14 - Si narrano la conversione di san Paolo
Suor Maria d'Agreda
Cerca nella documentazione. Scegli una categoria e compila la form cliccando sul pulsante Cerca.
Leggi la Bibbia. Scegli un versetto utilizzando la form qui sotto.
Si narrano la conversione di san Paolo, ciò che Maria santissima operò in essa e altri occulti misteri.
248. La nostra madre Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, celebra la conversione di san Paolo come uno dei miracoli più considerevoli e a consolazione dei peccatori, perché questi da persecutore, violento e bestemmiatore, in base a quello che egli stesso afferma, grazie alla misericordia divina divenne un apostolo. A ciò partecipò anche la Regina , così che non si può tralasciare nella sua Storia questa rara meraviglia, la cui eccellenza si comprenderà meglio spiegando in che condizioni egli si trovasse quando il suo nome era Saulo, ed esponendo le ragioni per le quali era fautore dei decreti di Mosè e nemico di quelli di sua Maestà.
249. Per due motivi si contraddistingueva nel giudaismo: l'uno era la sua indole naturale e l'altro l'astuzia del demonio che l'aveva saputa individuare. Aveva un cuore grande, era magnanimo, solerte, attivo, efficiente e costante in quello che si prefiggeva; inoltre, aveva acquistato parecchie buone qualità e si vantava di essere un profondo conoscitore e maestro della legge, anche se in realtà ne era ignorante poiché la sua scienza era soltanto umana e terrena e, come tanti altri israeliti, la intendeva solo esteriormente senza l'illuminazione celeste necessaria per penetrarla con verità. Siccome credeva che la sua fosse autentica sapienza ed era accanito nel sostenere le tradizioni dei padri, stimava indegno e incoerente che contro di esse si divulgassero dei nuovi precetti, inventati da un uomo crocifisso come reo, mentre il liberatore dall'Egitto li aveva ricevuti sul monte direttamente da Dio. Per questo iniziò a disprezzare e odiare il Nazareno, le sue parole e i suoi discepoli. Le doti morali che aveva, se si possono chiamare tali perché prive di carità, contribuivano a confermarlo nell'errore: con esse presumeva di sé osservando che in altro dava nel segno e giudicava e agiva rettamente, come accade frequentemente a molti figli di Adamo che si compiacciono quando compiono qualcosa di positivo e con questa soddisfazione non si sforzano di correggersi in vizi maggiori. Viveva e operava così ingannato e, attaccato com'era alle antiche prescrizioni, era convinto di onorare l'Altissimo, mentre non aveva capito che quelle, nei riti e nelle immagini, erano transitorie e non eterne e che sarebbe nato un profeta più forte e saggio di Mosè, secondo quanto era stato preannunciato.
250. Al suo importuno zelo e alla sua innata irruenza si aggiunse la malizia di Lucifero e dei suoi ministri, che provavano a irritarlo, a metterlo in movimento e ad aumentare il suo sdegno verso il nostro Salvatore. Ho parlato spesso delle loro macchinazioni infernali, e una di queste consisteva proprio nel cercare con attentissima vigilanza chi fosse più adatto per tendenze e consuetudini ad essere strumento della loro malvagità. Essi, anche se possono tentare le anime singolarmente, da soli non sono in grado di innalzare in pubblico lo stendardo, facendosi capi di qualche setta o scovando chi si schieri contro l'Onnipotente; per ciò, infatti, si devono servire di alcuni tra i mortali, che a loro volta vengano seguiti da altri ugualmente ciechi e abbagliati. Il dragone era furibondo nel vedere il felice principio della cristianità e ne temeva il progresso, bruciando inoltre di smisurata invidia poiché anche gli esseri inferiori erano sollevati alla partecipazione della gloria del Signore, che egli, per la sua superbia, non aveva meritato. Riconobbe le inclinazioni, le abitudini e lo stato della coscienza del giovane, e ritenne che tutto quadrasse con la sua brama di mandare in rovina la comunità ecclesiale per mano di alcuni increduli adeguati per tale abominio.
