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Giovedi, 18 aprile 2024 - San Galdino ( Letture di oggi)

13 - La cattura e la consegna del nostro Salvatore, dovute al tradimento di Giuda.

Suor Maria d'Agreda

13 - La cattura e la consegna del nostro Salvatore, dovute al tradimento di Giuda.
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La cattura e la consegna del nostro Salvatore, dovute al tradimento di Giuda; ciò che fece in quest'occasione Maria santissima ed alcuni misteri riguardo a questo fatto.

1223. Mentre il nostro salvatore Gesù si trovava presso l'orto degli Ulivi, pregando il suo eterno Padre e sollecitando la salvezza di tutto il genere umano, Giuda si affrettava a farlo catturare e a consegnarlo ai sommi sacerdoti ed ai farisei. E poiché Lucifero con i suoi demoni non poté dissuadere la perversa volontà del malvagio discepolo e degli altri dall'intento di togliere la vita al loro Creatore e maestro, la sua antica superbia mutò disegno, ed agendo con nuova malizia infuse empie suggestioni nei giudei, affinché con maggior crudeltà e con atrocissime ingiurie tormentassero Cristo. Il dragone - come si è detto finora - già nutriva il pieno sospetto che quell'uomo così eccezionale fosse il Messia e vero Dio. Per non rimanere in questo dubbio, cercava allora nuove prove contro il Signore per mezzo di violenti insulti, che riversò nell'immaginazione dei giudei e dei loro ministri, comunicando ad essi la sua indicibile invidia. In quest'occasione tutto si adempì conformemente a quanto lasciò scritto Salomone nel libro della Sapienza. Il demonio, infatti, pensò che se Cristo non era Dio, ma semplice uomo, avrebbe ceduto alla persecuzione ed ai tormenti, ed egli così lo avrebbe vinto; se invece lo era, avrebbe manifestato la sua identità liberandosi e operando nuovi prodigi.

1224. L'empia temerarietà di Lucifero accese ardentemente l'invidia dei sommi sacerdoti e degli scribi. Essi adunarono rapidamente una turba di gente e designando Giuda come capo condottiero lo fornirono di un distaccamento di soldati gentili, di un tribuno e di molti altri giudei, affinché tutti quanti andassero a prendere l'innocentissimo Agnello. Sua Maestà stava proprio attendendo quell'evento, leggendo i pensieri ed osservando i disegni dei sacrileghi sommi sacerdoti, come aveva espressamente profetizzato Geremia. Quegli esemplari di malvagità uscirono allora dalla città e si avviarono verso il monte degli Ulivi con fiaccole accese e lanterne, armati e muniti di funi e catene, come l'ideatore del tradimento aveva consigliato loro, temendo nella perfidia e nella slealtà di cui era intriso che il suo mansuetissimo Maestro, da lui reputato stregone e mago, operasse qualche miracolo per sfuggirgli dalle mani. Di certo, contro la divina potenza non sarebbero stati efficaci le armi e i preparativi degli uomini, qualora il Signore avesse voluto far uso di essa, come avrebbe potuto e come aveva fatto in altre occasioni prima di giungere a quell'ora stabilita per consegnarsi di propria volontà alla passione, alle ignominie ed alla morte di croce.

