13 - La cattura e la consegna del nostro Salvatore, dovute al tradimento di Giuda.
La mistica Città di Dio - Libro sesto
Suor Maria d'Agreda

La cattura e la consegna del nostro Salvatore, dovute al tradimento di Giuda; ciò che fece in quest'occasione Maria santissima ed alcuni misteri riguardo a questo fatto.
1223. Mentre il nostro salvatore Gesù si trovava presso l'orto degli
Ulivi, pregando il suo eterno Padre e sollecitando la salvezza di tutto
il genere umano, Giuda si affrettava a farlo catturare e a consegnarlo
ai sommi sacerdoti ed ai farisei. E poiché Lucifero con i suoi demoni
non poté dissuadere la perversa volontà del malvagio discepolo e degli
altri dall'intento di togliere la vita al loro Creatore e maestro, la
sua antica superbia mutò disegno, ed agendo con nuova malizia infuse
empie suggestioni nei giudei, affinché con maggior crudeltà e con
atrocissime ingiurie tormentassero Cristo. Il dragone - come si è detto
finora - già nutriva il pieno sospetto che quell'uomo così eccezionale
fosse il Messia e vero Dio. Per non rimanere in questo dubbio, cercava
allora nuove prove contro il Signore per mezzo di violenti insulti, che
riversò nell'immaginazione dei giudei e dei loro ministri, comunicando
ad essi la sua indicibile invidia. In quest'occasione tutto si adempì
conformemente a quanto lasciò scritto Salomone nel libro della Sapienza.
Il demonio, infatti, pensò che se Cristo non era Dio, ma semplice uomo,
avrebbe ceduto alla persecuzione ed ai tormenti, ed egli così lo
avrebbe vinto; se invece lo era, avrebbe manifestato la sua identità
liberandosi e operando nuovi prodigi.
1224. L'empia temerarietà di Lucifero accese ardentemente
l'invidia dei sommi sacerdoti e degli scribi. Essi adunarono rapidamente
una turba di gente e designando Giuda come capo condottiero lo
fornirono di un distaccamento di soldati gentili, di un tribuno e di
molti altri giudei, affinché tutti quanti andassero a prendere
l'innocentissimo Agnello. Sua Maestà stava proprio attendendo
quell'evento, leggendo i pensieri ed osservando i disegni dei sacrileghi
sommi sacerdoti, come aveva espressamente profetizzato Geremia. Quegli
esemplari di malvagità uscirono allora dalla città e si avviarono verso
il monte degli Ulivi con fiaccole accese e lanterne, armati e muniti di
funi e catene, come l'ideatore del tradimento aveva consigliato loro,
temendo nella perfidia e nella slealtà di cui era intriso che il suo
mansuetissimo Maestro, da lui reputato stregone e mago, operasse qualche
miracolo per sfuggirgli dalle mani. Di certo, contro la divina potenza
non sarebbero stati efficaci le armi e i preparativi degli uomini,
qualora il Signore avesse voluto far uso di essa, come avrebbe potuto e
come aveva fatto in altre occasioni prima di giungere a quell'ora
stabilita per consegnarsi di propria volontà alla passione, alle
ignominie ed alla morte di croce.
