17 - Le sofferenze che pati' il nostro salvatore Gesù durante la notte del rinnegamento di Pietro e il gran dolore della sua santissima Madre.
La mistica Città di Dio - Libro sesto
Suor Maria d'Agreda

Le sofferenze che patì il nostro salvatore Gesù durante la notte del rinnegamento di Pietro e il gran dolore della sua santissima Madre.
1283. I santi evangelisti hanno fatto passare sotto silenzio i patimenti
di Gesù nella notte del rinnegamento di Pietro e gli insulti che
ricevette nella casa di Caifa, mentre tutti e quattro riferiscono la
nuova consultazione fatta tra i membri del sinedrio per presentarlo a
Pilato, come si vedrà nel capitolo seguente. Io allora dubitai se fosse
opportuno proseguire il mio racconto e manifestare quanto mi era stato
dato di comprendere, perché nel contempo mi fu fatto capire che nel
nostro pellegrinaggio terreno non ci sarà svelata ogni cosa, né conviene
che si dica a tutti ciò di cui si viene a conoscenza, poiché nel giorno
del giudizio saranno palesati questo ed altri misteriosi eventi della
vita e della passione del nostro Redentore. Inoltre, su quanto io posso
dichiarare, non trovo parole adeguate al mio pensiero e molto meno
all'oggetto che concepisco, perché l'argomento è ineffabile e superiore
alla mia capacità. Tuttavia, per obbedire, esporrò quello che mi sarà
concesso di intendere, per non essere ripresa per aver taciuto una
verità così sublime da confondere e condannare la vanità e la
dimenticanza umana. Confesso dinanzi al cielo la mia durezza a non
morire di vergogna e dolore, per aver commesso colpe che tanto costarono
a quel Dio che mi diede l'esistenza: non possiamo negare l'orrore e la
gravità del peccato che fece strazio dell'Autore della grazia e della
gloria. Sarei la più ingrata di tutti gli uomini, al pari dello stesso
demonio, se da oggi in poi non aborrissi la colpa più della morte:
questo debito desidero trasmettere e ricordare a tutti i cattolici,
figli della Chiesa.
1284. L'ambizioso sommo sacerdote, di fronte alle torture
che Cristo nostro bene subiva silenziosamente alla sua presenza, si
accese d'invidia, mentre i suoi collaboratori, non appagati di ciò che
veniva messo in atto contro la divina persona, fremettero d'ira. Passata
la mezzanotte, deliberarono che il Salvatore restasse ben custodito
fino al mattino, per avere la certezza che non potesse fuggire mentre
dormivano. Ordinarono perciò di rinchiuderlo, legato com'era, in un
sotterraneo che serviva per far scontare l'ergastolo ai peggiori ladroni
e facinorosi dell'impero. Questo carcere era senza luce e così sporco e
maleodorante che, se non fosse stato ben chiuso, avrebbe potuto
infettare l'intera abitazione; difatti, erano parecchi anni che non
veniva pulito sia perché assai profondo, sia perché non si facevano
molti scrupoli di confinare le persone più inique in quell'orribile
luogo, ritenendole gente indegna di ogni pietà, bestie indomite e
feroci.
1285. Eseguito subito l'ordine del malvagio consiglio, il
Creatore dell'universo fu portato in quell'immondo e tenebroso luogo. E
poiché seguitava a stare legato nello stesso modo in cui era stato
condotto dal Getsèmani, quei malviventi poterono continuare con
sicurezza a sfogare su di lui lo sdegno che il principe delle tenebre
somministrava loro incessantemente: ora lo tiravano per le corde, ora lo
trascinavano con disumano furore, con percosse esecrabili. La prigione
descritta in un angolo presentava una sporgenza, talmente resistente da
non essere mai stata smussata, a cui venne spietatamente attaccato con
l'estremità delle corde sua Maestà, che, lasciato in piedi con il corpo
ricurvo, non aveva possibilità di sedersi e rialzarsi per un piccolo
sollievo: questo si rivelò una tortura nuova ed estremamente penosa. I
soldati, abbandonandolo così, serrarono le porte con le chiavi che
consegnarono ad un custode perché ne avesse cura.