251. Satana consultò i suoi e insieme decisero di assistere continuamente il futuro fedele per insinuare in lui suggestioni e ragioni conformi all'indignazione che egli aveva verso il gregge del nostro pastore. Erano sicuri che le avrebbe accettate tutte se avessero dato loro l'aspetto di altrettanti suoi trionfi, eccitandolo con qualche falsa e illusoria sembianza di virtù, e attuarono il loro intento senza perdere né tempo né occasione alcuna. Saulo disapprovava gli insegnamenti evangelici dall'inizio della predicazione, ma finché il Redentore rimase quaggiù non si dichiarò un custode così ardente della legge e la sua collera si manifestò solo dopo la lapidazione di santo Stefano. In quella circostanza il serpente trovò il suo cuore pronto ad eseguire tutte le perversità che fomentava in lui, e diventò tanto arrogante nella propria malignità che gli parve di non poter desiderare di meglio e che costui si sarebbe piegato a qualunque scelleratezza.
252. Pretese allora che ammazzasse di persona tutti gli apostoli e, temerarietà ancor più raccapricciante, addirittura la stessa Maria. La sua crudeltà arrivò sino a questo punto, ma in tale follia si sbagliò perché egli, che era d'indole nobile e generosa, ponderando la cosa interiormente ritenne che non fosse degno di lui macchiarsi di un simile tradimento da vile sicario, mentre avrebbe potuto annientare la dottrina di Gesù con l'intelligenza e il diritto. Il cittadino di Tarso avvertì una grande ripugnanza a pensare di sopprimere la beatissima Madre, sia per il rispetto che le si doveva come donna sia perché era stata ammirevole e costante nella passione del suo Unigenito e gli sembrava che le spettasse venerazione; la compativa, poi, per tutte le pene acerbissime che aveva sopportato. La pietà per la sofferenza di lei contribuì ad accelerare la sua conversione. Per queste riflessioni non accolse quell'inumano suggerimento e non acconsentì neppure all'uccisione dei Dodici, anche se aveva l'apparenza di un'impresa confacente al suo audace coraggio. Rifiutando di compiere queste atrocità si propose, però, di superare tutti i giudei nell'oppressione della Chiesa, fino alla sua distruzione.
253. Il principe delle tenebre e i suoi si accontentarono di tale risoluzione, poiché non potevano conseguire di più. Affinché si comprenda la loro ira verso il Creatore e le sue opere, sia noto che in quello stesso giorno ci fu un altro conciliabolo per discutere sul modo in cui riuscire a mantenere a lungo l'esistenza terrena di un individuo così adatto per mettere in atto le loro iniquità. Avevano chiaro di non possedere nessuna autorità sulla vita, né per donarla né per toglierla, se non con la licenza dell'Altissimo in qualche caso speciale, ma ugualmente si vollero costituire suoi medici e tutori, stimolando la sua immaginazione perché stesse lontano da quanto lo danneggiava e facesse uso di quello che gli giovava, e applicando altre cause naturali per conservargli la salute. Nonostante tante attenzioni, non furono in grado di impedire che la grazia agisse in lui, dato che questa era volontà divina; per altro, non si preoccupavano di quel particolare, non sospettando affatto che egli avrebbe accettato la lieta novella e che la sua presenza sarebbe stata utile proprio per la loro disfatta. È la sapienza superna che ordina ciò, inducendo in errore il demonio affinché cada nella fossa e nel laccio che ha teso e le sue macchinazioni vadano a favore dei disegni celesti, senza che possa opporsi.
254. Sua Maestà aveva stabilito che la conversione di Paolo fosse più mirabile e gloriosa, e dunque permise che egli, incitato da Lucifero con l'evento del primo martirio, si recasse dal sommo sacerdote, minacciando strage contro i cristiani dispersi fuori da Gerusalemme e sollecitando lettere al fine di essere autorizzato a imprigionare in città chiunque avesse rintracciatoti. Il giovane si disse disposto a dare se stesso e i suoi beni, facendo a proprie spese e senza nessun salario quel viaggio in difesa dei precetti dei suoi antenati, perché non prevalessero i nuovi. Questa offerta inclinò maggiormente il suo interlocutore ad accondiscendere alla richiesta e fu subito mandato a Damasco, dove si erano ritirati alcuni dei discepoli. Andarono anche i ministri della giustizia e qualche soldato, ma la compagnia più cospicua era costituita da numerose legioni di diavoli usciti dall'inferno per assisterlo in una simile avventura, convinti com'erano che in questa maniera, avvalendosi di lui, avrebbero soffocato la fede una volta per tutte. In realtà tale era la mira che egli aveva e che satana suggeriva a lui e a chi era con lui; per adesso, però, lasciamolo su questa strada.