1225. Mentre quelli si avvicinavano, sua Maestà ritornò per
la terza volta dai suoi discepoli e, trovandoli di nuovo addormentati,
disse loro: «Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l'ora: ecco, il
Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi,
andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino». Il Maestro della santità
disse queste parole ai tre apostoli prediletti, con somma pazienza,
mansuetudine e dolcezza. E quelli, trovandosi confusi, come dice il
sacro testo, non sapevano che cosa rispondergli. Subito si alzarono ed
il Salvatore con loro tre tornò ad unirsi agli altri otto, nel luogo
dove li aveva lasciati; ma trovò pure loro addormentati, vinti ed
oppressi dal sonno per la grande tristezza che soffrivano. Comandò
allora che tutti uniti sotto il loro Capo, in forma di congregazione e
di corpo mistico, andassero incontro ai nemici. In questo modo insegnava
loro la virtù che deve esercitare una comunità perfetta per vincere il
demonio e i suoi seguaci e non essere sopraffatta; difatti, una
cordicella a tre capi, come dice il libro del Qoèlet, non si rompe tanto
presto ed a colui che contro di uno è potente due potranno resistere:
questo è il vantaggio del vivere in compagnia di altri. Il Signore
ammonì di nuovo tutti gli apostoli e li avvertì su quanto stava per
accadere. E subito si sentì lo strepito dei soldati e degli anziani che
venivano a prenderlo. Sua Maestà avanzò di alcuni passi per andare loro
incontro, ed iniziando un intimo monologo con ammirevole affetto,
maestoso valore e suprema pietà disse: «Passione desiderata dall'anima
mia, dolori, piaghe, obbrobri, pene, afflizioni ed ignominiosa morte
venite ormai! Venite, venite presto, perché l'ardente amore che porto
agli uomini, per la loro salvezza, vi attende. Avvicinatevi
all'innocente fra tutte le creature, a chi conosce il vostro valore e vi
ha tanto cercato, desiderato e sollecitato, e vi riceve con gaudio e di
propria volontà: vi ho comprato con le mie brame di possedervi e vi
apprezzo per quanto meritate. Voglio riparare al disprezzo che di voi si
ha e nobilitarvi, elevandovi a dignità molto eminente. Venga la morte,
affinché io, accettandola senza meritarla, riporti il trionfo su di essa
e meriti la vita a coloro ai quali fu data per castigo del peccato.
Permetto che mi abbandonino i miei amici, perché io solo voglio e posso
entrare in battaglia, per guadagnare a tutti il trionfo e la vittoria».
1226. Mentre Gesù diceva queste ed altre parole, gli si
accostò per primo Giuda, dando a tutti quelli che lo avevano seguito il
segnale prestabilito: il Maestro era colui al quale si sarebbe
avvicinato per salutarlo, dandogli il finto bacio di pace, come era
solito fare. Quindi avrebbero potuto catturarlo subito, senza scambiarlo
per un altro. L'infelice discepolo prese tutte queste precauzioni non
solo per l'avidità del denaro e per l'odio che nutriva verso sua Maestà,
ma anche per il timore che aveva. Lo sciagurato reputò, infatti, che,
se Cristo non fosse morto, per lui sarebbe stato impossibile ritornare
alla sua presenza e stargli dinanzi. Temendo allora questa confusione
più della morte della sua anima e del suo divin Maestro, per non vedersi
in quello stato vergognoso, bramava di portare subito a compimento il
suo tradimento e far morire l'Autore della vita per mano dei suoi
nemici. Si avvicinò, dunque, il traditore al mansuetissimo Signore e,
come insigne artefice d'ipocrisia, dissimulando l'inimicizia, gli diede
un bacio sul viso e gli disse: «Dio ti salvi, Maestro». E con questo
perfido atto terminò l'istruzione del processo della perdizione di Giuda
che si giustificò senza più l'intervento di Dio, perché d'allora in poi
gli venissero sempre meno la grazia e gli aiuti divini. La sfrontatezza
e la temerarietà del malvagio discepolo giunsero fino al sommo grado
della malizia, perché egli negando interiormente, anzi misconoscendo, la
sapienza increata di Cristo nostro Signore riguardo alla conoscenza del
suo tradimento, e il potere che aveva di annichilirlo, pretese di
nascondere la sua malvagità con la finta amicizia di vero discepolo: e
ciò al fine di consegnare ad una morte tanto vergognosa e crudele il suo
Creatore e maestro, da cui aveva ricevuto grandi benefici e verso il
quale si trovava tanto obbligato. Questo tradimento fu il compendio di
tanti gravi peccati scaturiti da una malizia di calibro ineguagliabile:
egli fu infedele, omicida, sacrilego, ingrato, disumano, disubbidiente,
falso, mendace, avido, empio, antesignano di tutti gli ipocriti, e come
tale si comportò verso la persona del Dio incarnato.
