11 - Cristo, nostro salvatore, celebra la cena sacramentale ed istituisce l'eucaristia.
Suor Maria d'Agreda

Cristo, nostro salvatore, celebra la cena sacramentale ed istituisce l'eucaristia, consacrando il pane e il vino nel suo sacratissimo e vero corpo e sangue: le preghiere e le invocazioni che fece; come comunicò la sua santissima Madre, ed altri misteriosi prodigi che avvennero in questa occasione.
1180. Con gran timore mi accingo a trattare del Sacramento dei
sacramenti, l'ineffabile eucaristia, e di ciò che fu necessario per la
sua istituzione. Difatti, sollevando gli occhi dell'anima per ricevere
la luce divina che mi guida e mi assiste in quest'Opera, la scienza che
mi viene infusa su tante meraviglie e su misteri così eccelsi è tale che
ho paura della mia piccolezza, rivelatami nello specchio della stessa
luce. Le mie facoltà sono confuse, e non trovo né posso trovare parole
congruenti per spiegare ciò che vedo e per dichiarare il mio pensiero,
benché tanto inferiore all'oggetto dell'intelletto. Tuttavia parlerò
come ignorante, lacunosa nei termini e inabile nelle capacità, per non
mancare all'obbedienza e per tessere questa Storia, continuando a
raccontare ciò che in queste meraviglie operò la gran signora del mondo,
Maria santissima. Se non mi esprimerò con la competenza che richiede la
materia, mi facciano da scusante la mia misera condizione e il mio
stupore, perché non è facile discendere alle parole appropriate, quando
la volontà desidera solo con i sentimenti supplire il limite della
capacità di intendere e brama di godere in disparte ciò che non può né
conviene manifestare.
1181. Cristo, nostro bene, celebrò la cena prevista dalla
legge, come era suo solito, adagiato in terra con gli apostoli, sopra
una mensa o predella che si alzava dal suolo poco più di sei o sette
dita, conformemente all'usanza dei giudei. Terminata la lavanda dei
piedi, sua Maestà ordinò di preparare un'altra mensa più alta, simile a
quella che oggi usiamo per mangiare. Con questa cerimonia pose fine alle
cene ed alle rappresentazioni sommesse e figurative, e diede inizio al
nuovo convito in cui istituì la legge di grazia. Da qui prese avvio la
consuetudine, che permane nella Chiesa cattolica, di consacrare su una
mensa o su un altare. I santi apostoli coprirono la nuova mensa con una
tovaglia molto preziosa e sopra di essa posero un piatto o sottocoppa ed
una coppa grande a forma di calice, sufficiente a ricevere il vino
necessario, secondo il volere di Cristo nostro salvatore che con la sua
potenza e divina sapienza preveniva e disponeva tutto. Il padrone di
quella casa mosso da un grande impulso gli offrì questi vasi preziosi,
ricchi di pietra simile a smeraldo. In seguito, furono usati dai santi
discepoli per la consacrazione, quando riconobbero il tempo più
opportuno e conveniente per celebrare. Gesù si sedette a mensa con i
Dodici e con altri seguaci, e chiese che gli portassero del pane
genuino, senza lievito, che pose sul piatto, e del vino puro con il
quale riempì il calice della quantità necessaria.
1182. Il Maestro della vita fece un dolcissimo discorso
agli apostoli: le sue divine parole, che sempre penetravano sino
all'intimo del cuore, in questo sermone furono come raggi accesi dal
fuoco della carità, che scaldarono di questa dolce fiamma gli animi dei
discepoli. Egli manifestò loro nuovi ed altissimi misteri sulla sua
divinità e umanità, e sulle opere della sua redenzione; raccomandò la
pace e l'unione della scambievole carità, che lasciò vincolata a quel
sacro mistero che aveva stabilito di operare; promise ad essi che, se si
fossero amati gli uni gli altri, il suo eterno Padre li avrebbe amati
come amava lui, e infuse in loro la sapienza per comprendere questa
promessa ed avere la cognizione di essere stati eletti per istituire la
nuova Chiesa e la legge di grazia. Infine, rinnovò l'illuminazione, che
già avevano, circa la suprema dignità, l'eccellenza e i privilegi della
sua purissima Madre. Su tutti questi misteri san Giovanni ricevette una
maggiore luce a causa del ministero a cui era destinato. Dalla stanza
dove era ritirata in divina contemplazione, la celeste Signora vedeva
tutto quello che il suo santissimo Figlio operava nel cenacolo, e con
profonda intelligenza lo penetrava ed intendeva più di tutti gli
apostoli, e perfino degli stessi angeli che assistevano, come si è detto
sopra, in forma corporea, adorando il loro vero Signore, re e creatore.
Dal luogo dove stavano, Enoch ed Elia furono trasportati nel cenacolo
dagli angeli, perché il Signore aveva disposto che questi due padri, uno
della legge naturale e l'altro di quella scritta, si trovassero
presenti alla meravigliosa istituzione della nuova legge e fossero
partecipi dei suoi mirabili misteri.
1183. Mentre tutti questi personaggi che ho nominato si
trovavano assieme, aspettando con stupore ciò che stava per fare
l'Autore della vita, apparvero nel cenacolo le persone dell'eterno Padre
e dello Spirito Santo, come era accaduto al Giordano e sul Tabor.