1286. Il dragone infernale nella sua recondita superbia non
aveva riposo; bramava sempre di poter sapere se costui fosse il Messia
e, per irritarne l'eccelsa pazienza, macchinò un'altra malvagità. Infuse
nell'immaginazione della guardia depravata l'intento di invitare alcuni
amici, dai costumi simili ai suoi, per scendere tutti insieme nella
fossa e trattenersi alquanto a prendere in giro il mansuetissimo
Agnello: volevano obbligarlo a profetizzare ed a fare qualcosa di
inaudito, poiché lo ritenevano un mago o un indovino. Con questa
diabolica suggestione Lucifero eccitò anche altri sgherri inducendoli ad
eseguire le perfide molestie che avevano pensato. E mentre essi si
riunivano per decidere, molti degli angeli che assistevano Gesù nel
martirio, vedendolo in un posto tanto ignobile, stretto in quella
dolorosa posizione, subito si prostrarono davanti a lui, adorandolo come
vero Dio. Inoltre, gli resero riverenza e culto tanto più profondi
quanto più lo riconobbero mirabile nel permettere di farsi insultare per
l'amore che portava ai mortali, e gli elevarono alcuni inni e cantici
composti da Maria. In nome della stessa Signora, lo pregarono che,
quantunque non volesse mostrare la potenza della sua destra
nell'innalzare la sua santissima umanità, almeno desse loro il permesso
di alleviargli il tormento e difenderlo da quella schiera di malvagi,
che incitata dal diavolo si preparava ancora ad offenderlo.
1287. Il nostro Maestro non accettò un ossequio così
particolare e disse: «Ministri dell'eterno Padre, non è mia volontà
avere sollievo in questo momento. Io desidero sopportare gli affronti
per soddisfare la carità ardente con la quale amo i discendenti di
Adamo, e lasciare ai miei eletti un esempio, affinché mi imitino e non
si perdano d'animo nelle tribolazioni, tenendo presenti i tesori della
grazia che ho procurato ad essi con abbondanza. In tal modo io voglio
giustificare la mia causa perché nel giorno della mia ira sia manifesta
ai reprobi la giustizia con cui saranno condannati per aver disprezzato
l'acerbissima passione, che io ho accettato per procurare il loro
rimedio. Dite a colei che mi ha generato che si consoli in
quest'afflizione, sino a quando non arriverà il giorno della gioia e del
riposo, e mi accompagni adesso nell'opera della redenzione, poiché dal
suo compassionevole affetto e da tutto ciò che fa io ricevo
soddisfazione e compiacimento». Dopo questa risposta, i messaggeri
superni ritornarono dalla Regina e con queste rassicuranti parole la
confortarono, benché ella tramite un'altra via di conoscenza non
ignorasse il volere di patire del suo Unigenito e tutto ciò che
succedeva nella casa di Caifa. E quando ebbe notizia della nuova
crudeltà con la quale i soldati lo avevano attaccato e della condizione
tanto dura in cui era stato lasciato, la purissima Vergine provò nella
sua delicatissima persona lo stesso dolore, avvertendo anche quello dei
pugni, degli schiaffi e degli obbrobri che erano stati riservati
all'Autore della vita. Nel corpo della candidissima colomba tutto
risuonava come un'eco miracolosa: stesso dardo feriva il Figlio e la
Madre, stesso coltello trapassava entrambi, con la sola differenza che
egli soffriva come uomo-Dio e unico salvatore dell'umanità, ella come
semplice creatura e coadiutrice del beneplacito divino.
1288. Quando l'amorosa Principessa seppe che Gesù
permetteva l'ingresso nel carcere a quei vilissimi malfattori, pianse
amaramente per quanto stava per accadere. Prevedendo i perversi
propositi di Lucifero, fu molto prudente ad usare il suo potere regale e
ad impedire che si eseguisse contro il suo diletto qualche atto
indecoroso, come costui stava macchinando. Difatti, sebbene tutte le
azioni tramate fossero indegne e di somma irriverenza, in alcune vi
poteva concorrere minore decenza: queste erano quelle che il nemico
cercava di inculcare nelle guardie per provocare lo sdegno di Cristo,
quando vedeva che con le altre molestie intentate non era riuscito ad
irritare la sua mansuetudine. Furono talmente rare, ammirevoli, eroiche e
straordinarie le opere compiute da Maria in questa circostanza ed in
tutto il corso della passione, che non si possono giustamente riferire
né lodare, benché su tale argomento siano stati scritti molti libri: è
ineluttabile, allora, rimettere tutto ciò al tempo della visione
beatifica, perché è così sublime da non potersi narrare in questa vita.
