Scrutatio

Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

3 - Si continua la spiegazione del capitolo ventunesimo dell'A­pocalisse.

Suor Maria d'Agreda

3 - Si continua la spiegazione del capitolo ventunesimo dell'A­pocalisse.
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Si continua la spiegazione del capitolo ventunesimo dell'A­pocalisse.

26. Dice l'Evangelista: Mi mostrò la città santa, Gerusa­lemme - la beatissima Vergine -, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simi­le a quello di una gemma preziosissima, come pietra di dia­spro cristallino. Fin dal primo istante in cui Maria ricevet­te l'esistenza, la sua anima, partecipando pienamente della divinità, fu ripiena e inondata di grazia come mai fu con­cesso ad alcuna altra creatura. Ella soltanto era l'aurora chiarissima che partecipava dello splendore del sole, Gesù Cristo, uomo e vero Dio che da lei sarebbe nato. Questa meravigliosa luminosità andò crescendo sempre più, finché raggiunse l'apice: la Madre fu assisa, alla destra del Figlio, sul trono della santissima Trinità, vestita con abiti vario­pinti e adorna di ogni genere di doni, virtù, meriti e glo­ria. Quando io la vidi in quello splendore inaccessibile, mi sembrò che non avesse altra lucentezza che quella del Si­gnore stesso, che dal suo essere immutabile, quale una fon­te, si riversava in lei come in un canale. Per mezzo dell'u­manità del suo Unigenito risultavano in loro una sola e me­desima luce, una sola e medesima chiarezza, in grado di­verso, ma identiche quanto alla sostanza, tali che non era­no presenti in nessun altro dei beati né in tutti sommati insieme. La Vergine per la sua varietà somigliava al dia­spro, per il valore dei suoi meriti era veramente preziosa, per la sua bellezza era paragonabile al cristallo puro, tra­sparente, penetrato dai raggi e munito dello stesso fulgore.

27. La città è cinta da un grande e alto muro con dodi­ci porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte. Il muro che cingeva la città santa, la nostra Signora, era tanto grande e alto quanto lo sono Dio stesso, la sua infinita onnipotenza e i suoi attributi. Egli impiegò tutta la sua forza e la sua immensa sapienza per proteggerla e porla al sicuro dai nemici che avrebbero po­tuto aggredirla. Quest'invincibile difesa fu raddoppiata quando ella scese nuovamente sulla terra per vivervi da so­la senza la presenza corporea di Gesù e per consolidare la Chiesa. A tale scopo ebbe il potere dell'Altissimo e il suo libero arbitrio per usarli contro i loro avversari visibili ed invisibili. L'Eterno, dopo aver fondato la città santa, Ma­ria, aprì generosamente i suoi tesori e per mezzo di lei vol­le chiamare tutti i mortali alla conoscenza della sua mae­stà e al gaudio perenne, senza fare eccezioni fra gentili, giudei o barbari, e senza distinzione fra nazioni e popoli. La edificò pertanto con dodici porte, rivolte alle quattro parti del mondo senza fare alcuna differenza, sopra alle quali pose dodici angeli con il compito di chiamare e in­vitare tutti i discendenti di Adamo e di suscitare in loro in modo speciale la devozione e la venerazione verso la Re ­gina. I nomi delle dodici tribù dovevano impedire che al­cuno si sentisse escluso dal rifugio e dall'asilo della Geru­salemme celeste: tutti sappiano che ella li porta scritti in se stessa, per ricolmarli dei benefici ricevuti e per essere la madre della tenerezza e della misericordia e non solo della giustizia.

28. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, so­pra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'A­gnello. Quando la nostra Maestra era sul trono alla destra di suo Figlio e si offrì di ritornare tra noi per edificare la Chiesa , il Signore le raccomandò d'avere particolarmente cura degli apostoli. Nel suo ardentissimo e purissimo cuo­re scolpì i loro nomi: li avremmo potuti vedere scritti, se ci fosse stato concesso di mirarli. Sebbene noi - è San Gio­vanni che parla - fossimo soltanto undici, venne scritto il nome di san Mattia al posto di quello di Giuda, toccan­dogli in anticipo questa sorte. Alla carità e alla saggezza della Vergine noi dodici apostoli siamo debitori, perché in­sieme a san Paolo siamo riusciti a fondare la comunità ec­clesiale e a darle una dottrina stabile, l'istruzione e il go­verno. Per tale ragione l'Onnipotente scrisse i nostri nomi sopra i basamenti della città mistica, Maria santissima, che fu il sostegno e l'appoggio su cui ci consolidammo noi e i principii della Chiesa. Ella ci istruì con il suo insegna­mento, ci illuminò con la sua sapienza, ci infiammò con il suo amore, ci tollerò con la sua pazienza, ci attirò a sé con la sua dolcezza, ci guidò con il suo consiglio, ci pre­venne con i suoi opportuni avvisi mettendoci in guardia, ci liberò dai pericoli con il divino potere di cui era di­spensatrice e vegliò sui bisogni di tutti e di ciascuno con ammirevole sollecitudine. In verità per noi le dodici porte di questa città furono più aperte che per gli altri figli di Adamo. Mai si dimenticò di noi: ci ebbe presenti in ogni tempo e luogo e fummo da lei difesi e protetti, assistiti e consolati; dalla sua mano ricevemmo tutte le grazie e i do­ni che l'Altissimo ci comunicò, affinché fossimo resi mini­stri adatti di una nuova alleanza.

29. Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura. La città è a forma di quadrato, la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: misura dodici mila sta­di, la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono eguali. Affinché io potessi comprendere la vastità di questa città, colui che mi parlava la misurò davanti a me. Lo fece con una canna d'oro che era il simbolo del Verbo, l'uomo-Dio, dei suoi fa­vori e meriti. Il simbolo esprime la fragilità della natura uma­na di Cristo e contemporaneamente l'immutabilità della sua natura divina, che la innalza ed eleva. Sebbene tale misura sopravanzasse di tanto la cosa misurata, né in cielo né in terra ne esisteva un'altra sufficiente per la grandezza della Signora se non quella di suo Figlio; infatti, non solo le crea­ture umane ma anche quelle angeliche non erano nella con­dizione di relazionarsi con una simile grandezza, e pertan­to non erano idonee a comprendere e a misurare questa mi­stica città. Se invece si adottava ? la misura dell'Unigenito, era a lui del tutto proporzionata: niente le poteva mancare di ciò che corrispondeva alla sua dignità. L'estensione della città era di dodicimila stadi in lunghezza e in altezza, tanto da formare un quadrato perfetto, regolare e uguale in tutte le sue parti. La pienezza, l'immensità e la corrispondenza dei doni e delle qualità della Regina - erano tali che, se altri, se­condo il Vangelo, ricevettero due o cinque talenti, ella per ciascun dono ne ebbe dodicimila, superando così tutti ab­bondantemente. Era ricolma di grazia quando, predestina­ta a diventare la Madre del Verbo incarnato, passò nella sua immacolata concezione dal non essere all'essere, dal nulla all'esistenza. Nel momento in cui dal cielo scese sulla terra per consolidare la Chiesa , fu ancora una volta confrontata con Gesù assiso alla destra del Padre, e fu trovata così confor­me a lui da sembrare idonea ad occupare il posto destina­tole nel mondo e tra i fedeli e compiere la missione insie­me a lui.

30. Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. Le fondamenta delle mura della città sono adorne di ogni specie di pietre preziose. Il por­tamento esteriore e le azioni di Maria impressionavano e si mostravano a tutti similmente alle mura che circondano una città; erano di una tale bellezza da suscitare in tutti coloro che la guardavano e comunicavano con lei una profonda ammirazione. Con il suo esempio vinceva e attirava a sé i cuori, e la sua semplice presenza metteva in fuga i demoni e distruggeva le loro fantastiche illusioni. Questa è la ra­gione per cui le mura si dicono di diaspro. Nei primi anni della Chiesa, ella, agendo e operando all'esterno, compì enor­mi prodigi e produsse maggiori frutti per la salvezza delle anime di quanto non poterono gli apostoli e i santi di quel tempo. La parte interiore della città era di oro finissimo d'i­nesplicabile carità, carità mutuata da quella del Redentore e così simile all'amore del bene supremo da sembrarne un raggio; era simile anche al vetro puro, chiaro, trasparente, uguale ad uno specchio senza macchia, nel quale riverbe­rava la divinità senza che vi si potesse scorgere alcun'altra immagine. Inoltre, era paragonabile ad un'enorme tavola cri­stallina, sulla quale era scritta la legge evangelica, affinché quest'ultima in essa e per essa fosse manifestata a tutto il mondo: perciò il vetro era chiaro e trasparente, e non di pietra scura come le tavole di Mosè che erano destinate ad un unico popolo. Le fondamenta delle mura erano di pietre preziose, a significare che l'Altissimo le edificò di sua ma­no e lo fece nel modo più pregiato, più ricco, più sicuro, senza limiti né misura, fondandole sui doni più stimabili, simboleggiati appunto dalle pietre di incalcolabile, rara bel­lezza e ricchezza.

