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Venerdi, 19 aprile 2024 - San Leone IX Papa ( Letture di oggi)

20 - Per ordine di Pilato il nostro salvatore Gesù fu flagellato, coronato di spine e schernito.

Suor Maria d'Agreda

20 - Per ordine di Pilato il nostro salvatore Gesù fu flagellato, coronato di spine e schernito.
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Per ordine di Pilato il nostro salvatore Gesù fu flagellato, coronato di spine e schernito; ciò che fece Maria santissima in questa circostanza.

1335. Pilato, conoscendo l'ostinazione dei giudei sdegnati verso il Nazareno e desiderando rilasciarlo perché lo sapeva innocente, credette che una flagellazione severa avrebbe placato sia il furore del popolo, sia l'invidia dei sommi sacerdoti e degli scribi; essi così avrebbero cessato di perseguitare Gesù e di cercarne la morte. Inoltre, se per caso l'imputato fosse stato reo di qualche mancanza nelle cerimonie e nei riti giudaici, con ciò sarebbe stato punito a sufficienza. Pilato pensò questo perché, informatosi nel corso del processo, gli fu detto che il Signore era accusato di non osservare il sabato e le altre tradizioni; in realtà, si trattava di una calunnia stolta e priva di fondamento, come è riferito dai santi evangelisti. In proposito, però, il governatore romano parlava pur sempre da ignorante: nel Maestro della santità infatti non poteva esserci posto per alcun difetto riguardo alla legge, che egli non era venuto ad abolire ma a compiere e a perfezionare; d'altra parte, se anche l'accusa fosse stata vera, non avrebbe dovuto punirlo con una pena tanto sproporzionata - dato che la legge stessa prevedeva altri mezzi di purificazione da tutte le trasgressioni che gli stessi accusatori di Cristo commettevano frequentemente -, né lo avrebbe dovuto fare con una simile crudeltà e col castigo dei flagelli. Il giudice s'ingannò molto ritenendo che i giudei avessero un po' di umanità e di compassione naturale. Il loro accanimento non era da uomini, i quali di solito, vedendo il nemico prostrato, si commuovono e si placano perché hanno un cuore di carne e l'amore per il proprio simile è istintivo e suscita una certa pietà. Quei perfidi erano come trasformati in demoni, i quali s'infuriano maggiormente contro chi è più umiliato ed afflitto e quando lo vedono abbandonato dicono: «Perseguitiamolo adesso, perché non ha chi lo difenda e lo liberi dalle nostre mani».

1336. I sommi sacerdoti e i farisei odiavano implacabilmente l'Autore della vita, perché Lucifero, disperando di poter impedire la morte di lui, li irritava con la sua malvagità senza limiti, istigandoli a ucciderlo con efferatezza. Pilato si trovava fra la luce della verità che conosceva ed i motivi umani che lo dominavano; seguendo l'errore che ragioni del genere solitamente provocano in chi governa, comandò di flagellare duramente colui che dichiarava innocente. L'esecuzione dell'ingiusta sentenza suggerita dal demonio fu affidata a sei soldati tra i più robusti, i quali, da uomini vili, malvagi e senza misericordia, accettarono con molto piacere il ruolo di aguzzini. Chi è adirato e invidioso, infatti, si compiace sempre di dare sfogo al suo furore con azioni ignominiose e crudeli. Subito questi servi di satana, con molti altri, condussero il Signore nel luogo adibito a quel supplizio: un cortile, o una specie di vestibolo, dove solevano torturare i delinquenti affinché confessassero i loro delitti. Il cortile faceva parte di una costruzione non molto alta ed era circondato da colonne: alcune, coperte dall'edificio stesso, lo sostenevano, altre erano scoperte e più basse. Ad una di queste ultime, di marmo, legarono strettamente Gesù, perché lo ritenevano un mago e temevano che sfuggisse dalle loro mani.

