9 - Il giovedi' della cena, a Betania, il Redentore prende congedo dall'augusta Signora per andare verso la croce.
Suor Maria d'Agreda
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Il giovedì della cena, a Betania, il Redentore prende congedo dall'augusta Signora per andare verso la croce; ella gli chiede di poter ricevere la comunione al momento stabilito, e lo segue a Gerusalemme con Maria di Màgdala e altre sante donne.
1141. Continuando a narrare questa Storia, ricordo che abbiamo lasciato
Cristo a Betania, dopo il ritorno da Gerusalemme alla sera del suo
trionfo. Ho già anticipato quello che fecero i demoni prima che egli
fosse consegnato ed altre cose che conseguirono dal loro conciliabolo
infernale, nonché dal tradimento di Giuda e dal consiglio dei farisei.
Torniamo ora a ciò che avvenne in tale località, dove, nei tre giorni
che passarono dalla domenica delle palme al giovedì, la Vergine
assistette e servì sua Maestà. Questi trascorse con lei tutto il tempo,
eccetto quello che impiegò a predicare nel tempio il lunedì e il
martedì; il mercoledì, infatti, non vi salì, come ho già detto. Durante
tali ultimi viaggi istruì più diffusamente e in maniera più chiara i
discepoli circa i misteri della redenzione. Ciascuno di essi, però, pur
udendo gli insegnamenti e gli avvertimenti del suo Maestro, non
corrispondeva se non secondo la disposizione con cui li accoglieva e
secondo gli effetti suscitati nel proprio intimo. Rimanevano sempre
piuttosto lenti nel capire e, deboli quali erano, dopo il suo arresto
non misero in atto ciò che si erano offerti di fare.
1142. Nell'imminenza della sua uccisione, il Signore si
intrattenne con Maria beatissima su quanto stava per realizzare e sulla
legge di grazia, comunicandole arcani così sublimi che molti di essi ci
resteranno nascosti finché non lo vedremo nella patria celeste. Di
quelli che ho conosciuto, posso esprimere assai poco; asserisco, però,
che egli depositò nelle profondità della prudentissima colomba tutto ciò
che Davide definisce sapienza di Dio, cioè la sua opera "ad extra" più
mirabile, il nostro riscatto e la glorificazione degli eletti, ad
esaltazione del suo nome. Le ordinò quanto avrebbe dovuto fare durante
il suo supplizio e al momento della morte che andava ad accettare per
noi, e la preparò con nuove illuminazioni. In questi colloqui,
l'Unigenito prese a rivolgersi a lei nel modo grave e solenne proprio di
un sovrano, data l'importanza di ciò di cui trattavano, facendo cessare
del tutto le manifestazioni di affetto caratteristiche del figlio e
dello sposo. L'attaccamento naturale della dolce Regina e la sua ardente
carità erano ormai a un grado eccelso, troppo elevato per la
comprensione terrena; così, è impossibile palesare quali fossero,
all'avvicinarsi della fine di quella calda conversazione, la tenerezza e
l'affanno del candidissimo cuore di una simile madre, nonché i gemiti
che ella emetteva dai suoi recessi, come tortora che già cominciava a
sentire la sua solitudine, tale da non poter essere riempita da tutte le
creature dell'intero universo.
1143. Arrivò il giovedì, vigilia della crocifissione di Gesù,
il quale prima del sorgere del sole chiamò la sua diletta, che
prostrandosi davanti a lui come al solito gli rispose: «Parlate, la
vostra serva vi ascolta». Egli la fece rialzare e con grande amore e
serenità proclamò: «È giunta l'ora stabilita da sempre nei decreti di
mio Padre per la salvezza del mondo, che la sua volontà venerabile e
gradita mi ha affidato; la ragione richiede che ci spogliamo della
nostra, che tante volte abbiamo presentato in dono. Permettetemi di
andare a dare la vita per i miei fratelli e, come mia autentica
genitrice, considerate un bene che io mi consegni ai miei nemici per
essere docile all'Altissimo. Per questa stessa obbedienza, acconsentite a
collaborare con me, poiché è dal vostro ventre castissimo che ho
ricevuto la forma passibile nella quale deve essere soddisfatta la
giustizia superna. Come avete pronunciato il "fiat" per la mia
incarnazione, bramo che facciate lo stesso anche per la mia passione;
così, darete all'Onnipotente il contraccambio al privilegio di essere
stata scelta per concepirmi. Egli, infatti, mi ha inviato per ritrovare,
mediante lo strazio del mio corpo, le pecorelle perdute della sua casa,
cioè i discendenti di Adamo».