255. Niente di ciò era nascosto alla Vergine, in quanto, oltre alle visioni con cui penetrava ogni più impercettibile pensiero, era informata di tutto dai Dodici. Da tempo sapeva, inoltre, che Saulo sarebbe diventato apostolo, predicatore delle genti e personaggio assai insigne ed esemplare nella comunità dei credenti, e questo le era stato svelato dal Signore come si è raccontato nella seconda parte della Storia. Provò un acuto dolore constatando che cresceva la persecuzione, che si faceva attendere il frutto che costui avrebbe apportato con tanta lode del supremo Re e che intanto i fedeli, ignorando l'imperscrutabile segreto, si rattristavano e si avvilivano molto perché erano al corrente dello sdegno con cui erano ricercati. Stimò, allora, con la sua saggezza il peso di quella missione, e si rivestì di decisione e confidenza per domandare il rimedio della situazione e la trasformazione dell'intimo di quell'avversario; prostrata al cospetto di Gesù levò questa supplica:
256. «Eccelso Figlio dell'eterno Padre, Dio vero da Dio vero, generato dalla sua stessa sostanza e nato dal mio grembo per vostra ineffabile benignità, mio tesoro, come vivrò io, vostra serva e custode della vostra Chiesa, se la violenza contro di essa prevale e non è sconfitta dal vostro straordinario potere? Come soffrirò vedendo spregiato il prezzo della vostra passione? Se voi mi affidate i vostri piccoli, e io li curo e li proteggo con affetto materno, come potrò avere conforto scorgendoli oppressi perché confessano il vostro nome e vi amano sinceramente? A voi appartengono la grandezza e la potenza e non è opportuno che il drago, ostile calunniatore dei vostri fratelli, si vanti contro di voi. Confondete l'antica superbia di questo serpente, che torna a sollevarsi e a scagliarsi rabbiosamente sulle pecore del vostro gregge. Considerate in che inganno tenga irretito colui che voi avete designato come vostro inviato. È ormai ora di dispiegare il vigore del vostro braccio e di redimere quell'anima, che deve magnificare voi e beneficare l'intero universo».
257. Maria perseverò a lungo in questa orazione, pronta a penare e a morire, se necessario, per la salvezza dei battezzati e per il rinnovamento interiore del futuro missionario. Siccome il Redentore aveva determinato di operare ciò attraverso la sua intercessione, discese dall'empireo e le apparve nel cenacolo, dove ella stava raccolta. Le si rivolse con la consueta tenerezza: «Mia diletta, in cui ho trovato la compiacenza del mio volere, che cosa chiedete? Che cosa bramate?». L'umile Principessa si abbassò ancora al suolo, come era solita fare davanti a lui, lo adorò e affermò: «Sovrano immenso, da sempre leggete le menti e i cuori delle creature, e le mie ansie sono palesi ai vostri occhi. La mia è l'invocazione di chi conosce la vostra illimitata bontà verso di noi e di chi è madre dei cristiani, avvocata dei peccatori e vostra ancella. Dal momento che ho ricevuto tutto gratuitamente, non posso temere che le mie aspirazioni siano disprezzate. Volgete lo sguardo sull'afflizione di coloro che avete generato col vostro sangue prezioso e soccorreteli prontamente come padre premuroso».
258. Egli desiderava ascoltare la sua voce e perciò in questa circostanza si lasciò implorare di più, come per mercanteggiare quello che anelava di concederle; ebbe con lei alcuni fervidi colloqui e le parlò: «Carissima, in che modo sarà soddisfatta la mia equità, affinché io sia clemente con quell'uomo tanto scettico e malizioso, che è degno di riprovazione e castigo poiché collabora con i miei nemici per eliminare i discepoli e cancellare il mio ricordo dal mondo?». Di fronte a una logica di giustizia così convincente, non mancò la soluzione alla Regina della prudenza e della misericordia: «Mio incommensurabile Unigenito, per l'elezione di Paolo non furono di impedimento le sue colpe, né queste acque spensero il fuoco del vostro amore$, come voi mi avete rivelato. Furono molto più efficaci i vostri meriti, grazie ai quali avete già predisposto la costruzione della comunità ecclesiale; quindi, io non reclamo niente che non sia già stato decretato. Mi duole che egli avanzi verso la rovina sua e degli altri, e che ritardi la vostra gloria, la gioia degli angeli' e dei santi, la consolazione dei retti, la fiducia dei rei e la confusione dei tentatori. Orsù, dunque, non ignorate i miei appelli ed eseguite quanto avete stabilito, così che io vi veda esaltato, perché è giunto il tempo e l'occasione è propizia. Non tollero più che un simile bene resti lontano».