1337. Prima lo spogliarono della veste bianca con non minore ignominia di quella usata nel fargliela indossare in casa dell'adultero ed omicida Erode; poi, per sciogliere le corde e le catene con cui era stato legato al momento della cattura nel Getsemani, lo maltrattarono ferocemente, lacerando le piaghe che i lacci, essendo tanto stretti, gli avevano procurato nelle braccia e nei polsi. Una volta liberate le divine mani, gli comandarono imperiosamente e con imprecazioni di spogliarsi da solo della tunica inconsutile, la stessa con cui da bambino la sua Madre santissima lo aveva vestito in Egitto, quando gli aveva tolto le fasce. In quel momento il Signore non portava altro abito, perché all'arresto gli avevano levato il mantello che solitamente indossava. Il Figlio dell'eterno Padre obbedì ai carnefici ed incominciò a spogliarsi, subendo il disonore della nudità di fronte a tanta gente. Poiché agli artefici di quella spietatezza sembrò che per pudore il Salvatore tardasse a svestirsi, con violenza gli strapparono la tunica a rovescio per denudarlo più velocemente. Sua Maestà rimase soltanto con il perizoma, lo stesso che Maria santissima gli aveva messo insieme alla tunicella in Egitto, giacché gli abiti erano cresciuti col sacro corpo senza che egli se li togliesse mai; così anche i sandali, che aveva portato sempre, salvo che nel periodo della predicazione, quando camminava spesso a piedi scalzi.

1338. Ho saputo che qualche dottore ha detto o meditato che il nostro Redentore fu denudato del tutto, sia per essere flagellato sia per essere crocifisso, e che egli permise tale vergogna a maggior tormento della propria persona. Avendo ricercato la verità in seguito ad un nuovo ordine dell'obbedienza, mi è stato manifestato che la pazienza di Cristo fu pronta a patire tutto senza resistere ad infamia alcuna, ma entro i limiti della decenza. I giudei tentarono di offendere ancor più pesantemente il Signore con la totale nudità e si accinsero a privarlo anche del perizoma; non vi riuscirono perché, non appena gli si accostavano, le loro braccia s'intirizzivano e gelavano, come era avvenuto nella casa di Caifa quando avevano preteso di compiere il medesimo gesto. E per quanto i sei carnefici si avvicinassero per dare prova della loro forza in questa ingiuria, accadde a tutti la stessa cosa, sebbene poco dopo, per flagellare Gesù con più crudeltà, questi ministri del peccato alzassero un po' detto perizoma - poiché sua Maestà sin qui lo permise - senza toglierlo completamente. Neppure il miracolo di vedersi impediti nel commettere simili scelleratezze mosse o addolcì i cuori di quelle bestie umane, che anzi, con diabolica follia, l'attribuirono all'arte magica che imputavano all'Autore della verità e della vita.

1339. In questa forma, dunque, il divino Maestro restò nudo alla presenza di molta gente e i sei aguzzini lo legarono brutalmente ad una colonna di quell'edificio per percuoterlo meglio. Quindi cominciarono per ordine, a due a due, a colpirlo così duramente come non sarebbe stato possibile alla natura umana se lo stesso Lucifero non si fosse impossessato del cuore empio di quei suoi servi. I primi due flagellarono l'innocentissimo Signore con alcune cordicelle molto ritorte, grosse e rigide, dando prova del loro disprezzo furioso e della loro forza fisica. I primi flagelli formarono in tutto il corpo deificato del nostro Salvatore grandi gonfiori e livide contusioni, che lo sfigurarono, giungendo quasi a fargli versare il preziosissimo sangue per le ferite. Quando questi carnefici si stancarono, ne subentrarono altri due, che a gara, con estremità di cuoio simili a redini durissime, lo colpirono sulle prime percosse, rompendo quelle bolle e quei rigonfiamenti fatti dai primi e facendone uscire il sangue divino, che non solo bagnò completamente il nostro Redentore, ma schizzò anche sulle vesti dei sacrileghi soldati e scorse fino a terra. Dopo ciò si fermarono i secondi aguzzini e seguitarono i terzi, servendosi come nuovi strumenti di certe estremità di nervi di animali, duri al pari di arbusti secchi. Costoro flagellarono sua Maestà con maggiore brutalità, sia perché non percuotevano più il suo corpo verginale bensì le ferite stesse procurate dagli altri, sia perché furono ancora occultamente istigati dai demoni, la furia dei quali cresceva a motivo della pazienza di Cristo.

