13 - Si narrano alcune opere di Maria santissima, tra le quali l'invio del simbolo della fede ai discepoli e agli altri credenti.
Suor Maria d'Agreda

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Si narrano alcune opere di Maria santissima, tra le quali l'invio del simbolo della fede ai discepoli e agli altri credenti, che con esso compirono grandi meraviglie, e si racconta come fu presa la decisione di ripartire la terra fra gli apostoli.
222. La prudente Madre era tanto diligente, vigile e sollecita nel governo della sua famiglia, la Chiesa , che era proprio la donna forte della quale nei Proverbi si dice che sorveglia l'andamento della casa per non mangiare il pane oziosa. Considerò tutto con pienezza di sapienza e, poiché era adornata e vestita della porpora della carità e del candore della sua incomparabile purezza, come non era all'oscuro di niente così non trascurava in nessun modo quanto era utile ai suoi. Subito dopo la stesura del simbolo apostolico, ne fece di sua mano innumerevoli copie con l'assistenza dei suoi custodi, che la servivano come segretari e come messi affinché fossero recapitate senza dilazione ai discepoli sparsi per la Palestina. Ne spedì alcune per ciascuno, con una lettera particolare nella quale invitava a conservarne una e a dare le rimanenti ad altri, e rendeva noto in che maniera quelle definizioni fossero state fissate, avvertendo che dovevano essere insegnate a coloro che si convertivano, perché le credessero.
223. Dal momento che i cristiani si trovavano in paesi e luoghi diversi, ai più vicini fece pervenire tutto tramite dei loro fratelli, mentre dei più lontani incaricò gli angeli, che a certuni si mostravano. Ciò avveniva nella maggioranza dei casi, ma in altri essi lasciavano il plico senza farsi vedere, ispirando nei cuori mirabili effetti che aiutavano a capire il motivo di tale consegna. Oltre a questo impegno personale, comandò ai Dodici di diffondere anch'essi il simbolo, in Gerusalemme e altrove, e di spiegare a tutti i membri della comunità che dovevano tenerlo in profonda venerazione, per gli eccelsi misteri che conteneva e poiché era stato disposto dal Signore stesso, che aveva mandato il Paràclito affinché lo ispirasse ed approvasse. Inoltre, chiese loro di informare anche di come questo era accaduto e del resto che era necessario comunicare, perché ognuno comprendesse che quella fede era unica, invariabile e certa, ed andava confessata e annunciata per ottenere la grazia e la vita beata.
224. Con simili indicazioni e premure la distribuzione del testo fu completata rapidamente, con eccezionale frutto e consolazione di tutti, giacché, per il fervore che solitamente avevano, lo accoglievano con somma devozione. Lo Spirito Santo, che lo aveva ordinato per dare stabilità alla Chiesa, lo accreditò immediatamente con nuovi prodigi, che venivano compiuti non solo dagli apostoli e dai discepoli, ma anche da altri; a tanti, per la loro riverenza verso di esso, apparve come luce divina che li circondava e li riempiva di scienza e di influssi celesti, e questo accese altri di ardente desiderio di averlo. Ci fu chi, ponendolo sugli infermi, i defunti e gli indemoniati, risanava i primi, risuscitava i secondi e liberava gli ultimi. Un giorno un giudeo incredulo, ascoltando un cattolico che lo stava leggendo piamente, si infuriò e avanzò verso di lui per strapparglielo via, ma cadde all'istante morto ai suoi piedi. A quelli che venivano battezzati, essendo adulti, era ingiunto di professarlo subito, ed allora il Paràclito si manifestava su di essi.
225. Continuava il dono delle lingue, non solo in coloro ai quali era stato concesso fin dalla Pentecoste, ma pure in altri che lo avevano avuto in seguito e collaboravano nella predicazione e nell'istruzione dei neofiti: se si rivolgevano contemporaneamente a gente di differenti nazionalità, ciascuno li sentiva parlare nel proprio idioma, benché essi si esprimessero soltanto in aramaico; se, poi, ammaestravano alcuni di una stessa provenienza, lo facevano nella lingua di questi. Oltre a tali meraviglie, i Dodici ne facevano parecchie altre, poiché, quando imponevano le mani sui credenti o li confermavano nella fede, costoro ricevevano lo Spirito. I miracoli che sua Maestà operò in quegli anni iniziali furono tanti che per scriverli tutti ci sarebbe stato bisogno di svariati volumi. Negli Atti Luca riporta esclusivamente quelli che convenne annotare affinché non fossero totalmente ignorati, asserendo in generale che furono molti, perché non potevano essere racchiusi in una breve narrazione.