Quantunque tutti gli apostoli e i discepoli sentissero qualche effetto
di questa visione, solo alcuni l'avvertirono, e tra questi in modo
speciale l'evangelista san Giovanni, che nei divini misteri ebbe sempre
il privilegio di un acume penetrante come la vista di un'aquila. Tutto
il cielo si trasferì nel cenacolo di Gerusalemme. Tanto doveva essere e
fu magnifica l'opera con la quale si istituì la Chiesa del Nuovo
Testamento, si stabilì la legge di grazia e si preparò la nostra eterna
salvezza! Per comprendere quanto operò il Verbo incarnato, desidero
sottolineare che avendo egli due nature, divina e umana, presenti
entrambe nella sua stessa persona, le azioni di ambedue le nature si
dichiarano e si predicano attribuendole ad un'unica persona, quella del
vero Dio e vero uomo. Conformemente a ciò, quando dico che il Verbo
incarnato parlava e pregava il suo eterno Padre, non si deve intendere
che egli parlasse e pregasse con la natura divina, nella quale era
uguale al Padre, ma con quella umana, in cui era inferiore e costituito
come noi di anima e corpo. In questa forma Cristo, nostro bene, nel
cenacolo rese onore, magnificenza e lode all'Onnipotente per la sua
divinità e per il suo essere infinito, ed intercedendo a favore del
genere umano pregò dicendo:
1184. «Padre mio e Dio eterno, io vi onoro, vi lodo e vi
magnifico nell'essere infinito della vostra divinità inaccessibile,
nella quale sono una medesima cosa con voi e con lo Spirito Santo,
perché sono stato generato "ab aeterno" dal vostro intelletto, come
impronta della vostra sostanza ed immagine della vostra stessa
indivisibile natura. Io voglio portare a termine l'opera della
redenzione umana che mi avete affidato nella natura che presi nel grembo
verginale di mia Madre; desidero espletarla nel modo più perfetto e con
la pienezza del vostro divino consenso e così passare da questo mondo
alla vostra destra portandovi tutti quelli che mi avete dato senza che
alcuno vada perduto, per quanto dipenda dalla nostra volontà e dalla
forza stessa della redenzione. Ho posto le mie delizie tra i figli degli
uomini che in mia assenza resteranno orfani e soli, se li lascio senza
assistenza. Voglio, perciò, Padre mio, lasciare loro un pegno certo e
sicuro del mio inestinguibile amore e del premio eterno che per essi ho
preparato. Voglio lasciare loro un ricordo indefettibile di ciò che ho
operato e patito per essi. Voglio che ritrovino nei miei meriti un
facile ed efficace rimedio al peccato, di cui furono partecipi per la
disobbedienza del primo uomo; e voglio restituire ad essi copiosamente
il diritto, che perdettero, di prender parte alla felicità eterna, per
la quale furono creati».
1185. «E proprio perché saranno pochi coloro che
accederanno a questo stato di perfezione, è necessario che rimangano
altri mezzi di riscatto con cui riacquistarlo, ricevendo nuovi doni e
grandissimi favori dalla vostra ineffabile clemenza, per restare
giustificati e santificati tramite diverse vie, durante il loro
pericoloso pellegrinaggio terreno. La nostra volontà eterna, con la
quale decretammo la creazione dell'uomo dal nulla, affinché egli
prendesse esistenza e la conservasse, fu al fine di donargli le
perfezioni e la beatitudine della nostra divinità; ma il vostro amore,
che mi obbligò a nascere con un corpo corruttibile e ad umiliarmi per
gli uomini fino alla morte di crocee, non resta soddisfatto se non trova
nuove maniere di comunicarsi ad essi, secondo la loro capacità e la
nostra sapienza. Ciò deve avvenire con segni visibili e sensibili,
percepibili dalla natura fisica dei mortali, ma che abbiano effetti
invisibili, di cui sia partecipe il loro spirito immortale».
1186. «Per il fine altissimo della vostra esaltazione e
della vostra gloria chiedo, Signore e Padre mio, il "fiat" della vostra
eterna volontà, nel nome mio e di tutti i figli poveri ed afflitti di
Adamo. E se le loro colpe provocano la vostra giustizia, la loro
condizione di miseria e di bisogno invoca la vostra infinita
misericordia, accanto alla quale io interpongo le opere della mia
umanità unita con vincolo indissolubile alla mia divinità: l'obbedienza
con la quale accettai di essere passibile sino alla morte; l'umiltà con
la quale mi assoggettai agli uomini ed ai loro depravati giudizi; la
povertà e le sofferenze della mia vita; le ignominie, la passione e
morte; e infine l'amore con cui accettai tutto ciò per la vostra gloria,
e perché voi siate riconosciuto ed adorato da tutte le creature capaci
di ricevere la vostra grazia e di magnificarvi. Voi, Signore e Padre
mio, mi rendeste fratello degli uomini e capo di tutti gli eletti che
devono godere con noi per sempre della nostra divinità, affinché come
figli siano eredi con me dei vostri beni eterni e come membra
partecipino dell'influsso del capo: effetto che io bramo di comunicare
loro, per l'amore che come per fratelli ho verso di essi. E per quanto
mi riguarda, voglio condurli tutti con me alla vostra amicizia e
comunione, per la quale furono formati nel loro capo naturale, il primo
uomo, da cui discendono».
