Ricompensa e punizioni nell'altra vita
Le visioni
Beata Anna Caterina Emmerick

Nelle Visioni che seguono Anna Katharina Emmerich fu guidata dal
beato Nicola di Flùe . Nell’anno 1819, nella notte
precedente la 9 domenica, dopo Pentecoste, ricorrendo la narrazione
del Vangelo relativa al banchetto nuziale. Vidi il beato Claus, uomo
grande e vecchio, con i capelli come l’argento cinti da una
bassa corona lucente costellata di pietre preziose. Aveva in mano una
corona di pietre preziose, indossava una camicia color neve fino alla
caviglia. Gli domandai perché invece delle erbe avesse nelle
mani solo una corona luccicante. Egli allora prese a parlare, conciso
e serio, sulla mia morte e sul mio destino. Inoltre mi disse che
voleva guidarmi ad una grande festa nuziale. Mi mise la corona in
testa ed io mi librai in alto con lui. Entrammo in un palazzo sospeso
nell’aria. Qui avrei dovuto essere una sposa ma mi vergognavo
ed ero spaventata. Non riuscivo a rendermi conto della situazione, mi
sentivo in un forte imbarazzo. Nel palazzo c’era una festa
nuziale insolita e meravigliosa. Sembrava come se io dovessi prendere
atto e vedere nei partecipanti i rappresentanti di tutte le
condizioni e livelli sociali del mondo, e cosa facessero di bene e di
male. Per esempio il Papa avrebbe rappresentato tutti i Papi della
storia, i vescovi ivi presenti, tutti i vescovi della storia, ecc.
Dapprima era stata apparecchiata una tavola per i religiosi, che
partecipavano al banchetto nuziale. Vidi il Papa e i vescovi sedere
con i loro pastorali e cinti con i loro paramenti. Con loro molti
altri religiosi di rango alto e basso, Circondati da un coro di Beati
e di Santi della loro stirpe, i loro progenitori e patroni, che
agivano su di loro, giudicavano, influenzavano e decidevano. A questo
tavolo c’erano anche sposi religiosi del rango più
nobile e io fui invitata a sedermi tra questi, come una loro pari,
con la mia corona. Lo feci nonostante mi vergognassi molto. Costoro
non erano veri viventi e non avevano corone. Siccome io mi trovavo
nell’imbarazzo, chi mi aveva invitata agì al mio posto.
Le vivande sulla tavola erano figure simboliche, non pietanze
alimentari terrene. Compresi a chi appartenevano tutte le cose e
lessi in tutti i cuori. Dietro la sala da pranzo c’erano molte
altre stanze e sale di ogni genere nelle quali entrava e si fermava
altra gente. Molti tra i religiosi vennero espulsi dalla tavola
nuziale. Erano immeritevoli di restare perché si erano
mischiati con i laici e li avevano serviti più della Chiesa
stessa. Vennero prima puniti poi allontanati dalla tavola e riuniti
in altre stanze vicine o lontane. Il numero dei giusti rimase molto
piccolo. Questa era la prima tavola e la prima ora, I religiosi
andarono via. Venne preparata poi un’altra tavola alla quale io
non mi sedetti ma restai tra gli spettatori. Il beato Claus restò
sempre sospeso sopra di me per darmi assistenza. Giunsero una gran
quantità. di imperatori, re e uomini di governo. Si sedettero
a questa seconda tavola, alla quale servivano altri grandi signori.
Su questa tavola apparivano i Santi, con i loro progenitori. Alcuni
reggenti prendevano informazioni da me. Io ero stupita e Claus
rispondeva sempre per me. Non stettero seduti per molto. La massima
parte dei convitati apparteneva allo stesso genere ed il loro agire
era non buono, ma debole e confuso. Molti non sedettero nemmeno a
tavola e furono condotti subito fuori. Mi ricordo, particolarmente di
aver visto la famiglia Croysche, che tra i suoi progenitori aveva una
santa stigmatizzata.