226. Allorché conobbi ciò, mi recò grande ammirazione l'immensa generosità dell'Eterno nell'inviare con quella frequenza il Paràclito in maniera palese. Al mio stupore fu risposto che questo permette innanzitutto di dedurre quanto valore abbia nella sua sapienza e bontà il condurre tutti alla partecipazione della sua divinità nella gloria senza fine; dato che per il medesimo scopo il Verbo era disceso fra noi in carne visibile, accessibile e passibile, la terza Persona venne spesso in un'altra forma evidente sulla comunità primitiva, come era opportuno per impiantarla con saldezza e con dimostrazioni del potere dell'Altissimo e dell'amore che egli ha per essa. In secondo luogo, i meriti della passione, uniti all'intercessione e alle suppliche della Madre, erano assai recenti e - per il nostro modo di intendere - avevano più efficacia presso il Padre; inoltre, non si erano ancora interposti i ripetuti e gravissimi peccati di cui i seguaci del Messia si sono macchiati, mettendo innumerevoli ostacoli ai benefici elargiti ed allo Spirito, a causa dei quali questi ormai non si rivela così familiarmente.
227. Passato un anno dalla crocifissione, per ispirazione celeste gli apostoli presero la risoluzione di andare nel mondo intero, perché era giunto il momento di proclamare ai popoli il nome del Signore e di additare la via della salvezza. Per avere notizia della ripartizione delle province e dei regni che dovevano essere assegnati ad ognuno, per consiglio della Vergine deliberarono di astenersi dal cibo e pregare per dieci giorni. Avevano conservato tale abitudine per le decisioni più difficili da quando, dopo l'ascensione, avevano perseverato nell'orazione e nel digiuno per disporsi ad accogliere il Paràclito. Effettuati i suddetti esercizi, al termine del tempo concordato il vicario di Cristo celebrò la Messa e comunicò loro e Maria purissima, come in occasione della definizione del simbolo; poi, stettero tutti in profondo raccoglimento, invocando lo Spirito affinché li assistesse e aprisse loro il suo santo beneplacito.
228. Quindi, Pietro li esortò: «Carissimi fratelli, prostriamoci insieme al cospetto dell'Onnipotente. Confessiamo con tutti noi stessi, con somma venerazione, che Gesù è vero Dio e nostro redentore, e professiamo la fede con il credo che ci è stato dato, dichiarandoci decisi ad aderire ai suoi decreti». Lo fecero e ad alta voce aggiunsero: «Supremo sovrano, noi, vili vermiciattoli e poveri uomini, che il vostro Unigenito per la benignità della sua clemenza ha scelto come ministri per trasmettere il suo messaggio e la sua legge e per edificare ovunque la Chiesa , ci inchiniamo alla vostra presenza con un cuor solo e un'anima sola. Siamo pronti al dolore e al sacrificio della vita per compiere il vostro volere testimoniando il Vangelo in tutta la terra come ci è stato ordinato. Non indietreggiamo davanti ad alcuna fatica, tribolazione o sofferenza che sarà necessario sopportare per questo, fino a versare il sangue. Diffidando, però, della nostra fragilità, vi imploriamo di mandare su di noi il vostro Spirito, che ci governi e indirizzi i nostri passi nel retto cammino e nell'imitazione del nostro Maestro, ci vesta di nuova fortezza ed ora ci indichi verso quali zone vi è più gradito che ciascuno di noi si diriga, per portarvi il buon annuncio».