259. In questa elevazione la fiamma della carità avvampò talmente nel suo petto che le avrebbe consumato la vita, se il Figlio stesso non gliel'avesse conservata pur permettendo che percepisse allora con i suoi sensi qualche dolore per essere in tale maniera obbligato da un ardore tanto acceso; ma egli, non potendo più resistere a questa forza che lo feriva intimamente, le diede sollievo assicurando: «Mia prescelta, si compia senza indugio la vostra volontà. Io farò con Saulo quanto domandate, ed egli diventerà immediatamente difensore di ciò che ora combatte e predicatore del Vangelo. Vado subito a renderlo partecipe della mia amicizia».
260. Quando fu sparito, ella continuò a pregare e ad osservare chiaramente quello che stava succedendo. Poco dopo, sulla via di Damasco, sua Maestà si manifestò in una nuvola di splendore al giovane, che a cavallo si dirigeva velocemente là mentre la sua irritazione andava sempre crescendo. Questi fu avvolto dentro e fuori da un fulgore che lo avvinse senza che potesse opporsi. E cadendo a terra udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». E la voce: «Io sono Gesù, che tu perseguiti!». E ancora: «Duro è per te ricalcitrare contro il pungolo». Ribatté di nuovo con più tremore: «Signore, che cosa vuoi che io faccia?». I suoi accompagnatori sentirono tutto, ma non scorsero che la nube luminosa, rimanendo lungamente attoniti per un avvenimento così inaspettato e repentino, e quasi tramortiti per lo spavento.
261. Questa singolare meraviglia fu mirabile più per il mutamento nascosto che per quello apparente; egli, infatti, non solo si trovò prostrato, cieco e inerte, tanto che se non avesse avuto il conforto superno sarebbe venuto meno, ma interiormente fu trasformato più di quando, dal nulla, aveva cominciato ad esistere. Era in una condizione maggiormente distante da quella precedente di quanto non lo siano la luce dalle tenebre e il cielo dalla terra, perché passò dall'immagine e somiglianza di un diavolo a quella di un serafino. La sapienza della Trinità dispose che in tale miracolo, in virtù della crocifissione, fosse schiacciata la malizia del dragone, contrapponendo gli effetti della redenzione alla caduta e alle sue conseguenze. Così accadde e, come Lucifero a causa della sua superbia da angelo si era tramutato in demonio, la santità di Cristo cambiò Saulo da demonio in angelo nella grazia: nella natura angelica la suprema bellezza discese alla somma bruttezza e in quella umana la più grande bruttezza si sollevò alla più sublime bellezza; satana, nemico di Dio, discese dal più alto dei cieli alle profondità della terra, mentre costui, amico dello stesso Dio, ascese dalla terra al più alto dei cieli.
262. Siccome il trionfo non sarebbe stato sufficientemente glorioso se non fosse stato concesso a quest'ultimo più di ciò di cui era stato privato il principe del male, l'Onnipotente aggiunse tale eccellenza alla vittoria conseguita. Il serpente, anche se era precipitato da uno stato eminente, non aveva perso il godimento perpetuo poiché questo non gli era stato elargito ed egli non l'aveva guadagnato; a Paolo, invece, nel medesimo istante in cui fu reso giusto, venne comunicata anche la visione della Divinità, pur se transitoria. O efficacia insuperabile del potere infinito! O valore incommensurabile delle opere e della passione dell'Unigenito! Certamente era logico che, se la colpa in un attimo aveva fatto divenire demonio l'angelo, la grazia fosse più sovrabbondante, innalzando tanto un mortale. Questo prodigio fu più eccelso che quello di aver dato origine all'universo e a quanti vi abitano, di aver dato la vista ai ciechi, la salute agli infermi e la risurrezione ai defunti. Noi, corrotti, ci dobbiamo rallegrare per la speranza che una simile remissione ci lascia; infatti, abbiamo come salvatore, padre e fratello quello stesso che lo liberò e che per noi non è meno forte di quanto non lo sia stato per lui.