1340. Poiché Gesù era tutto una piaga e le sue vene erano già aperte, gli ultimi carnefici non trovarono alcun membro sano da ferire, ma continuarono a lacerare quella carne immacolata, riducendola a brandelli e scoprendo le spalle in molti punti, cosicché le ossa, tinte di sangue, divennero ben visibili per più di un palmo di mano. Per cancellare completamente la sua bellezza, superiore a quella di tutti i figli degli uomini, lo flagellarono sul viso, sui piedi e sulle mani fin dove poterono scatenare il loro furore contro l'innocentissimo Agnello. E questi colpi furono incomparabilmente dolorosi, essendo tali parti più innervate, sensibili e delicate. Il sangue del Signore scorse a terra, aggrumandosi con abbondanza; quel venerabile volto divenne tumido e piagato; gli occhi furono accecati dal sangue e dai rigonfiamenti che vi si formarono. Come se non bastasse, lo imbrattarono di sputi e lo coprirono d'insulti. Il numero preciso delle sferzate date al Salvatore fu di cinquemilacentoquindici, dalla pianta dei piedi alla testa. Così l'Autore e padrone di ogni cosa creata, che per natura divina era impassibile, si fece per noi, nella condizione della nostra carne, uomo di dolori, molto esperto nelle sofferenze umane, ultimo di tutti e da tutti deriso.

1341. La folla che seguiva il Nazareno aveva riempito i cortili della casa di Pilato sin nella strada, perché aspettava di vedere come sarebbe andata a finire quella vicenda; ciascuno parlava concitatamente, secondo il giudizio che si era formato sull'evento. In mezzo alla confusione, la Vergine sopportò offese e tribolazioni incomparabili per gli insulti e le bestemmie che giudei e pagani proferivano contro il suo Figlio santissimo. E quando lo condussero al luogo della flagellazione, la prudentissima Signora, accompagnata dalle Marie e da san Giovanni, si ritirò in un angolo del cortile, dove una visione chiarissima le mostrò i tormenti sofferti dal nostro Redentore. Benché non guardasse con gli occhi del corpo, vide tutto meglio che se fosse stata molto vicino e niente le rimase nascosto. Non è umanamente comprensibile quali e quante pene ella abbia patito in questa circostanza: si conosceranno in Dio, unitamente ad altri misteri imperscrutabili, quando in lui saranno manifestati a tutti per la gloria del Figlio e della Madre. Ho già detto altrove in questa Storia - e soprattutto narrando la passione del Signore - che Maria santissima avvertì sensibilmente ogni sofferenza provata da Gesù. Lo stesso accadde anche durante la flagellazione: i colpi dati a Cristo nostro bene si ripercuotevano nelle medesime parti del corpo della gran Regina. E per quanto ella non versasse altro sangue all'infuori di quello effuso insieme alle lacrime, né si trasferissero a lei le piaghe del Figlio, lo strazio la trasformò e sfigurò a tal punto che san Giovanni e le Marie non la riconoscevano più. Oltre ai dolori fisici, furono indescrivibili quelli della sua anima purissima, perché in essa, crescendo la conoscenza, aumentò l'afflizione. Ella sola fra tutte le creature poté e seppe unire all'amore naturale di madre e alla suprema carità verso Cristo la capacità di comprendere l'innocenza di lui, la dignità della sua divina persona e il peso delle ingiurie inflittegli dalla perfidia giudaica e dagli altri figli di Adamo, che egli riscattava dalla morte eterna.