1187. «Con questo amore immenso dispongo, Signore e Padre
mio, che tutti i mortali da questo momento possano essere rigenerati
nella pienezza della vostra amicizia e della vostra grazia con il
sacramento del battesimo. Essi lo possono ricevere subito dopo essere
venuti alla luce, senza volere proprio, manifestandolo altri per loro,
affinché rinascano nella vostra accettazione. Da quel momento in poi
saranno eredi della vostra gloria; resteranno contrassegnati come figli
della Chiesa con un carattere indelebile, che non potranno mai più
perdere; rimarranno purificati dalla macchia del peccato originale; e
riceveranno i doni delle virtù teologali, fede, speranza e carità, con
le quali potranno operare come figli, riconoscendovi Signore, sperando
in voi ed amandovi per voi stesso. Gli uomini riceveranno anche le virtù
con cui frenare e governare le passioni disordinate del peccato, e
sapranno discernere senza inganno il bene ed il male. Il battesimo sia
il vestibolo d'ingresso alla mia Chiesa, e la porta che apre l'accesso
agli altri sacramenti ed ai nuovi benefici della grazia. Dispongo ancora
che dopo questo sacramento ne ricevano un altro, dal quale siano
corroborati e confermati nella santa fede che hanno professato, e che
devono professare e difendere con fortezza arrivando all'uso della
ragione. E poiché gli uomini per la loro fragilità mancheranno
facilmente nell'osservanza della mia legge, e la mia carità non sopporta
che vengano lasciati senza un rimedio facile ed opportuno, voglio che
serva a questo fine la penitenza. Per suo mezzo i figli della Chiesa,
riconoscendo le loro colpe con dolore e confessandole, potranno
ritornare nello stato di giustizia e raggiungere la gloria che ho
promesso loro. Lucifero e i suoi seguaci in tal modo non riporteranno il
trionfo di averli allontanati dallo stato di grazia e di sicurezza in
cui li aveva posti il battesimo».
1188. «1 mortali giustificati per mezzo di questi
sacramenti si ritroveranno abilitati ad amare in sommo grado e ad essere
in piena comunione con me, durante l'esilio della loro vita terrena:
unione che stabiliranno ricevendomi in un modo del tutto ineffabile
nelle specie del pane e del vino in cui lascerò il mio corpo e il mio
sangue. Ed in ciascuno sarò presente tutto, realmente e veramente,
attraverso il misterioso sacramento dell'eucaristia, perché mi dono in
forma di alimento proporzionato alla condizione umana ed allo stato dei
viatori, per i quali opero queste meraviglie e con i quali sarò presente
in questo modo tutti i giorni fino alla fine del mondo. Ed affinché gli
uomini abbiano un altro mezzo che li purifichi e li difenda, quando
giungeranno al termine della vita, istituisco per essi l'estrema
unzione, che sarà anche una specie di pegno della loro risurrezione nei
medesimi corpi segnati da questo sacro sigillo. Tutti questi sacramenti
sono indirizzati a santificare le membra del corpo mistico della mia
Chiesa, nella quale si deve osservare in modo sommo l'ordine e la
concordia, dando a ciascuno l'autorità corrispondente al proprio
ufficio. Voglio così che coloro che li conferiscono siano ordinati
mediante un altro sacramento che li collochi nel supremo grado di
sacerdoti rispetto a tutti gli altri fedeli: a tale effetto serva
l'ordine, perché li contrassegni, li distingua e li santifichi in modo
speciale ed eminente. E benché tutti ricevano da me questa eccellente
investitura, dispongo che ciò avvenga per mezzo di un capo che sia mio
vicario, rappresenti la mia persona, e sia il supremo sacerdote nella
cui volontà deposito le chiavi del cielo ed al quale tutti devono
ubbidire sulla terra. Infine, per una più alta perfezione della mia
Chiesa istituisco il matrimonio, perché santifichi il vincolo naturale
ordinato alla procreazione umana. Per effetto di questi sacramenti tutti
i gradi della Chiesa saranno così arricchiti ed ornati dei miei
infiniti meriti. Questa, eterno Padre, è la mia ultima volontà, con la
quale faccio tutti i mortali eredi dei miei tesori, che vincolo alla mia
nuova Chiesa, in cui li lascio depositati».
1189. Cristo, nostro redentore, fece questa preghiera
solamente in presenza degli apostoli. Ma la beatissima Regina, che dal
luogo dove stava ritirata l'osservava e l'accompagnava con le sue
orazioni, si prostrò a terra ed offrì, come madre, all'eterno Padre le
suppliche del Figlio. E quantunque non potesse intensificare, con tutte
le sue forze, le opere del nostro Salvatore, alla richiesta che egli
presentava all'Onnipotente concorse anch'ella, come sua coadiutrice,
similmente a quanto aveva fatto in altre occasioni, fomentando da parte
sua la divina misericordia, affinché l'eterno Padre non guardasse mai il
suo Unigenito da solo, ma sempre in compagnia di sua Madre. E così fece
l'Onnipotente, guardando entrambi con tenerezza ed attenzione, ed
accettando le preghiere e le suppliche del Figlio e della Madre per la
salvezza degli uomini. In quest'occasione la Regina operò anche un'altra
cosa, perché il suo santissimo Figlio la affidò a lei. Per intendere
questo è opportuno considerare che Lucifero si trovò presente alla
lavanda degli apostoli, come si è già detto nel precedente capitolo;
egli, pertanto, non avendo avuto il permesso di uscire dal cenacolo, da
ciò che vide fare a Cristo nostro bene, arguì con astuzia che volesse
operare qualcosa di portentoso a beneficio dei Dodici. E benché il
dragone si riconoscesse molto debilitato e senza forze per lottare
contro il Redentore, con implacabile furore e superbia volle investigare
quei misteri per escogitare qualche malvagità. La gran Signora vide
questo estremo tentativo di Lucifero e che il suo santissimo Figlio
rimetteva a lei questa causa; pertanto accesa di zelo e di amore per la
gloria dell'Altissimo, con autorevolezza di regina ordinò al dragone e a
tutte le sue schiere che proprio in quello stesso momento uscissero dal
cenacolo e sprofondassero nell'inferno.