1144. Queste ed altre affermazioni trapassarono l'anima
infiammata della Signora e la sottoposero al più comprimente torchio di
dolore che avesse mai sopportato. Quell'ora era già prossima e la sua
angoscia non poteva appellarsi né al tempo né ad alcun altro tribunale
superiore contro la decisione immutabile dell'Eterno, che aveva fissato
quel termine per l'immolazione del Figlio. Da una parte, ella lo
guardava come vero Dio, infinito negli attributi e nelle perfezioni,
nonché come vero uomo, con la sua umanità congiunta alla persona del
Verbo e santificata dai suoi influssi; contemplandolo in tale
incomparabile dignità, ripensava alla sottomissione che le aveva
mostrato quando lo aveva allevato e ai molti tesori che ella aveva avuto
dalla sua generosità nel lungo periodo passato con lui. Dall'altra
parte, rifletteva su come presto sarebbe rimasta priva di tali
ricchezze, della bellezza del suo volto e della soavità delle sue
efficaci parole; per di più, ciò non le veniva meno in un attimo, ma era
ella stessa che lo abbandonava a tormenti ignominiosi e al sacrificio
cruento, mettendolo in balìa dei più empi e spietati avversari. Tutte
queste considerazioni, che si prospettavano ben vivide nella mente della
Vergine, penetrarono il suo cuore sensibile e appassionato, dandole una
sofferenza realmente inesplicabile. Tuttavia, con la magnanimità di una
regina, ella, superando la sua invincibile afflizione, si stese ancora
ai piedi del Maestro e, baciandoli con somma riverenza, disse:
1145. «Dominatore di ogni essere, io sono vostra ancella,
sebbene voi siate nato dal mio grembo, poiché con incomparabile bontà vi
siete chinato a sollevarmi dalla polvere a questo onore. È dunque
giusto che io, vile vermiciattolo, sia grata alla vostra liberale
clemenza e mi conformi al volere del Padre e vostro. Mi rimetto al suo
beneplacito, perché esso si compia in me come in voi. La rinuncia
maggiore per me è quella di non perire con voi, poiché farlo sul vostro
modello e insieme a voi darebbe immenso sollievo alle mie pene, che mi
diverrebbero tutte dolci di fronte alle vostre, ma mi basterà l'angustia
di non potervi dimenticare in quanto dovrete sostenere. Eccovi, o mia
letizia, i miei desideri e il mio cruccio di dover restare viva e vedere
morire voi, che siete agnello senza macchia e impronta della divina
sostanza. Accettate la mia tribolazione allo scorgere la terribile
crudeltà delle colpe punita in voi, che siete assolutamente innocente,
per mano di quanti vi odiano. Cieli ed elementi, e voi creature che
siete in essi contenute, spiriti sovrani, patriarchi e profeti,
aiutatemi tutti a piangere la morte del mio adorato, che vi ha tratto
all'esistenza. Unitevi, poi, ai miei singhiozzi per la triste miseria di
coloro che ne saranno causa: saranno esclusi dal gaudio perenne che
egli deve guadagnare loro e non vorranno ricavare alcun vantaggio da un
simile beneficio. Oh, infelici dannati! Felici invece voi, predestinati,
perché le vostre vesti saranno lavate nel sangue dell'agnello! Voi, che
avete saputo approfittare di questo favore, lodate il Signore. O mio
Unigenito e mio bene incommensurabile, date vigore a questa donna
affranta e ammettetela come discepola e compagna a condividere il vostro
martirio, affinché anch'io presenti con voi il mio».