229. Quando ebbero affermato questo, venne sul cenacolo un bagliore mirabile, che li circondò tutti, e si sentì una voce che diceva: «Il mio vicario dia ad ognuno la sua destinazione; io lo reggerò e sosterrò con la mia luce e con il mio Spirito». Sua Maestà gli affidò tale incarico per confermare ancora una volta l'autorità di capo e pastore universale che gli aveva conferito, e affinché gli altri capissero che dappertutto dovevano fondare la Chiesa sotto l'obbedienza di lui e dei successori, suoi rappresentanti; così compresero tutti e mi è stato svelato che questa fu la volontà superna. Per eseguirla egli, appena ebbe udito quelle parole, cominciò a distribuire i regni: «O Eterno, mi offro di patire e morire seguendo il mio Salvatore e predicando il suo nome. Per adesso, ciò avvenga in Gerusalemme, quindi nel Ponto, nella Galazia, nella Bitinia, nella Cappadòcia e nelle province dell'Asia. Fisserò la mia residenza prima ad Antiochia e poi a Roma, dove stabilirò la cattedra di Cristo perché lì stia la guida della comunità ecclesiale». Gli era stato comandato, infatti, di eleggere quella come sede e capitale della Chiesa universale; altrimenti non avrebbe determinato da solo una cosa tanto ardua ed importante.
230. Continuò: «Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Andrea lo seguirà predicando nella Scizia europea, in Epiro e in Tracia; da Patrasso in Acaia governerà tutta quell'area e il resto che a lui spetta, per quanto potrà. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Giacomo il Maggiore lo seguirà predicando in Giudea, in Samaria e in Spagna, da dove tornerà a insegnarne qui la dottrina. Il carissimo fratello Giovanni esaudirà il desiderio che il Signore gli manifestò dalla croce: adempirà il compito di figlio verso la nostra grande Regina, servendola con riverenza e fedeltà e amministrandole il Santissimo Sacramento dell'eucaristia; in nostra assenza avrà anche cura dei devoti di questa città. Quando costei sarà sollevata al cielo da Gesù, egli lo seguirà predicando in Asia minore e si preoccuperà di quelle Chiese dall'isola di Patmos, nella quale si recherà a motivo della persecuzione. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Tommaso lo seguirà predicando in India, in Persia, tra i Parti, i Medi, gli Ircani, i Bramani e nella Battriana; battezzerà i tre re Magi e li informerà di tutto, poiché essi sono in attesa di ciò ed andranno in cerca di lui per la fama dei suoi discorsi e dei suoi miracoli. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Giacomo lo seguirà come vescovo e pastore di Gerusalemme, dove predicherà ai giudei e aiuterà Giovanni nell'accudire Maria. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Filippo lo seguirà predicando e portando la lieta novella nella Frigia e nella Scizia asiatica, e nella città chiamata Ieropoli di Frigia. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Bartolomeo lo seguirà predicando nella Licaonia, in parte della Cappadòcia in Asia, e quindi nell'India citeriore e nell'Armenia minore. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Matteo prima convertirà gli ebrei e poi lo seguirà passando a predicare in Egitto e in Etiopia. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Simone lo seguirà predicando a Babilonia, in Persia ed anche nel regno d'Egitto. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Giuda Taddeo lo seguirà predicando in Mesopotamia e poi si unirà a Simone a Babilonia e in Persia. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Mattia lo seguirà predicando nell'interno dell'Etiopia e in Arabia; da lì, rientrerà in Palestina. Lo Spirito dell'Altissimo ci accompagni tutti e ci assista, perché in ogni luogo e tempo facciamo il suo perfetto volere, e per ora ci dia la sua benedizione, che io in suo nome vi impartisco».
231. Appena Pietro ebbe terminato di parlare, ci fu un tuono assordante e la stanza si riempì di splendore, come della presenza del Paràclito. In mezzo a questo fulgore si intese una voce soave e potente, che proclamò: «Ciascuno accetti la sorte che gli è toccata». Allora, si prostrarono a terra e tutti insieme esclamarono: «Maestro, obbediamo con prontezza e gioia a voi e al vostro vicario; il nostro intimo è giubilante e colmo della vostra dolcezza tra simili meraviglie». Questo abbandono e questa docilità, benché effetto dell'ardente carità con la quale bramavano di morire per la fede, in tale occasione li dispose affinché venisse di nuovo su di essi lo Spirito del Padre, confermando loro i favori elargiti ed arricchendoli di altri. Ebbero più profonda cognizione di tutte le zone che erano state assegnate e ognuno apprese l'indole, le caratteristiche e i costumi degli abitanti di quelle che gli competevano, nonché la loro localizzazione, tanto esattamente come se avessero avuto scritta in sé una carta geografica molto chiara e particolareggiata. Ricevettero una singolare dote di fortezza per le fatiche e di agilità per i viaggi, anche se in essi li avrebbero soccorsi spesso i ministri superni. Furono accesi interiormente come serafini dalla fiamma dell'amore divino ed elevati al di sopra della condizione naturale.