Quindi apparve la tavola di un nobile
distinto, e vidi tra gli altri la pia donna della famiglia
menzionata. Poi apparì la tavola dei ricchi borghesi. Non
posso dire quanto la medesima fosse disgustosa. La maggior parte ne
furono scacciati e con i nobili loro pari furono relegati in un buco
pieno di sterchi, come in una cloaca. Apparve un’altra tavola
in buone condizioni, dove sedevano vecchi, sinceri borghesi e
contadini. C’era tanta brava gente, anche i miei parenti e
conoscenti. Riconobbi tra questi anche mio padre e mia madre. Allora
apparvero anche i discendenti di fratello Claus, gente veramente
brava e forte appartenente alla schietta borghesia. Giunsero i poveri
e gli storpi, tra i quali c’erano molti devoti, ma anche dei
cattivi che furono rimandati indietro. Ebbi molto da fare con loro.
Quando i banchetti delle sei tavole ebbero termine il Santo mi portò
via. Mi condusse fin nel mio letto dal quale mi aveva presa. Ero
molto stremata e senza coscienza, non mi potevo muovere e neppure
svegliarmi, non davo nessun segno, mi sentivo come se fossi
paralizzata. Il beato Claus mi apparve soltanto una volta, ma la sua
visita ebbe nella mia vita un grande significato, anche se non riesco
a comprenderlo e non ne conosco il motivo preciso.
L’ inferno
Dell’inferno, Anna Katharina ebbe la seguente visione:
Quando venivo afferrata da molte pene e disturbi diventavo veramente
pusillanime e sospiravo. Dio forse mi avrebbe potuto regalare solo un
giorno tranquillo. Vivo come nell’inferno. Ebbi allora un
severo rimprovero dalla mia guida, che mi disse:
“Per fare
in modo da non paragonare più così la tua condizione
voglio mostrarti veramente l’inferno”. Così essa
mi guidò verso l’estremo settentrione, dalla parte dove
la terra diviene più ripida, poi più distante dalla
terra. Ricevetti l’impressione di essere giunta in una località
terribile. Discesi attraverso i sentieri di un deserto di ghiaccio,
in una regione sopra all’emisfero terrestre, dalla parte più
settentrionale del medesimo. La via era deserta e nel percorrerla
notai che si faceva sempre più scura e ghiacciata. Al solo
ricordo di ciò che vidi sento tutto il mio corpo tremare. Era
una terra di infinite sofferenze, cosparsa da macchie nere, qua e là
carbone e un fumo denso si levava dal suolo; il tutto era avvolto in
una profonda oscurità, come una notte eterna”. Alla pia
suora, successivamente fu mostrato, in una visione abbastanza chiara,
come Gesù, immediatamente dopo la sua separazione dal corpo,
scese nel Limbo. Finalmente Lo vidi (il Signore), procedere con
grande gravità verso il centro dell’abisso e avvicinarsi
all’inferno. Aveva la forma di una roccia gigantesca,
illuminata da una luce metallica, terribile e nera. Un portone immane
e scuro serviva da ingresso. Era veramente spaventoso, chiuso con
chiavistelli e catenacci incandescenti che stimolavano una sensazione
d’orrore. Improvvisamente udii un ruggito, un urlo orrendo, i
portoni furono aperti e apparve un mondo terribile e sinistro. Tale
mondo corrispondeva per l’appunto all’esatto contrario di
quello della Gerusalemme celeste e delle innumerevoli condizioni di
beatitudini, la città con i giardini più diversi, pieni
di frutta e fiori meravigliosi, e gli alloggi dei Santi. Tutto quello
che mi apparve era l’opposto della beatitudine. Tutto portava
il marchio della maledizione, delle pene e delle sofferenze. Nella
Gerusalemme celeste tutto appariva modellato dalla permanenza dei
Beati e organizzato secondo le ragioni ed i rapporti della pace
infinita dell’armonia eterna; qui invece tutto appare nella
discrepanza, nella disarmonia, immerso nella rabbia e disperazione.