1289. Quei ministri del peccato entrarono nel sotterraneo,
celebrando con ingiurie la festa che avevano deciso di fare tra
derisioni e beffe contro il Signore. Avvicinatisi a lui, incominciarono a
sputargli in faccia in modo nauseante, schernendolo e dandogli schiaffi
con incredibile sfacciataggine; ma egli non rispose né aprì bocca né
alzò lo sguardo, serbando sempre sul volto un'umile serenità. Quei
farabutti volevano obbligarlo a parlare oppure a fare qualcosa di
ridicolo o straordinario, al fine di avere ancora un'occasione per
appellarlo come stregone e burlarsi di lui. Allorché si accorsero invece
della sua imperturbabile mitezza, si lasciarono maggiormente irritare
dai diavoli: lo sciolsero dalla roccia a cui stava legato e lo posero in
mezzo alla prigione, bendandogli con un panno i santissimi occhi.
Accerchiatolo incominciarono uno dopo l'altro a percuoterlo con pugni
sotto il mento e schiaffi, chiedendogli di indovinare chi fosse colui
che lo aveva colpito; ciascuno faceva a gara per superare gli altri
nelle derisioni e nelle bestemmie. In quest'occasione, essi
pronunciarono parole blasfeme ancor più fieramente che alla presenza di
Anna.
1290. Alla pioggia di obbrobri il mansuetissimo Agnello non
ribatteva. Frattanto, satana bramava che facesse qualche gesto contro
la pazienza, crucciandosi nel vedere come questa virtù rimanesse
immutabile in lui. Infuse, allora, nell'immaginazione di quei suoi amici
l'infernale decisione di spogliarlo di tutte le vesti e di trattarlo
come aveva escogitato nella sua esecrabile mente. A questa suggestione
quegli iniqui non fecero resistenza, risolvendo di concretizzarla
subito. La prudentissima Vergine con preghiere, lacrime e sospiri e con
l'autorità di regina impedì l'abominevole sacrilegio, implorando il
Padre che non concorresse con le cause seconde in tali azioni
delittuose. Ingiunse così a quei ministri di empietà di non usare la
loro forza naturale per effettuare quanto avevano ordito e, per questa
potenza, essi non poterono realizzare niente di ciò che il serpente con
la sua malizia aveva loro suggerito, poiché dimenticavano immediatamente
molte cose che desideravano fare tralasciandone altre, e rimanevano con
le braccia irrigidite sino a quando non ritrattavano la loro perversa
iniziativa. Nel desistere ritornavano nello stato normale, perché quel
miracolo non era compiuto per castigarli, ma solo per impedire gli atti
più ignobili; infatti, era loro consentito di eseguire solamente le
irriverenze che rientravano nel beneplacito superno.
1291. La potentissima sovrana comandò anche ai demoni che
tacessero e non incitassero più a simili oltraggi. Da questo ordine il
dragone restò schiacciato e reso inabile in ciò a cui si estendeva la
volontà di diniego della Madre; fu allora impossibilitato ad aizzare
ulteriormente la stolta rabbia di quei delinquenti, che pertanto non
furono più in grado di dire o fare qualcosa di indecoroso, se non
nell'ambito loro permesso. Tuttavia essi, pur sperimentando in sé tutti
quegli effetti mirabili e alquanto insoliti, non meritarono di
disingannarsi né di riconoscere il potere divino e, benché in quel
frangente si sentissero ora storpi ora liberi e sani, attribuivano il
repentino cambiamento a facoltà di stregone e di mago, ritenendo tale il
Maestro della verità e della vita. Con questo diabolico errore
perseverarono nel fare altre burle infamanti e nell'infliggere nuovi
tormenti a Cristo, fin quando si accorsero che la notte era già molto
avanzata. Ritornarono allora a legarlo alla roccia e lasciandolo lì
attaccato uscirono con i ministri infernali. Per disposizione
dell'eccelsa sapienza fu affidata alla gran Signora la difesa
dell'onestà e della dignità del suo Unigenito, perché queste non
venissero offese.