1190. In questa impresa, per la pertinacia del principe
delle tenebre, il braccio dell'Onnipotente diede a Maria santissima una
nuova forza a cui non resistette nessuno dei demoni. Furono così
ricacciati nelle caverne infernali fino a quando ebbero il nuovo
permesso di uscire e di trovarsi presenti alla passione e morte del
nostro Redentore, con la quale dovevano rimanere del tutto vinti ed
accertati che Cristo fosse effettivamente il Messia e il salvatore del
mondo, vero Dio e vero uomo. Da ciò si può comprendere il motivo per cui
Lucifero e i suoi seguaci furono presenti alla cena prevista dalla
legge, alla lavanda degli apostoli e poi a tutta la passione, ma non si
trovarono all'istituzione della santa eucaristia né alla comunione che i
discepoli ricevettero dalle mani dello stesso Cristo, nostro Signore.
Subito dopo, la gran Regina si elevò all'adempimento di un più sublime
esercizio e alla contemplazione dei misteri che si preparavano. I santi
angeli la magnificarono come valorosa e nuova Giuditta cantandole inni
di gloria per il trionfo riportato contro il dragone infernale. Nello
stesso tempo Cristo, nostro bene, compose un altro cantico in onore
dell'eterno Padre, rendendogli grazie per i favori concessi a beneficio
degli uomini.
1191. Dopo quanto si è detto, il divin Maestro prese nelle
sue venerabili mani il pane che era sul piatto, chiedendo interiormente
al Padre quasi il permesso e il beneplacito per farsi veramente e
realmente presente nell'ostia, sia in quell'ora che anche dopo nella
santa Chiesa, in virtù delle parole che stava per pronunciare. In atto
di obbedienza, alzò allora gli occhi al cielo con tanta maestosità da
suscitare negli apostoli, negli angeli e nella stessa Vergine un nuovo
timore riverenziale. In seguito proferì le parole della consacrazione
sopra il pane, lasciandolo mutato transustanzialmente nel suo vero
corpo, e sopra il calice del vino, convertendolo nel suo vero sangue.
Nel momento in cui Cristo nostro Signore terminò di pronunziare la
formula, risuonò la voce dell'eterno Padre che diceva: «Questi è il mio
Figlio dilettissimo, in cui è e sarà il mio compiacimento sino alla fine
del mondo; egli starà con gli uomini per tutto il tempo che durerà il
loro esilio terreno». Questa stessa dichiarazione fu confermata anche
dallo Spirito Santo. La santissima umanità di Cristo, nella persona del
Verbo, fece un profondo inchino alla divinità presente nel suo corpo e
nel suo stesso sangue. La vergine Madre, che se ne stava ritirata e
raccolta in preghiera, in quell'istante si prostrò a terra e adorò il
suo Figlio sacramentato con incomparabile rispetto; similmente fecero
anche gli angeli assegnati alla sua custodia, tutti gli spiriti celesti,
ed infine Enoch ed Elia in nome loro e degli antichi patriarchi e
profeti delle leggi naturale e scritta.
1192. Tutti gli apostoli e i discepoli prestarono fede a
questo eccelso mistero - eccetto Giuda il traditore - e lo adorarono con
profonda umiltà e venerazione, ciascuno secondo la propria
disposizione. Quindi il nostro gran sacerdote Cristo innalzò il suo
corpo e il suo sangue, affinché lo adorassero tutti coloro che
assistevano a questa prima Messa: e così avvenne. In questa solenne
elevazione furono illuminati interiormente più degli altri la sua
purissima Madre, san Giovanni, Enoch ed Elia perché conoscessero in modo
sublime come nelle specie del pane fosse presente il sacratissimo
corpo, in quelle del vino il sangue, ed in entrambe tutto Cristo vivo e
vero, per l'unione inseparabile della sua santissima anima con il suo
corpo e il suo sangue. Essi avrebbero compreso anche come in questo
sacramento vi fosse la presenza dell'intera Divinità, come nella persona
del Verbo stessero quelle del Padre e dello Spirito Santo, e come in
modo mirabile e misterioso per mezzo di queste unioni, di queste
esistenze inseparabili e concomitanti restassero presenti
nell'eucaristia tutte e tre le Persone con la perfetta umanità di Cristo
nostro Signore. La divina Signora penetrò profondamente tutto ciò,
mentre gli altri lo capirono nella misura a ciascuno conveniente. Tutti
coloro che erano presenti a questo prodigioso evento poterono
comprendere anche l'efficacia delle parole della consacrazione, e come
queste fossero già cariche della forza divina affinché, pronunziate con
l'intenzione di Cristo da qualsiasi sacerdote presente e futuro sui
rispettivi elementi, convertissero la sostanza del pane nel suo corpo e
quella del vino nel suo sangue, lasciando gli accidenti senza soggetto e
con una nuova maniera di sussistere, senza andare perduti. Tutto ciò
riporta una certezza così assoluta ed infallibile che scompariranno il
cielo e la terra prima che manchi l'efficacia di questa formula di
consacrazione, purché venga debitamente pronunziata dal ministro e
sacerdote di Cristo.