In cielo si possono contemplare gli edifici indescrivibili belli e
limpidi della gioia e dell’adorazione, qui invece l’esatto
opposto: carceri innumerevoli e sinistre, caverne della sofferenza,
della maledizione, della disperazione; là in paradiso, si
trovano i più meravigliosi giardini pieni di frutta per un
pasto divino, qui odiosi deserti e paludi pieni di sofferenze e pene
e tutto quello che di più orrendo si possa immaginare.
All’amore, alla contemplazione, alla gioia e alla beatitudine,
ai templi, agli altari, ai castelli, ai torrenti, ai fiumi, ai laghi,
ai campi meravigliosi e alla comunità beata e armonica dei
Santi, si sostituisce nell’inferno lo specchio contrapposto del
pacifico Regno di Dio, il dilaniante, eterno disaccordo dei dannati.
Tutti gli errori umani e le bugie, erano concentrate in questo stesso
luogo e apparivano in innumerevoli rappresentazioni di sofferenze e
pene. Niente era giusto, non esisteva nessun pensiero
tranquillizzante, come quello della giustizia divina. Vidi delle
colonne di un tempio tenebroso e orribile.
Poi improvvisamente qualcosa cambiò, vennero aperti i
portoni dagli Angeli, ci fu un contrasto, fughe, offese, urla e
lamenti. Angeli singoli sconfissero schiere intere di spiriti
cattivi. Tutti dovevano riconoscere Gesù e adorano. Questo era
il tormento dei dannati. Una grande quantità di costoro fu
incatenata in cerchio intorno agli altri. Al centro del tempio si
trovava un abisso avvolto nelle tenebre, Lucifero fu incatenato e
gettato dentro mentre si innalzava un nero vapore. Tali avvenimenti
accadevano in seguito a determinate leggi divine.
Se non sbaglio
sentii che Lucifero sarà liberato e gli verranno tolte le
catene, cinquanta o sessant’anni prima degli anni 2000 dopo
Cristo, per un certo tempo. Sentii che altri avvenimenti sarebbero
accaduti in tempi determinati, ma che ho dimenticato. Alcune anime
dannate dovevano essere liberate per continuare a subire la punizione
di essere indotte in tentazione e sterminare i mondani. Io credo, che
ciò avvenga nella nostra epoca, almeno per alcuni di essi;
altri saranno liberati in futuro”.
L’8 gennaio del
1820 in Mtinster, Overberg diede al cappellano Niesing di Diilmen un
vasetto a forma di torre contenente delle reliquie per Anna
Katharina, che partì da Mùnster diretto a DUlmen con il
vasetto sotto il braccio. Sebbene la suora Emmerich non ne sapesse
nulla dell’intenzione di Overberg, cioè quella di
inviarle le reliquie, vide il cappellano ritornare a Dtilmen con una
fiamma bianca sotto il braccio. Più tardi disse: «Mi
meravigliai di come non si bruciasse, e mi venne quasi da sorridere
vedendo che camminava senza notare affatto la luce delle fiamme dal
colore dell’arcobaleno. Io vidi al principio solo queste fiamme
colorate, ma quando si avvicinò alla mia abitazione riconobbi
anche il vasetto. L’uomo passò davanti a casa mia
proseguendo oltre. Non potetti ricevere le reliquie. Fui veramente
dispiaciuta al pensiero che egli le avesse portate dall’altra
parte della cittadina. Questo fatto mi rese molto inquieta. Il giorno
dopo Niesing le consegnò il vasetto. Fu molto felice. Il 12
gennaio raccontò al “pellegrino” la visione sulla
reliquia: «Vidi l’anima di un giovinotto avvicinarsi in
sembianze ricche di splendore, e in una veste simile a quella della
mia guida. Sul suo capo splendeva un aureola bianca e mi disse che
aveva superato la tirannia dei sensi e di conseguenza aveva ricevuto
la salvezza. La vittoria sulla natura era avvenuta progressivamente.