31. E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente. Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. Tutti coloro che si avvicineranno alla Ver­gine, la città santa, per entrarvi attraverso la fede, la spe­ranza, la venerazione, la pietà e la devozione, troveranno la perla preziosa e grazie alla sua intercessione saranno fortunati e prosperi in questa vita e beati nell'altra. Im­mersi in tale raccoglimento non avranno timore di en­trarvi, perché le sue porte sono amabili e attirano a sé come le perle: nessun essere mortale possa dunque sen­tirsi scusato se si sarà lasciato sfuggire l'occasione di ri­fugiarsi presso di lei confidando nella sua pietà per i pec­catori. Niente vi è in lei che non li attiri a sé e li con­duca sul sentiero del gaudio eterno. Se dunque le porte sono così belle e suscitano tanta meraviglia agli occhi di chi vi si appressa, ancor più splendido sarà il suo inter­no. Esso è di oro purissimo e scintillante, simbolo del­l'amore ardente di colei che tutti accoglie e arricchisce con i tesori della beatitudine perenne. In questo senso e a tal fine ella mostra a tutti la sua luce e nessuno tro­verà mai in lei tenebre di falsità o di inganno. Io non vi­di nella città santa, Maria, nessun altro tempio e nessun altro trono che l'Onnipotente e l'Agnello, poiché l'uno ve­niva ad abitare in lei in modo straordinario e l'altro, il suo Unigenito, vi stava in forma sacramentale, e non era necessario che si edificasse il tempio perché ella vi pre­gasse o intercedesse con suppliche, come solitamente fan­no gli altri uomini, poiché Dio stesso e suo Figlio erano il suo tempio: attenti a tutte le domande e implorazioni che presentava, ne favorivano la mediazione.

32. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello. Dopo che la Madre ebbe fatto ritorno sulla terra, il suo spirito non fu illuminato come ordina­riamente avveniva per i santi, né come lo era stato prima dell'ascenzione; ma, in ricompensa della sua rinuncia al privilegio di contemplare chiaramente il Signore mentre era viatrice, ottenne il dono di una visione ininterrotta, continua ed astrattiva, alla quale corrispondeva in modo proporzionato il godimento dell'Altissimo. Ella partecipava in modo speciale allo stato dei beati, benché vivesse an­cora la condizione di pellegrina. Oltre a ciò ricevette an­che il favore che Cristo, sotto le specie del pane, dimoras­se incessantemente nel suo petto come nel proprio cibo­rio, ed ella non perdesse queste specie sacramentali fino al momento in cui non ne avesse ricevute delle nuove: per tutto il tempo in cui rimase quaggiù, dopo esservi discesa dal cielo, ebbe sempre con sé il suo Unigenito. Lo poteva ammirare nel suo intimo in virtù di una visione singolare che le fu concessa affinché si rapportasse con lui senza an­darlo a cercare fuori di sé. Con la sposa del Cantico dei cantici poteva dire: Lo strinsi fortemente e non lo lascerò. Con simili elargizioni in questa città in cui la grazia face­va luce come la luna non poté esservi notte, né ebbe bi­sogno di altri raggi del sole di giustizia: possedeva infatti il sole stesso della Divinità, non in modo parziale come av­veniva per gli altri, ma in assoluta pienezza.

33. Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra a lei porteranno la loro magnificenza. Nessuna scusa può esservi per gli esuli discendenti di Eva se, con la luce che la Regina ha dato al mondo, non si dirigeranno verso l'autentica felicità. Il Redentore la inviò dall'empireo per rischiarare la comunità primitiva e si degnò di farla co­noscere ai suoi membri. Egli andò manifestando sempre più la grandezza e la santità di sua Madre, attraverso gli innumerevoli benefici che ella aveva operato e che i mor­tali avevano ricevuto direttamente dalla sua mano. Negli ultimi tempi, che sono i presenti, estenderà ancor più la sua gloria e la rivelerà in uno splendore nuovo, poiché i fedeli hanno assolutamente bisogno della sua potentissima intercessione e del suo patrocinio per vincere le seduzioni della carne e i demoni, che, per colpa degli uomini, ac­quisteranno sempre più potere e forza al fine di impedire l'aiuto superno e renderli ancora più indegni della beati­tudine senza fine. Il Signore, contro la malizia e le reite­rate seduzioni di Lucifero e dei suoi seguaci, intende op­porre i meriti e le preghiere della purissima Vergine, la ma­gnificenza della sua vita e il suo influente intervento. In tal modo ella sarà rifugio e asilo per i peccatori: tutti si incammineranno su questa strada diritta, sicura e ben il­luminata e giungeranno lietamente alla meta.