1193. La nostra divina Regina conobbe anche, con speciale
visione, come il sacro corpo di Cristo nostro Signore stesse nascosto
sotto gli accidenti del pane e del vino senza alterarli, né essere
alterato da loro: difatti, né il corpo può essere soggetto di essi né
essi possono essere forme del corpo. Le specie stanno con la stessa
estensione e con le stesse qualità prima e dopo la consacrazione,
occupando il medesimo spazio, come si vede nell'ostia consacrata. Il
sacratissimo corpo, benché abbia tutta la sua grandezza, vi è presente
in modo indiscutibile senza che una parte si confonda con l'altra:
Cristo è tutto in tutta l'ostia, e tutto in qualunque parte di essa,
senza che l'ostia dilati o limiti il corpo né il corpo l'ostia, perché
né l'estensione propria del corpo ha relazione con quella delle specie
accidentali, né quella delle specie dipende dal santissimo corpo. E così
hanno un diverso modo di esistenza. Il corpo compenetra la quantità
degli accidenti senza che questi lo impediscano. E sebbene in natura con
la sua estensione la testa ricerchi luogo e spazio diversi dalle mani e
queste dal petto e dalle altre membra, con la potenza divina il corpo
consacrato si pone con tutta la sua grandezza in un medesimo spazio,
perché non ha alcuna relazione con l'area che naturalmente occupa,
dispensandosi da tutti questi rapporti e risultando senza di essi un
corpo quantitativo. Né si trova presente in un luogo solo, né in una
sola ostia, ma in molte nello stesso tempo, quantunque le particole
consacrate siano di numero infinito.
1194. Comprese, similmente, la nostra Signora che il corpo e
il sangue, benché non avessero dipendenza naturale dagli accidenti nel
modo sopraddetto, non si sarebbero conservati in essi sacramentati al di
là del tempo in cui le specie sarebbero durate, senza decomporsi,
disponendo così la santissima volontà di Cristo, autore di queste
meraviglie. E questo fu espressione di una dipendenza volontaria
dell'esistenza miracolosa del suo corpo e del suo sangue dall'esistenza
incorrotta del pane e del vino. E nel momento in cui questi si
corrompono e vengono distrutti o alterati dalle cause naturali - come
accade per azione del calore dello stomaco dopo aver ricevuto il
Santissimo Sacramento, oppure come succede per altre cause che possono
produrre lo stesso effetto - allora Iddio crea un'altra nuova sostanza,
nell'istante in cui le specie stanno per subire l'ultima trasformazione.
Con questa sostanza, in cui non esiste più il sacro corpo, si attua la
nutrizione del fisico, che in tal modo si alimenta lasciando subentrare
la forma umana che è l'anima. Questo evento meraviglioso della creazione
di una nuova sostanza, che riceva gli accidenti alterati e decomposti,
scaturisce da una parte dalla volontà divina, che ha stabilito che il
corpo non perduri con l'alterazione delle specie, e dall'altra
dall'ordine di natura, perché il fisico dell'uomo, incline ad
alimentarsi, non può aumentare la propria massa se non con un'altra
nuova sostanza che le si aggiunga senza che gli accidenti continuino ad
avere in essa le loro proprietà.
1195. La destra dell'Onnipotente racchiuse in questo
Santissimo Sacramento questi ed altri misteri. La Signora del cielo e
della terra li penetrò tutti profondamente, mentre san Giovanni, i due
padri dell'antica legge, che si trovavano nel cenacolo, e gli apostoli
ne capirono una buona parte nel modo a loro confacente. La purissima
Regina non solo comprese questo beneficio così comune ed altrettanto
grande, ma venne a conoscenza anche dell'ingratitudine con cui i mortali
si sarebbero comportati verso un mistero così ineffabile, istituito a
loro rimedio. Decise, allora, da quel momento in poi, di considerare suo
dovere il compito di compensare e supplire con tutte le sue forze la
nostra villania e noncuranza, rendendo grazie all'eterno Padre ed al suo
santissimo Figlio per una meraviglia così rara, creata in favore del
genere umano. E nutrì questa speciale attenzione per tutto il tempo
della vita; e molte volte eseguiva questo esercizio spargendo lacrime di
sangue dal suo ardentissimo cuore al fine di riparare la nostra
riprensibile e vergognosa dimenticanza.
1196. Un'ammirazione ancor più grande mi desta quel che
successe a Gesù; egli dopo aver innalzato il Santissimo Sacramento
affinché - come ho già detto - i discepoli lo adorassero, lo spezzò con
le sue sacre mani, comunicando innanzitutto se stesso, come primo e
sommo sacerdote. E riconoscendosi, in quanto uomo, inferiore alla
Divinità che egli riceveva nel suo stesso corpo e sangue, si umiliò, si
prostrò fino all'annientamento ed ebbe come un tremore nella parte
sensitiva, manifestando, con ciò, due cose: l'una, la riverenza con cui
si doveva ricevere il suo sacratissimo corpo; l'altra, il dolore che
sentiva per la temerità e l'audacia con cui molti uomini avrebbero
ardito accostarsi a questo altissimo ed eminente sacramento per
riceverlo o toccarlo. Gli effetti che produsse in Cristo, nostro bene,
la comunione furono mirabilmente divini, perché per un breve lasso di
tempo ridondò in tutto il suo corpo lo splendore della gloria della sua
santissima anima, come sul Tabor. Questa meraviglia fu manifestata
pienamente alla sua purissima Madre e ne compresero solo qualcosa san
Giovanni, Enoch ed Elia. Con questo privilegio la santissima umanità si
dispensò dal ricevere sollievo o dal nutrire sino alla morte qualche
desiderio. La vergine Madre vide anche con speciale visione come il suo
santissimo Figlio ricevesse se stesso sacramentato e rimanesse così nel
suo divin petto. Tutto ciò provocò magnifici effetti nella nostra
Regina.