Da fanciullo nonostante l’istinto gli dicesse di strappare le
rose egli non lo faceva, così iniziò a superare la
tirannia dei sensi. Dopo questo colloquio entrai in estasi, e
ricevetti una nuova Visione: vidi quest’anima, come un ragazzo
tredicenne, affaccendarsi in svariati giochi in un giardino dei
divertimenti bello e grande; aveva un cappello bizzarro, una giacca
gialla, aperta e attillata, che gli scendeva fino ai pantaloni, sulle
cui maniche vicino alla mano c’era un pizzo di stoffa. I
pantaloni erano allacciati in un modo molto stretto tutti da una
parte. La parte allacciata era di un’altro colore. Le ginocchia
dei pantaloni erano colorate, le scarpe erano strette e allacciate
con nastri. Il giardino aveva graziose siepi rasate e molte capanne e
case di giochi, le quali dentro erano rotonde e all’esterno
apparivano come quadrangolari. C’erano anche campi con molti
alberi, dove lavorava della gente. Questi lavoratori erano vestiti
come i pastori del presepe del convento. Mi ricordai quando mi
curvavo su di loro per guardarli o sistemarli. Il giardino
apparteneva a gente distinta che viveva nella stessa importante città
di quel fanciullo. Nel giardino era concesso passeggiare. Vidi i
fanciulli che saltavano allegri e spezzavano rose bianche e rosse. Il
beato giovinetto superò i suoi istinti nonostante che gli
altri gli mettessero i grandi cespugli di rose davanti al naso. A
questo punto quest’anima beata mi disse: “Imparai a
vincere me stesso attraverso altre difficoltà:
tra i vicini
si trovava una fanciulla mia compagna di giochi, di grande bellezza,
l’amai di grande amore innocente. I miei genitori erano devoti
e imparavano molto dalle prediche ed io, che ero con loro, avevo
udito spesso prima di tutto in chiesa, quanto fosse importante
vegliare sulle tentazioni. Solo con grande violenza e superamento di
me stesso potei evitare il rapporto con la fanciulla, così
come poi fu per la rinuncia verso le rose”. Quando egli finì
di parlare vidi questa vergine, molto graziosa e fiorente come una
rosa, dirigersi in città. La bella casa dei genitori del
fanciullo si trovava nella grande piazza del mercato, era di forma
quadrangolare. Le case erano costruite su delle arcate. Suo padre era
un ricco commerciante. Giunsi nella casa e vidi i genitori, e altri
bambini. Era una bella famiglia, cristiana e devota. Il padre
commerciava vino e tessuti; era vestito con gran sfoggio e aveva un
portamonete di pelle appeso ad un fianco. Era un uomo grande e
grosso. Anche la madre era una donna forte, aveva una folta e
meravigliosa capigliatura. Il giovinetto era il maggiore tra i figli
di questa brava gente. Fuori dalla casa stavano carrozze cariche di
merce. Al centro del mercato si trovava una fontana meravigliosa
circondata da una grata artistica in ferro con figure tratteggiate di
uomini famosi; al centro della fontana faceva spicco una artistica
figura che versava l’acqua.
Ai quattro angoli del mercato si trovavano piccoli edifici come
garitte. La città, che sembrava trovarsi in Germania, era
situata in una zona tre-menda; da una parte era circondata da un
fossato, dall’altra scorreva un fiume abbastanza grande; aveva
sette chiese, ma nessuna torre d’importanza significativa. I
tetti erano pendenti, a punta, ma la parte anteriore della casa del
giovinetto era quadrangolare. Vidi quest’ultimo giungere in un
convento isolato per studiare. Il convento era situato su una
montagna dove cresceva l’uva ed era a circa dodici ore dalla
città paterna. Egli era molto diligente e molto fervido e
fiducioso verso la Santa Madre di Dio. Quando non capiva qualcosa dai
libri, parlava all’immagine di Maria dicendole: “Tu hai
insegnato al tuo Bambino, tu sei anche mia madre insegna anche me!”