232. La Vergine era lì e le era palese quanto il potere dell'Eterno realizzasse in essi e in lei stessa. Partecipò degli influssi celesti più che tutti loro insieme, perché era immensamente superiore ad ogni creatura e l'aumento dei suoi doni doveva essere proporzionato e trascendere senza misura quello degli altri. Nel suo purissimo animo fu rinnovata la scienza infusa di tutti gli esseri, e specialmente delle nazioni in cui essi erano inviati. Penetrò ciò che intendevano, e meglio di loro, poiché conobbe individualmente tutte le persone alle quali avrebbero dovuto trasmettere l'annuncio, che le erano note come il suo oratorio e chi vi si introduceva.
233. Questa sapienza era propria della suprema Madre, maestra, governatrice e signora della Chiesa, che le era stata affidata, come già si è affermato e anche in seguito sarà conveniente ripetere. Aveva il compito di prendersi cura di ciascuno, dal più grande al più piccolo nella santità, e dei miseri peccatori figli di Eva. Se non si doveva ottenere niente dalle mani del suo Unigenito senza che passasse dalle sue, era necessario che la fedelissima dispensatrice della grazia fosse informata di tutti quelli della sua casa, della cui salute bisognava che si preoccupasse come madre, e quale madre! Ed ella non aveva solo scienza infusa di quello che ho detto, ma anche conoscenza attuale mentre gli apostoli e i discepoli diffondevano la loro testimonianza. Le venivano, infatti, mostrati i loro affanni, nonché le minacce e le trame che il demonio ordiva per ostacolarli, come pure le preghiere che essi e gli altri innalzavano perché li sostenesse o con le sue o per mezzo dei custodi o da se stessa, giacché lo faceva in tutte queste maniere, come rileveremo in parecchi episodi.
234. Qui voglio solamente avvertire che Maria, oltre che tramite le immagini o specie di ogni cosa, era illuminata su tutto anche in Dio, del quale aveva una continua visione astrattiva. Tra le due vie, però, c'era una differenza: osservando in lui le tribolazioni dei fedeli, dato che quella contemplazione la faceva traboccare di gaudio e partecipare in qualche modo della beatitudine, non sentiva dolore e pietà come quando le ponderava in se stesse, perché in questo caso ne era intensamente colpita e piangeva con materna compassione. Affinché non le mancasse tale merito ed eccellenza, le fu concessa tutta questa luce nel periodo in cui fu viatrice. Insieme a quella pienezza di specie, possedeva il dominio delle sue facoltà per non lasciare spazio ad altre immagini al di fuori di quante erano indispensabili per le esigenze dell'esistenza o per delle azioni caritatevoli o virtuose. Per questo ornamento e con questa bellezza, evidente agli angeli e agli eletti, era oggetto per loro di ammirazione e di inni, con i quali celebravano l'Altissimo per avere impiegato così degnamente tutti i suoi attributi nella clemente Regina.
235. In tale circostanza, ella fece un'efficacissima supplica per la perseveranza e il coraggio dei Dodici nel comunicare la buona novella al mondo intero, e il Signore le promise che li avrebbe difesi e assistiti per manifestare in loro e attraverso di loro la sua gloria, premiandoli alla fine con un'adeguata retribuzione. Fu riempita di giubilo e di gratitudine da questa assicurazione e li esortò ad esserne riconoscenti di tutto cuore e ad andare allegri e confidenti a convertire i popoli. Rivolgendo loro molte altre soavi parole di vita, postasi in ginocchio, in nome di Cristo si congratulò con tutti per l'obbedienza di cui avevano dato prova e li ringraziò per tanto zelo della sua esaltazione e a vantaggio delle anime, all'evangelizzazione delle quali si sacrificavano. Baciò la mano ad ognuno, garantendo la sua intercessione e la sua sollecitudine; quindi, come al solito, domandò la benedizione e tutti, come sacerdoti, gliela dettero.