263. Mentre egli stava abbassato al suolo, contrito per i suoi misfatti e rinnovato completamente dai numerosi doni infusi, fu opportunamente illuminato in tutte le sue facoltà. Venne sollevato così all'empireo, che definì terzo cielo, confessando di non sapere se tale rapimento fosse stato anche nel corpo o solo nello spirito. Qui contemplò l'Altissimo intuitivamente, ma di passaggio: apprese i suoi perfetti attributi, i misteri dell'incarnazione, del nostro riscatto, della Chiesa e della legge evangelica; capì, inoltre, il beneficio incomparabile che aveva ricevuto, nonché le suppliche che per lui avevano fatto Stefano e Maria, la quale con i propri meriti, uniti a quelli del Figlio, aveva accelerato e preparato nel consenso della Provvidenza la sua adesione alla fede. Da allora fu pieno di gratitudine verso di lei, che considerò sempre sua riparatrice. Intese ancora il mandato di apostolo al quale era chiamato e quanto in esso avrebbe dovuto faticare e tribolare sino al martirio. Insieme a questi gli furono rivelati molti altri arcani che, come egli stesso afferma, non gli era permesso di riferire. Volle adempiere, sacrificando tutto, ciò che era volontà del Signore, che accettò l'offerta delle sue labbra e in presenza della sua corte lo nominò predicatore, dottore delle genti e vaso di elezione destinato a propagare ovunque il lieto annuncio.
264. Quello fu un momento di enorme felicità e di gaudio accidentale per i beati, che composero nuovi cantici di lode per celebrare sua Maestà per un evento così straordinario; infatti, se la conversione di qualunque peccatore provoca ad essi tanta gioia, quale sarà stato il loro giubilo per questa che manifestava la magnificenza e la bontà del Creatore e che giovava a tutti? Al termine dell'estasi Saulo fu trasformato in san Paolo e, alzandosi, si accorse di non poter vedere. Fu guidato a Damasco, a casa di un suo conoscente, e tra l'ammirazione generale vi rimase per tre giorni senza prendere né cibo né bevanda ed in intensa orazione. All'arrivo si inginocchiò e, pentito amaramente, anche se era già stato perdonato, con sofferenza e avversione per il suo passato proruppe in queste parole: «Ahimè, in quali tenebre ho vissuto e quanto velocemente sarei giunto alla perdizione! Oh, amore sconfinato! Oh, compassione senza misura! Oh, soavità dolcissima della tenerezza superna! Chi mai, immenso sovrano, vi spinse a dar prova di una tale benevolenza verso questo vostro nemico e bestemmiatore? Ma chi lo avrebbe potuto se non voi stesso e l'intercessione di colei che è vostra madre e sposa? Quando io nell'oscurità vi perseguitavo, voi, benigno, mi siete venuto incontro; quando io andavo a spargere il sangue innocente, che avrebbe gridato per sempre contro di me, voi, clemente, mi avete lavato col vostro e mi avete reso partecipe della vostra divinità. Come canterò in eterno le vostre misericordie? Come piangerò una condotta tanto ripugnante ai vostri occhi? Tutto ciò che esiste esalti la vostra grandezza. Io diffonderò la buona novella e la difenderò in mezzo ai pagani». Ripeteva queste e altre espressioni con ineffabile dolore e con altri atti di ardentissima carità, umiltà e riconoscenza.
265. Trascorso quel tempo, Cristo comparve ad Anania, un credente della città, gli si rivolse confidenzialmente e gli indicò la strada per la dimora di un certo Giuda, dove avrebbe trovato in profondo raccoglimento Saulo di Tarso, che simultaneamente ebbe un'altra visione, nella quale scorse che tale discepolo gli si avvicinava e gli imponeva le mani per togliergli la cecità. Questi, però, non avendo avuto ancora notizia di lui, rispose: «Riguardo a quest'uomo ho udito il male che ha già fatto ai vostri seguaci e, non ancora soddisfatto, è venuto qui con l'autorizzazione di arrestare tutti coloro che vi pregano. Ora comandate a me, semplice pecorella, di cercare il lupo che mi vuole divorare?». Il Redentore replicò: «Va, perché egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli d'Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome»; gli palesò così tutto quello che era capitato.
266. Fidandosi di questo, egli si recò subito da lui e gli disse: «Saulo, fratello mio, mi ha mandato a te il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo». Il giovane dopo aver ricevuto la comunione, che lo rinvigorì e lo rassicurò, rese grazie per tutti questi favori e si nutrì dopo molte ore di digiuno. Si fermò per un po' insieme ai fedeli di quel posto, domandando loro pietà e implorandoli di accoglierlo come servo e fratello, benché fosse il più piccolo e il più indegno. Avuto il loro assenso, uscì immediatamente nelle sinagoghe a proclamare il Nazareno come salvatore del mondo, e lo faceva con tanto fervore e zelo che chi lo ascoltava si stupiva ed esclamava: «Ma costui non è quel tale che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocano questo nome ed era venuto qua precisamente per condurli in catene dai sommi sacerdoti?».