1342. Dopo la flagellazione gli stessi carnefici, con audacia imperiosa, sciolsero il nostro Salvatore dalla colonna e, bestemmiando nuovamente, gli comandarono di rivestirsi subito della tunica che gli avevano tolto. Uno di quei soldati, incitato dal demonio, aveva nascosto la veste del mansuetissimo Maestro, affinché non la trovasse e, per sua maggiore derisione, rimanesse nudo. La Madre del Signore conobbe questo intento malvagio e, usando della sua potestà di regina, ordinò a Lucifero e a tutti i suoi diavoli di andarsene da quel luogo; ed essi si allontanarono all'istante, costretti dalla forza e dal potere di sua Altezza. Allora ella diede ordine ai santi angeli di riporre l'abito del suo Figlio santissimo in un posto da cui egli potesse riprenderlo per ricoprire il suo sacro corpo piagato. Gli spiriti celesti obbedirono prontamente. I sacrileghi soldati non compresero che era stato operato un miracolo, ma attribuirono il fatto ad arte magica. Il nostro Redentore si rivestì, dopo aver sopportato sulle piaghe il nuovo dolore causatogli dal rigore della notte, poiché - come riferisce il Vangelo - faceva freddo. Sua Maestà, infatti, era stato nudo a lungo, per cui il sangue delle ferite si era congelato e comprimeva le piaghe, divenute più gonfie e dolorose. La temperatura rigida lo aveva debilitato al punto che gli venivano meno le forze per sopportare quei tormenti, per quanto l'incendio della sua infinita carità lo spingesse a patire e a desiderare sempre più e più pene. Nonostante che nelle creature ragionevoli la pietà sia naturale, non vi fu chi si accorgesse della sua sofferenza e del suo stato di bisogno ad eccezione della Madre addolorata, la quale piangeva per il genere umano e, compatendolo, si affliggeva.

1343. Tra i misteri di Cristo nascosti all'umana sapienza, suscita grande meraviglia che lo sdegno dei giudei, uomini di carne e sangue come noi, non si placasse al vedere Gesù così piagato e ferito da cinquemilacentoquindici colpi; stupisce che un oggetto tanto misero non muovesse in quei perfidi un'istintiva compassione, ma che anzi la loro invidia escogitasse ingiurie e tormenti nuovi contro chi era già provato a tal segno. Il loro furore era talmente implacabile che senza porre tempo in mezzo essi tentarono un altro inaudito genere di angherie: andarono da Pilato e, alla presenza di quelli del suo consiglio, gli dissero: «Questo sobillatore ed ingannatore del popolo, Gesù Nazareno, con le sue furberie e vanità ha cercato di far sì che tutti lo considerino il re dei giudei. Affinché la sua superbia sia umiliata e la sua presunzione svanisca completamente, desideriamo che tu ci consenta di mettergli le insegne regali che la sua fantasia si è meritata». Il governatore acconsentì all'ingiusta richiesta, dando loro licenza di eseguirla.

1344. Condussero subito il Salvatore al pretorio, dove lo spogliarono nuovamente con la stessa crudeltà ed insolenza di prima e gli misero addosso, come veste da finto re, una porpora lacera e sporca perché fosse deriso da tutti. Posero inoltre sulla sua sacra testa un cerchio di giunchi spinosi ben intrecciati, con punte assai acuminate e robuste, e gli premettero questa specie di corona in modo tale che molte spine penetrarono sia fino al cranio, sia fino agli orecchi e agli occhi. Così il tormento che sua Maestà patì con la corona di spine fu uno dei più atroci. Come scettro regale gli misero nella destra una spregevole canna; oltre a tutto ciò gli gettarono sulle spalle un mantello di color viola cupo, simile alle cappe degli ecclesiastici, indumento che faceva parte dell'ornamento proprio dei re. In questa maniera, i giudei rivestirono da re da burla colui che per natura e per titoli era vero Re dei re e Signore dei signori. I soldati si riunirono alla presenza dei sommi sacerdoti e dei farisei e, posto al centro il nostro Redentore, con scherno feroce lo coprirono d'ingiurie. Alcuni gli s'inginocchiavano davanti e gli dicevano per sbeffeggiarlo: «Salve, o re dei giudei!»; altri gli davano schiaffi, altri con la canna che teneva in mano lo percuotevano sul capo ferendolo; altri gli sputavano e tutti lo vituperavano in diversi modi suggeriti loro dalla furia del demonio.