1197. Cristo, nostro bene, nel comunicarsi elevò un canto
di lode all'eterno Padre ed offrì se stesso sacramentato per la salvezza
di tutti i mortali. Immediatamente dopo, spezzò un'altra parte del pane
consacrato e la consegnò all'arcangelo Gabriele, perché la portasse a
Maria santissima e la comunicasse. I santi angeli, per questo
privilegio, rimasero soddisfatti e ripagati dalla delusione che la
dignità sacerdotale, così eccelsa, fosse spettata agli uomini e non a
loro. Infatti, solo l'aver tenuto nelle loro mani il corpo sacramentato
del Signore e vero Dio suscitò in essi una nuova e grande letizia. La
divina Signora, versando copiose lacrime, stava già in attesa della
santa comunione, quando giunse san Gabriele con una schiera innumerevole
di angeli; ella così ricevette questo particolare beneficio dalla mano
del santo principe, e fu la prima a comunicarsi dopo il suo santissimo
Figlio, imitandolo nell'umiliazione, nella riverenza e nel santo timore.
Il Santissimo Sacramento restò depositato nel petto di Maria
santissima, dentro il suo cuore, come in un legittimo sacrario e
tabernacolo dell'Altissimo. Questa dimora dell'eucaristia durò per tutto
il tempo che intercorse tra quella notte e il momento in cui, dopo la
risurrezione, san Pietro celebrò la prima Messa, come si dirà in
seguito. L'onnipotente Signore dispose questa meraviglia per consolare
la celeste Regina, ed anche per adempiere, anticipatamente, la promessa
fatta alla sua Chiesa: Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine
del mondo. Difatti, dopo la sua morte la sua santissima umanità non
poteva essere presente nella Chiesa in un'altra maniera che non fosse
quella di restare depositata in Maria purissima: arca viva che conteneva
la vera manna con tutta la legge evangelica, allo stesso modo dell'arca
di Mosè che aveva anticamente custodito le figure. Nel petto della
Signora e regina del cielo fino alla nuova consacrazione le specie
sacramentali non si consumarono né si alterarono.
1198. La celeste Principessa, ricevuta la santa comunione,
rese grazie all'eterno Padre ed al suo santissimo Figlio con nuovi
cantici, ad imitazione di ciò che aveva fatto il Verbo divino incarnato.
Subito dopo il nostro Salvatore diede il pane sacramentato agli
apostoli ed ordinò che lo distribuissero fra loro e lo mangiassero. Con
questo comando conferì loro la dignità sacerdotale, che essi prontamente
cominciarono ad esercitare, comunicando ciascuno se stesso, con somma
riverenza, versando copiose lacrime e rendendo culto al corpo ed al
sangue del Redentore, che avevano ricevuto. Nel ministero del sacerdozio
ebbero così la preminenza più antica, come si addiceva a coloro che
dovevano essere fondatori della Chiesa. San Pietro, per ordine di
Cristo, prese altre particole consacrate e comunicò i due antichi padri,
Enoch ed Elia; e così con il giubilo e per gli effetti della santa
eucaristia questi rimasero nuovamente confortati ed esortati a
pazientare sino alla fine del mondo nell'attesa della visione beatifica,
che per tanti secoli viene loro rimandata dalla divina volontà. I due
patriarchi, per questo beneficio, elevarono ferventi lodi e resero umili
grazie all'Onnipotente; furono così riportati al loro luogo per
ministero dei santi angeli. Il Signore dispose questa meraviglia per
rendere partecipi della sua incarnazione, e della redenzione e
risurrezione generale, tutti coloro che erano vincolati alle due leggi,
naturale e scritta. Infatti il sacramento dell'eucaristia, che
racchiudeva in sé tutti questi misteri, venendo comunicato ai due santi
uomini Enoch ed Elia, che si ritrovavano vivi in carne mortale, si
estendeva nella comunione ai due stati della legge, naturale e scritta,
perché gli altri che lo ricevettero appartenevano alla nuova legge di
grazia, i cui padri erano gli apostoli. I santi Enoch ed Elia conobbero
tutto ciò, ed in nome degli altri santi delle loro rispettive leggi
resero lode al loro e nostro Redentore per questo arcano privilegio.