236. Pochi giorni dopo questa suddivisione, iniziarono ad uscire da Gerusalemme, in particolare coloro ai quali spettavano le province della Palestina, a cominciare da san Giacomo il Maggiore. Altri restarono più a lungo in città, perché sua Maestà desiderava che lì si predicasse con più forza ed abbondanza e che i giudei fossero chiamati ed invitati per primi alle nozze, se volevano prender parte ad esse'; nel beneficio della redenzione, infatti, Israele fu più favorito dei pagani, benché più ingrato. Finalmente, si avviarono gli uni dopo gli altri ai regni che erano toccati loro, secondo quello che richiedevano i tempi e le opportunità, regolandosi in ciò con la direzione dello Spirito, con il suggerimento della Principessa e con il comando di Pietro. Al momento della partenza visitavano i luoghi santi: l'orto, il calvario, il sepolcro, il monte dell'ascensione, Betania e gli altri, per quanto era possibile; li onoravano tutti con mirabile rispetto e con gemiti, riverendo la terra che Gesù aveva calpestato. Poi, si recavano al cenacolo e lo veneravano per i misteri che vi erano stati operati. Infine, si licenziavano dalla grande Signora, raccomandandosi di nuovo alla sua protezione, ed ella li salutava con espressioni dolcissime e colme di effetti divini.
237. Fu straordinaria la sua premura nel congedarli come una vera madre i suoi figli. Per ciascuno di loro tessé una tunica simile a quella del nostro Maestro, di colore tra il viola cupo e il grigio cenere, avvalendosi dei ministri superni; con questa attenzione, mandò gli apostoli vestiti senza distinzione e come lui, perché volle che anche nell'abito lo imitassero e fossero ravvisati come suoi seguaci. Fece, inoltre, delle croci con aste della loro altezza e dette a ognuno la sua, affinché la tenesse nel peregrinare, sia in testimonianza di quello che proclamava sia come consolazione nei travagli; tutti le conservarono e portarono sino alla morte. Dalle tante lodi che essi rendevano alla croce alcuni tiranni trassero il motivo per martirizzare su di essa quelli tra loro che felicemente perirono in tal modo.
238. La pietosa Vergine lavorò per ciascuno una piccola cassettina di ottone con tre spine della corona del suo Unigenito e con alcuni pezzetti dei panni nei quali lo aveva avvolto quando era bambino e di quelli con i quali aveva raccolto il suo preziosissimo sangue sparso nella circoncisione e nella passione. Li custodiva con sommo ossequio, come madre e depositaria dei beni del cielo. Per donarli loro, li convocò tutti insieme e parlò con solennità regale e con delicata benignità, dicendo che quello che consegnava era il maggiore tesoro che aveva per arricchirli e accomiatarli; avrebbero, infatti, avuto con sé la memoria viva del Messia e un'attestazione certa di quanto egli li amasse come figli e come servitori dell'Onnipotente. Con questo discorso li affidò loro ed essi li ricevettero con sospiri di devozione e di gaudio, la magnificarono per tale liberalità e si posero in adorazione davanti a quelle sacre reliquie. Quindi, abbracciandosi, si augurarono un buon viaggio. Per primo se ne andò Giacomo, che dette inizio alla missione.