1225. Mentre quelli si avvicinavano, sua Maestà ritornò per la terza volta dai suoi discepoli e, trovandoli di nuovo addormentati, disse loro: «Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino». Il Maestro della santità disse queste parole ai tre apostoli prediletti, con somma pazienza, mansuetudine e dolcezza. E quelli, trovandosi confusi, come dice il sacro testo, non sapevano che cosa rispondergli. Subito si alzarono ed il Salvatore con loro tre tornò ad unirsi agli altri otto, nel luogo dove li aveva lasciati; ma trovò pure loro addormentati, vinti ed oppressi dal sonno per la grande tristezza che soffrivano. Comandò allora che tutti uniti sotto il loro Capo, in forma di congregazione e di corpo mistico, andassero incontro ai nemici. In questo modo insegnava loro la virtù che deve esercitare una comunità perfetta per vincere il demonio e i suoi seguaci e non essere sopraffatta; difatti, una cordicella a tre capi, come dice il libro del Qoèlet, non si rompe tanto presto ed a colui che contro di uno è potente due potranno resistere: questo è il vantaggio del vivere in compagnia di altri. Il Signore ammonì di nuovo tutti gli apostoli e li avvertì su quanto stava per accadere. E subito si sentì lo strepito dei soldati e degli anziani che venivano a prenderlo. Sua Maestà avanzò di alcuni passi per andare loro incontro, ed iniziando un intimo monologo con ammirevole affetto, maestoso valore e suprema pietà disse: «Passione desiderata dall'anima mia, dolori, piaghe, obbrobri, pene, afflizioni ed ignominiosa morte venite ormai! Venite, venite presto, perché l'ardente amore che porto agli uomini, per la loro salvezza, vi attende. Avvicinatevi all'innocente fra tutte le creature, a chi conosce il vostro valore e vi ha tanto cercato, desiderato e sollecitato, e vi riceve con gaudio e di propria volontà: vi ho comprato con le mie brame di possedervi e vi apprezzo per quanto meritate. Voglio riparare al disprezzo che di voi si ha e nobilitarvi, elevandovi a dignità molto eminente. Venga la morte, affinché io, accettandola senza meritarla, riporti il trionfo su di essa e meriti la vita a coloro ai quali fu data per castigo del peccato. Permetto che mi abbandonino i miei amici, perché io solo voglio e posso entrare in battaglia, per guadagnare a tutti il trionfo e la vittoria».

1226. Mentre Gesù diceva queste ed altre parole, gli si accostò per primo Giuda, dando a tutti quelli che lo avevano seguito il segnale prestabilito: il Maestro era colui al quale si sarebbe avvicinato per salutarlo, dandogli il finto bacio di pace, come era solito fare. Quindi avrebbero potuto catturarlo subito, senza scambiarlo per un altro. L'infelice discepolo prese tutte queste precauzioni non solo per l'avidità del denaro e per l'odio che nutriva verso sua Maestà, ma anche per il timore che aveva. Lo sciagurato reputò, infatti, che, se Cristo non fosse morto, per lui sarebbe stato impossibile ritornare alla sua presenza e stargli dinanzi. Temendo allora questa confusione più della morte della sua anima e del suo divin Maestro, per non vedersi in quello stato vergognoso, bramava di portare subito a compimento il suo tradimento e far morire l'Autore della vita per mano dei suoi nemici. Si avvicinò, dunque, il traditore al mansuetissimo Signore e, come insigne artefice d'ipocrisia, dissimulando l'inimicizia, gli diede un bacio sul viso e gli disse: «Dio ti salvi, Maestro». E con questo perfido atto terminò l'istruzione del processo della perdizione di Giuda che si giustificò senza più l'intervento di Dio, perché d'allora in poi gli venissero sempre meno la grazia e gli aiuti divini. La sfrontatezza e la temerarietà del malvagio discepolo giunsero fino al sommo grado della malizia, perché egli negando interiormente, anzi misconoscendo, la sapienza increata di Cristo nostro Signore riguardo alla conoscenza del suo tradimento, e il potere che aveva di annichilirlo, pretese di nascondere la sua malvagità con la finta amicizia di vero discepolo: e ciò al fine di consegnare ad una morte tanto vergognosa e crudele il suo Creatore e maestro, da cui aveva ricevuto grandi benefici e verso il quale si trovava tanto obbligato. Questo tradimento fu il compendio di tanti gravi peccati scaturiti da una malizia di calibro ineguagliabile: egli fu infedele, omicida, sacrilego, ingrato, disumano, disubbidiente, falso, mendace, avido, empio, antesignano di tutti gli ipocriti, e come tale si comportò verso la persona del Dio incarnato.