1146. Ella gli rispose così e con altre espressioni che non
sono in grado di riportare, disposta ad imitare la sua passione e ad
aver parte in essa, come coadiutrice della nostra redenzione. Subito,
domandò di poter far conoscere un altro suo anelito ed avanzare una
richiesta che già da molto teneva pronta nel suo intimo, perché le era
noto tutto quello che sua Maestà avrebbe dovuto operare alla conclusione
dei suoi giorni. Questi acconsentì e Maria purissima riprese: «Mio
diletto, luce dei miei occhi, io non sono all'altezza di ciò per cui
sono ansiosa di supplicarvi; ma voi siete il respiro della mia speranza e
con questa fiducia vi imploro di volermi fare partecipe, se vi è
gradito, dell'ineffabile sacramento del vostro corpo e sangue
sacratissimo, che avete determinato di istituire come pegno della vostra
gloria. Così, quando vi riaccoglierò dentro di me, mi saranno
comunicati gli effetti di un mistero tanto unico e mirabile. Sono
consapevole che nessuno può essere degno di siffatta grazia, ordinata
dalla vostra sola magnificenza; per vincolarla a me, posso offrirvi solo
voi stesso, con i vostri meriti infiniti. Se l'umanità beatissima alla
quale li legate mi dà qualche diritto per il fatto che l'avete avuta
dalle mie viscere, questo varrà per me non tanto perché voi siate mio
nell'eucaristia, quanto piuttosto perché io sia vostra mediante il
diverso modo di possedervi ricevendovi, così da tornare a stare alla
vostra amabile presenza. A questa santissima comunione ho dedicato le
mie azioni e i miei sospiri fin dal momento in cui avete avuto la
compiacenza di darmene cognizione e di informarmi della vostra volontà e
della decisione di rimanere per mezzo di essa nella vostra Chiesa.
Venite, dunque, alla vostra prima e antica dimora, quella della vostra
Madre, amica e serva, che voi faceste esente dal peccato comune a tutti
perché potesse custodirvi nel suo ventre. Ospiterò in me quanto io
stessa vi ho trasmesso e staremo avvinti in un nuovo e strettissimo
amplesso, che avrà la forza di rinfrancare il mio cuore e di infiammarne
i sentimenti, perché io non stia mai lontana da voi, che siete la
delizia inesauribile e tutta la gioia della mia anima».
1147. In tale occasione, la nostra Signora pronunciò molte
parole cariche di immensa tenerezza e venerazione, perché parlò con
meraviglioso slancio nel pregare Gesù di farla accostare alle specie del
pane e del vino consacrati. Questi le si rivolse con soavità anche
maggiore, accordandole ciò e promettendole di concederglielo fin dal
principio. Già da allora ella, con rinnovato abbandono, cominciò a fare
profondi atti di umiltà, di gratitudine, di riverenza e di viva fede per
trovarsi preparata.
1148. Cristo ingiunse agli angeli della Vergine che da
quell'istante in poi la assistessero visibilmente e la consolassero
nella sofferenza e nella solitudine, come in effetti fecero. Comandò,
poi, a lei che alla sua partenza per Gerusalemme gli andasse dietro a
breve distanza con le pie donne che lo accompagnavano fin dalla Galilea,
istruendole e animandole affinché non venissero meno per lo scandalo di
osservarlo morire in maniera così infame. Al termine di tale colloquio,
il Figlio dell'eterno Padre le dette la sua benedizione, congedandosi
da lei per il viaggio che lo portava alla croce. Il dolore che in questo
commiato li trafisse supera ogni pensiero terreno, perché fu pari al
loro reciproco affetto, ed esso era proporzionato alla condizione e alla
dignità delle loro persone; tuttavia, se possiamo dirne assai poco, non
siamo dispensati dal ponderarlo e dal prendervi parte con la massima
compassione della quale siamo capaci, per non essere ripresi come
irriconoscenti e insensibili.