1227. Da parte del Signore restarono sempre giustificate la
sua ineffabile misericordia e l'equità della sua giustizia, con cui
adempì eminentemente le parole di Davide: Troppo io ho dimorato con chi
detesta la pace. Io sono per la pace, ma quando ne parlo, essi vogliono
la guerra. Sua Maestà espletò ciò in modo così eccelso che
all'avvicinarsi di Giuda, con la dolcissima risposta che gli diede -
«Amico, per questo sei qui!» - e per intercessione della sua santissima
Madre, inviò al suo cuore una nuova illuminazione. Egli ebbe modo così
di conoscere l'atrocissima perversità del suo tradimento e le pene che
per essa lo aspettavano, se non si fosse ravveduto con una vera
penitenza che - se avesse voluto farla - gli avrebbe fatto ritrovare
misericordia e perdono nella divina clemenza. Queste parole di Cristo,
nostro bene, risuonarono nel cuore di Giuda come un'ammonizione che
possiamo formulare con l'espressione: «Amico, riconosci che ti perdi e
ti rendi inutile, con questo tradimento, la mia liberale mansuetudine.
Se vuoi la mia amicizia non te la negherò, appena sentirai il dolore del
tuo peccato. Considera la tua temerarietà nel tradirmi con un finto
gesto di pace, e con un bacio di falsa amicizia. Ricordati dei benefici
ricevuti dal mio amore; ricordati che sono figlio della Vergine, dalla
quale sei stato tanto vezzeggiato ed aiutato, durante il mio apostolato,
con gli avvertimenti e i consigli di madre amorosa. Per lei sola non
avresti dovuto commettere un tradimento tale qual è quello di vendere e
consegnare il Figlio suo: ella non ti offese mai, e la sua dolcissima
carità e la sua mansuetudine non meritano che tu commetta un oltraggio
così enorme. E sebbene tu lo abbia fatto, non disprezzare la sua
intercessione, poiché questa sola sarà potente presso di me, e per lei
io ti offro il perdono e la vita che per te molte volte ella mi ha
chiesto. Persuaditi che ti amiamo, e sappi che ti trovi ancora in un
luogo di speranza e che non ti negheremo la nostra amicizia, se tu lo
vorrai. Altrimenti meriterai il nostro disprezzo, il tuo castigo e la
tua eterna pena». Queste parole così sublimi non fecero presa sullo
sciagurato cuore dell'infelice discepolo, più duro di un diamante e più
disumano di una belva; egli opponendo resistenza alla divina clemenza
giunse a quella disperazione di cui parlerò nel capitolo seguente.
1228. Quando l'Autore della vita, che si trovava con i suoi
discepoli, fu baciato da Giuda, la truppa dei soldati, avuto il segno di
riconoscimento, si mosse per arrestarlo. Vennero a trovarsi faccia a
faccia, gli uni dirimpetto agli altri, come i due squadroni più opposti e
contrari che mai vi siano stati al mondo. Da una parte vi era Cristo,
nostro Signore, vero Dio e vero uomo, come capo di tutti i giusti,
accompagnato dagli undici apostoli, che erano e dovevano essere gli
uomini migliori e più valorosi della sua Chiesa; era assistito anche da
una innumerevole schiera di spiriti angelici che, meravigliati dello
spettacolo, lo benedivano ed adoravano. Dall'altra parte si faceva
avanti, seguito da molti gentili e dagli anziani giudei, Giuda, autore
del tradimento, armato d'ipocrisia e di ogni malvagità, pronto a
metterle in atto con ferocia. In questo squadrone avanzava anche, con un
gran numero di demoni, Lucifero, incitando ed addestrando Giuda e i
suoi alleati, perché intrepidi mettessero le sacrileghe mani addosso al
loro Creatore. Sua Maestà parlò ai soldati con grande coraggio ed
autorità e con una incredibile propensione al patire dicendo: «Chi
cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono
io!». In questa risposta d'incomparabile valore e felicità per il genere
umano, Cristo si dichiarò nostro salvatore, dandoci il pegno sicuro
della nostra redenzione e la ferma speranza dell'eterna salvezza, la
quale dipendeva solamente dall'offrirsi di propria volontà alla passione
e alla morte di croce.