1345. Oh, carità incomprensibile e senza misura! Oh, pazienza mai vista né immaginata tra i figli di Adamo! Chi mai, o mio Signore, poté costringere la vostra grandezza ad umiliarsi - essendo voi Dio vero e onnipotente nell'essere e nelle opere - al punto di soffrire tanti inauditi tormenti ed oltraggi? Ma chi abbandonò la sua condotta malvagia affinché voi non foste obbligato a fare e patire niente per l'umanità, o bene infinito? Chi mai avrebbe creduto o pensato una cosa simile se voi non ci aveste mostrato la vostra sconfinata bontà? Dov'è il nostro senno, ora che con la fermezza della fede contempliamo i meravigliosi doni del vostro amore? Che cosa produce il lume della verità che conosciamo e confessiamo? Quale incantesimo è questo che subiamo? Perché alla vista del vostro dolore, dei flagelli, degli insulti e delle ignominie andiamo in cerca dei piaceri, del riposo, dei privilegi e delle vanità del mondo senza vergogna né timore? Veramente grande è il numero degli stolti, poiché la peggiore empietà è riconoscere il debito e non pagarlo, ricevere il beneficio e non gradirlo, aver sotto gli occhi il massimo bene e disprezzarlo, allontanarlo da noi e non approfittarne, lasciare la vita, fuggirla e seguire la morte eterna. Fra tali e tante offese l'innocentissimo Agnello non aprì bocca e non valsero a mitigare il furioso sdegno dei giudei né la derisione con cui lo disprezzarono, né i tormenti che gli inflissero.

1346. A Pilato parve che l'ingrato popolo si sarebbe commosso vedendo il Nazareno ridotto in quello stato; per questo lo mostrò a tutti da una finestra del pretorio, in modo che guardassero com'era: flagellato, sfigurato e coronato di spine con le vesti ignominiose da finto re. Lo stesso Pilato disse: «Ecce homo. Ecco qui l'uomo che considerate vostro nemico. Che altro posso fargli, dopo averlo castigato con tanto rigore? Ormai non avete più ragione di temerlo. Io non trovo in lui nessuna colpa che meriti la morte». Quello che il governatore affermava corrispondeva alla realtà, ma così facendo egli condannava il suo stesso sopruso: aveva fatto tormentare un uomo che riconosceva e dichiarava giusto e che sapeva non essere degno di morte, e lo aveva permesso in maniera tale che i supplizi lo avrebbero potuto privare non solo di una, ma di più vite. Oh, cecità dell'amor proprio e malvagità di compiacere a forza di condiscendenze coloro che danno e tolgono le dignità! Come oscurano la ragione questi sentimenti perversi, facendo pendere la bilancia della giustizia, adulterandola nella più grande delle verità e nella condanna del Giusto dei giusti! Tremate, o giudici della terra, e badate che la stadera dei vostri giudizi e dettami non sia fraudolenta, perché in una sentenza ingiusta i giudicati e i condannati siete voi. E siccome i sommi sacerdoti e i farisei desideravano pervicacemente eliminare Cristo nostro salvatore, niente che fosse meno della morte li poteva contentare; quindi, risposero a Pilato: «Crocifiggilo, crocifiggilo!».

1347. La benedetta tra le donne, Maria santissima, vide Gesù quando il governatore lo presentò al popolo dicendo "Ecce homo", e inginocchiatasi lo adorò e lo confessò come vero Dio-uomo. Lo stesso fecero san Giovanni, le Marie e gli angeli che assistevano la gran Signora, perché, come madre del nostro Salvatore e come regina di tutti, ella comandò loro di fare così. Essi inoltre sapevano che ciò corrispondeva alla volontà di Dio. La prudentissima colomba disse agli spiriti celesti, all'eterno Padre e molto più al suo amantissimo Figlio intense parole di dolore, di compassione e di profonda venerazione, quali poterono essere concepite solo nel suo cuore ardente e casto. Con la sua altissima sapienza considerò inoltre che, in quella circostanza in cui sua Maestà era così insultato, disprezzato e schernito dai giudei, era assolutamente necessario conservare il credito della sua innocenza. Dietro questa saggia determinazione, la gran Regina rinnovò le preghiere fatte in precedenza per Pilato, affinché costui, in quanto chiamato a giudicare, continuasse a dichiarare che il nostro Redentore non era né degno di morte né malfattore come i giudei pretendevano, e affinché il mondo comprendesse la verità.