1199. Mentre gli apostoli ricevevano il Santissimo
Sacramento accadde anche un altro miracolo, rimasto nel segreto: il
perfido traditore, Giuda, vedendo che il divin Maestro ordinava loro di
comunicarsi, decise come uomo infedele di non farlo e, se avesse potuto,
di conservare il sacro corpo, per poi portarlo nascostamente ai
sacerdoti e ai farisei e farne così un capo d'accusa. Il suo proposito
era quello di riferire a questi che il divin Maestro asseriva che quel
pane era il suo stesso corpo, affinché essi gli imputassero ciò come un
grave delitto. E se per caso non avesse potuto raggiungere tale scopo,
avrebbe ordito qualche altro vituperio al divin Sacramento. La Signora e
regina del cielo, la quale per visione chiarissima stava osservando
tutto ciò che succedeva - sia la predisposizione con cui gli apostoli
internamente ed esternamente ricevevano la santa comunione, sia gli
effetti di questa e i loro sentimenti - si accorse anche degli
esecrabili intenti dell'ostinato Giuda. Come madre, sposa e figlia si
accese allora di zelo per la gloria del suo Signore e, conoscendo che
era volontà divina che usasse in quell'occasione l'autorità di regina,
ordinò ai suoi angeli che estraessero di bocca al malvagio discepolo il
pane e il vino consacrati subito dopo che li ebbe ricevuti, e li
ponessero dove stava il rimanente. In quella circostanza spettava a lei
difendere l'onore del suo santissimo Figlio, affinché Giuda non lo
ingiuriasse come sperava con quella nuova ignominia che aveva
macchinato. Gli angeli ubbidirono e, quando il peggiore dei viventi
giunse a comunicarsi, gli tolsero di bocca le specie sacramentali. Le
purificarono di ciò di cui si erano impregnate nell'immondissimo luogo
della sua bocca, le riportarono nello stato di prima e le posero
nascostamente fra le altre, mentre il Signore zelava l'onore del suo
nemico ed ostinato Apostolo. Queste specie furono poi ricevute da coloro
che si comunicarono dopo Giuda, secondo l'ordine di anzianità, poiché
egli non fu né il primo né l'ultimo a prenderle. I santi angeli
eseguirono tutto in pochissimo tempo. Il nostro Salvatore, in seguito,
rese grazie all'eterno Padre e così diede compimento ai misteri della
cena sacramentale, prevista dalla legge, e dette inizio a quelli della
sua passione, che io riferirò nei successivi capitoli. La Regina dei
cieli continuava a ponderarli e ad ammirarli tutti, e ad intonare inni
di lode e di magnificenza all'altissimo Signore.
Insegnamento della Regina del cielo
1200. Oh, figlia mia, se coloro che professano la fede
cattolica aprissero i cuori induriti e ostinati alla vera conoscenza del
misterioso beneficio della santa eucaristia! Oh, se distaccandosi e
alienandosi dagli affetti terreni, e moderando le loro passioni, si
applicassero con viva fede a comprendere nella divina luce il felice
privilegio di avere sempre presente in mezzo a loro l'eterno Dio
sacramentato e di poterlo ricevere e frequentare, rendendosi partecipi
degli effetti di questa manna del cielo! Oh, se conoscessero degnamente
questo grande dono; se stimassero questo tesoro; se gustassero la sua
dolcezza; se in esso avessero parte delle virtù nascoste del loro Dio
onnipotente! Essi non avrebbero più nulla da desiderare né da temere
durante questo esilio terreno. I mortali non devono lamentarsi nel tempo
propizio della legge di grazia di essere afflitti dalle passioni e
dalla loro fragilità, perché in questo pane del cielo hanno in mano la
salvezza e la fortezza. Né devono risentirsi di essere tentati e
perseguitati dal demonio, perché lo vinceranno con il buon uso di questo
ineffabile sacramento, ed accostandovisi degnamente. I fedeli hanno la
colpa di non attendere a questo divino mistero, e di non valersi della
sua infinita potenza per tutti i loro bisogni e travagli, in risposta e a
rimedio dei quali lo istituì il mio santissimo Figlio. In verità ti
dico, o carissima, che Lucifero e i suoi demoni hanno un tale timore
alla presenza dell'eucaristia che il solo avvicinarsi ad essa provoca
loro maggiori tormenti che stare nell'inferno. E sebbene entrino nelle
chiese per tentare i credenti, in realtà violentano se stessi, perché
per precipitare un'anima, obbligandola o attirandola a commettere un
peccato principalmente nei luoghi sacri ed alla presenza
dell'eucaristia, vengono a patire crudeli pene. Ma è lo sdegno che
nutrono contro Dio e contro le anime che li spinge ad usare tutte le
loro forze, sebbene si debbano esporre al nuovo tormento di stare vicini
a Cristo sacramentato.
1201. Quando il Santissimo Sacramento viene condotto per le
strade in processione, i demoni ordinariamente fuggono e si allontanano
in tutta fretta, e non ardirebbero accostarsi a coloro che lo
accompagnano se non fosse per l'abilità e per la lunga esperienza che
hanno di vincerne alcuni, inducendoli a mancare di rispetto al Signore.