1229. I nemici non poterono intendere tale mistero, né
capire il legittimo senso delle sue parole, ma lo compresero la sua
beatissima Madre, gli angeli e in gran parte anche gli apostoli. E fu
come quando l'Onnipotente disse al profeta Mosè: «Io sono colui che
sono!, perché sono da me stesso, e tutte le creature ricevono da me il
loro essere e la loro esistenza. Sono eterno, immenso, infinito, uno
nella sostanza e negli attributi, e mi sono fatto uomo nascondendo la
mia gloria per operare, per mezzo della passione e morte che mi volete
dare, la redenzione del mondo». Quando il Signore pronunziò quella
parola in virtù della sua divinità, i nemici non gli poterono resistere.
Entrata nelle loro orecchie, caddero tutti con la testa e col dorso a
terra; e non solo furono scaraventati i soldati, ma anche i cani che
conducevano ed alcuni cavalli che montavano: tutti caddero a terra,
restando immobili come pietre. Lucifero e i suoi demoni furono anch'essi
atterrati e rovesciati, patendo nuovamente confusione e tormento. In
questo stato rimasero quasi mezzo quarto d'ora, senza segno di vita,
come se fossero stati morti. Oh, misteriosa parola della sapienza
divina, più che invincibile nella potenza! Non si vanti alla tua
presenza il saggio della sua saggezza e della sua astuzia, e non si
vanti il forte della sua forza; si umilii la vanità e l'arroganza dei
figli di Babilonia, poiché una sola parola della bocca del Signore,
proferita con tanta mansuetudine ed umiltà, confonde, annienta e
distrugge tutto il potere degli uomini e dell'inferno. Comprendiamo,
figli della Chiesa, che le vittorie di Cristo si ottengono confessando
la verità, bandendo l'ira, praticando la sua mitezza e la sua umiltà di
cuore e vincendo con l'essere vinti, con semplicità di colombe, con la
quiete e la sottomissione delle pecorelle, senza la resistenza dei lupi
rabbiosi e sanguinari.
1230. Il nostro Salvatore, con gli undici apostoli, rimase
ad osservare l'effetto della sua divina parola nella rovina di quegli
uomini, esemplari di malvagità. Sua Maestà con viso addolorato vide
riflesso in essi il castigo dei reprobi, ed ascoltando l'intercessione
della sua dolcissima Madre li lasciò rialzare, poiché tutto questo aveva
disposto l'eterna volontà. E quando quelli ritornarono in sé, egli
pregò l'onnipotente Dio e disse: «Padre mio, nelle mie mani avete posto
tutte le cose, e nella mia volontà la redenzione umana che la vostra
giustizia vuole. Io intendo soddisfarla pienamente con tutto me stesso, e
consegnarmi alla morte per guadagnare ai miei fratelli la
partecipazione dei vostri tesori e l'eterna felicità che avete preparato
per loro». Con la forza di questa volontà l'Altissimo lasciò che tutta
quella canaglia di uomini, demoni ed altri animali si alzasse per
ritornare nello stato in cui si trovava prima di cascare a terra. E il
nostro Salvatore domandò loro per la seconda volta: «Chi cercate?».
Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto che sono io.
Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano». Con queste
parole permise ai soldati che lo prendessero, ed eseguissero il suo
volere, incomprensibile ad essi: caricare sulla sua divina persona tutti
i nostri dolori e tutte le nostre sofferenze.
1231. Il primo uomo che villanamente avanzò per mettere le
mani addosso all'Autore della vita e catturarlo fu un servo dei sommi
sacerdoti, chiamato Malco. E benché tutti gli altri apostoli fossero
turbati ed afflitti dal timore, ciò non impedì a san Pietro di
accendersi tutto di zelo per onorare e difendere il suo divin Maestro.
