10 - Cristo, nostro salvatore, celebra con i suoi discepoli l'ultima cena secondo la legge e lava loro i piedi.
La mistica Città di Dio - Libro sesto
Suor Maria d'Agreda

Cristo, nostro salvatore, celebra con i suoi discepoli l'ultima cena secondo la legge e lava loro i piedi, la sua Madre santissima conosce e comprende tutti questi misteri.
1156. Nel primo pomeriggio del giovedì precedente la sua morte, il
nostro Redentore proseguiva il suo cammino verso Gerusalemme. I
discepoli, nei colloqui che egli teneva con loro riguardo agli arcani
sui quali li stava istruendo, gli esposero alcuni dubbi su ciò che non
intendevano. Egli rispose a tutti come maestro della sapienza e padre
premuroso, con parole piene di dolcissima luce, che penetrava il loro
intimo; infatti, avendoli sempre amati, in quelle ultime ore della sua
esistenza terrena, come cigno divino, manifestava con più forza la
soavità della sua voce e del suo affetto. La sua imminente passione e la
cognizione dei tanti tormenti che lo aspettavano non gli impedivano di
farlo; anzi, come il calore concentrato per l'opposizione del freddo
torna ad uscire con tutta la sua efficacia, l'incendio che ardeva senza
misura nel suo cuore divampava con maggiore tenerezza e impeto ad
accendere quegli stessi che cercavano di estinguerlo, cominciando a
ferire i più vicini con le sue fiamme. Noi discendenti di Adamo, eccetto
Cristo e la sua Madre beatissima, solitamente siamo resi impazienti
dalla persecuzione, irritati dalle ingiurie e sconcertati dalle pene.
Ogni cosa avversa ci turba, disanima e inasprisce contro chi ci offende,
così che reputiamo grande virtù il non vendicarci all'istante. La
carità di Gesù, però, non si alterò per le ingiurie che prevedeva e non
si stancò per l'ignoranza dei suoi e per l'infedeltà che stava per
sperimentare in loro.
1157. Lo interrogarono su dove volesse consumare la Pasqua; i
giudei, infatti, in quella notte cenavano e festeggiavano tale
ricorrenza molto importante. Nella loro legge era la figura più chiara
dello stesso Signore e di quanto in lui e attraverso di lui si sarebbe
dovuto operare, anche se gli apostoli non erano ancora in grado di
conoscerlo sufficientemente. Egli, allora, inviò in città Pietro e
Giovanni davanti agli altri: avrebbero visto entrare in una casa un
servo con una brocca d'acqua e là avrebbero dovuto chiedere in suo nome
al padrone che gli approntasse una stanza per stare a tavola con loro.
Questi, una delle persone più ricche e rinomate del luogo, gli era
devoto e aveva creduto nella sua dottrina e nei suoi miracoli. A motivo
della sua pietà meritò che l'Autore della vita scegliesse la sua
abitazione per consacrarla, con ciò che vi realizzò, come tempio santo
per quanto ancora lì si sarebbe compiuto in seguito. Essi andarono
subito e, individuati i segni che erano stati dati loro, pregarono quel
tale di accoglierlo e di riceverlo come suo ospite per la solennità
degli Azzimi; così, infatti, si chiamava quella Pasqua.
1158. Costui fu illuminato nell'animo con un favore speciale
ed offrì generosamente la sua dimora, con il necessario per eseguire
tutto secondo l'uso comune. Immediatamente destinò loro una sala assai
ampia, addobbata e adornata come conveniva al mistero tanto venerabile
che sarebbe stato istituito, anche se né egli stesso né i due ne erano
al corrente. Quando tutto fu pronto arrivarono sua Maestà e gli altri, e
poco dopo giunsero anche Maria e le donne che la seguivano. Senza
indugio l'umile Regina, stesa al suolo, adorò come di consueto suo
Figlio, gli domandò la benedizione e lo implorò di comandarle ciò che
avrebbe dovuto fare. Le fu detto di appartarsi in una piccola stanza e
di contemplare da lì quanto la Provvidenza aveva determinato di
effettuare in tale sera, confortando le sue compagne e rischiarandole
diligentemente su quello di cui era opportuno avvertirle. Ella obbedì e
si ritirò con esse ingiungendo loro di perseverare nella fede e
nell'orazione; intanto, continuava ad attendere con fervore la
comunione, della quale sapeva vicino il momento, stando sempre attenta
con lo sguardo interiore a tutto ciò che il suo Unigenito faceva.