1348. In virtù della preghiera della beatissima Vergine, l'ingiusto giudice sentì grande pietà nel vedere il Signore così maltrattato con flagelli e insulti, e gli dispiacque che lo avessero straziato con tanta ferocia. Benché tutti questi moti fossero alquanto favoriti dalla sua natura dolce e compassionevole, era soprattutto la luce che riceveva per intercessione della Madre della grazia ad operare in lui, ispirandogli di trattenersi con i giudei a questionare circa la libertà da concedere a Gesù nostro salvatore, come riferisce l'evangelista san Giovanni dopo la coronazione di spine. Poiché essi gli chiedevano di crocifiggerlo, Pilato rispose: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio» All'udir ciò, il governatore ebbe ancor più paura e, secondo il concetto di divinità che aveva, pensò che il Nazareno potesse davvero essere Figlio di Dio. Rientrato nel pretorio, in disparte si rivolse al Signore e gli domandò di dove fosse; ma non ottenne risposta, perché non era in grado di comprenderla e neppure la meritava. Tuttavia egli tornò ad insistere con il Re del cielo: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Con queste parole Pilato intendeva obbligare Gesù a discolparsi e a dirgli qualcosa su ciò che desiderava sapere. Era convinto che un uomo tanto afflitto e tormentato avrebbe accettato qualunque favore offertogli dal giudice.

1349. Il Maestro della verità invece parlò senza difendersi e con maggiore sublimità di quella che Pilato cercava: «Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande». Anche solo una simile affermazione avrebbe dovuto persuadere il giudice a non condannare Cristo, facendogli capire che su quell'uomo non avevano potere né lui né Cesare, che un ordine più alto ne aveva permesso, contro la ragione e la giustizia, la consegna alla sua giurisdizione, che perciò Giuda e i capi del popolo, non liberandolo, avevano peccato più gravemente di lui, pur essendo anch'egli reo della medesima colpa, benché in misura minore rispetto agli altri. Pilato non giunse a conoscere questa misteriosa verità e s'intimorì molto per le parole del Signore, adoperandosi maggiormente per rilasciarlo. Poiché compresero il suo intento, i sommi sacerdoti lo minacciarono insinuando che, se non avesse privato della vita chi si faceva re o lo avesse addirittura liberato, sarebbe incorso nell'inimicizia dell'imperatore. Gli dissero infatti: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare». Dissero questo perché gli imperatori romani non consentivano a nessuno in tutto l'impero di ardire d'impadronirsi del titolo regale senza la loro volontà e, se Pilato avesse accondisceso a ciò, non avrebbe osservato i decreti di Cesare. All'insidiosa minaccia dei giudei, Pilato si turbò molto e all'ora sesta tornò ad insistere un'altra volta dicendo loro: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via, via, crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i sommi sacerdoti: «Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare».

1350. Il governatore si lasciò vincere dall'ostinazione e dalla malvagità dei giudei e, sedutosi in tribunale - detto in greco Litòstroto e in ebraico Gabbatà -, nel giorno della Parasceve pronunciò la sentenza di morte contro l'Autore della vita. I capi del popolo se ne andarono pienamente soddisfatti e con grande gioia, divulgando quel verdetto nel quale, senza che essi lo sapessero, è racchiusa la nostra salvezza. La Madre addolorata, stando fuori, conobbe tutto contemplandolo in visione. E quando i sommi sacerdoti e i farisei uscirono rendendo pubblica la notizia della condanna alla crocifissione, si rinnovò lo strazio del suo castissimo cuore, che fu trafitto, penetrato e trapassato crudelmente dalla spada dell'amarezza. Poiché la pena di Maria santissima in tale circostanza superò ogni umano pensiero, non posso parlarne, ma devo rimetterne la considerazione alla pietà cristiana. Tantomeno è possibile riferire i suoi atti interiori di adorazione, culto, riverenza, amore, compassione, dolore.