Sfoderando una spada, tirò un colpo a Malco e gli recise un orecchio
troncandoglielo del tutto. La sferzata avrebbe causato una maggior
ferita se la provvidenza divina - del Maestro della pazienza e della
mansuetudine non l'avesse deviata. Sua Maestà non permise però che in
quell'occasione subentrassero la sofferenza o la morte di qualcun'altro
all'infuori delle sue, delle sue piaghe e del suo sangue, poiché egli
veniva a redimere tutto il genere umano, dando a tutti la vita eterna se
avessero voluto accettarla. Non rientrava, infatti, nella sua volontà e
nella sua dottrina che la sua persona fosse difesa con armi offensive, e
che restasse questo esempio nella sua Chiesa come modo primario per
difenderla. A conferma di tutto ciò e di quanto aveva insegnato, prese
l'orecchio reciso e lo restituì al servo Malco, rimettendoglielo al suo
posto perfettamente sano, anzi ancor meglio di prima. Gesù allora si
volse a riprendere san Pietro dicendogli: «Rimetti la tua spada nel
fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada per ferire
periranno di spada. Non vuoi che io beva il calice che mi ha dato mio
Padre? Pensi forse che io non gli possa domandare molte legioni di
angeli in mia difesa, e che egli non me le invierebbe subito? Ma come si
adempirebbero allora le Scritture e le profezie?».
1232. Da questa dolce correzione san Pietro fu illuminato
ed istruito per fondare e difendere la Chiesa, di cui era capo, con le
armi spirituali, poiché la legge del Vangelo non insegnava a combattere
né a vincere con armi materiali, ma con l'umiltà, la pazienza, la
mansuetudine e la perfetta carità, superando il demonio, il mondo e la
carne. Mediante queste vittorie la forza divina trionfa sui suoi nemici,
sulla potenza e sull'astuzia di questo mondo, dal momento che
difendersi e offendere con le armi non è dei seguaci di Cristo nostro
Signore, ma dei principi della terra bramosi di nuove conquiste: il
coltello della Chiesa deve essere quello spirituale, che tocchi le anime
anziché i corpi. Quindi Cristo nostro Signore si volse verso i suoi
nemici e i capi dei giudei e, parlando loro con grande autorevolezza,
disse: «Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per
catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare e
predicare, e non mi avete arrestato. Ma questa è la vostra ora, è
l'impero delle tenebre». Tutte le parole del nostro Salvatore,
specialmente quelle che proferì in occasione della sua passione e morte,
erano di notevole spessore per gli arcani misteri che racchiudevano, e
non è possibile comprenderle tutte né dichiararle.
1233. Questi uomini avvezzi al peccato con il rimprovero
del divin Maestro avrebbero ben potuto addolcirsi e confondersi, ma non
lo fecero, perché erano terra maledetta e sterile, priva della rugiada
delle virtù e della vera pietà. Tuttavia l'Autore della vita volle
riprenderli ed insegnar ad essi la verità, perché la loro perfidia fosse
meno scusabile, e alla presenza della somma santità e giustizia quel
peccato ed altri commessi non restassero senza ammonimento ed essi non
andassero via senza quella benefica medicina, se fossero stati disposti
ad accettarla. Inoltre questa riprensione sarebbe servita a far
conoscere che egli sapeva tutto quanto doveva succedere e che di sua
spontanea volontà si abbandonava alla morte, consegnandosi liberamente
nelle mani di coloro che gliela procuravano. Per tutto questo e per
altri altissimi fini, sua Maestà pronunciò quelle parole, parlando al
cuore di quegli uomini malvagi come colui che aveva la capacità di
penetrarlo e di scovare la loro malizia, l'odio che contro di lui
avevano concepito e la causa della loro invidia. Questa era stata
particolarmente scatenata dall'aver ripreso i vizi dei sacerdoti e dei
farisei, dall'aver insegnato al popolo la verità e il cammino della vita
eterna, dall'aver attirato con la sua dottrina, con il suo esempio e
con i suoi miracoli la volontà di tutti gli uomini umili e pii, e
dall'aver ricondotto molti peccatori alla sua amicizia e alla sua
grazia. Quindi era chiaro che colui che aveva il potere di operare
queste cose in pubblico l'avrebbe avuto anche per far sì che senza la
sua volontà non lo potessero prendere nel Getsèmani. Egli, infatti, non
aveva lasciato che lo prendessero nel tempio e nella città dove
predicava, non essendo arrivata l'ora stabilita dalla sua volontà per
dare il permesso agli uomini ed ai demoni. E proprio perché aveva loro
concesso in quel preciso momento di essere catturato, disprezzato,
afflitto e maltrattato disse: «Questa è la vostra ora, è l'impero delle
tenebre». E fu come se avesse detto loro: «Sinora è stato necessario che
io dimorassi con voi come maestro per vostro insegnamento, e perciò non
ho consentito che mi toglieste la vita. Ma ora voglio compiere con la
mia morte l'opera della redenzione umana, che il mio eterno Padre mi ha
commissionato; e perciò vi permetto di catturarmi e di eseguire su di me
la vostra volontà». Così presero il mansuetissimo agnello e,
assalendolo come tigri feroci, lo legarono, lo strinsero con funi e
catene e lo condussero alla casa del sommo sacerdote, come dirò in
seguito.