34. Se i re e i principi della terra procedessero in que­sta luce e portassero in questa città il loro onore, se ado­perassero la loro nobiltà, le ricchezze e l'autorità dei loro stati per esaltare il nome di Maria e quello di Gesù e in­dirizzassero tutti i loro sforzi a tal fine, sicuramente ot­terrebbero di essere protetti da questa suprema sovrana e governerebbero con sapienza e successo. Per rinnovare la confidenza e la fiducia nei nostri principi cattolici, propu­gnatori e difensori della fede, svelo loro ciò che ora e nel corso della Storia mi è stato palesato perché io lo scriva. Il sommo Re dei re e difensore delle monarchie dette alla Signora il titolo speciale di patrona, protettrice e avvoca­ta dei regni cattolici, intendendo preparare con questo be­neficio il rimedio contro le calamità e le tribolazioni che avrebbero afflitto il popolo cristiano a causa dei suoi pec­cati: ciò sarebbe accaduto nel tempo presente, come in ef­fetti stiamo sperimentando con dolore e lacrime. Il drago­ne infernale ha rivolto la sua rabbia e il suo furore contro il corpo mistico, conoscendo la negligenza dei suoi capi e dei suoi membri e quanto amino la vanità e i piaceri. La maggior parte di queste colpe e del conseguente castigo tocca a coloro che si professano più cattolici di altri, e le loro offese, quali figli, sono più gravi; essi, infatti, sono al corrente della volontà dell'Eterno e non la vogliono adem­piere dichiarando così una maggiore ostinazione di quella dei non cattolici. E ben sapendo che il regno dei cieli esi­ge forza e si conquista con la violenza, si sono abbando­nati all'ozio e alle soddisfazioni di una vita conforme al mondo e alla carne. Il giusto giudice castiga questo peri­coloso inganno del diavolo dandogli il permesso di afflig­gere e flagellare aspramente i credenti.

35. Il Padre delle misericordie, che dimora nelle altez­ze, non permette che le sue opere siano vanificate o del tutto estinte e per questa ragione ci consente di avvalerci della protezione e delle incessanti suppliche della Regina. Così la rettitudine dell'equità divina trova un valido e con­vincente motivo per sospendere il severo castigo che me­ritiamo; se però tralasceremo di conquistare tale interces­sione affinché plachi lo sdegno dell'Unigenito e implori per noi la correzione dei peccati che ci rendono indegni della sua clemenza, allora incorreremo sicuramente e imman­cabilmente nella punizione. Approfittino i principi cattoli­ci e gli abitanti dei regni di questo momento favorevole in cui ella offre loro i giorni della salvezza e del suo patroci­nio; le mostrino il loro onore, presentandolo totalmente a sua Maestà e a lei per la fede cattolica, che è stata do­nata alle loro monarchie e conservata pura fino ad oggi. In tal modo Cristo e Maria hanno voluto testimoniare al mondo l'amore del tutto singolare che nutrono per esso e la buona novella. Si adoperino allora con tutte le energie per diffondere l'esaltazione dei loro nomi in tutte le na­zioni, e credano che questo risulterà essere un mezzo ef­ficacissimo per convincere il Figlio a diffondere il culto e la devozione della sua genitrice nell'intero universo, cosic­ché ella possa essere conosciuta e venerata da tutti.

36. E, a prova della sua compassione, l'Evangelista sog­giunge: Le sue porte non si chiuderanno mai durante il gior­no, poiché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la glo­ria e l'onore delle nazioni. Nessuno, fosse anche peccato­re o fosse perfino stato un infedele e un pagano, deve av­vicinarsi con diffidenza a questa Madre di misericordia. In­fatti, colei che si privò della gloria che godeva alla destra di Gesù, non potrà mai chiudere le porte della sua pietà a chi si accosterà ad esse con devozione. Sia che qualcuno vi arrivi nella notte della colpa o nel giorno della grazia o in qualsiasi ora della vita, sarà sempre accettato e soste­nuto. Se colui che bussa a mezzanotte alle porte di un ve­ro amico lo costringe o per necessità o per importunità ad alzarsi, a prestargli soccorso e a dargli il pane che do­manda, che cosa non farà colei che è nostra madre, che ci ama teneramente, ci chiama, ci aspetta e ci invita in pri­ma persona ad accogliere l'aiuto delle sue mani? Ella non attenderà che diventiamo importuni, perché è sollecita e attenta alla voce di quanti le si rivolgono, pronta nel ri­spondere, dolcissima nell'accondiscendere alle richieste, li­berale e magnanima nell'elargire i doni. Implora su di noi l'indulgenza dell'Altissimo e si serve della stessa come fon­damento di salvezza per i miseri. Ella è la porta del cielo, affinché entriamo nel gaudio perenne per mezzo della sua intercessione e delle sue orazioni. Non entrerà in essa nulla d'impuro. Mai si turbò, né si lasciò trasportare dal mi­nimo moto di sdegno e di ira, né mai si trovò in lei erro­re, inganno o difetto alcuno: niente le manca di quanto si possa desiderare perché agli uomini sia assicurata la bea­titudine. Perciò non abbiamo nessuna scusa e tanto meno discolpa se non ci accostiamo a lei con umile riconoscen­za. Ella è pura e monda, e pertanto purificherà e farà mon­di anche noi. Nelle mani tiene la chiave delle sorgenti del­la salvezza dalle quali attingeremo acqua con gioia. È la sua intercessione, provocata dalle nostre implorazioni, che gira la chiave, e così scaturiscono le acque che ci lavano abbondantemente e ci rendono degni di essere ammessi nella felicissima compagnia della Vergine e del Signore per tutta l'eternità.