239. In base a ciò che mi è stato fatto comprendere, però, essi non annunciarono il lieto messaggio solo nelle zone che erano state distribuite in tale occasione, ma anche in molte altre, vicine a quelle o più remote. Non è difficile afferrarlo, dato che spesso erano trasportati dagli angeli da una parte all'altra, e non solo per evangelizzare, ma anche per consultarsi fra loro, e soprattutto con il vicario di Cristo; ancora più frequentemente erano condotti alla presenza di Maria, del cui soccorso e consiglio avevano bisogno nell'ardua impresa di fondare la fede tra nazioni così diverse e tanto barbare. Se per somministrare il cibo a Daniele l'angelo trasportò il profeta Abacuc in Babilonia', non è sorprendente che questo prodigio avvenisse per i Dodici e che essi fossero trasferiti dove era necessario manifestare sua Maestà, far conoscere l'Eterno e stabilire la Chiesa universale per la salvezza di tutti. Ho già fatto menzione di quando Filippo, uno dei settantadue, con l'intervento dell'inviato del Signore dalla strada per Gaza si ritrovò ad Azoto, come riferisce Luca. Questi miracoli, ed innumerevoli altri di cui siamo all'oscuro, furono convenienti per disseminare alcuni uomini sprovveduti in tante province, che, allorché il Verbo incarnato venne a redimere il mondo, erano tutte possedute dal demonio e piene di idolatrie, errori e abominazioni.
Insegnamento della Regina del cielo
240. Mia diletta, in questo capitolo ti esorto a piangere amaramente con intimi lamenti, con gemiti e con lacrime di sangue la differenza tra lo stato attuale della comunità ecclesiale e quello che ebbe al suo sorgere, constatando come si è annerito l'oro purissimo della santità e come è cambiato il suo sano colore, poiché essa ha smarrito l'antica bellezza nella quale fu eretta e cerca altri abbellimenti e tinte estranee ed ingannevoli per coprire la bruttezza e la confusione dei vizi, che la tengono tanto penosamente ottenebrata e colma di terribile orrore. Affinché questa verità penetri sin dal suo principio e basamento, occorre che rinnovi in te stessa la luce che ti è stata infusa, per renderti conto del vigore con cui l'Altissimo si inclina a trasmettere la sua bontà e le sue perfezioni alle creature. È così veemente l'impeto con il quale diffonde la sua corrente nelle anime che può arrestarlo soltanto la volontà umana, che lo deve accogliere con il libero arbitrio da lui concessole a tal fine e, se con esso resiste ai suoi influssi, gli fa violenza - a tuo modo di intendere -, contristandone l'infinita tenerezza nella generosissima natura. Se egli non incontrasse ostacoli e potesse agire con la sua efficacia, inonderebbe e riempirebbe tutti della partecipazione dei suoi attributi, solleverebbe dalla polvere i caduti, farebbe ricchi i poveri discendenti di Adamo, li innalzerebbe dalle loro miserie e li collocherebbe con i principi nella sua gloria.
241. Da ciò, carissima, capirai due cose che l'intelligenza terrena ignora. La prima è il servizio e il compiacimento che danno al sommo Bene coloro che, con ardente zelo del suo onore e con impegno e sollecitudine, lo aiutano a rimuovere l'intralcio che molti hanno messo con le proprie mani al venire giustificati e all'effusione di tante elargizioni quante sono quelle possibili alla sua immensa magnanimità e che egli desidera per loro. Nell'esistenza peritura non si può ponderare la gioia che gli offrono con una simile collaborazione. Per questo è sublime il compito degli apostoli, dei sacerdoti e dei predicatori, i quali, subentrando a chi ha edificato la Chiesa , si affaticano per la sua dilatazione e conservazione; infatti, tutti devono essere cooperatori ed esecutori del suo sconfinato amore per coloro che ha plasmato per comunicare ad essi la sua divinità. La seconda cosa su cui riflettere è la larghezza ed abbondanza dei benefici che il suo potere illimitato prodigherà a quanti non pongono impedimento. Egli palesò fin dall'inizio tale verità ai suoi, affinché per gli altri che poi si sarebbero uniti a loro rimanesse testimoniata con le tante meraviglie che compì inviando così frequentemente lo Spirito con segni visibili, con i prodigi di cui hai scritto che furono fatti dai fedeli, con il "Credo" e con altri favori nascosti che questi ricevevano da lui.