1159. Il nostro Salvatore, quando la purissima Vergine si fu
allontanata, si introdusse con i Dodici e con altri nell'ambiente
allestito per loro. Mangiò con essi l'agnello, osservando tutte le
prescrizioni senza tralasciare niente di quanto egli stesso aveva
deliberato per mezzo di Mosè. In quest'ultima cena, spiegò ai presenti
di che cosa fossero figura quei riti e rivelò loro che erano stati dati
ai patriarchi e ai profeti per significare quello che stava adempiendo e
doveva adempiere come redentore del mondo. Affermò che l'antica legge e
le sue figure avrebbero perso il loro valore con l'avvento della
verità; infatti, non potevano più restare le ombre, essendo già venuta
in lui la luce e la nuova legge di grazia, nella quale sarebbero rimasti
soltanto i precetti di quella naturale, fissata perpetuamente. Questi
sarebbero stati elevati e perfezionati dagli altri suoi dettami e
consigli; inoltre, con la forza che avrebbe conferito ai nuovi
sacramenti, gli antichi sarebbero cessati, in quanto inefficaci e solo
figura degli altri. Per tali scopi egli faceva quella celebrazione, con
la quale dava termine al loro culto e ai loro costumi, che dovevano
preparare a ciò che ora stava attuando; conseguito il fine, si
interrompeva l'utilizzo dei mezzi.
1160. Con questi ammaestramenti, gli apostoli compresero
ineffabili segreti di tali profondi arcani, mentre i semplici discepoli
non capirono molto. Giuda intese poco o nulla, meno di tutti, perché era
posseduto dall'avarizia e badava solo all'infame fellonìa che aveva
tramato, stando completamente immerso nel pensiero di perpetrarla di
nascosto. Anche Gesù manteneva il silenzio su di essa, perché così si
addiceva alla sua equità e all'ordine dei suoi altissimi giudizi. Non
volle escluderlo da niente, finché non si trasse fuori egli stesso per
la sua perversa volontà, e lo trattò sempre come suo discepolo, apostolo
e ministro, non smettendo di rispettarlo. Con il suo esempio educò i
figli della Chiesa ad avere un considerevole ossequio verso i sacerdoti e
a custodirne con zelo l'onore, senza divulgare i loro peccati e le
debolezze che scorgono in essi, come in uomini di fragile natura.
Dobbiamo supporre che non ci sarà alcuno peggiore di quel perfido; del
resto, il nostro credo ci insegna che nessuno sarà come il Signore, né
avrà tanta autorità e tanto potere. Dunque, non sarà mai legittimo che i
mortali, tutti infinitamente da meno rispetto a quest'ultimo, si
comportino con i pastori, migliori del traditore benché malvagi, come
egli stesso non fece con lui. La questione non cambia nel caso dei
superiori, dato che anche sua Maestà lo era eppure lo tollerò e proseguì
a riverirlo.
1161. In questa occasione, il Figlio compose un cantico
impenetrabile a lode del Padre, perché si erano compiute le figure della
legge antica, a sua gloria. Prostrato a terra, umiliandosi secondo la
sua santissima umanità, confessò e adorò la Divinità come enormemente
più grande di lui. Parlandogli, elevò intimamente una sublime e fervida
preghiera:
1162. «Dio immenso, il vostro celeste ed immutabile
beneplacito decretò di formare la mia vera umanità, stabilendo che in
essa io fossi primogenito di tutti i predestinati, per vostra
esaltazione e loro interminabile gaudio, e che per mio mezzo essi si
disponessero ad ottenere la beatitudine; per questo, per riscattare i
discendenti di Adamo, ho vissuto con loro per trentatré anni. È giunta
l'ora, opportuna e a voi gradita, che il vostro nome si manifesti e sia
conosciuto e magnificato da ogni nazione attraverso la predicazione, che
palesi a tutti la vostra imperscrutabile eccellenza. È tempo che venga
aperto il libro sigillato con sette sigilli consegnatomi dalla vostra
sapienza' e che venga posta felicemente fine all'immolazione di animali,
che ha significato quello che io volontariamente ho ormai intenzione di
donare di me stesso per le membra del corpo del quale sono il capo, le
pecorelle del vostro gregge, che vi supplico di guardare con
misericordia. Se essa placava il vostro sdegno grazie a ciò che
preannunciava, è ragionevole che questo si concluda totalmente. Adesso
mi offro con prontezza in sacrificio per essere crocifisso per tutti e
mi pongo come olocausto nel fuoco del mio stesso amore. Si mitighi a
questo punto il rigore della vostra giustizia e mostrate clemenza verso
di essi. Diamo loro una norma di salvezza, attraverso la quale si aprano
le porte del paradiso, finora sbarrate per la disobbedienza, e
ritrovino un cammino sicuro per entrare con me ad ammirarvi, se vorranno
seguire i miei comandamenti e ricalcare le mie orme».