1292. Il nostro Salvatore rimase nuovamente solo in quella
fossa, assistito però dagli angeli che, stupefatti delle sue opere e dei
segreti giudizi in ciò che aveva voluto patire, lo adoravano e lo
benedicevano magnificando ed esaltando il suo santo nome. Egli elevò una
lunga orazione all'Eterno, pregandolo per i futuri cristiani, per la
propagazione della fede e per gli apostoli, intercedendo particolarmente
in favore di san Pietro, che in quel momento si rammaricava e piangeva
il proprio peccato. Raccomandò anche quelli che lo avevano ingiuriato e
deriso, e soprattutto invocò l'Onnipotente per Maria e per coloro che a
sua imitazione sarebbero stati afflitti e disprezzati dal mondo: per
tutti questi fini offrì la passione che già incombeva su di lui. Nel
contempo la celeste Principessa, addolorata, lo accompagnava innalzando
le stesse suppliche a vantaggio dei figli della Chiesa e dei nemici,
senza turbarsi né risentire sdegno contro questi ultimi. Nutriva
disprezzo solo verso Lucifero, perché incapace di aprirsi alla grazia a
causa della sua irreparabile ostinazione, e con profondi gemiti parlò
all'Altissimo:
1293. «Bene dell'anima mia, siete degno di ricevere l'onore
e la lode degli esseri viventi: tutto a voi è dovuto, perché siete
immagine del Padre e impronta della sua sostanza, infinito nel vostro
essere e nelle vostre perfezioni; siete principio e fine di ogni
santità. Se tutto è stato creato per adempiere docilmente il vostro
volere, come mai adesso disprezzano, insultano e oltraggiano la vostra
persona, meritevole del loro supremo culto e della somma venerazione?
Come mai si è tanto innalzata la malizia dei mortali? Come mai si è
tanto inoltrata la superbia sino a mettere la bocca nel cielo? Come può
esser diventata così potente l'invidia? Voi siete l'unico splendido sole
di giustizia che illumina e dissipa le tenebre dell'errore. Siete la
sorgente della grazia, che non è negata a nessuno se la vuole. Siete
colui che per liberalità date l'essere, il movimento e la conservazione.
Tutto dipende da voi ed ha bisogno di voi, senza che voi abbiate
bisogno di niente. Che cosa dunque hanno visto nelle vostre opere? Che
cosa di tanto gravoso hanno ritrovato in voi perché siate così offeso e
maltrattato? O atrocissima bruttura del peccato, che hai sfigurato la
bellezza del cielo ed oscurato lo splendore del suo venerabile volto! O
sanguinolenta fiera, che senza umanità tratti il riparatore stesso dei
tuoi danni! Figlio mio, io so già che siete l'artefice del vero amore,
l'autore del riscatto, il maestro, il Signore degli esercititi, e che
voi stesso mettete in pratica la dottrina insegnata agli umili discepoli
della scuola divina. Voi abbassate l'alterigia, confondete l'arroganza e
siete esempio di salvezza perenne. Ma se volete che ciascuno imiti la
vostra ineffabile carità e la vostra infinita mitezza, spetta a me farlo
per prima; a me che offrii il mio corpo per rivestirvi della carne
passibile, nella quale ora siete percosso, riempito di sputi e
schiaffeggiato. Oh, potessi subire io sola tante pene e voi,
innocentissimo tesoro mio, restarne privo! Ma se ciò non è possibile,
patisca almeno io con voi sino alla fine. E voi, spiriti superni che,
stupefatti della sua mansuetudine, conoscete la sua immutabile divinità e
l'innocenza e la nobiltà della sua vera umanità, ricompensatelo delle
ingiurie e delle bestemmie. Dategli magnificenza e gloria, sapienza,
virtù e fortezza. Invitate gli astri, i pianeti, le stelle e gli
elementi affinché tutti lo confessino, e considerate se per caso vi sia
un altro dolore simile al mio». Queste ed altre struggenti parole
proferiva la purissima Regina, sospirando alquanto nell'amarezza del suo
cordoglio.