1227. Da parte del Signore restarono sempre giustificate la sua ineffabile misericordia e l'equità della sua giustizia, con cui adempì eminentemente le parole di Davide: Troppo io ho dimorato con chi detesta la pace. Io sono per la pace, ma quando ne parlo, essi vogliono la guerra. Sua Maestà espletò ciò in modo così eccelso che all'avvicinarsi di Giuda, con la dolcissima risposta che gli diede - «Amico, per questo sei qui!» - e per intercessione della sua santissima Madre, inviò al suo cuore una nuova illuminazione. Egli ebbe modo così di conoscere l'atrocissima perversità del suo tradimento e le pene che per essa lo aspettavano, se non si fosse ravveduto con una vera penitenza che - se avesse voluto farla - gli avrebbe fatto ritrovare misericordia e perdono nella divina clemenza. Queste parole di Cristo, nostro bene, risuonarono nel cuore di Giuda come un'ammonizione che possiamo formulare con l'espressione: «Amico, riconosci che ti perdi e ti rendi inutile, con questo tradimento, la mia liberale mansuetudine. Se vuoi la mia amicizia non te la negherò, appena sentirai il dolore del tuo peccato. Considera la tua temerarietà nel tradirmi con un finto gesto di pace, e con un bacio di falsa amicizia. Ricordati dei benefici ricevuti dal mio amore; ricordati che sono figlio della Vergine, dalla quale sei stato tanto vezzeggiato ed aiutato, durante il mio apostolato, con gli avvertimenti e i consigli di madre amorosa. Per lei sola non avresti dovuto commettere un tradimento tale qual è quello di vendere e consegnare il Figlio suo: ella non ti offese mai, e la sua dolcissima carità e la sua mansuetudine non meritano che tu commetta un oltraggio così enorme. E sebbene tu lo abbia fatto, non disprezzare la sua intercessione, poiché questa sola sarà potente presso di me, e per lei io ti offro il perdono e la vita che per te molte volte ella mi ha chiesto. Persuaditi che ti amiamo, e sappi che ti trovi ancora in un luogo di speranza e che non ti negheremo la nostra amicizia, se tu lo vorrai. Altrimenti meriterai il nostro disprezzo, il tuo castigo e la tua eterna pena». Queste parole così sublimi non fecero presa sullo sciagurato cuore dell'infelice discepolo, più duro di un diamante e più disumano di una belva; egli opponendo resistenza alla divina clemenza giunse a quella disperazione di cui parlerò nel capitolo seguente.

1228. Quando l'Autore della vita, che si trovava con i suoi discepoli, fu baciato da Giuda, la truppa dei soldati, avuto il segno di riconoscimento, si mosse per arrestarlo. Vennero a trovarsi faccia a faccia, gli uni dirimpetto agli altri, come i due squadroni più opposti e contrari che mai vi siano stati al mondo. Da una parte vi era Cristo, nostro Signore, vero Dio e vero uomo, come capo di tutti i giusti, accompagnato dagli undici apostoli, che erano e dovevano essere gli uomini migliori e più valorosi della sua Chiesa; era assistito anche da una innumerevole schiera di spiriti angelici che, meravigliati dello spettacolo, lo benedivano ed adoravano. Dall'altra parte si faceva avanti, seguito da molti gentili e dagli anziani giudei, Giuda, autore del tradimento, armato d'ipocrisia e di ogni malvagità, pronto a metterle in atto con ferocia. In questo squadrone avanzava anche, con un gran numero di demoni, Lucifero, incitando ed addestrando Giuda e i suoi alleati, perché intrepidi mettessero le sacrileghe mani addosso al loro Creatore. Sua Maestà parlò ai soldati con grande coraggio ed autorità e con una incredibile propensione al patire dicendo: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». In questa risposta d'incomparabile valore e felicità per il genere umano, Cristo si dichiarò nostro salvatore, dandoci il pegno sicuro della nostra redenzione e la ferma speranza dell'eterna salvezza, la quale dipendeva solamente dall'offrirsi di propria volontà alla passione e alla morte di croce.