267. Predicava con sempre più ardire e con rinnovate energie, confondendo i giudei a tal punto che essi fecero un complotto per ucciderlo. Questa miracolosa conversione avvenne il venticinque di gennaio, data in cui viene solennizzata, al compiersi del primo mese del trentaseiesimo anno dalla nascita del Messia, un anno e un mese dopo la lapidazione di Stefano, che infatti ebbe luogo il primo giorno dopo la fine del trentaquattresimo anno da essa; in quel periodo san Giacomo era già impegnato nella sua missione.
268. Ritorniamo a interessarci della nostra Principessa, che tramite le consuete illuminazioni era informata di tutto ciò che concerneva il nuovo apostolo: il suo infausto passato, il furore contro la Chiesa , la caduta da cavallo, il mutamento, il singolare beneficio di essere sollevato all'empireo e di contemplare l'Altissimo, e tutto il resto che stava avvenendo a Damasco. Era opportuno che le fosse rivelato questo sublime mistero, sia perché era Madre di Dio e della comunità ecclesiale, sia perché ella sola era capace di glorificare convenientemente il supremo Re, più dello stesso Paolo e dell'intero corpo mistico; inoltre, non era ragionevole che un simile prodigio rimanesse senza la dovuta gratitudine. Ella fu la prima a celebrarlo con quella corrispondenza a cui poteva estendersi tutta l'umanità e invitò innumerevoli angeli, che scesero dal cielo per comporre con lei un inno di lode per magnificare la potenza, la sapienza e la generosità del Padre, e un altro per esaltare i meriti del suo Unigenito, per i quali era stata realizzata tale meraviglia. Questi apprezzò la sua riconoscenza e fedeltà e si compiacque di quanto aveva operato a vantaggio dei devoti.
269. Non si possono omettere le supposizioni dell'antico oppressore in relazione al posto che avrebbe occupato nell'intimo della Vergine e al giudizio che ella si sarebbe fatta di lui, prima così ostile al nostro Maestro; queste riflessioni nacquero non dall'ignoranza, ma dall'umiltà e dal rispetto che aveva per lei. Era all'oscuro che a Maria fosse già noto l'accaduto e, anche se gli era stata manifestata la sua clemenza di mediatrice, si abbatteva e sgomentava a causa della precedente immoralità considerandosi indegno della sua grazia. Gli sembrava che per cancellare colpe tanto gravi fosse indispensabile una misericordia infinita, mentre ella era una semplice creatura; tuttavia, lo incoraggiava il fatto che avesse perdonato i crocifissori di Cristo. Gli altri gli raccontavano della sua dolcezza verso i malfattori e i bisognosi, e in lui si accendeva sempre di più il desiderio di vederla, di prostrarsi davanti a lei e di baciare il terreno che calpestava. Subito, però, era turbato dalla vergogna di presentarsi a colei che aveva realmente generato il Redentore, che doveva essere estremamente offesa e che viveva in carne mortale. Si chiedeva se fosse buona cosa supplicarla di punirlo, perché ciò avrebbe potuto costituire una specie di riparazione, e nel medesimo tempo credeva che nella sua magnanimità non ci sarebbe stato spazio per la vendetta, in quanto ella, invece di farsi giustizia, aveva ottenuto per lui una ricca indulgenza.
270. Sua Maestà permise che tra siffatti ragionamenti il suo eletto sopportasse alcune amare ma soavi pene, e infine questi, parlando tra sé, proferì: «Fatti forza, uomo vile e traviato, poiché di sicuro ti accoglierà e scuserà quella stessa che intercedette per te, per essere vera madre di chi si offrì anche per il tuo riscatto. Si comporterà come lui, giacché entrambi sono benevoli e non disprezzano un cuore affranto e umiliato». Tali timori e pensieri non erano nascosti alla nostra sovrana, che penetrando tutto con la sua scienza capì che egli per molto ancora non avrebbe avuto modo di andare da lei a Gerusalemme e quindi, mossa da caritatevole affetto, decise di dargli dal suo ritiro la consolazione di cui aveva necessità. Per questo fece venire uno dei suoi custodi e affermò: «Spirito superno e ministro del mio Signore, ho compassione del dolore che Paolo sta provando. Vi prego di raggiungerlo in fretta e di confortarlo nelle sue paure; inoltre, vi rallegrerete con lui per la sua fortunata sorte e lo avvertirete che deve essere perennemente grato a chi lo ha attirato alla sua amicizia e lo ha prescelto, usando con lui solo tanta liberalità. A mio nome gli direte che in tutte le sue fatiche lo soccorrerò premurosamente e sarò sua serva come lo sono di tutti gli apostoli e di quanti predicano la dottrina evangelica. Impartitegli la benedizione specificando che la invio da parte di colui che ha voluto prendere dimora nel mio grembo e alimentarsi al mio seno».