Così accadde che un giorno gli apparve personalmente Maria e
prese a dargli insegnamenti. Egli era interamente innocente, semplice
e disinvolto con Lei e non voleva divenire sacerdote per umiltà,
ma veniva apprezzato per la sua devozione. Restò tre anni in
convento, poi si ammalò gravemente e mori a soli ventitré
anni. Fu anche sotterrato nello stesso luogo. Un suo conoscente pregò
molto sulla sua tomba, per più anni. Costui non riusciva a
superare le sue passioni e spesso cadeva nei peccati; egli riponeva
grande fiducia nel defunto e pregava per lui ininterrottamente.
Infine gli apparve l’anima del giovinetto e gli disse che
avrebbe dovuto rendere pubblico un segno circolare sul suo dito
formato da un anello, che aveva ricevuto durante il suo matrimonio
mistico con Gesù e Maria. Il conoscente avrebbe dovuto rendere
nota questa visione, e il relativo colloquio in modo che tutti, dopo
aver trovato il segno sulla sua salma, si convincessero della
veridicità di questa visione.
L’amico così
fece, e rese nota la visione. La salma venne riesumata e si constatò
l’esistenza del segno sul dito. Il giovine defunto non fu
santificato, ma mi richiamò chiaramente alla mente la figura
di san Luigi.
L’anima di questo giovinetto mi condusse
in un luogo simile alla Gerusalemme celeste. Tutto sembrava
splendente e diafano. Giunsi ad una grande piazza circondata da
palazzi bellissimi e lucenti dove, al centro, c’era una tavola
lunga e coperta di indescrivibili portate. Vidi fuoriuscire dai
quattro palazzi antistanti archi di fiori che arrivavano fino al
centro della tavola, sulla quale si univano incrociandosi e formando
un’unica corona adornata. Intorno a questa meravigliosa corona
vidi luccicare i nomi di Gesù e Maria. Gli archi erano
confezionati con fiori di moltissime varietà, di frutta e
figure splendenti. Io riconobbi il significato di tutto e di ogni
cosa, in quanto quella natura era da sempre dentro di me, come del
resto in tutte le creature umane. Nel nostro mondo terreno questo non
si può esprimere in parole. Più discostate dai palazzi,
in un solo lato, c’erano due chiese dalla forma ottagonale, una
dedicata a Maria, l’altra al Bambino Gesù. In quel
luogo, vicino ai palazzi luminosi, si libravano nell’aria le
anime di bambini beati. Indossavano gli abiti di quando erano in vita
e tra loro riconobbi molti dei miei compagni di giochi. Quelli che
erano morti prematuramente. Le anime mi vennero incontro per darmi il
benvenuto. Prima li vidi sotto questa forma, poi presero consistenza
corporale così come erano stati realmente in vita. Tra’
tutti riconobbi subito Gasparino, il fratellino di Dierik, un
fanciullo malizioso negli scherzi ma non cattivo, il quale morì
a soli undici anni in seguito ad una lunga e dolorosa malattia.
Costui mi venne incontro e guidandomi mi spiegò ogni cosa, mi
meravigliai nel vedere il maleducato Gasparino così fine e
bello. Quando gli spiegai la mia meraviglia per essere giunta in
questo posto mi rispose: “Qui non vieni con i piedi ma con
l’anima”. Questa costatazione mi diede molta gioia. Poi
enumerò alcuni ricordi e mi disse: “Una volta ti affilai
il coltello per aiutarti a tua insaputa. Allora ho superato i miei
istinti con mio profitto. Tua madre ti aveva dato qualcosa da
tagliare, ma non potevi farlo perché il coltello non era
affilato, allora ti disperasti e piangesti. Avevi paura che tua madre
ti rimproverasse. Io vidi e dissi: “Voglio vedere se la madre
grida; poi però superando questo basso istinto pensai: “Voglio
affilare il vecchio coltello”. Lo feci e ti aiutai, ne venne a
profitto alla mia anima. Una volta, vedendo come gli altri bambini
giocavano in modo screanzato, non volesti più giocare con noi
dicendo che quelli erano giochi cattivi, e andasti a sedere sopra una
tomba piangendo. Ti venni dietro per domandarti il motivo, mi dicesti
che qualcuno ti aveva mandato via, dandomi l’opportunità
di farmi riflettere e, superando il mio istinto, smisi di giocare.