1229. I nemici non poterono intendere tale mistero, né capire il legittimo senso delle sue parole, ma lo compresero la sua beatissima Madre, gli angeli e in gran parte anche gli apostoli. E fu come quando l'Onnipotente disse al profeta Mosè: «Io sono colui che sono!, perché sono da me stesso, e tutte le creature ricevono da me il loro essere e la loro esistenza. Sono eterno, immenso, infinito, uno nella sostanza e negli attributi, e mi sono fatto uomo nascondendo la mia gloria per operare, per mezzo della passione e morte che mi volete dare, la redenzione del mondo». Quando il Signore pronunziò quella parola in virtù della sua divinità, i nemici non gli poterono resistere. Entrata nelle loro orecchie, caddero tutti con la testa e col dorso a terra; e non solo furono scaraventati i soldati, ma anche i cani che conducevano ed alcuni cavalli che montavano: tutti caddero a terra, restando immobili come pietre. Lucifero e i suoi demoni furono anch'essi atterrati e rovesciati, patendo nuovamente confusione e tormento. In questo stato rimasero quasi mezzo quarto d'ora, senza segno di vita, come se fossero stati morti. Oh, misteriosa parola della sapienza divina, più che invincibile nella potenza! Non si vanti alla tua presenza il saggio della sua saggezza e della sua astuzia, e non si vanti il forte della sua forza; si umilii la vanità e l'arroganza dei figli di Babilonia, poiché una sola parola della bocca del Signore, proferita con tanta mansuetudine ed umiltà, confonde, annienta e distrugge tutto il potere degli uomini e dell'inferno. Comprendiamo, figli della Chiesa, che le vittorie di Cristo si ottengono confessando la verità, bandendo l'ira, praticando la sua mitezza e la sua umiltà di cuore e vincendo con l'essere vinti, con semplicità di colombe, con la quiete e la sottomissione delle pecorelle, senza la resistenza dei lupi rabbiosi e sanguinari.

1230. Il nostro Salvatore, con gli undici apostoli, rimase ad osservare l'effetto della sua divina parola nella rovina di quegli uomini, esemplari di malvagità. Sua Maestà con viso addolorato vide riflesso in essi il castigo dei reprobi, ed ascoltando l'intercessione della sua dolcissima Madre li lasciò rialzare, poiché tutto questo aveva disposto l'eterna volontà. E quando quelli ritornarono in sé, egli pregò l'onnipotente Dio e disse: «Padre mio, nelle mie mani avete posto tutte le cose, e nella mia volontà la redenzione umana che la vostra giustizia vuole. Io intendo soddisfarla pienamente con tutto me stesso, e consegnarmi alla morte per guadagnare ai miei fratelli la partecipazione dei vostri tesori e l'eterna felicità che avete preparato per loro». Con la forza di questa volontà l'Altissimo lasciò che tutta quella canaglia di uomini, demoni ed altri animali si alzasse per ritornare nello stato in cui si trovava prima di cascare a terra. E il nostro Salvatore domandò loro per la seconda volta: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano». Con queste parole permise ai soldati che lo prendessero, ed eseguissero il suo volere, incomprensibile ad essi: caricare sulla sua divina persona tutti i nostri dolori e tutte le nostre sofferenze.