242. Quelli nei quali rifulse di più la sua benignità e grandezza, però, furono i Dodici e i discepoli, perché in loro non c'era niente che trattenesse l'inalterabile volere di Dio ed essi furono autentici strumenti della sua carità, imitatori e successori di Gesù e suoi seguaci: perciò furono sollevati ad un'ineffabile partecipazione dei suoi attributi, in particolare della scienza, della santità e dell'onnipotenza, con i quali facevano per se stessi e per gli altri miracoli tali che i mortali non possono magnificarli come conviene. Dopo nacquero al loro posto altri figli della Chiesa' e in essi la sapienza superna si trasmise di generazione in generazione con i suoi effetti. Tralasciando adesso i moltissimi martiri, che sparsero il loro sangue per il Vangelo, considera i fondatori degli ordini religiosi e gli eminenti santi che in essi sono fioriti, i dottori, i vescovi, i prelati e gli uomini apostolici, nei quali la benevolenza e la forza dell'Eterno si rivelarono tanto, affinché nessuno avesse scuse se in essi, ministri della salute degli altri, e nei restanti devoti egli non avesse realizzato i portenti che aveva fatto allora e continuava in chi riscontrava adeguato.
243. Perché sia maggiore la confusione dei cattivi sacerdoti presenti oggi, devi essere informata che nei decreti immutabili con cui il supremo Re determinò di comunicare i suoi tesori inesauribili in primo luogo li indirizzò ai prelati e ai dispensatori della sua parola; dunque, per quanto dipendeva dalla sua volontà, sarebbero stati tutti irreprensibili, più somiglianti ad angeli che ad esseri umani, avrebbero goduto di privilegi ed esenzioni di natura e di grazia tra gli altri viventi e con questi singolari doni si sarebbero resi suoi servi idonei, se non avessero pervertito l'ordine della sua eccelsa provvidenza e avessero corrisposto alla dignità alla quale erano stati chiamati ed eletti fra tutti. Questa incommensurabile pietà è sempre la medesima che nella comunità primitiva, l'inclinazione dell'Altissimo ad arricchirci non è cambiata né ciò è concepibile, la sua generosità non è diminuita, l'affetto verso i suoi è lo stesso, la misericordia è ugualmente rivolta alle miserie e queste ora sono senza misura, i gemiti delle pecorelle del Salvatore sono arrivati al culmine, i ministri ordinati non sono mai stati tanti. Dunque, se le cose stanno così, a chi si deve attribuire la perdita di innumerevoli anime, la rovina della cristianità, il fatto che i pagani non solo non entrino nella Chiesa, ma la tengano tanto afflitta ed amareggiata, e che il clero non risplenda come nei secoli passati, né sua Maestà in esso?
244. Carissima, ti invito a versare lacrime su questa desolazione: pensa alle pietre del santuario disperse nelle piazze delle città; guarda come i sacerdoti sono divenuti simili al popolo, mentre lo dovrebbero rendere santo e conforme ad essi. La loro elevata condizione e le sue preziose vesti di virtù sono infangate per il contagio con i mondani; gli unti del Signore, consacrati solo per il suo culto, sono decaduti dalla loro nobiltà, che li avvicina a lui; hanno perso il proprio decoro per abbassarsi ad azioni vili, non confacenti alla loro sublime eccellenza. Affettano la vanità, vanno dietro all'avidità e all'avarizia, sono dominati dall'interesse, amano il denaro, pongono la speranza nell'oro e nell'argento, si assoggettano ad adulare ed ossequiare persone frivole e potenti; e, ciò che conta di più, si sottomettono addirittura alla bassezza delle donne e talvolta si fanno partecipi delle congreghe e dei consigli di malvagità. Nel gregge del Redentore c'è appena chi riconosca in essi la voce del pastore o ritrovi il rigoglioso pascolo e il nutrimento della perfezione, della quale dovrebbero essere maestri. I bambini chiedono il pane e non c'è chi lo distribuisca loro. E, quando lo si fa per il compenso o per mera cerimonia, come la mano, piena di lebbra, darà alimento salutare al bisognoso e all'infermo? Come il sovrano medico affiderà ad essa il rimedio in cui consiste la vita? Se coloro che devono essere intercessori e mediatori si sono macchiati di colpe gravi, come otterranno clemenza per i responsabili di altre minori o pari ad esse?