271. Il messaggero adempì puntualmente il comando, arrivando velocemente da lui, che continuava a stare in orazione, e apparendo in forma umana circondato di mirabile luce e bellezza. Era il giorno successivo al battesimo del giovane, quattro dopo la sua conversione. Questi ascoltò con incomparabile mansuetudine, riverenza e gioia e proclamò: «Angelo leggiadro, io, infimo tra tutti, vi imploro che, come vi sono palesi i miei torti verso l'Altissimo e la sua sconfinata benignità, così gli rendiate lode, poiché mi ha concesso la dignità di figlio anche se non la meritavo. Io mi allontanavo da lui ed egli mi ha seguito; io fuggivo ed egli mi è venuto incontro; io mi abbandonavo ciecamente alla morte ed egli mi ha donato la vita; io lo perseguitavo ed egli mi ha innalzato alla familiarità con lui, contraccambiando le maggiori ingiurie con i più grandi benefici. Nessuno fu tanto odioso e infame come me, eppure nessuno fu tanto abbondantemente favorito: mi tirò fuori dalla bocca del leone affinché fossi una pecorella del suo gregge. Voi siete testimone di quello che dichiaro; aiutatemi, dunque, ad essere eternamente riconoscente. Vi scongiuro poi di riferire al la Regina che questo suo ignobile schiavo è ai suoi piedi e venera il suolo da lei calcato, e che con animo contrito le domanda fervidamente di rimettere i debiti a chi ha osato oltraggiare il suo Unigenito, scordandosi degli affronti e agendo con un simile bestemmiatore come donna che, sempre vergine, concepì, partorì e allevò quello stesso che la trasse all'esistenza e tra tutti destinò proprio lei a ciò. È legittimo che mi sia dato il castigo per tanti errori e sono pronto a riceverlo; ma possa io sperimentare l'indulgenza del suo sguardo, ella non mi respinga dalla sua protezione e mi ammetta nella Chiesa che ama immensamente, perché intendo dedicarmi tutto alla difesa di questa, obbedendo costantemente a colei che confesso mia liberatrice».
272. Maria udì con speciale giubilo tali parole dal messo del cielo, benché nella sua sapienza ne fosse già al corrente, ed esaltò l'Onnipotente per quanto aveva realizzato nel nuovo discepolo e per il vantaggio che ne sarebbe scaturito per tutti i cristiani. Nel prossimo capitolo, nei limiti delle mie possibilità, comunicherò il turbamento e l'oppressione che questo miracolo causò nei demoni e altri segreti riguardanti la loro malizia.
Insegnamento della Regina del cielo
273. Carissima, nessuno deve ignorare che Dio avrebbe potuto trasformare il suo avversario senza tutte le meraviglie che invece interpose, ma le fece per dimostrare agli uomini quanto la sua bontà sia incline a perdonarli e a sollevarli alla sua grazia, e per insegnare loro come debbano cooperare e rispondere alle sue chiamate sull'esempio di lui. Egli ridesta e interpella molti con la forza delle sue ispirazioni e del suo appoggio. Tanti sono docili, vengono giustificati e si accostano ai sacramenti; però, non tutti perseverano su questa via e sono ancora meno quelli che vanno oltre e avanzano verso la perfezione, così che spesso, incominciando con lo spirito, declinano e finiscono con la carne. La ragione per cui non restano saldi e ripiombano subito nelle colpe è che al momento della loro adesione alla fede non affermano come Paolo: «Signore, che cosa ambite fare di me e che cosa devo fare io per voi?». Alcuni, certo, lo asseriscono con le labbra, ma non con tutto il loro essere, dove riservano sempre un po' di amore di se stessi, dell'onore, della roba, del piacere e dell'occasione del peccato, nel quale ritornano presto a inciampare e cadere.