Insegnamento della Regina del cielo

1351. Figlia mia, sei piena di meraviglia nel considerare la durezza di cuore dei giudei e la condiscendenza di Pilato, il quale di fronte all'innocenza di mio Figlio riconobbe la loro cattiveria, ma se ne lasciò vincere. Io ti voglio trarre fuori da questo stupore con l'insegnamento e gli ammonimenti che ti occorrono, affinché tu sia vigilante nel cammino della vita. Sai già che le antiche profezie dei misteri della redenzione e tutte le sacre Scritture sono infallibili, poiché passeranno il cielo e la terra prima che cessino di compiersi secondo quanto ha stabilito la mente divina. Ora, perché si realizzasse la vergognosissima morte profetizzata per il mio Gesù, era necessario che al mondo vi fossero uomini che lo perseguitassero, ma che questi fossero i giudei e i loro capi, e che Pilato fosse l'ingiusto giudice che lo condannò, fu loro sfortuna e somma infelicità e non scelta dell'Altissimo, che avrebbe voluto tutti salvi. Essi furono condotti a tanta rovina dalle proprie colpe e dalla somma malvagità con cui opposero resistenza alla grazia rifiutando benefici incommensurabili, come quello di avere con sé il loro Salvatore e maestro, di avere a che fare con lui, di conoscerlo, di udirne la predicazione e l'insegnamento, di assistere ai suoi miracoli e di ricevere tanti favori che nessuno degli antichi padri aveva potuto ottenere, per quanto li avesse bramati. Così fu giustificata la causa del Signore e fu noto a tutti che, per quanto egli avesse coltivato con le proprie mani la sua vigna e l'avesse colmata di beni, essa gli diede in cambio spine e tribolazioni, tolse la vita al padrone che l'aveva piantata e non volle riconoscerlo, come doveva e poteva meglio degli stranieri.

1352. Quanto successe a Cristo capo avverrà sino alla fine del mondo alle membra del suo corpo mistico che sono i giusti, perché sarebbe scandaloso che le membra non corrispondessero al capo, i figli al padre e i discepoli al maestro. E anche se gli scandali sono inevitabili perché nel mondo sempre vivranno insieme i perseguitati e i persecutori, chi dia la morte e chi la subisca, chi mortifichi e chi sia umiliato, nondimeno le diverse sorti sono frutto della malizia o della bontà degli uomini. Sciagurato colui che, per sua colpa e cattiva volontà, provoca lo scandalo e si rende così strumento del demonio. I primi ad accanirsi contro la nuova Chiesa furono i sommi sacerdoti, i farisei e Pilato, i quali ne perseguitarono il capo e, nel corso dei secoli, sono imitati da quelli che ne fanno soffrire il mistico corpo.

1353. Adesso dunque carissima, alla presenza del Signore e mia, considera quale sorte tu voglia scegliere. Il tuo Redentore e sposo fu tormentato, coronato di spine e oltraggiato: se brami appartenere al suo corpo mistico non è certo conveniente né possibile che tu viva nei piaceri secondo la carne. Tu devi essere quella che è perseguitata e non perseguita, che è oppressa e non opprime, che patisce senza far patire il suo prossimo, che porta la croce e sopporta lo scandalo e non lo causa; anzi, nella misura in cui ti sarà possibile, devi procurare agli altri il rimedio e la salvezza, ricercando la perfezione del tuo stato e della tua vocazione. Questa è la parte di eredità degli amici di Dio e dei suoi figli nella vita mortale; in essa si trova la partecipazione alla grazia e alla gloria, che mio Figlio acquistò per il genere umano con i tormenti, le ingiurie e la morte di croce. Anch'io, poi, cooperai all'opera della salvezza, costatami i dolori e le afflizioni che hai inteso: fa' in modo di non cancellare mai dal tuo cuore le loro immagini e la loro memoria. L'Onnipotente avrebbe potuto far grandi nel tempo i suoi eletti, dare loro ricchezze, doni e fama, renderli forti come leoni e capaci di sottomettere ogni cosa al loro potere invincibile. Ma non conveniva condurli per una simile via perché gli uomini non s'ingannassero, pensando che la felicità consistesse nella grandezza di ciò che è visibile e terreno; in tal caso, infatti, avrebbero abbandonato le virtù ed oscurato la gloria del Signore, non avrebbero sperimentato l'efficacia della grazia divina, né aspirato a ciò che è spirituale ed eterno. Voglio che t'impegni continuamente e tragga profitto da questa scienza ogni giorno, mettendo in pratica tutto quello che vi scopri e conosci.