1231. Il primo uomo che villanamente avanzò per mettere le mani addosso all'Autore della vita e catturarlo fu un servo dei sommi sacerdoti, chiamato Malco. E benché tutti gli altri apostoli fossero turbati ed afflitti dal timore, ciò non impedì a san Pietro di accendersi tutto di zelo per onorare e difendere il suo divin Maestro. Sfoderando una spada, tirò un colpo a Malco e gli recise un orecchio troncandoglielo del tutto. La sferzata avrebbe causato una maggior ferita se la provvidenza divina - del Maestro della pazienza e della mansuetudine non l'avesse deviata. Sua Maestà non permise però che in quell'occasione subentrassero la sofferenza o la morte di qualcun'altro all'infuori delle sue, delle sue piaghe e del suo sangue, poiché egli veniva a redimere tutto il genere umano, dando a tutti la vita eterna se avessero voluto accettarla. Non rientrava, infatti, nella sua volontà e nella sua dottrina che la sua persona fosse difesa con armi offensive, e che restasse questo esempio nella sua Chiesa come modo primario per difenderla. A conferma di tutto ciò e di quanto aveva insegnato, prese l'orecchio reciso e lo restituì al servo Malco, rimettendoglielo al suo posto perfettamente sano, anzi ancor meglio di prima. Gesù allora si volse a riprendere san Pietro dicendogli: «Rimetti la tua spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada per ferire periranno di spada. Non vuoi che io beva il calice che mi ha dato mio Padre? Pensi forse che io non gli possa domandare molte legioni di angeli in mia difesa, e che egli non me le invierebbe subito? Ma come si adempirebbero allora le Scritture e le profezie?».

1232. Da questa dolce correzione san Pietro fu illuminato ed istruito per fondare e difendere la Chiesa, di cui era capo, con le armi spirituali, poiché la legge del Vangelo non insegnava a combattere né a vincere con armi materiali, ma con l'umiltà, la pazienza, la mansuetudine e la perfetta carità, superando il demonio, il mondo e la carne. Mediante queste vittorie la forza divina trionfa sui suoi nemici, sulla potenza e sull'astuzia di questo mondo, dal momento che difendersi e offendere con le armi non è dei seguaci di Cristo nostro Signore, ma dei principi della terra bramosi di nuove conquiste: il coltello della Chiesa deve essere quello spirituale, che tocchi le anime anziché i corpi. Quindi Cristo nostro Signore si volse verso i suoi nemici e i capi dei giudei e, parlando loro con grande autorevolezza, disse: «Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare e predicare, e non mi avete arrestato. Ma questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre». Tutte le parole del nostro Salvatore, specialmente quelle che proferì in occasione della sua passione e morte, erano di notevole spessore per gli arcani misteri che racchiudevano, e non è possibile comprenderle tutte né dichiararle.

1233. Questi uomini avvezzi al peccato con il rimprovero del divin Maestro avrebbero ben potuto addolcirsi e confondersi, ma non lo fecero, perché erano terra maledetta e sterile, priva della rugiada delle virtù e della vera pietà. Tuttavia l'Autore della vita volle riprenderli ed insegnar ad essi la verità, perché la loro perfidia fosse meno scusabile, e alla presenza della somma santità e giustizia quel peccato ed altri commessi non restassero senza ammonimento ed essi non andassero via senza quella benefica medicina, se fossero stati disposti ad accettarla. Inoltre questa riprensione sarebbe servita a far conoscere che egli sapeva tutto quanto doveva succedere e che di sua spontanea volontà si abbandonava alla morte, consegnandosi liberamente nelle mani di coloro che gliela procuravano. Per tutto questo e per altri altissimi fini, sua Maestà pronunciò quelle parole, parlando al cuore di quegli uomini malvagi come colui che aveva la capacità di penetrarlo e di scovare la loro malizia, l'odio che contro di lui avevano concepito e la causa della loro invidia. Questa era stata particolarmente scatenata dall'aver ripreso i vizi dei sacerdoti e dei farisei, dall'aver insegnato al popolo la verità e il cammino della vita eterna, dall'aver attirato con la sua dottrina, con il suo esempio e con i suoi miracoli la volontà di tutti gli uomini umili e pii, e dall'aver ricondotto molti peccatori alla sua amicizia e alla sua grazia. Quindi era chiaro che colui che aveva il potere di operare queste cose in pubblico l'avrebbe avuto anche per far sì che senza la sua volontà non lo potessero prendere nel Getsèmani. Egli, infatti, non aveva lasciato che lo prendessero nel tempio e nella città dove predicava, non essendo arrivata l'ora stabilita dalla sua volontà per dare il permesso agli uomini ed ai demoni. E proprio perché aveva loro concesso in quel preciso momento di essere catturato, disprezzato, afflitto e maltrattato disse: «Questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre». E fu come se avesse detto loro: «Sinora è stato necessario che io dimorassi con voi come maestro per vostro insegnamento, e perciò non ho consentito che mi toglieste la vita. Ma ora voglio compiere con la mia morte l'opera della redenzione umana, che il mio eterno Padre mi ha commissionato; e perciò vi permetto di catturarmi e di eseguire su di me la vostra volontà». Così presero il mansuetissimo agnello e, assalendolo come tigri feroci, lo legarono, lo strinsero con funi e catene e lo condussero alla casa del sommo sacerdote, come dirò in seguito.