1234. La purissima Madre era attentissima a quello che
succedeva nella cattura di Cristo nostro bene, mediante la chiara
visione che le rendeva tutto manifesto come se fosse stata presente con
il corpo. Ella per la sapienza infusa penetrava tutti i misteri
racchiusi nelle parole del suo santissimo Figlio e le opere che egli
eseguiva. Quando vide che quello squadrone di soldati, seguito dalla
folla, si era diretto verso la casa del sommo sacerdote, la
prudentissima Signora, prevedendo le irriverenze e gli oltraggi che
tutti costoro avrebbero compiuto verso il Creatore e redentore, invitò i
suoi e molti altri angeli affinché assieme a lei rendessero culto di
adorazione e di lode al Signore delle creature, per riparare le ingiurie
e le offese con cui avrebbe dovuto essere trattato da quegli uomini
malvagi, principi delle tenebre. Diede lo stesso avviso alle donne che
con lei stavano pregando, e manifestò loro come appunto in quell'ora il
suo santissimo Figlio consentisse ai suoi nemici che lo prendessero e lo
maltrattassero, eseguendo tutto ciò con deplorevole empietà e crudeltà
di peccatori. Con l'assistenza dei santi angeli e delle pie donne, la
religiosa Regina fece mirabili atti di fede, di amore e di devozione
internamente ed esternamente, confessando, lodando, adorando e
magnificando la divinità infinita e l'umanità santissima di Gesù. E così
le sante donne la imitavano nelle genuflessioni e prostrazioni che
faceva, e gli spiriti celesti rispondevano ai cantici con i quali ella
onorava il suo amantissimo Figlio. E mentre da un lato i figli della
malvagità offendevano sua Maestà con ingiurie ed irriverenze, dall'altro
la pietosa Madre lo ripagava con lodi e venerazione. Nello stesso tempo
ella placava anche la divina giustizia, affinché non si accendesse di
sdegno e d'ira contro i persecutori di Cristo, e non li distruggesse;
difatti, solamente Maria santissima poté trattenere il castigo di quelle
offese.
1235. La gran Signora con la sua intercessione non solo
poté spegnere lo sdegno del giusto giudice, ma riuscì ad ottenere anche
favori e privilegi per quegli uomini che lo irritavano, e a far sì che
la divina clemenza rendesse loro bene per male, mentre essi recavano a
Cristo nostro Signore male per bene, in retribuzione della sua dottrina e
dei suoi benefici. Questa misericordia giunse al sommo grado per lo
sleale ed ostinato Giuda. Difatti, vedendo la divina Madre che egli lo
tradiva con il bacio di finta amicizia e che con la sua immondissima
bocca, dove poco prima era stato lo stesso Signore sacramentato, si
permetteva di toccare il venerabile volto di Gesù, trapassata dal dolore
e vinta dalla carità pregò il medesimo Signore di dare un nuovo aiuto a
Giuda. E così, se lo avesse accettato, non si sarebbe perduto chi era
arrivato a tale felicità, qual era quella di toccare in quel modo il
viso che desiderano guardare perfino gli angeli. Alla richiesta di Maria
santissima, suo Figlio inviò grandi benefici al discepolo traditore che
- come già si è detto - li ricevette al momento della consegna del
Maestro. E se lo sciagurato li avesse accolti ed avesse incominciato a
corrispondervi, questa Madre di misericordia gliene avrebbe ottenuti
molti di più, e infine anche il perdono della sua malvagità, come fa con
altri grandi peccatori che a lei desiderano dare questa gloria e
guadagnare per sé quella eterna. Ma Giuda non giunse a questa sapienza e
perse tutto, come dirò nel capitolo seguente.