274. LApostolo fu un vivo modello dei convertiti non solo perché passò da un estremo di perversione a un altro di straordinaria santità, ma anche perché collaborò intenzionalmente a tale vocazione, distaccandosi completamente dal suo empio stato e dal suo stesso volere e rimettendosi interamente a quello divino. Questa abnegazione e questo arrendersi al disegno della Provvidenza sono contenuti nell'espressione sopra riportata, che proferì con compunzione e umiltà. In ciò consistette, per quanto dipendeva da lui, tutto il suo rimedio. Decise di non avere facoltà né sensi per l'avvenire, ove si trattasse di servire i rischi della vita materiale nella quale aveva vagato. Si rimise al beneplacito superno, in qualunque maniera l'avesse potuto conoscere, per conformarsi ad esso senza ritardo né replica; in consonanza con questo adempì immediatamente il primo ordine, entrando in città e facendo tutto quello che Ananìa gli comandò. Siccome sua Maestà, che scruta la mente e saggia i cuori`, vide l'autenticità con cui egli corrispondeva e si abbandonava del tutto alle sue determinazioni, lo accettò con tanto compiacimento e moltiplicò in lui i suoi favori, che egli non sarebbe stato in grado di meritare e neanche di accogliere se non si fosse disposto in tal modo.
275. Tenendo conto di queste verità, esercitati con ogni pienezza in quello che parecchie volte ti ho intimato e proposto, cioè rinnega te stessa, allontanati da tutte le creature e dimenticati di ogni realtà visibile, apparente e fallace. Ripeti spesso, più interiormente che con la voce: «Signore, che cosa ambite fare di me?»; infatti, se hai sete di effettuare oppure ammettere qualche atto o moto per la tua volontà, non sarà credibile che aneli soltanto e in assoluto alla sua. Un utensile non compie altre operazioni se non quelle definite dai gesti dell'artefice, perché altrimenti potrebbe resistere a chi lo domina. Lo stesso avviene tra l'Altissimo e l'anima: se questa ha dei desideri e non aspetta di essere mossa, si oppone a quello di lui che, serbandole intatto il privilegio del libero arbitrio, la lascia errare poiché lo vuole e non attende di essere diretta dal suo Autore.
276. Giacché non conviene che egli conduca miracolosamente tutte le azioni dei mortali, che in caso contrario potrebbero addurre di essersi ingannati, ha posto la legge nel loro intimo e poi nella Chiesa, così che regolandosi su di essa discernano ciò che gli è gradito e lo attuino. Ha stabilito poi tra i cattolici i superiori e i ministri, affinché dando ascolto a loro come a lui stesso, che li assiste, tutti gli obbediscano in essi e abbiano questa sicurezza. Tu ne possiedi in grande abbondanza e puoi benissimo non acconsentire ad alcun movimento, discorso, progetto o pensiero, né fare quello che agogni in qualunque cosa senza l'autorizzazione di chi ti governa, perché a loro ti invia Dio, come Paolo ad Ananìa. Il tuo vincolo, però, è ancora più stretto dato che egli ti ha guardato con speciale affetto e benevolenza e chiede che tu sia uno strumento nelle sue mani, sostenendoti e indirizzandoti da se stesso, per mezzo di me e dei custodi con fedeltà, attenzione e assiduità, come ti è noto. Medita, dunque, quanto sia giusto che tu muoia totalmente al tuo volere perché risusciti in te il suo, ed egli solo animi ciò che sei e ciò che fai. Arresta ogni tuo ragionamento e considera che, se anche nel tuo intelletto fossero sommati la sapienza dei più dotti, il consiglio dei più prudenti e tutta l'intelligenza naturale degli angeli, con tutto questo non riusciresti ad eseguire i decreti celesti, né a intenderli confusamente, come invece accadrebbe se ti rassegnassi e ti consegnassi integralmente a lui. Egli solo sa che cosa ti sia utile e con amore eterno lo brama, ha tracciato i tuoi sentieri e ti accompagna su di essi: permetti che la sua luce ti guidi senza perdere tempo a riflettere su quello che tu debba fare, poiché in questo sta il pericolo di sbagliare e nella mia dottrina tutta la tua tranquillità e la tua felice riuscita; scrivila dentro di te e mettila in pratica con tutte le forze, affinché tu possa guadagnarti la mia intercessione e per essa il Signore ti tragga a sé.