

13 - Mt 6, 26.

14 - Ef 6, 12.

15 - Ef 5, 8.

16 - Ef 6, 12.

17 - Ef 2, 2.

18 - Ef 6, 12.

19 - Fil 3, 20.

20 - 1 Cor 9, 26-27.

21 - 1 Cor 11, 1.

22 - 2 Cor 2, 14.

23 - Cf. Col 2, 15.

24 - Gn 1, 31.

25 - Rm 5, 3-5.

26 - 1 Cor 15, 51.

27 - 1 Cor 15, 52.

28 - Mt 10, 29.

29 - Mt 6, 26. 28.

30 - Mt 10, 30.

31 - 1 Cor 9, 9.

32 - Mt 25, 21.

33 - 2 Cor 5, 6.

34 - Cf. Sal 33, 9.

35 - Cf. 2 Cor 1, 22; 5, 5.

36 - Sal 1, 3.

37 - Sal 35, 8-10.

38 - Sal 41, 2.

39 - Rm 1, 3.

40 - Gv 1, 3.

41 - Sap 2, 23.

42 - Cf. Sap 1, 1.

43 - Gv 1, l 4.

44 - Lc 1, 32.

45 - Cf. Mt 21, 31.

46 - Is 7, 9.

47 - Cf. Rm 11, 36.

48 - Cf. 1 Cor 1, 24.

49 - Gv 1, 1. 3. 14.

50 - Mt 5, 37.

51 - 2 Cor 1, 19.

52 - Gv 1, 14.

53 - 1 Tm 2, 5.

54 - Gv 1, 1. 3.

55 - Gv 1, 14.

56 - Cf. Mt 3, 16.

57 - Cf. Mt 1, 20.

58 - 1 Cor 1, 24.

59 - Gv 1, 3.

60 - Mt 10, 28.

61 - Lc 24, 39.

62 - Cf. Gv 20, 26.

63 - Cf. Mt 9, 28.

64 - Cf. Mt 14, 25.

65 - Cf. Mt 14, 29.

66 - Cf. Mt 17, 2.

67 - Gv 3, 13.

68 - Ef 2, 6.

69 - Cf. Gv 21, 6-11.

70 - Cf. Mt 25, 33.

71 - Cf. Gv 3, 18.

72 - Ef 2, 6.

73 - Gv 15, 15.

74 - Gv 16, 12.

75 - Rm 14, 3.

76 - Mt 7, 1.

77 - Sal 57, 2.

78 - Gv 7, 24.

79 - Lc 24, 49.

80 - Cf. At 2, 1-11.

81 - Sal 2, 7-8.

82 - Mt 7, 2.

83 - Mt 26, 52.

84 - Cf. Mt 24, 14.

85 - 2 Tm 3, 5.

86 - Cf. Rm 11, 23.

87 - Cf. Mt 16, 19.

88 - Gv 21, 15.

89 - Cf. Mt 14, 30.

90 - Cf. Mt 16, 22.

91 - Cf. Mt 26, 51.

92 - Cf. Mt 26, 70-74.

93 - Cf. Gal 2, 12.

94 - Cf. Mt 26, 75.

95 - Cf. Is 14, 12.

96 - Cf. Mt 16, 19.

97 - Cf. 1 Tm 5, 14.

98 - Cf. 1 Cor 7, 9.

99 - 1 Cor 15, 50.

100 - 1 Cor 15, 53.

101 - Mt 22, 30.

102 - 1 Cor 15, 52.

103 - Cf.1 Cor 15, 50.

104 - Cf. Col 2, 15.

105 - Mt 5, 8.

106 - Ef 3, 17-19.

107 - Cf. Mt 11, 30.