1234. La purissima Madre era attentissima a quello che succedeva nella cattura di Cristo nostro bene, mediante la chiara visione che le rendeva tutto manifesto come se fosse stata presente con il corpo. Ella per la sapienza infusa penetrava tutti i misteri racchiusi nelle parole del suo santissimo Figlio e le opere che egli eseguiva. Quando vide che quello squadrone di soldati, seguito dalla folla, si era diretto verso la casa del sommo sacerdote, la prudentissima Signora, prevedendo le irriverenze e gli oltraggi che tutti costoro avrebbero compiuto verso il Creatore e redentore, invitò i suoi e molti altri angeli affinché assieme a lei rendessero culto di adorazione e di lode al Signore delle creature, per riparare le ingiurie e le offese con cui avrebbe dovuto essere trattato da quegli uomini malvagi, principi delle tenebre. Diede lo stesso avviso alle donne che con lei stavano pregando, e manifestò loro come appunto in quell'ora il suo santissimo Figlio consentisse ai suoi nemici che lo prendessero e lo maltrattassero, eseguendo tutto ciò con deplorevole empietà e crudeltà di peccatori. Con l'assistenza dei santi angeli e delle pie donne, la religiosa Regina fece mirabili atti di fede, di amore e di devozione internamente ed esternamente, confessando, lodando, adorando e magnificando la divinità infinita e l'umanità santissima di Gesù. E così le sante donne la imitavano nelle genuflessioni e prostrazioni che faceva, e gli spiriti celesti rispondevano ai cantici con i quali ella onorava il suo amantissimo Figlio. E mentre da un lato i figli della malvagità offendevano sua Maestà con ingiurie ed irriverenze, dall'altro la pietosa Madre lo ripagava con lodi e venerazione. Nello stesso tempo ella placava anche la divina giustizia, affinché non si accendesse di sdegno e d'ira contro i persecutori di Cristo, e non li distruggesse; difatti, solamente Maria santissima poté trattenere il castigo di quelle offese.

1235. La gran Signora con la sua intercessione non solo poté spegnere lo sdegno del giusto giudice, ma riuscì ad ottenere anche favori e privilegi per quegli uomini che lo irritavano, e a far sì che la divina clemenza rendesse loro bene per male, mentre essi recavano a Cristo nostro Signore male per bene, in retribuzione della sua dottrina e dei suoi benefici. Questa misericordia giunse al sommo grado per lo sleale ed ostinato Giuda. Difatti, vedendo la divina Madre che egli lo tradiva con il bacio di finta amicizia e che con la sua immondissima bocca, dove poco prima era stato lo stesso Signore sacramentato, si permetteva di toccare il venerabile volto di Gesù, trapassata dal dolore e vinta dalla carità pregò il medesimo Signore di dare un nuovo aiuto a Giuda. E così, se lo avesse accettato, non si sarebbe perduto chi era arrivato a tale felicità, qual era quella di toccare in quel modo il viso che desiderano guardare perfino gli angeli. Alla richiesta di Maria santissima, suo Figlio inviò grandi benefici al discepolo traditore che - come già si è detto - li ricevette al momento della consegna del Maestro. E se lo sciagurato li avesse accolti ed avesse incominciato a corrispondervi, questa Madre di misericordia gliene avrebbe ottenuti molti di più, e infine anche il perdono della sua malvagità, come fa con altri grandi peccatori che a lei desiderano dare questa gloria e guadagnare per sé quella eterna. Ma Giuda non giunse a questa sapienza e perse tutto, come dirò nel capitolo seguente.