1236. Quando la Regina dei cieli vide che in forza della
parola divina caddero a terra tutti gli anziani e i soldati, venuti a
prendere Gesù, compose con gli angeli un altro maestoso cantico, in cui
esaltava la potenza infinita e le virtù della santissima umanità di
Cristo. In questo inno elogiava la vittoria riportata dall'Altissimo
quando aveva sommerso nel Mar Rosso il faraone con tutte le sue truppe, e
lodava il proprio figlio e vero Dio, che come Signore degli eserciti e
delle vittorie voleva darsi in preda ai patimenti ed alla morte per
redimere nel più mirabile modo il genere umano dalla schiavitù di
Lucifero. Maria poi elevò una preghiera al Signore, chiedendogli di
rialzare e far ritornare in sé tutti coloro che erano stati rovesciati
ed atterrati. Ella lo fece in primo luogo perché mossa dalla sua
liberalissima pietà e dalla fervorosa compassione per quegli uomini, che
il Signore aveva creato a propria immagine e somiglianza;
secondariamente perché avrebbe adempiuto la legge della carità insegnata
e praticata dal suo Figlio e maestro: perdonare ai nemici e fare del
bene ai persecutori; infine perché si dovevano compiere le profezie e le
scritture relative al mistero della redenzione umana. E benché tutto
questo fosse infallibile, non vi è alcuna contraddizione nel fatto che
Maria santissima lo chiedesse e che per le sue preghiere l'Altissimo si
sentisse sollecitato a dispensare questi benefici: nella sapienza
infinita e nei decreti della sua eterna volontà tutto era previsto ed
ordinato per tali mezzi e suppliche. Non è necessario che io mi
trattenga ancora a dare ulteriori spiegazioni, perché certo non vi
sarebbe stato un modo più conveniente per ottenere l'intervento della
divina provvidenza. Nel momento in cui i soldati presero e legarono il
nostro Salvatore, la purissima Madre sentì nelle sue mani i dolori delle
corde e delle catene, come se fosse stata legata e stretta anch'ella; e
lo stesso accadde riguardo ai colpi ed ai tormenti che andava ricevendo
il Signore. Questa pena che avvertiva nel corpo, concessale in forma di
privilegio - come è stato detto sopra e come si vedrà nel corso della
passione -, le fu in parte di sollievo, perché l'amore gliene avrebbe
arrecato una più grande nell'anima, se ella non avesse patito assieme al
proprio Figlio in quel modo.