Anche questa cosa mi portò un buon profitto. Un altro ricordo
sui nostri giochi è quando ci lanciavamo l’uno contro
l’altro le mele cadute, e tu dicesti che non avremmo dovuto
farlo. Mia mia risposta, che se non l’avessimo fatto gli altri
ci avrebbero provocati, tu dicesti “noi non dovremmo mai dare
agli altri la possibilità di provocarci e farci arrabbiare,”
e non lanciasti alcuna mela, così feci anch’io e ne
trassi profitto. Solo una volta ti tirai contro un osso e il
dispiacere di quest’azione mi rimase nel cuore. Di questi
ricordi parlai piuttosto a lungo con Gasparino.
Sospesi
nell’aria ci accostammo alla tavola posta nel mercato ricevendo
una qualità di cibo in relazione alle prove superate e lo
potevamo gustare solo in virtù di quello che abbiamo compreso.
Poi si levò una voce: “Solo chi può capire queste
pietanze le può gustare”. Le pietanze erano per la
maggior parte fiori, frutta, pietre lucenti, figure ed erbe, che
avevano una sostanza spirituale diversa da quella che materialmente
hanno sulla terra. Queste pietanze erano circondate da uno splendore
del tutto indescrivibile ed erano contenute su piatti immersi in
un’energia mistica meravigliosa. ii tavolo era occupato anche
da bicchierini di cristallo con figure piriformi, nei quali un tempo
contenevo i medicinali Una delle prime portate consisteva in mirre
dosate meravigliosamente Da una scodella dorata emergeva un piccolo
calice, il cui coperchio aveva un pomo e sullo stesso un crocefisso
piccolo e fine. Intorno al margine c’erano lettere lucenti di
un colore violetto blu. Non potevo ricordare l’iscrizione che
conobbi solo in futuro. Dalle scodelle fuoriuscivano in forma
piramidale gialla e verde i più bei mazzi di mirra che
andavano fin dentro i calici. Questa mirra si presentava come un
insieme di foglioline dai fiori bizzarri come chiodi di garofano di
immensa bellezza; sopra c’era un bocciolo rosso intorno al
quale spiccava un bel blu-viola. L’amarezza di questa mirra
donava un meraviglioso e rinforzante aroma per lo spirito. Io
ricevetti questa pietanza perché portavo segretamente, in
silenzio, tanta amarezza nel cuore. Per quelle mele che non raccolsi
per lanciarle contro gli altri, ebbi il godimento delle mele
luminose. Ce n’erano molte, tutte insieme su un solo ramo.
Ricevetti pure una pietanza in relazione al pane duro che avevo
suddiviso con i poveri, sotto forma di un pezzo di pane duro ma
lucente come un cristallo multicolore che si rispecchiava sul piatto
cristallino. Per aver evitato il gioco maleducato ricevetti un abito
bianco. Gasparino mi spiegò tutto. Così ci accostammo
sempre più al tavolo e vidi un sassolino nel mio piatto, come
lo ebbi in passato nel convento. Allora mi sentii dire che prima
della morte avrei ricevuto un abito e una pietra bianca, sulla quale
stava un nome che solo io potevo leggere. Alla fine della tavola
veniva ricambiato l’amore per il prossimo, rappresentato da
abiti, frutta, composizioni, rose bianche e tutto bianco, con
pietanze dalle forme meravigliose. Non posso descrivere il tutto
nella maniera giusta. Gasparino mi disse: “Adesso vogliamo
mostrarti anche il nostro piccolo presepe, perché tu hai
sempre giocato volentieri con i presepi”. Così andammo
tutti verso le chiese entrando subito nella chiesa della Madre di Dio
nella quale si trovava un coro permanente ed un altare sul quale
erano esposte tutte le immagini della vita di Maria; intorno si
potevano vedere i cori degli adoratori. Attraverso questa chiesa si
giungeva al presepe posto nell’altra chiesa, dove c’era
un altare con sopra una rappresentazione della nascita del Signore e
tutte le immagini della sua vita fino a quella dell’ultima
Cena; così come l’avevo vista sempre nelle Visioni.