1163. L'Onnipotente accettò questa invocazione e inviò subito
dalle altezze innumerevoli eserciti di angeli, affinché assistessero
nel cenacolo ai prodigi che il suo Unigenito stava per realizzare.
Frattanto, Maria nel suo ritiro era assorta in somma contemplazione,
ravvisando ogni cosa distintamente e con chiarezza, come se fosse stata
presente. Collaborava in tutto con lui come le veniva dettato dalla sua
eccezionale saggezza. Faceva atti eroici ed eccelsi di ognuna delle
virtù, con le quali doveva corrispondere alle sue; queste, infatti, le
risuonavano nel petto castissimo, dove con eco arcana venivano ripetute.
Ella, nel modo a lei conveniente, innalzava le stesse orazioni, ed
inoltre stupendi inni per ciò che l'umanità santissima nella persona del
Verbo stava facendo per adempiere il volere superno e dare termine alle
antiche figure della legge.
1164. La singolare armonia delle doti e delle azioni della
nostra Signora, se ora la percepissimo, sarebbe meritevole di ogni
meraviglia anche per noi, come lo fu per gli
spiriti sovrani e lo sarà per tutti nell'aldilà. Esse stavano ordinate
nel suo cuore come in un coro, senza confondersi né impedirsi le une con
le altre, e in tale circostanza erano attive, tutte e ciascuna, con
maggiore forza. Sapeva come in Cristo tutto si compiva ed era sostituito
dalla nuova legge e da sacramenti più nobili ed efficaci; osservava il
frutto sovrabbondante della redenzione negli eletti, la rovina dei
dannati, la glorificazione del Creatore e della santissima umanità di
Gesù, la fede e la cognizione universale della Divinità, che veniva
preparata a beneficio del mondo; vedeva spalancarsi il cielo, chiuso da
tanti secoli, affinché i mortali vi avessero subito accesso attraverso
lo stabilirsi e il progredire della Chiesa, fondata sul Vangelo, e di
tutti i suoi misteri. Ne era artefice mirabile e prudente suo Figlio,
tra il plauso e lo stupore degli abitanti del regno di Dio, che ella
benediceva con rendimenti di grazie, senza tralasciare neppure un apice,
gioendo e consolandosi con incomparabile giubilo.
1165. Nel contempo, però, discerneva che queste opere
ineffabili sarebbero costate a sua Maestà dolori, ignominie, ingiurie e
tormenti, e infine il supplizio più duro e aspro. Era cosciente che egli
avrebbe dovuto soffrire tutto ciò nella carne ricevuta da lei e che,
nonostante questo, tanti gli sarebbero stati ingrati e non ne avrebbero
tratto profitto. Tale consapevolezza riempiva di desolante amarezza il
candidissimo animo della pietosa Madre, ma questi moti interiori
potevano essere contenuti nel suo nobile intimo, dal momento che ella
era ritratto vivo e proporzionato di lui. Non si turbava o alterava e
non mancava di sollevare e di educare le pie donne che erano con lei.
Senza perdere la sublimità delle rivelazioni che le erano date,
discendeva esternamente ad istruirle e confortarle con consigli salutari
e con parole di vita eterna. O straordinaria Maestra ed esempio
grandissimo, ben degno di essere imitato da noi! Purtroppo è vero che i
nostri doni, se paragonati con quel pelago di grazia e di luce, sono
impercettibili; ma è vero anche che le nostre pene e tribolazioni, a
confronto delle sue, sono quasi apparenti e di poco peso, poiché ella da
sola sopportò più di tutti gli altri messi insieme. Eppure, non
sappiamo sostenere con pazienza la minima avversità, né per emularla e
dimostrarle il nostro amore, né per la nostra beatitudine senza fine.
