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Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

6 - Cristo, nostro Signore, si trasfigura sul Tabor alla presenza della sua Madre santissima.

Suor Maria d'Agreda

6 - Cristo, nostro Signore, si trasfigura sul Tabor alla presenza della sua Madre santissima.
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Cristo, nostro Signore, si trasfigura sul Tabor alla presenza della sua Madre santissima, con la quale sale dalla Galilea a Gerusalemme per avviarsi alla passione. Si narra, inoltre, ciò che avviene in Betania, quando Maria di Màgdala va ad ungere il Redentore.

1099. Erano trascorsi più di due anni e mezzo dall'inizio della predicazione e dei miracoli di sua Maestà, e si avvicinava l'ora stabilita negli eterni decreti per il suo ritorno al Padre per mezzo della passione, attraverso la quale avrebbe soddisfatto la giustizia divina e riscattato il genere umano. Tutte le sue azioni erano orientate alla nostra salvezza e alla nostra istruzione e colme di sapienza, per cui egli decise di preparare qualcuno dei suoi seguaci allo scandalo della sua morte e di manifestarsi loro glorioso nel corpo passibile, che avrebbero visto flagellato e crocifisso, perché lo contemplassero prima trasfigurato nello splendore che sfigurato dalla sofferenza. Aveva fatto questa promessa poco innanzi alla presenza di tutti, benché non per tutti, ma solo per alcuni. A tale scopo scelse un alto monte, il Tabor, che si trova in Galilea, a due leghe di distanza verso est da Nazaret. Dai Vangeli risulta che, salito sulla cima con Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, cambiò aspetto davanti a loro, e che c'erano anche Mosè ed Elia, i quali parlavano con lui della sua dipartita. In quell'istante venne dal cielo una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo».

1100. Gli autori sacri non specificano se Maria beatissima fosse o meno insieme ad essi, poiché questo non apparteneva al loro intento e non era opportuno svelare il segreto prodigio con il quale ciò avvenne. Perché possa scrivere questa Storia, mi è stato confidato che ella, nell'attimo stesso in cui degli angeli andarono a prendere i due profeti, fu portata per mano dei suoi custodi su quella vetta, affinché scorgesse Gesù avvolto di luce. Senza dubbio fu così, sebbene per lei non fosse necessario come per gli altri essere confermata nella fede, nella quale era già salda; Cristo aveva molti fini per tale meraviglioso evento e cerano tante altre ragioni perché non lo celebrasse senza di lei. Quanto per gli apostoli era una grazia, era come dovuto alla Signora, che era sua compagna e collaboratrice nelle opere della redenzione e lo sarebbe stata fino al Golgota. Era conveniente che ella venisse confortata per i tormenti che avrebbe patito e per di più, dovendo restare come maestra della Chiesa, era bene che fosse testimone di questo arcano e colui il quale le mostrava tutti gli atti della propria anima santissima non le tenesse celato ciò che le era così facilmente palesabile. L'amore che egli aveva verso la Madre, poi, non era di qualità tale che le potesse negare questo favore: non ne tralasciò mai alcuno di quelli che fossero in grado di esprimere il suo tenerissimo affetto e che fossero per lei segno di eccellenza e dignità. Per questi motivi e per molti altri che non c'è bisogno di riferire adesso, come mi è stato reso noto, la Regina assistette a tale mistero del suo Unigenito.