1149. Dopo aver salutato la sua dolce Madre e accorata sposa,
egli uscì con i suoi da Betania per salire per 1'ultima volta alla città
santa. Era il giovedì della cena, verso mezzogiorno. Appena fatto
qualche passo, levò lo sguardo all'Altissimo e, magnificandolo e
dandogli grazie, con accesa carità e con prontissima obbedienza donò
ancora tutto se stesso per il riscatto del genere umano. Con
straordinario fervore e con tanta fermezza di spirito che non posso
esprimerla senza venir meno alla verità e al mio desiderio, fece questa
orazione: «Dio mio, per vostro beneplacito e per amore vostro vado a
sottopormi ad atroci tormenti per la libertà dei miei fratelli, plasmati
dalle vostre mani. Vado a consegnare me stesso per la loro salvezza e
per riunire insieme quelli che sono dispersi e divisi per la colpa di
Adamo. Vado a disporre i tesori con i quali essi, fatti a vostra
immagine e somiglianza, devono essere adornati e arricchiti per essere
riammessi alla vostra familiarità e alla felicità perpetua, e perché il
vostro nome sia da tutti celebrato ed esaltato. Per quanto dipende da
voi e da me, nessuno rimarrà senza rimedio abbondantissimo, tale che la
vostra inviolabile equità sia giustificata verso quelli che lo
disprezzeranno».
1150. Per seguire l'Autore della vita, Maria si mise subito
in cammino con Maria di Màgdala e le altre. Come il divino Maestro
illuminava e formava i Dodici affinché non soccombessero durante la sua
passione per le ignominie che lo avrebbero visto subire e per l'occulta
tentazione di satana, anche la Regina della virtù confortava e
rinvigoriva le discepole che erano con lei perché non si turbassero
scorgendolo spirare dopo essere stato vergognosamente flagellato.
Queste, benché per natura più fragili degli apostoli, furono più salde
di alcuni di essi nel serbare con cura gli insegnamenti di lei. Quella
che progredì di più fu Maria di Màgdala, come raccontano gli
evangelisti, perché la fiamma che la consumava la rendeva totalmente
ardente e, inoltre, per la sua indole ella era magnanima, coraggiosa e
tenace, sollecita e premurosa. Tra tutti, fu lei che si assunse come
proprio dovere quello di prestare continuamente aiuto e sostegno alla
Signora in quei terribili giorni, senza mai allontanarsene; e così fece,
come amante fedelissima.
1151. Gesù fu imitato dalla Vergine anche nella preghiera e
nell'offerta fatta in questa circostanza; ella, infatti, mirava tutte le
sue azioni nel terso specchio del chiarore superno, allo scopo di
emularle. Veniva servita e scortata dai suoi custodi, che le si
manifestavano in forma umana visibile, come sua Maestà aveva stabilito.
Con loro conversava sul sublime mistero del suo Unigenito, che né le sue
compagne né alcun'altra creatura di quaggiù potevano comprendere. Solo
essi percepivano e giudicavano adeguatamente l'incendio che divampava
senza misura nel suo cuore puro e candido, nonché la forza con cui la
attraevano dietro di sé i profumi inebrianti' del legame che la univa al
suo Figlio, sposo e salvatore, e presentavano all'Onnipotente il
sacrificio di lode ed espiazione della sua diletta e primogenita. Poiché
tutti i mortali ignoravano la grandezza del beneficio della redenzione e
quanto li obbligasse la carità del Signore e sua, ella stessa
ingiungeva agli angeli di dare gloria e onore alla Trinità, e questi lo
facevano secondo la sua volontà.
1152. Mi fanno difetto le parole adatte, nonché il dolore e i
sentimenti convenienti, per riferire quanto capii relativamente alla
loro ammirazione. Da una parte osservavano il Verbo e la loro
Principessa tutti intenti alla propria opera, spinti dall'incontenibile
amore che avevano ed hanno per gli uomini, e dall'altra la viltà,
l'ingratitudine, la pigrizia e la durezza di questi nel confessare il
proprio debito e nel ritenersi tenuti a ringraziare per un favore tale
che avrebbe mosso a riconoscenza gli stessi demoni, se fossero stati
capaci di esso. Non solo se ne stupivano, ma rimproveravano la nostra
intollerabile mancanza. Io sono una debole donna e valgo meno di un
vermiciattolo; tuttavia, in questa luce che mi è stata data, vorrei
alzare la voce così da farla udire nell'intero universo, per risvegliare
quanti sono inclini alla vanità e cercano la menzogna, ricordando loro
questo vincolo e chiedendo a tutti, prostrata con la faccia al suolo, di
non voler essere tanto insensibili e crudeli nemici di se stessi, ma di
rigettare piuttosto tale sonno da spensierati che seppellisce nel
pericolo della dannazione e tiene distanti dalla beatitudine celestiale
che Cristo ci ha meritato con un'agonia oltremodo acerba.