Tutte le contrarietà ci inquietano, ci irritano e sono accolte da noi
con disappunto: quando sopraggiungono, sciogliamo il freno alle
passioni, resistiamo con ira, reagiamo con tristezza, abbandoniamo
indocili la ragione, e tutti gli impulsi cattivi si scompigliano stando
pronti a farci precipitare. Anche la prosperità ci diletta e ci rovina;
insomma, non possiamo confidare in niente nella nostra natura macchiata e
corrotta. In queste occasioni ricordiamoci, dunque, della nostra
Regina, per rimettere al loro posto i nostri disordini.
1166. Conclusa la cena prescritta, dopo avere bene insegnato
tutto agli apostoli, l'Unigenito si accinse a lavare loro i piedi,
conformemente al racconto di Giovanni. Prima di cominciare, si rivolse
ancora all'Altissimo, stendendosi al suo cospetto come aveva fatto
all'inizio. Questa implorazione non fu vocale, ma egli disse
mentalmente: «Padre mio, autore dell'intero universo, io sono vostra
immagine, generato dal vostro intelletto e impronta della vostra
sostanza. Essendomi offerto secondo la disposizione della vostra volontà
perfetta per riscattare tutti con la mia crocifissione, bramo, per
vostro beneplacito, di arrivare ad essa abbassandomi fino alla polvere,
affinché la smisurata superbia di Lucifero venga confusa dalla
semplicità del vostro diletto. Per lasciare una testimonianza di tale
virtù ai Dodici e alla comunità ecclesiale, che si deve edificare su
questo sicuro basamento, intendo lavare i piedi dei miei discepoli,
anche quelli di Giuda, inferiore a tutti per la malvagità che ha
tramato. Inginocchiandomi davanti a lui con sincera e profonda umiltà,
gli manifesterò la mia amicizia e la possibilità di salvezza. Egli è il
più acerrimo nemico che ho tra i mortali, ma non gli negherò la mia
pietà e il perdono del suo tradimento; così, se lo rifiuterà, il cielo e
la terra sapranno che io gli ho allargato le braccia della mia clemenza
ed egli l'ha disprezzata con ostinazione».
1167. Fece quest'orazione per compiere tale gesto. Non ci
sono termini e paragoni per comunicare qualcosa dell'impeto con il quale
il suo ardore determinava e faceva tutto ciò: è lenta l'attività del
fuoco, la corrente del mare, la caduta della pietra e ugualmente
inadeguati sono gli altri movimenti immaginabili negli elementi; non
possiamo, però, ignorare che solo la sua carità e la sua sapienza
poterono pensare tale espressione di modestia. Egli, nella sua divinità e
umanità, si piegò fino alla parte più bassa dell'uomo, i piedi, e
addirittura fino a quelli del peggiore tra tutti. Colui che era la
Parola di Dio pose la sua bocca su quanto era meno decoroso e più
spregevole. Colui che era il Santo dei santi e la stessa bontà per
essenza, Signore dei signori e re dei re, si chinò davanti alla persona
più scellerata perché potesse essere redenta, se avesse voluto
comprendere e accettare questo beneficio, che non è mai sufficientemente
ponderato e magnificato.
1168. Dopo aver pregato si alzò e, con un aspetto bellissimo,
sereno e affabile, comandò ai suoi di sedersi tutti ordinatamente, come
se fossero stati tanti magnati e lui il loro servo. Quindi, si tolse il
mantello che teneva sopra la tunica inconsutile, che gli giungeva ai
calcagni pur senza coprirli. In quel momento portava dei sandali,
quantunque in certe circostanze se li levasse per predicare scalzo.
Erano sempre gli stessi che Maria gli aveva messo per la prima volta in
Egitto e che da quel giorno erano cresciuti lentamente come i suoi
piedi. Spogliatosi dunque del mantello, al quale si riferisce
l'Evangelista parlando di vesti, prese una lunga stoffa e si cinse con
una parte di essa, facendo pendere l'altra estremità. Versò poi
dell'acqua in un catino, mentre tutti, pieni di meraviglia, stavano
attenti a quello che veniva eseguito.