A
questo punto Anna Katharina si interruppe per avvertire con grande
ansia il “pellegrino” di lavorare per la sua salvezza, di
farlo oggi e non domani. La vita è breve e il giudizio del
Signore molto severo.
Poi continuò: «Giunsi in un
luogo elevato, ebbi l’impressione di salire in un giardino dove
si mostrava tanta magnifica frutta, e alcune tavole erano riccamente
adornate, con sopra molti doni. Vidi provenire da tutte le parti
anime che si libravano intorno. Alcune di queste avevano preso parte
all’attività del mondo con i loro studi e il loro
lavoro, e aiutato gli altri. Queste anime, appena giunte, presero a
sparpagliarsi nel giardino. Poi si presentavano una dopo l’altra,
per ricevere un tavolo e prendere la loro ricompensa. Al centro del
giard0 stava un piedistallo mezzo rotondo a forma di scale, pieno
delle più belle delizie. Davanti e ad entrambi i lati del
giardino premevano i poveri che reclamavano qualcosa mostrando dei
libri. Questo giardino aveva qualcosa di simile ad un bellissimo
portone, da dove si intravedeva una via. Da questo portone vidi
giungere un corteo composto dalle anime dei presenti che formarono
fila su due lati, per accogliere e dare il benvenuto ai sopraggiunti
fra i quali si trovava il beato Stolberg . Si muovevano in una
processione ordinata e avevano con loro bandiere e corone di fiori.
Quattro di essi portavano sulle spalle una lettiga d’onore,
sulla quale era adagiato il Santo mezzo sdraiato, sembrava che gli
stessi non trasportassero alcun peso. Gli altri lo seguivano e coloro
che attendevano il suo arrivo avevano fiori e corone. Una di queste
era anche sul capo del defunto, intrecciata di rose bianche,
pietruzze e stelle luccicanti. La corona non era posata sul suo capo,
ma si librava sul medesimo, restando sospesa. All’inizio queste
anime mi apparvero tutte simili, come fu per i bambini, ma poi sembrò
che ognuna avesse una propria condizione, e vidi che erano coloro che
con il lavoro e l’insegnamento avevano guidato gli altri alla
salvezza. Vidi Stolberg librarsi in aria sulla sua lettiga, la quale
scomparve mentre lui si avvicinava ai suoi doni. Dietro la colonna
mezza rotonda apparve un Angelo mentre al terzo gradino della
medesima, pieno di frutta preziosa, vasi e fiori, fuoriuscì un
braccio che porse ai circostanti un libro aperto. L’Angelo
riceveva a sua volta anime circostanti, dei libri, dentro i quali
egli segnava qualcosa e li poneva sul secondo gradino della colonna,
dalla sua parte; poi consegnava alle anime delle scritte grandi e
piccole, le quali passando mano per mano si dilatavano. Io vidi dalla
parte dov’era Stolberg, scorrere tante piccole scritte. Mi
sembrò che queste fossero state una testimonianza della
continuazione celeste dell’opera terrena di tali anime.
Il beato Stolberg ricevè, dal “braccio”
fuoriuscito dalla colonna, un grande piatto trasparente, nel cui
centro appariva un bel calice e intorno a questo uva, piccoli pani,
pietre preziose e bottigliette di cristallo. Le anime bevevano dalle
bottigliette e godevano tutto. Stolberg suddivideva il tutto, uno ad
uno. Le anime comunicavano tra di loro tendendosi la mano, infine
tutti furono condotti più in alto per ringraziare il
Signore.
Dopo questa visione la mia guida mi disse che dovevo
recarmi dal Papa a Roma e indurlo alla preghiera; egli mi avrebbe
detto tutto quello che avrei dovuto fare’.