Per questo fine, essi si affaticano tanto a ordire insidie nei templi,
perché sanno quanto grave sia in questi luoghi sacri l'ingiuria al
Signore, il quale vi si trova sacramentato per amore, aspettando gli
uomini per santificarli ed attendendo che gli rendano il contraccambio
del dolcissimo amore che egli dimostra loro con tante finezze. Da quanto
ti ho detto potrai comprendere quale potere possieda chi riceve
degnamente questo sacro pane degli angeli, e come i demoni temerebbero
gli uomini, se questi lo frequentassero con devozione e purezza di
cuore, cercando di conservarsi in questo stato fino alla comunione
successiva. Ma sono molto pochi quelli che vivono con questa
sollecitudine, mentre il nemico è sempre in agguato, spiando e cercando
che subito i mortali si trascurino, si intiepidiscano e si distraggano
affinché non si valgano contro di lui di armi così poderose. Imprimi nel
tuo cuore questo insegnamento; e poiché, senza che tu lo meriti,
l'Altissimo ha disposto che tu riceva ogni giorno, per obbedienza, il
Santissimo Sacramento, cerca con tutte le forze di mantenerti nello
stato in cui ti disponi per la comunione sino a quando non farai la
successiva. La volontà del mio Signore - e anche la mia - è che con
questa spada tu combatta le guerre dell'Altissimo, in nome della santa
Chiesa, contro i nemici invisibili che oggi affliggono e contristano la
Signora delle genti, senza che vi sia chi la consoli o chi degnamente
consideri ciò. Piangi per questa causa e il tuo cuore si spezzi per il
dolore perché, nonostante l'onnipotente e giusto giudice sia sdegnato
contro i cattolici per avere essi provocato la sua giustizia con peccati
così continui e smisurati - malgrado la fede che professano -, non vi è
chi consideri, ponderi e tema un danno così grande. E non vi è neppure
chi si disponga ad un sincero pentimento: rimedio che i fedeli
potrebbero subito sollecitare con il buon uso del divino sacramento
dell'eucaristia, con l'accostarvisi e con la mia intercessione.
1202. In questa colpa, gravissima in tutti i figli della
Chiesa, sono più riprensibili i sacerdoti indegni e cattivi, perché
dall'irriverenza con cui trattano il Santissimo Sacramento dell'altare
gli altri cattolici hanno attinto l'occasione per disprezzarlo. Difatti,
se il popolo cristiano vedesse i presbiteri accostarsi ai divini
misteri con timore e tremore riverenziale, ben comprenderebbe che con lo
stesso timore e tremore tutti dovrebbero trattare e ricevere il loro
Dio sacramentato. Coloro che si comportano conformemente a quanto detto
risplendono nel cielo come il sole tra le stelle, perché dalla gloria
del mio santissimo Figlio ridonda su quelli che lo accolgono con
riverenza una luce speciale, che non possiedono quelli che non
frequentano con devozione la santa eucaristia. Inoltre i corpi gloriosi
di questi zelanti fedeli porteranno sul petto, dove lo ricevettero, un
segno o uno stemma brillantissimo e bellissimo a testimonianza del fatto
che furono degni tabernacoli del Santissimo Sacramento. Ciò sarà, a
loro insaputa, motivo di gaudio e di godimento per essi, di giubilo e
lode per gli angeli e di ammirazione per tutti. Essi riceveranno anche
un altro premio accidentale, perché conosceranno e vedranno con speciale
intelligenza il modo in cui il mio santissimo Figlio è presente
nell'eucaristia, e tutti i miracoli che si racchiudono in essa. Ciò
desterà in loro un gaudio così grande che basterebbe a ricrearli
eternamente, quando non ne avessero altro nel cielo. Anzi, la gloria di
coloro che si saranno comunicati con degna devozione e purezza di cuore
uguaglierà e addirittura supererà quella di alcuni martiri che non
ricevettero l'eucaristia.
1203. Voglio ancora, figlia mia, che proprio dalla mia
bocca tu ascolti ciò che io reputavo di me stessa, quando durante il mio
pellegrinaggio terreno dovevo ricevere il mio figlio e Signore
sacramentato. Ed affinché tu lo capisca meglio, rinnova nella tua
memoria tutto quello che hai inteso della mia vita, nella misura in cui
io te l'ho manifestato: fui preservata nella mia concezione dalla colpa
originale; superai in amore i supremi serafini; non commisi mai peccati;
esercitai sempre tutte le virtù eroicamente, avendo in ogni mia opera
un altissimo fine; imitai il mio santissimo Figlio con somma perfezione;
lavorai fedelmente; patii con coraggio e cooperai a tutte le opere del
Redentore nella misura che mi spettava; e non cessai mai di amarlo e di
conseguire la pienezza di grazia e di gloria in grado eminentissimo.
Eppure ritenni che tutti questi meriti mi fossero degnamente
ricompensati con il ricevere una sola volta il suo sacratissimo corpo
nell'eucaristia, non stimandomi all'altezza di un così grande beneficio.
Considera adesso, figlia mia, ciò che tu e gli altri figli di Adamo
dovete meditare quando vi accostate a ricevere questo mirabile
sacramento. E se per il più grande dei santi sarebbe premio
sovrabbondante una sola comunione, che cosa dovrebbero sentire e fare i
sacerdoti e i fedeli che la frequentano? Apri i tuoi occhi tra le dense
tenebre e la cecità degli uomini, e innalzati verso la divina luce per
penetrare questi misteri. Giudica le tue opere piccole e misere, i tuoi
meriti molto limitati, le tue fatiche leggerissime, e considera la tua
gratitudine molto scarsa ed esigua rispetto ad un beneficio così raro
qual è quello che la santa Chiesa abbia Cristo, il mio santissimo
figlio, sacramentato e desideroso che tutti lo ricevano per arricchirli.
E poiché per questo bene non hai da offrirgli una degna retribuzione,
almeno umiliati sino a lambire la polvere e giudicati indegna con tutta
la verità del cuore. Magnifica l'Altissimo, benedicilo e lodalo,
mantenendoti sempre pronta e disposta con fervidi affetti a riceverlo e a
patire molte sofferenze al fine di conseguire un bene così grande.