1169. Si avvicinò al capo degli apostoli per iniziare da lui,
ma questi nel suo fervore, quando vide prostrato davanti a sé lo stesso
Cristo che aveva confessato come Figlio del Dio vivente, rinnovando nel
suo intimo questa fede con la luce che allora lo illuminava e
ravvisando con grande consapevolezza la propria bassezza, turbato e
sorpreso domandò: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Il nostro bene
replicò con incomparabile mansuetudine: «Quello che io faccio, tu ora
non lo capisci, ma lo capirai dopo». Ciò significava: «Conformati adesso
al mio volere e non anteporre il tuo giudizio, perché così perverti
l'ordine delle virtù e le separi. Prima devi soggiogare il tuo
intelletto e credere che è conveniente quanto io faccio; solo dopo
afferrerai i misteri nascosti nelle mie opere, perché all'intelligenza
di essi devi accedere attraverso la porta dell'obbedienza, senza la
quale la tua umiltà non può essere veramente tale, ma orgoglio. Del
resto, la tua non si può porre innanzi alla mia; infatti, io mi sono
umiliato fino alla morte, e per farlo in questa misura ho obbedito,
mentre tu, che sei mio discepolo, non ti attieni al mio insegnamento e
sotto un'apparenza di umiltà sei disobbediente. Se inverti tali qualità
dando retta alla tua presunzione, ti privi di entrambe».
1170. Egli non intese questo ammaestramento, racchiuso nella
risposta, perché, pur stando alla sua scuola, non era arrivato a
sperimentare gli influssi celesti della lavanda alla quale l'Autore
della vita si accingeva e del contatto con lui. Imbarazzato dalla
propria inopportuna riverenza, ribatté: «Non mi laverai mai i piedi!».
Fu ammonito con più durezza: «Se non ti laverò, non avrai parte con me».
Con questa frase severa, sua Maestà canonizzò la sicurezza
dell'obbedienza. Secondo la logica terrena pare che Pietro avesse delle
valide motivazioni per opporsi ad un'azione tanto inaudita e tale da
essere ritenuta molto audace, come era il consentire, uomo vile e non
immune da colpe, che gli stesse inginocchiato dinanzi Dio stesso, da lui
riconosciuto e adorato come tale. Questa giustificazione, però, non fu
considerata buona, perché Gesù non poteva sbagliare in quello che faceva
e, quando non ci risulta palese l'errore in chi ha autorità,
l'obbedienza deve essere cieca e non, cercare ragioni per resistere. Il
Salvatore voleva dare rimedio alla ribellione dei nostri progenitori,
Adamo ed Eva, per mezzo della quale il peccato era entrato nel mondo
Per la somiglianza che l'atteggiamento del pescatore aveva con essa,
della quale partecipava, il Signore gli fece temere una punizione
simile, affermando che se non si fosse assoggettato non avrebbe avuto
parte con lui. Ciò corrispondeva a escluderlo dai suoi meriti e dal
frutto della redenzione, per la quale siamo fatti capaci e degni della
sua amicizia e della sua gloria. Lo minacciò pure di negargli il suo
corpo e il suo sangue, che stava per consacrare sotto le specie del pane
e del vino. Anche se in queste desiderava donarsi interamente, e non
diviso, e anelava ardentemente di comunicarsi in tale modo arcano,
l'indocilità avrebbe potuto sottrarre a costui l'amoroso beneficio se
avesse perseverato in essa.
1171. Alle parole dell'Unigenito, il principe del collegio
apostolico rimase tanto castigato e istruito che, con eccellente
abbandono, esclamò subito: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e
il capo!». Ciò equivaleva a dire: «Offro i miei piedi per correre verso
l'obbedienza, le mie mani per esercitarla e il mio capo per non seguire
il mio proprio giudizio contro di essa». Cristo accettò questo atto di
sottomissione e dichiarò: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di
lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non
tutti»; infatti, uno di loro era completamente immondo. Proclamò questo
perché i suoi, tranne Giuda, erano stati resi giusti dalle sue
esortazioni; essi avevano solo bisogno di lavare le imperfezioni e le
pecche leggere, per ricevere l'eucaristia con disposizione migliore,
come è necessario per ottenerne gli effetti soprannaturali e per
conseguire grazia più copiosa, piena ed efficace. Le mancanze veniali,
le distrazioni e la tiepidezza nell'accostarsi ad essa, difatti, sono di
enorme intralcio. Così, Pietro venne purificato e dopo di lui anche gli
altri, tra lo stupore e le lacrime, perché erano tutti rischiarati e
colmati di nuovi favori.