1294. Nel corso della passione la pazienza della Vergine fu
incomparabile: non le parve mai troppo quello che sopportava, non
considerando il peso dei suoi tormenti uguale a quello del suo affetto,
che misurava sull'amore, sulla dignità di Gesù e sulle torture a lui
inflitte. Inoltre, per tutte le insolenze lanciate contro di lui, ella
nutrì il desiderio di sentirle su di sé e, pur non reputandole proprie,
le pianse perché rivolte contro la divina persona e ritorte a danno
degli aggressori stessi. Pregò per tutti costoro, affinché l'Onnipotente
li perdonasse, li allontanasse dalla colpa e da ogni male, e li
illuminasse con la sua luce, cosicché anch'essi conseguissero il frutto
della redenzione.
Insegnamento della Regina del cielo
1295. Carissima, sta scritto nel Vangelo che l'Altissimo
diede al suo e mio Unigenito il potere di condannare i reprobi nel
giudizio universale. In quel giorno tutti coloro che saranno considerati
rei vedranno e riconosceranno la sua santissima umanità, nella quale
furono riscattati tramite il suo martirio. Per di più, sarà lo stesso
Signore a chiedere ai peccatori di rendere conto delle loro azioni e,
siccome non gli potranno rispondere né dare soddisfazione, questa
vergogna sarà il principio della punizione che riceveranno per la loro
ostinata ingratitudine. Allora sarà palese la misericordia di Dio in
tutta la sua grandezza, ma anche la giustizia, perché i cattivi saranno
meritevoli del castigo eterno. Enormi e acerbissime furono le sofferenze
che patì il mio santissimo Figlio, particolarmente per coloro che non
avrebbero guadagnato gli effetti della redenzione. Mentre veniva
torturato, il mio cuore si sentì trapassato, come pure nel guardarlo
coperto di sputi, schiaffeggiato, bestemmiato ed afflitto con torture
tanto empie che non si possono comprendere nell'esistenza terrena. Io
ebbi di ciò una chiara visione e la mia angoscia fu conforme alla
rivelazione datami. Ma le tribolazioni peggiori furono provocate dalla
consapevolezza che molti si sarebbero dannati nonostante il supplizio di
sua Maestà.
1296. Desidero che tu mi accompagni in questi patimenti,
che mi imiti e che gema sopra una così lamentevole sciagura; tra i
mortali non ve n'è un'altra degna di essere deplorata tanto amaramente,
né vi è strazio che si possa paragonare ad essa. Sono pochi nel mondo
quelli che riflettono su tale verità con la dovuta ponderazione, ma il
Maestro ed io li accogliamo con speciale compiacimento, perché ci
seguono sulla via dei dolori e si affliggono per la perdizione di tante
anime. Cerca di distinguerti in quest'esercizio ben accetto al sommo
sovrano. Devi però essere al corrente delle sue promesse: a colui che
chiederà sarà dato, a chi griderà sarà aperta la porta dei suoi infiniti
tesori. Ed affinché tu sappia cosa offrirgli, imprimi nella memoria le
pene procurate al tuo sposo, per mano di uomini vili e depravati, e
l'invincibile pazienza, la mansuetudine, il silenzio con cui egli si
assoggettò alla loro iniqua volontà. Tenendolo presente come modello,
d'ora innanzi tenta con tutte le forze di mantenerti immune
dall'irascibilità e da ogni altra passione che attanaglia i discendenti
di Adamo; fa' che si generi in te un profondo rifiuto della superbia che
disprezza ed offende il prossimo. Supplica inoltre il Padre perché ti
conceda mitezza, affabilità e amore verso la croce: stringiti ad essa,
prendila con pio affetto e va' dietro a Cristo, affinché tu giunga a
possederlo.