245. Queste sono le cause per le quali i presbiteri dei nostri giorni non fanno quanto compirono i Dodici e i primi discepoli, nonché gli altri che si comportarono nella stessa maniera con ardente zelo dell'esaltazione di Gesù e della conversione dei fratelli. I tesori della passione, che egli lasciò ai suoi, non sono guadagnati né da loro né dal resto dell'umanità; infatti, se essi stessi li disdegnano e omettono di trarne vantaggio per sé, come avranno cura di amministrarli agli altri figli di questa famiglia? Perciò adesso gli infedeli non aderiscono come allora al Vangelo, benché abbiano di fronte principi ecclesiastici e predicatori. La Chiesa è più dotata che mai di risorse temporali e di possessi, è traboccante di uomini dotti per la scienza acquisita, di grandi prelature e di abbondanti dignità. Dovendosi confessare che questi favori provengono dal sangue dell'Unigenito, tutto si dovrebbe orientare al suo servizio e alla sua venerazione adoperandosi nel diffondere la lieta novella, nel sostenere i suoi poveri e nel far brillare il sacro culto e l'adorazione del suo nome.
246. Se si faccia o meno così, lo dicano pure gli schiavi che si riscattano con le rendite della Chiesa, coloro che abbracciano la fede, le eresie che si estirpano e la quantità di averi che si utilizzano a tale scopo; lo dicano ancora i palazzi che con essi si sono fabbricati, i maggioraschi che si sono fondati, le torri di vento che si sono innalzate e, quello che è più deplorevole, gli usi profani e assolutamente turpi in cui molti li consumano, disonorando il sommo sacerdote Cristo e stando tanto distanti dall'imitazione di lui e degli apostoli ai quali sono succeduti quanto la gente più terrena. Se l'annuncio dei ministri della divina parola si vede morto e senza efficacia per edificare chi ode, ciò non va imputato alla veridicità e all'insegnamento della Scrittura, ma al cattivo impiego di essa per la loro distorta intenzione. Cambiano il fine della gloria del Salvatore con il prestigio e la sterile considerazione di se stessi, e il bene spirituale con la meschina attrattiva dello stipendio; e, ove si siano conseguite le due cose, non si preoccupano di altro risultato. Per questo, tolgono alla sana dottrina la sincerità e la purezza, e talora anche l'autenticità con cui la redassero gli autori e la spiegarono i dottori, riducendola a sottigliezze del proprio ingegno, che provocano più ammirazione e piacere che profitto agli ascoltatori. Siccome arriva adulterata alle orecchie dei peccatori, questi la comprendono più come frutto dell'intelligenza di chi la proclama che della carità del Signore, per cui non porta con sé forza per penetrare i cuori.
247. O carissima, non devi stupirti che in castigo di simili vanità e abusi, e di altri che il mondo non ignora, la giustizia di Dio abbia abbandonato tanto i prelati, i ministri e i predicatori, e che la Chiesa cattolica sia oggi in uno stato così abietto, avendone avuto uno così sublime ai suoi inizi. Se taluni non sono inviluppati in vizi a tal punto deprecabili, questo è un beneficio da ritenere speciale in un periodo in cui sua Maestà è pesantemente offeso e disobbligato da tutti. Verso costoro egli è liberalissimo, ma sono assai rari, come è testimoniato dalla rovina del popolo dei battezzati e dal disprezzo in cui il clero è caduto; infatti, se i perfetti e gli zelatori delle anime fossero numerosi, indubbiamente i rei si emenderebbero e riformerebbero, parecchi diverrebbero cristiani, tutti li rispetterebbero e starebbero a sentire con riverenza e timore, stimandoli per la loro dignità e santità, e non per l'autorità e per il fasto con il quale si procurano un ossequio che deve chiamarsi piuttosto plauso mondano e senza utilità. Non intimidirti e non scoraggiarti per aver raccontato tutto questo, poiché essi stessi sanno che è vero; e tu non lo fai di tua volontà, ma per obbedire a me, per piangere tanta disgrazia ed invitare il cielo e la terra ad aiutarti in ciò, giacché sono pochi quelli che lo fanno e questa è la maggiore ingiuria che il tuo Maestro riceve dai credenti.