1172. Il Maestro passò al traditore, la cui slealtà e
perfidia non poté estinguere la sua carità, né impedirgli attestazioni
di affetto maggiori che ai suoi compagni. Senza manifestare
pubblicamente questi particolari segni di tenerezza, li fece evidenti a
lui in due maniere: innanzitutto, nell'amabilità e nella delicatezza con
cui si mise ai suoi piedi, li bagnò, li baciò e li strinse al petto;
poi, nelle sublimi ispirazioni con le quali toccò il suo intimo, nella
misura richiesta dalla debolezza e miseria di quell'animo depravato,
cioè dandogli aiuti molto più larghi che agli altri. La sua condizione,
però, era pessima, i suoi vizi estremamente radicati in lui, la sua
ostinazione indurita e le sue facoltà turbate e debilitate. Egli si era
allontanato in tutto e per tutto dall'Altissimo e si era dato in potere
al demonio, che stava in lui come in un trono della sua perversità, e
pertanto ostacolò ogni soccorso e ogni impulso positivo. Si aggiunse
inoltre la paura di ciò che gli avrebbero fatto gli scribi e i farisei
se non avesse rispettato l'accordo. Alla presenza di sua Maestà e per
l'energia interiore del sostegno che gli era concesso, la luce
dell'intelletto lo voleva muovere; per questo, si sollevò nella sua
coscienza tenebrosa una burrasca turbolenta, che lo riempì di confusione
e di astio, lo infiammò di rabbia, lo gettò nella disperazione, lo
spinse distante dal medico che intendeva applicargli la cura salutare, e
convertì questa in veleno mortale e in fiele amarissimo della malvagità
dalla quale era pervaso e posseduto.
1173. La sua iniquità si oppose alla forza del contatto con
le mani divine nelle quali l'eterno Padre aveva posto ogni tesoro,
nonché la possibilità di compiere cose mirabili e di arricchire tutte le
creature. Anche se la sua pertinacia non avesse avuto altri ausili che
quelli portati ordinariamente dalla visione del Redentore, la sua
malignità sarebbe stata superiore ad ogni immaginazione. Il corpo di
Gesù era assolutamente perfetto e armonioso; il suo aspetto era composto
e sereno, bello, piacevole e soave; i suoi capelli, tra il biondo e il
castano, erano tagliati pari secondo l'uso di Nazaret; i suoi occhi
erano grandi e sommamente graziosi e nobili; la bocca, il naso e le
altre parti del suo viso erano ben proporzionate. In tutto, poi,
appariva tanto affabile e leggiadro che chiunque lo mirava senza malizia
era spinto a rispettarlo e ad amarlo. Inoltre, la sua vista provocava
vivo giubilo, con singolare illuminazione delle anime, generava in esse
pensieri celesti e produceva altri influssi. Giuda ebbe ai suoi piedi
questa persona così incantevole e venerabile, che gli dava inconsuete
dimostrazioni di cortesia, peraltro con stimoli più abbondanti di quelli
comuni. La sua scelleratezza, però, fu tale che niente poté piegare o
ammorbidire il suo cuore di pietra; anzi, si sdegnò della dolcezza di
lui e non volle guardarlo in faccia, né porgli attenzione. Dal momento
in cui aveva perso la fede e la grazia, infatti, aveva cominciato a
provare questo odio contro di lui e contro la sua Madre santissima, e
non li fissava mai in volto. Più spaventoso fu il terrore che della
vicinanza di Cristo ebbe Lucifero. Come ho spiegato, questi se ne stava
nel vile discepolo e, non tollerando l'umiltà che il Salvatore usava con
gli apostoli, cercò di uscire da colui che dominava e dal cenacolo; ma
il vigore del braccio onnipotente non permise che se ne andasse, per
schiacciare la sua superbia. In seguito, però, il demonio venne
scacciato di là, pieno di furore e di sospetti che costui fosse vero
Dio.
