Scrutatio

Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Dives in Misericordia

AA.VV.

Dives in Misericordia
font righe continue visite 236

L’enciclica del Papa Giovanni Paolo II «Dives in Misericordia » ha riproposto il grande tema dell‘infinita misericordia di Dio.
«La Chiesa — dice il Papa — deve professare e proclamare la misericordia divina in tutta verità, quale ci è tramandata dalla rivelazione. La Chiesa vive una vita autentica quando professa e proclama la misericordia, il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore, e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore, di cui è depositaria e dispensatrice. La Chiesa sembra massimamente professare e venerare la misericordia di Dio quando si rivolge al Cuore di Cristo» (n. 13).
L’uomo moderno, leggiamo al quarto capitolo della citata Enciclica, è il «figliuol prodigo» della parabola evangelica, proprio nel punto in cui, ridottosi, per la sua ribellione, a uno stato di vergognosa miseria materiale e morale, comincia a rimeditare sulla sua follia e a provare la pungente nostalgia per la casa del Padre. Sappiamo che il Padre lo aspetta con ansia e desidera solo di perdonano, ma occorre prima che il figlio prenda la grande decisione riportata dalla paraboia nei testo dell’evangelista Luca: «Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te...».
L’insegnamento del Papa risponde appieno alle esigenze del nostro tempo, alle invocazioni di tanti cuori umani, alle loro sofferenze e speranze, alle loro angosce ed attese. Appunto per questo bisogna cooperarsi perché questa confortante dottrina sia conosciuta, accolta, accettata e inserita nella vita di ogni credente. Di conseguenza le considerazioni premesse ad ogni primo venerdì di mese vertono sulla «Misericordia Divina», che nella Grande Promessa del Sacro Cuore di Gesù arriva all’eccesso: «Io ti prometto, — dice Gesù a S. Margherita M. Alacoque — nell’eccesso della misericordia del mio Cuore, che il mio Amore onnipotente concederà...».
Nei riguardi della divina Misericordia bisogna evitare l’errore dei Giansenisti e quello odierno dei modernisti.
Nei secoli passati i seguaci dell’eretico Cornelio Giansenio, morto a Ypres nel 1638, famoso per il suo intransigente rigorismo etico, fecero di Dio un giudice tanto severo, un giustiziere così rigoroso, un Dio tanto terribile da gettare lo sgomento e la paura nell’anima dei peccatori, distogliendo così il cuore dei figli dal più tenero dei padri.
Un secolo prima anche Lutero non vedeva in Dio che un Giudice severo, irritato, scontroso, sempre pronto a punire. Purtroppo questa mentalità è più diffusa di quel che si pensi: appena succede qualche contrarietà, dispiacere, disgrazia ecc. quasi tutti dicono: Perché il Signore ci castiga così?
L’eresia di Giansenio ha fatto un male immenso e ha spento in molti cuori la fiducia nella bontà misericordiosa di Dio. La Chiesa ha condannato la funesta dottrina giansenistica con la Bolla «In eminenti» del Papa Urbano VIII il 6 marzo 1642.


Ai nostri giorni si cade nell’estremo opposto. La dottrina modernista nega praticamente l’esistenza del l’inferno. Questi sedicenti progressisti insegnano che Dio è Amore; che Dio è buono e misericordioso; che Dio vuole che tutti si salvino e perciò non condanna alla perdizione eterna nessuno dei suoi figli riscattati dal Sangue prezioso di Gesù.
In questo modo l’uomo non ha più bisogno di lottare contro il peccato, che Gesù ha dovuto espiare con la sua atroce Passione e la sua ignominiosa Morte; non ha più bisogno di fare penitenza in espiazione dei peccati passati perché già espiati da Gesù; basta che si fidi del Signore, che confidi nella sua misericordia per aver assicurato il Paradiso.
Chi ragiona a questo modo si adegua alla dottrina dei Protesanti che si può riassumere in quel noto detto «Pecca fortemente e credi più fortemente! », cioè pecca come e quanto vuoi, tanto Dio è buono e misericordioso, ti perdonerà lo stesso e ti salverà, basta che tu creda in Lui e confidi nella sua misericordia. Questo è un grande errore, un subdolo inganno, un vero tranello del demonio per fare perdere eternamente tante anime lasciandole marcire nella loro vita disordinata. Per questo la Madonna ci ha voluto mettere in guardia contro questo inganno diabolico col dire ai tre fanciulli di Fatima nella terza apparizione: «Avete visto l’inferno dove vanno a finire i poveri peccatori? Per salvarli il Signore vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato... pregate, pregate molto per la conversione dei peccatori! Badate che molte, molte anime vanno all’inferno perché non vi è chi si sacrifichi e preghi per loro».