 

Insegnamento della Regina del cielo

37. Carissima, per la tua letizia e per la consolazione dei miei servi, ti comunico che tutti i capitoli che hai scrit­to hanno incontrato l'approvazione dell'Onnipotente. La sua volontà è che si palesi al mondo quello che io ho com­piuto tra i fedeli al mio ritorno dal cielo allo scopo di aiu­tarli; ti manifesto inoltre il desiderio che nutro di soccor­rere i cattolici che si avvarranno del mio patrocinio, di cui sono stata incaricata e che io intendo offrire loro con af­fetto materno. 1 santi, e soprattutto Giovanni, si sono par­ticolarmente compiaciuti del fatto che tu abbia descritto il gaudio che tutti provarono quando io salii all'empireo con il mio Unigenito nel giorno della sua gloriosissima ascen­sione. E' giunto il tempo che i membri della Chiesa ven­gano a conoscenza di questo mistero e più espressamente della grandezza dei benefici a me elargiti, affinché cresca la loro speranza in me e sappiano con certezza quanto io possa e voglia operare in loro favore. Come madre bene­vola sento compassione nel vedere i miei figli ingannati dal demonio e oppressi dalla sua tirannia, alla quale si sono dati ciecamente in potere. Giovanni incluse nei capitoli ven­tunesimo e ventiduesimo dell'Apocalisse altri profondi ar­cani concernenti le grazie da me ricevute: tu li hai tutti raccolti in questa Storia, cosicché i credenti ne possano es­sere informati per la loro salvezza mediante la mia inter­cessione, ed altri ancora ne racconterai più in là.

38. Da questo momento, devi però raccogliere per te il frutto di tutto ciò che hai capito e raccontato. In primo luogo devi progredire nel cordiale affetto e nella devozio­ne verso di me, nutrendo sempre la fermissima speranza che io sarò la tua difesa nelle tribolazioni e guiderò tutte le tue azioni. Le porte della mia clemenza saranno sempre aperte per te e per tutti quelli che mi raccomanderai, se sarai come ti voglio. Perciò ti avverto che, come io fui rin­novata nell'empireo dal potere divino per fare ritorno sul­la terra e agire in modo nuovo e con nuova perfezione, co­sì lo stesso Signore brama che tu sia rinnovata nel cielo del tuo cuore, nel più profondo raccoglimento del tuo spi­rito e nella solitudine degli esercizi in cui ti sei ritirata per narrare il resto della mia vita. Non pensare che questo ti sia stato ordinato senza un disegno speciale della Provvi­denza, considerando anche quanto è avvenuto in te per da­re inizio a questa terza parte. Adesso che do a te, sola e libera dall'ufficio di governo e dagli impegni della casa, questo insegnamento, bisogna che ti rinnovi nella mia imi­tazione ed esegua in te, per quanto è possibile, quello che in me conosci. Questa è la volontà di sua Maestà e anche la mia, e questi sono i tuoi stessi desideri. Ascolta dunque la mia dottrina e cingiti di fortezza". Determina con effi­cacia di essere attenta, fervorosa, sollecita, costante e dili­gentissima nel dare pieno compiacimento al tuo sposo. Abi­tuati a non perderlo mai di vista quando dovrai trattare con le creature o impegnarti nei servizi di Marta. Io sono la tua maestra. Gli angeli ti accompagneranno affinché, in­sieme a loro e con le loro illuminazioni, tu possa conti­nuamente lodare Dio. Egli ti donerà la sua virtù, cosicché tu intraprenda la battaglia contro i suoi e tuoi nemici. Non ti rendere indegna di tanti beni e favori.