1236. Quando la Regina dei cieli vide che in forza della parola divina caddero a terra tutti gli anziani e i soldati, venuti a prendere Gesù, compose con gli angeli un altro maestoso cantico, in cui esaltava la potenza infinita e le virtù della santissima umanità di Cristo. In questo inno elogiava la vittoria riportata dall'Altissimo quando aveva sommerso nel Mar Rosso il faraone con tutte le sue truppe, e lodava il proprio figlio e vero Dio, che come Signore degli eserciti e delle vittorie voleva darsi in preda ai patimenti ed alla morte per redimere nel più mirabile modo il genere umano dalla schiavitù di Lucifero. Maria poi elevò una preghiera al Signore, chiedendogli di rialzare e far ritornare in sé tutti coloro che erano stati rovesciati ed atterrati. Ella lo fece in primo luogo perché mossa dalla sua liberalissima pietà e dalla fervorosa compassione per quegli uomini, che il Signore aveva creato a propria immagine e somiglianza; secondariamente perché avrebbe adempiuto la legge della carità insegnata e praticata dal suo Figlio e maestro: perdonare ai nemici e fare del bene ai persecutori; infine perché si dovevano compiere le profezie e le scritture relative al mistero della redenzione umana. E benché tutto questo fosse infallibile, non vi è alcuna contraddizione nel fatto che Maria santissima lo chiedesse e che per le sue preghiere l'Altissimo si sentisse sollecitato a dispensare questi benefici: nella sapienza infinita e nei decreti della sua eterna volontà tutto era previsto ed ordinato per tali mezzi e suppliche. Non è necessario che io mi trattenga ancora a dare ulteriori spiegazioni, perché certo non vi sarebbe stato un modo più conveniente per ottenere l'intervento della divina provvidenza. Nel momento in cui i soldati presero e legarono il nostro Salvatore, la purissima Madre sentì nelle sue mani i dolori delle corde e delle catene, come se fosse stata legata e stretta anch'ella; e lo stesso accadde riguardo ai colpi ed ai tormenti che andava ricevendo il Signore. Questa pena che avvertiva nel corpo, concessale in forma di privilegio - come è stato detto sopra e come si vedrà nel corso della passione -, le fu in parte di sollievo, perché l'amore gliene avrebbe arrecato una più grande nell'anima, se ella non avesse patito assieme al proprio Figlio in quel modo.