Dio è Amore (Giov. 4:8) e manifesta la sua bontà amando i peccatori, compatendoli, perdonandoli, cercando di attirarli a sé per renderli felici eternamente in Paradiso. Tutta la vita di Gesù fu una continua manifestazione di amore e misericordia. Egli per attuare la sua giustizia ha tutta l’eternità, ma per attuare la sua misericordia ha solo il tempo: «Io sono venuto a cercare e salvare ciò ch’era perduto (Lc. 19:10).
«L’amore che Gesù porta a noi — dice Padre Matteo Crawley, famoso apostolo della devozione al Sacro Cuore di Gesù, morto a Valparaiso il 4 maggio 1960 — non è come l’amore ch’Egli ha per sua Madre. No, sua Madre Egli l’ama tutta bella, tutta pura, tutta santa come se l’è formata. Non è come l’amore che Egli porta ai suoi Angeli, anch’essi puri. Non è neppure come l’amore che Egli porta a un piccolo numero di anime privilegiate, creature incomparabili plasmati di luce e di fiamma: esse hanno in qualche modo meritato il suo amore. Ma l’amore che Gesù ha per noi, indegni e miserabili peccatori, è fatto di una condiscendenza infinita. L’abbiamo offeso, oltraggiato, messo a morte questo Dio infinitamente buono ed Egli ci viene incontro offrendoci il suo perdono... più del perdono, la sua amicizia, la sua grazia, il suo amore, tutto il suo Cuore. E davvero il mistero dei misteri questa sua misericordia mai soddisfatta nella sua sete di perdonare, che perseguita i deicidi’, cioè i peccatori, in tutte le vie e in fondo a tutti gli abissi, per offrire loro, in tono supplichevole e con pazienza infinita, il suo perdono. Ma perché Gesù ha tanta misericordia nell’aspettare pazientemente a penitenza le anime traviate? Perché non vuole la morte del peccatore, ma che egli si converta e viva (Ez. 33:11)».


Dobbiamo avere quindi una grande confidenza nella bontà misericordiosa del Signore. Però questa nostra confidenza deve essere fondata:
1) nel pentimento sincero dei propri peccati;
2) nel serio proposito di evitarli per l’avvenire;
3) nella massima fiducia nella bontà misericordiosa di Dio;
4) nel ricorso al Sacramento della Confessione istituito da Gesù per la remissione dei peccati.
Dopo commesso il peccato bisogna sperare nella misericordia di quel Cuore divino che accoglie con amore e gioia l’anima pentita. Il disperare del perdono, anche dopo un numero stragrande di peccati, è un insulto al Cuore di Gesù fonte di ogni bontà.
Tanti però peccano pensando così: Gesù è buono e misericordioso perciò farò questo peccato e poi me lo confesserà certamente Dio me lo perdonerà, quante altre volte mi ha perdonato!...
Dice S. Alfonso: «Non merita la misericordia di Dio chi si serve di essa per offenderlo. Dio promette il perdono e lo concede volentieri all’anima pentita e risoluta di lasciare il peccato, ma chi pecca abusando della divina bontà, dice S. Agostino, non è penitente ma uno schernitore di Dio, e con Dio non si scherza! (Gai. 6:7)».

Infelicità del povero peccatore

Non c’è sulla terra nessuno che sia più infelice di colui che abbia la sua anima macchiata di peccato mortale. Ha l’inferno nel cuore anche se ostenta fatua sicurezza. Come potrà egli vivere tranquillo in mezzo ai suoi disordini? Per l’empio, dice il Signore, non c’è pace (Is. 48:22). Una cupa-angoscia e un sottile rimorso, a guisa di serpe velenoso, gli attossica l’esistenza. Egli non è vivo ma morto. Il peccato ha spento la vita soprannaturale dell’anima sua. Egli quindi è oggetto di non minore ribrezzo davanti agli occhi dì Dio, di quello che possa essere ai nostri occhi un cadavere verminoso e ripugnante. Come un morto non può più agire, così egli non può fare più nulla che abbia valore per la vita eterna.
Il peccatore può possedere tutti i tesori e le ricchezze della terra, ma la sua anima è più povera e misera dell’ultimo accattone che stenda la mano per chiedere l’elemosina. Egli è legato alla catena di Satana che lo tiene suo schiavo, e guai se la morte lo colpisce in questo stato! Triste e infelice condizione! Si trova sospeso per un sottile filo sull’abisso dell’inferno, e quel filo è tenuto da quel Dio ch’egli continua ad offendere! Che sarà di lui quando si presenterà al tribunale del Giudice Divino?
Talvolta accade di sentire poveri peccatori che dicono al Sacerdote: Lei ha ragione, vorrei avere anch’io un pò di fede per fare questi Nove Primi Venerdì che lei ci suggerisce. Ma per fare questo dovrei confessarmi, ed io non mi sento di mutare vita, non posso convertirmi! Non puoi convertirti? E come potrai, povero peccatore, sostenere lo sguardo del Giudice Divino quando ti presenterai al suo tribunale? Come potrai stare per tutta l’eternità in mezzo alle fiamme dell’inferno?...
Fratello peccatore, hai tu pensato a tutte queste cose? Che decidi? Dio ti vuole perdonare e riammettere nella sua amicizia, ti vuole stringere al suo Cuore divino. Vorrai tu continuare a fare il sordo alla voce della sua misericordia?... Rifletti, mentre ancora sei in tempo, sulle riflessioni che troverai ad ogni primo venerdì e deciditi di approfittare della Grande Promessa del Sacro Cuore di Gesù.

Scopo delle considerazioni di ogni Primo Venerdì

Lo scopo delle considerazioni sulla divina Misericordia proposte ad ogni primo venerdì è triplice:
1) Sollevare le anime cadute nel peccato ispirando loro una grande fiducia nell’infinita misericordia di Dio;
2) Impedire che le anime peccatrici, atterrite dalle loro miserie e continue ricadute, si abbandonino in preda alla disperazione;
3) Invogliare le anime a fare i Nove Primi Venerdì per ottenere la Grande Promessa sgorgata dall'infinita bontà misericordiosa del Cuore di Gesù.