Insegnamento della Regina del cielo
1237. Figlia mia, con tutto quello che vai scrivendo e
comprendendo per mezzo del mio insegnamento, ti appresti ad istruire il
processo contro tutti i mortali, e contro di te se come loro non ti
spoglierai della rozzezza e della villania, e non supererai
l'ingratitudine, meditando giorno e notte la passione, i dolori e la
morte di Gesù crocifisso. Questa è la sapienza dei santi, ignorata dagli
uomini del mondo; questo è il pane della vita e dell'intelletto, che
sazia i piccoli e dà loro scienza, lasciando vuoti e famelici i superbi
amatori del secolo. In tale dottrina desidero che tu sia sollecita e
sapiente, poiché da essa ti verranno tutti i beni. Il mio figlio e
Signore insegnò l'ordine di questo arcano mistero quando disse: «lo sono
la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di
me». Dimmi ora, o carissima: se il mio divin Maestro si fece via e vita
degli uomini, per mezzo della passione e morte che patì per loro, non è
forse necessario che, per seguire il suo stesso cammino e professare la
sua verità, tutti passino per Cristo crocifisso, afflitto, flagellato e
disonorato? Considera, dunque, l'ignoranza dei mortali: vogliono
giungere al Padre senza passare per il suo Unigenito; vogliono regnare
con sua Maestà senza aver patito e aver preso parte alle sue pene, e
senza neppure ricordare la sua passione e morte, provandola in qualche
modo o mostrandone una vera gratitudine. E vorrebbero allora che essa
giovasse loro per poter godere, nella vita presente ed in quella eterna,
i piaceri e la gloria, mentre il Creatore ha patito fortissimi dolori e
atroci sofferenze per entrarvi ed ha lasciato questo esempio per aprire
ad essi la strada della luce.
1238. Il riposo non è compatibile con la vergogna di non
aver lavorato, per chi avrebbe dovuto acquistarlo solo con questo mezzo.
Non è vero figlio colui che non imita il proprio padre, né servo fedele
chi non obbedisce al proprio padrone, né discepolo chi non segue il
proprio maestro, né io reputo come mio devoto colui che non prende parte
a quanto abbiamo sofferto mio Figlio ed io. Anzi l'amore con cui noi
procuriamo la salvezza eterna agli uomini ci obbliga, vedendoli così
dimentichi di questa verità e tanto avversi al patire, ad inviare loro
tribolazioni e pene, affinché se non le amano spontaneamente, almeno le
accettino e soffrano forzatamente: solamente per questa via entreranno
nel cammino sicuro di quel riposo eterno che tanto desiderano. Eppure
ciò non basta: l'inclinazione e l'amore cieco per le cose visibili e
terrene trattengono i mortali, li ostacolano e li rendono tardi e duri
di cuore, assopendo in essi la memoria, l'attenzione e gli affetti, e
impedendo che si innalzino al di sopra di se stessi e di tutto ciò che è
transeunte. Da qui scaturisce la motivazione per cui non trovano
serenità nelle tribolazioni, né sollievo nei travagli, né consolazione
nelle pene, né quiete nelle avversità, perché aborriscono tutto ciò e
non cercano niente che sia penoso, come invece bramavano i santi, che si
gloriavano nelle tribolazioni come chi arrivasse al coronamento dei
propri desideri. In molti fedeli questa insipienza va anche oltre,
perché alcuni chiedono di essere infiammati dell'amore di Dio, altri che
siano loro perdonate molte colpe, altri ancora che vengano loro
concessi grandi benefici: richieste che non possono essere esaudite
perché non le domandano nel nome di Cristo mio Signore, imitandolo ed
accompagnandolo nella sua passione.
1239. Abbraccia dunque, figlia mia, la croce, e senza di
essa non accettare alcuna consolazione nella tua vita mortale. Imitami,
secondo la luce che hai e l'obbligo in cui ti pongo di sentire e
meditare la passione del Signore: per tale via ascenderai alla vetta
della perfezione e guadagnerai l'amore di sposa. Benedici e magnifica il
mio santissimo Figlio per l'amore con cui si consegnò per la salvezza
dell'umanità. I mortali riflettono poco su questo mistero, ma io come
testimone ti avverto che il mio santissimo Figlio, se tralasci il suo
ardente desiderio di salire alla destra dell'eterno Padre, nessuna cosa
gradiva e bramava tanto quanto quella di offrirsi ai patimenti della
morte di croce, dandosi a tal fine in potere dei nemici. Voglio anche
che deplori, con intimo dolore, che Giuda nelle sue scelleratezze e
perfidie abbia più seguaci di Cristo. Molti sono gli infedeli, molti i
cattivi cattolici, molti gli ipocriti che con il nome di cristiani
vendono e tradiscono, e nuovamente vogliono crocifiggere il mio
santissimo Figlio. Piangi per tutti questi mali che senti e conosci,
affinché anche in ciò tu mi possa imitare e seguire.