Insegnamento della regina del cielo, Maria santissima
1153. Carissima, ora che la tua anima è stata rischiarata con
concessioni così straordinarie, ti invito nuovamente a entrare nel
profondo pelago degli arcani riguardanti la passione. Ordina le tue
facoltà e fa' uso di tutte le tue energie interiori per essere degna di
intendere almeno un po', di ponderare e di sentire le onte e le
sofferenze delle quali il Figlio stesso dell'eterno Padre accettò di
caricarsi, umiliandosi fino ad essere crocifisso per riscattare tutti,
nonché ciò che io feci e sopportai standogli accanto. Bramo che tu studi
e apprenda questa scienza tanto dimenticata, per seguire il tuo sposo e
per prendere esempio da me, tua madre e maestra. Bramo che, scrivendo e
provando intanto nel tuo animo quanto io ti insegnerò, ti spogli
completamente di ogni attaccamento terreno e di te medesima, per
ricalcare povera e distaccata i nostri passi distolta da ogni realtà
materiale. Adesso, con un privilegio speciale, ti chiamo totalmente sola
all'adempimento del beneplacito di Gesù e mio, desiderando istruire
anche altri per mezzo tuo. Dunque, è necessario che ti dichiari
obbligata per tutto questo come se si trattasse di un dono elargito
esclusivamente a te e come se dovesse rimanere assolutamente inutile se
non ne trai vantaggio tu. Lo devi apprezzare fino a questo punto perché,
per l'amore con cui il mio Unigenito dette se stesso per te, ti guardò
con affetto così intenso come se soltanto tu fossi bisognosa della sua
morte per la tua salvezza.
1154. È con questa regola che devi stimare il tuo debito. Il
Creatore medesimo, incarnato, è perito per i suoi fratelli, ma questi
mostrano un'esecrabile e rischiosa smemoratezza. Procura, allora, di
compensare tale ingiuria adorandolo per tutti, come se il pagamento
fosse affidato unicamente a te e alla tua fedeltà. Contemporaneamente,
affliggiti per la cieca stoltezza di costoro nel disdegnare la loro
felicità senza fine e nell'attirare contro di sé l'ira di sua Maestà,
togliendo efficacia alle più grandi prove del suo immenso bene verso il
mondo. È per questo che ti rivelo tanti segreti e la pena senza pari che
sostenni fin dal mio commiato da lui, quando egli si stava avviando al
proprio sacrificio. Non ci sono termini in grado di esprimere la mia
amarezza; perciò, di fronte ad essa, non devi considerare pesante
nessuna tribolazione né ambire riposo o piacere naturale di alcun tipo,
ma solo anelare di patire con il Signore. Unisciti ai miei travagli,
corrispondendo con diligenza ai miei numerosi benefici.
1155. Voglio anche che tu mediti quanto siano detestabili
agli occhi dell'Altissimo e ai miei, nonché a quelli di tutti i
cittadini del cielo, la negligenza e il disprezzo nell'accostarsi alla
santa comunione, come anche la carenza di disposizione e di fervore con
cui lo si fa. Perché tu comprenda e comunichi questo ammonimento, ti ho
manifestato ciò che feci io, preparandomi per tanti anni al momento in
cui avrei accolto Cristo nel sacramento, oltre a quello che riferirai in
seguito per vostro ammaestramento e a vostra vergogna. Se io, senza
colpa alcuna che mi fosse di impedimento e piena di tutte le grazie,
feci in modo di accrescere in me l'ardore, l'umiltà e la gratitudine,
che cosa dovreste fare voi, figli della Chiesa, che ogni giorno cadete
in nuovi peccati, per giungere a ricevere degnamente la bellezza della
sua stessa divinità e umanità? Che conto dovranno rendere i cattolici
nel giudizio? Essi hanno con sé, nell'eucaristia, il medesimo Dio, che
aspetta che vengano a lui per ricolmarli dell'abbondanza delle sue
benedizioni, eppure trascurano questo ineffabile favore per abbandonarsi
perdutamente ad effimere delizie, facendosi schiavi di ciò che non è
che apparente e fallace. Meravigliati, come gli angeli e i beati, per
tanta insensatezza e sta' ben in guardia dall'incorrervi anche tu.