1174. Terminata la lavanda e ripreso il suo mantello,
l'Unigenito si mise a sedere in mezzo ai suoi e fece loro il lungo
discorso che ci riferisce il quarto evangelista, iniziando con queste
parole: «Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e
dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho
lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli
altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate
anche voi. In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del
suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato». Proseguì
rivelando loro eccelsi misteri, istruendoli, ammonendoli e formandoli;
non mi trattengo qui a ripetere questo, rimettendomi al testo sacro.
Tale discorso li rischiarò ancora sulla beatissima Trinità e
sull'incarnazione, li dispose ulteriormente all'eucaristia e li confermò
in quanto già sapevano della profondità della sua predicazione e dei
suoi miracoli. Fra tutti, quelli che lo penetrarono di più furono
Giovanni e Pietro, perché ciascuno ebbe una comprensione diversa,
maggiore o minore in base alla propria condizione spirituale e alla
volontà celeste. Il primo racconta ciò parlando della domanda che
rivolse circa il traditore a sua Maestà; questi stesso durante la cena,
quando egli si reclinò sul suo petto, gli svelò chi era. Il secondo lo
aveva sollecitato a farlo perché desiderava esserne informato per
vendicare il suo Signore o impedirne la consegna, mosso dal fervore che
gli ardeva dentro e che era solito manifestare più degli altri.
Giovanni, però, non glielo disse, pur avendolo conosciuto dal segno
indicatogli, cioè dal boccone offerto a quell'infame: tacque e mantenne
il segreto, esercitando la carità che gli era stata comunicata e
insegnata alla scuola del suo Maestro.
1175. Fu privilegiato in questo favore e in molti altri
quando poggiò il capo sul petto di Gesù, dove apprese sublimi arcani
riguardanti la sua divinità e umanità nonché la Regina. In tale
occasione, quest'ultima gli fu affidata, affinché ne avesse cura; dalla
croce, infatti, non gli fu proclamato: «Ella sarà tua madre», né a lei:
«Egli sarà tuo figlio». Il Redentore non lo decise allora, ma dichiarò
pubblicamente quello che già prima aveva raccomandato e ordinato. Di
tutti gli atti che eseguì nella lavanda dei piedi e delle sue
espressioni la purissima Vergine aveva straordinaria cognizione e
visione, come già altrove si è asseri to, e per tutto ella compose
cantici a lode e gloria dell'Altissimo. Quando in seguito furono
compiute le sue meraviglie, le osservava non come venendo a scoprire
qualcosa di nuovo, prima ignorato, ma come scorgendo realizzare quello
che già sapeva e che teneva scritto nel suo intimo, così come nelle
tavole di Mosè erano incisi i comandamenti. Intanto, illuminava le pie
donne che erano con lei su quanto era conveniente, serbando per sé ciò
che non erano capaci di intendere.
Insegnamento della Regina del cielo
1176. Carissima, pretendo che tu eccella nelle tre virtù
principali di mio Figlio, da me affrontate nel presente capitolo,
imitandolo in esse come sua sposa e mia diletta discepola. Queste sono
la carità, l'umiltà e l'obbedienza, nelle quali egli al concludersi
della sua esistenza terrena si volle distinguere di più. Senza dubbio,
mostrò sempre il suo affetto verso gli uomini, poiché per loro e a loro
vantaggio fece tante e così mirabili azioni, dall'istante in cui fu
concepito nel mio seno per intervento dello Spirito Santo. Al termine
dei suoi giorni, però, quando stabilì la legge evangelica e il Nuovo
Testamento, la fiamma dell'accesa carità che bruciava in lui si palesò
con più forza, agendo in tale circostanza con tutta la sua efficacia. Da
parte sua concorsero i dolori della morte, che lo circondavano, e da
parte dei discendenti di Adamo l'avversione a patire e ad accettare il
bene, la somma ingratitudine e la perversità. Questi, infatti, tentavano
di disonorarlo e togliere la vita a chi la dava loro e preparava per
tutti la beatitudine senza fine. Con una simile contraddizione, crebbe
l'amore che non si doveva spegnere; così, egli fu più ingegnoso per
conservarsi nelle sue opere, determinò come restare tra i suoi,
dovendosi allontanare da loro, e fece capire con l'esempio, le
esortazioni ed i gesti quali fossero i mezzi validi e certi per essere
partecipi dei suoi effetti.