Insegnamento della Regina del cielo

1237. Figlia mia, con tutto quello che vai scrivendo e comprendendo per mezzo del mio insegnamento, ti appresti ad istruire il processo contro tutti i mortali, e contro di te se come loro non ti spoglierai della rozzezza e della villania, e non supererai l'ingratitudine, meditando giorno e notte la passione, i dolori e la morte di Gesù crocifisso. Questa è la sapienza dei santi, ignorata dagli uomini del mondo; questo è il pane della vita e dell'intelletto, che sazia i piccoli e dà loro scienza, lasciando vuoti e famelici i superbi amatori del secolo. In tale dottrina desidero che tu sia sollecita e sapiente, poiché da essa ti verranno tutti i beni. Il mio figlio e Signore insegnò l'ordine di questo arcano mistero quando disse: «lo sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». Dimmi ora, o carissima: se il mio divin Maestro si fece via e vita degli uomini, per mezzo della passione e morte che patì per loro, non è forse necessario che, per seguire il suo stesso cammino e professare la sua verità, tutti passino per Cristo crocifisso, afflitto, flagellato e disonorato? Considera, dunque, l'ignoranza dei mortali: vogliono giungere al Padre senza passare per il suo Unigenito; vogliono regnare con sua Maestà senza aver patito e aver preso parte alle sue pene, e senza neppure ricordare la sua passione e morte, provandola in qualche modo o mostrandone una vera gratitudine. E vorrebbero allora che essa giovasse loro per poter godere, nella vita presente ed in quella eterna, i piaceri e la gloria, mentre il Creatore ha patito fortissimi dolori e atroci sofferenze per entrarvi ed ha lasciato questo esempio per aprire ad essi la strada della luce.

1238. Il riposo non è compatibile con la vergogna di non aver lavorato, per chi avrebbe dovuto acquistarlo solo con questo mezzo. Non è vero figlio colui che non imita il proprio padre, né servo fedele chi non obbedisce al proprio padrone, né discepolo chi non segue il proprio maestro, né io reputo come mio devoto colui che non prende parte a quanto abbiamo sofferto mio Figlio ed io. Anzi l'amore con cui noi procuriamo la salvezza eterna agli uomini ci obbliga, vedendoli così dimentichi di questa verità e tanto avversi al patire, ad inviare loro tribolazioni e pene, affinché se non le amano spontaneamente, almeno le accettino e soffrano forzatamente: solamente per questa via entreranno nel cammino sicuro di quel riposo eterno che tanto desiderano. Eppure ciò non basta: l'inclinazione e l'amore cieco per le cose visibili e terrene trattengono i mortali, li ostacolano e li rendono tardi e duri di cuore, assopendo in essi la memoria, l'attenzione e gli affetti, e impedendo che si innalzino al di sopra di se stessi e di tutto ciò che è transeunte. Da qui scaturisce la motivazione per cui non trovano serenità nelle tribolazioni, né sollievo nei travagli, né consolazione nelle pene, né quiete nelle avversità, perché aborriscono tutto ciò e non cercano niente che sia penoso, come invece bramavano i santi, che si gloriavano nelle tribolazioni come chi arrivasse al coronamento dei propri desideri. In molti fedeli questa insipienza va anche oltre, perché alcuni chiedono di essere infiammati dell'amore di Dio, altri che siano loro perdonate molte colpe, altri ancora che vengano loro concessi grandi benefici: richieste che non possono essere esaudite perché non le domandano nel nome di Cristo mio Signore, imitandolo ed accompagnandolo nella sua passione.

1239. Abbraccia dunque, figlia mia, la croce, e senza di essa non accettare alcuna consolazione nella tua vita mortale. Imitami, secondo la luce che hai e l'obbligo in cui ti pongo di sentire e meditare la passione del Signore: per tale via ascenderai alla vetta della perfezione e guadagnerai l'amore di sposa. Benedici e magnifica il mio santissimo Figlio per l'amore con cui si consegnò per la salvezza dell'umanità. I mortali riflettono poco su questo mistero, ma io come testimone ti avverto che il mio santissimo Figlio, se tralasci il suo ardente desiderio di salire alla destra dell'eterno Padre, nessuna cosa gradiva e bramava tanto quanto quella di offrirsi ai patimenti della morte di croce, dandosi a tal fine in potere dei nemici. Voglio anche che deplori, con intimo dolore, che Giuda nelle sue scelleratezze e perfidie abbia più seguaci di Cristo. Molti sono gli infedeli, molti i cattivi cattolici, molti gli ipocriti che con il nome di cristiani vendono e tradiscono, e nuovamente vogliono crocifiggere il mio santissimo Figlio. Piangi per tutti questi mali che senti e conosci, affinché anche in ciò tu mi possa imitare e seguire.