1177. In quest'arte di amare il prossimo per Dio, voglio che
tu sia molto saggia e solerte. Lo sarai se anche le pene e le ingiurie
risveglieranno in te l'impeto della carità. Devi valutare attentamente
che essa è sicura e senza sospetti quando non viene sollecitata con
regali o lusinghe. È un debito amare chi ti fa del bene, ma, se
rifletti, devi convenire che in quel caso non sai se lo ami per Dio o
per ciò che ti è dato. In questa seconda ipotesi, si tratterebbe di
amore verso l'interesse o verso te stessa, non verso il tuo prossimo per
Dio. Chi ama per altre finalità o per motivi allettanti non conosce la
carità, perché è posseduto dal cieco amor proprio del suo piacere. Se,
invece, ami chi non ti spinge a questo per tali vie, la causa e
l'oggetto principale è il Signore stesso, che ami nella sua creatura,
qualunque essa sia. Poiché, poi, non puoi praticare la carità corporale
tanto quanto quella spirituale, sebbene tu debba abbracciarle entrambe
in base alle tue possibilità ed alle opportunità che ti si
presenteranno, in quest'ultima devi estenderti continuamente a cose
grandi, come brama l'Onnipotente, con preghiere, invocazioni, esercizi e
anche con ammonimenti prudenti e santi, procurando in tal modo la
salvezza. Ricordati che il mio Unigenito non fece a nessuno un favore
temporale senza accompagnarlo ad uno spirituale. I suoi atti non
sarebbero stati perfetti se non fossero stati fatti con questa pienezza.
Da ciò comprenderai quanto i benefici dell'anima siano da preferire a
quelli esteriori: chiedili sempre dando loro la priorità, quantunque la
gente mondana ordinariamente cerchi con sconsideratezza quelli caduchi,
dimenticando le ricchezze imperiture e riguardanti la vera amicizia e
grazia dell'Eterno.
1178. L'umiltà e l'obbedienza furono esaltate nel mio Gesù da
quello che egli fece e insegnò lavando i piedi ai suoi; se non
scenderai più giù della polvere, con la luce interiore che hai di questo
raro modello, il tuo cuore sarà assai duro e indocile alle sue parole.
D'ora in poi, dunque, sii ben persuasa che non potrai mai dire o
immaginare di esserti umiliata adeguatamente, benché tu venga
disprezzata al di sotto di tutti, per quanto peccatori; nessuno,
infatti, sarà peggiore di Giuda, né tu puoi essere come il tuo Maestro.
Nonostante questo, se meriterai che egli ti faccia omaggio di tale
virtù, ciò ti darà una specie di eccellenza e proporzione con la quale
divenire degna del titolo di sua sposa e in qualche maniera simile a lui
stesso. Senza di essa, nessuno può essere sublimato tanto: quello che è
alto deve prima essere abbassato ed è chi si abbassato che può e deve
essere innalzato; si è sempre sollevati in corrispondenza di quanto ci
si mortifica.
1179. Affinché tu non smarrisca la gioia dell'umiltà pensando
di custodirla, ti avverto che non va anteposta all'obbedienza, né va
regolata secondo il proprio senno, ma secondo quello del superiore;
altrimenti, sotto un'opposta apparenza, vivi da superba, perché non solo
non ti collochi all'ultimo posto, ma ti elevi al di sopra della volontà
di chi ti governa. Questo ti dimostra come tu ti possa ingannare,
avvilendoti come Pietro per non accogliere la generosità di Cristo. Così
ti privi non solo dei tesori ai quali resisti, ma anche della stessa
umiltà, che è il più eccelso, della riconoscenza da te dovuta a lui per i
suoi sommi fini e della glorificazione del suo nome. Non tocca a te
penetrare i suoi imperscrutabili giudizi, né correggerli con le tue
argomentazioni, per le quali ti ritieni non idonea a ricevere dei doni o
a fare alcune opere. Tutto ciò è semenza dell'orgoglio di Lucifero,
nascosto da una falsa modestia: con essa egli tenta di renderti incapace
di aver parte del Signore, delle sue elargizioni e della sua
familiarità, che tanto desideri. Sia, dunque, per te legge inviolabile
credere, accettare, stimare e gradire con riverenza le sue concessioni,
appena i tuoi confessori e superiori le avranno approvate. Allora, non
cominciare a perderti in ragionamenti cavillosi, con nuovi dubbi e
timori; agisci piuttosto con fervore, e sarai umile, obbediente e
mansueta.