1101. Non osservò trasfigurata solo la sua umanità, ma, per tutto il tempo, anche la divinità, in modo intuitivo e con chiarezza, perché il beneficio per lei non doveva essere come per i discepoli, ma più ricco e pieno; anzi, nella visione stessa della gloria del corpo, che fu comune a tutti, ci fu enorme differenza tra lei e loro. I tre non solo erano oppressi dal sonno, quando il Signore si ritirò a pregare, ma inoltre, udendo le parole provenienti dall'alto, furono colti da grande timore, caddero al suolo e così rimasero finché egli stesso non parlò loro e li fece alzare. La Vergine, invece, stette immobile di fronte a tutto, sia perché era abituata a tanti magnifici doni, sia perché in quel momento era ricolma di nuove doti, di illuminazioni e di fortezza per contemplare Dio. Così, poté fissare lo sguardo sul corpo trasfigurato senza la paura e l'imperfezione che quelli provarono nei sensi; benché esso le si fosse manifestato altre volte, ciò accadde allora in maniera diversa e più mirabile, e con rivelazioni più particolari. Tali furono anche le conseguenze prodotte in lei, che si ritrovò tutta trasformata, infiammata e nobilitata, e finché visse come mortale non perse mai le specie avute in questa occasione. Esse le furono di immensa consolazione mentre il Salvatore era lontano, fino a quando non le si ripresentò la sua immagine gloriosa in altro modo; ma le fecero anche percepire più acerbamente gli oltraggi del supplizio di chi le era apparso rivestito di onore.

1102. Questo non può essere illustrato con alcun paragone. Non fu causato solo dal ravvisare circondata di tanto fulgore la sostanza che il Verbo aveva preso dal suo sangue e che ella aveva custodito nel suo castissimo grembo e allattato al suo seno, ma anche dall'intendere la voce del Padre riconoscere come figlio colui che era anche figlio suo e darlo a tutti come maestro. Penetrava e ponderava ogni cosa con straordinaria gratitudine e ne rendeva degnamente lode all'Onnipotente, componendo con i suoi angeli eccelsi cantici, per festeggiare quel giorno tanto felice. Non mi diffondo oltre su questo e non preciso in che cosa consistesse il cambiamento di aspetto di Gesù; basti sapere che il suo volto risplendette come il sole e le sue vesti divennero più bianche della neve. Questa gloria traboccò nel corpo da quella che egli aveva sempre nella sua anima divinizzata; infatti, cessò temporaneamente, riprendendo subito dopo, il miracolo realizzato nell'incarnazione con la sospensione degli effetti che altrimenti dall'anima avrebbero dovuto ridondare permanentemente nel corpo purissimo, che per questo ne partecipò con l'intensa luce vista dai presenti. L'anima era sempre beatificata, per cui fu un prodigio anche che il corpo ottenesse provvisoriamente ciò che secondo l'ordine naturale gli sarebbe spettato di continuo.

1103. Quando tutto fu compiuto, Maria fu riportata a casa, a Nazaret. Immediatamente sua Maestà scese dal monte e si recò da lei, per congedarsi dalla sua patria ed avviarsi verso la città santa, nella quale avrebbe dovuto affrontare la sua passione nella Pasqua successiva, che per lui sarebbe stata l'ultima. Dopo non molto partì, accompagnato da sua Madre, dagli apostoli, dai discepoli e da alcune pie donne, e cominciò a percorrere la Galilea e la Samarìa, finché arrivò in Giudea e, quindi, alla sua meta. L'evangelista san Luca narra questo viaggio dicendo che egli si diresse decisamente verso Gerusalemme', perché si incamminò con sembiante lieto, con fervoroso desiderio di soffrire e con volontà propria ed efficace di consegnarsi per tutti, e inoltre perché non avrebbe più fatto ritorno nei luoghi dove aveva operato tante meraviglie. Con questa determinazione, magnificò l'Altissimo e lo ringraziò come uomo, perché lì aveva ricevuto la forma e la vita terrena che per la redenzione offriva alla morte, alla quale andava ad abbandonare se stesso. Tra le altre espressioni della sua orazione, che io non posso spiegare con le mie, ci furono queste:

1104. «Eterno sovrano, per obbedire al vostro comando vado con gioia e volentieri a soddisfare la vostra giustizia, a patire sino alla fine e a riconciliare con voi tutti i discendenti di Adamo pagando il debito dei loro peccati e aprendo le porte del cielo, che sono loro chiuse. Vado a cercare quelli che si sono perduti disprezzandomi e che devono essere salvati dalla forza del mio amore. Vado a radunare i dispersi della casa di Giacobbe, a risollevare i caduti, ad arricchire i poveri, a dissetare gli assetati, ad abbattere i superbi e ad esaltare gli umili. Voglio sconfiggere l'inferno e rendere insigne il vostro trionfo contro Lucifero e contro i vizi da lui seminati. Voglio innalzare lo stendardo della croce, sotto il quale devono militare tutte le virtù e tutti quelli che lo seguiranno. Voglio saziare il mio cuore avido di umiliazioni e di ingiurie, che ai vostri occhi sono tanto stimabili. Voglio abbassarmi fino ad essere ucciso dai miei avversari, affinché i nostri amici ed eletti siano ossequiati e consolati nelle loro tribolazioni e siano elevati con premi generosi allorché sul mio esempio si piegheranno a sopportarle. O croce sospirata, quando mi accoglierai tra le tue braccia? O dolci insulti e tremendi affronti, quando mi condurrete alla morte perché la vinca nella mia carne, in tutto innocente? Oltraggi, ignominie, flagelli, spine, passione, morte, venite, venite a me che vi bramo, fatevi trovare subito da chi vi ha cari e conosce il vostro pregio. Se il mondo vi detesta, io vi ambisco; se esso per ignoranza vi denigra, io, che sono la sapienza, vi agogno perché vi prediligo. Venite, dunque, a me; se come uomo vi accetterò, come Dio vi darò la dignità che la colpa e chi l'ha commessa vi hanno tolto. Venite a me e non defraudate i miei aneliti, perché, se sono onnipotente e per questo non vi avvicinate, vi do io stesso licenza di impiegare sulla mia umanità ogni vostra energia. No, da me non sarete rigettati né aborriti come lo siete generalmente. Si eliminino ormai l'inganno e la fallace seduzione di quanti servono la vanità e la menzogna, reputando infelici i miseri, afflitti e dileggiati da tutti. Se, infatti, vedranno colui che è il loro vero Creatore, maestro e padre sostenere onte vergognose, strazi, scherni, nudità e supplizi, cesserà finalmente l'errore e riterranno un motivo di vanto imitare il loro stesso Signore crocifisso».

1105. Queste sono alcune delle parole che, secondo quanto mi è stato rivelato, il nostro Salvatore formulava dentro di sé. Gli effetti e le opere manifestarono quello che i miei termini non sono capaci di esprimere, per avvalorare le sue sofferenze con la carità con la quale le ricercò e portò; eppure noi, gente terrena, continuiamo ad avere un cuore di pietra e non ci allontaniamo dalle cose vacue. Anche mentre la stessa verità e vita pende da un duro legno davanti a noi, la superbia ci trascina, l'umiltà ci è sgradita, i diletti ci rapiscono e giudichiamo ripugnante ciò che è amaro. Oh, sbaglio che muove al pianto! Penare molto per non penare un poco, affaticarsi oltre misura per non farsi carico di una piccola molestia, decidere stoltamente di andare incontro ai tormenti perpetui per non subirne alcuni molto leggeri o per non privarsi di un onore falso o apparente! Quale persona che sia sana di mente potrà affermare che chi agisce così ama se stesso, quando un suo efferato nemico, nonostante tutto il suo odio, non potrà mai fargli tanto male quanto se ne fa egli stesso con quanto compie contro la volontà divina? Noi riteniamo ostile chi ci adula ed accarezza se, nascondendolo con queste dimostrazioni, trama un tradimento; e sarebbe pazzo chi, essendone informato, si lasciasse raggirare per quel breve piacere. Se ciò è certo, e senza dubbio lo è, che diremo del senno di coloro che vanno dietro alle realtà mondane? Chi lo ha sottratto loro, chi impedisce loro di ragionare? Oh, quanto è grande il numero degli sconsiderati!

1106. Tra tutti i figli di Adamo solo Maria, come ritratto autentico di Cristo, si uniformò al suo volere e alla sua condotta, senza discordare in niente dai suoi insegnamenti e dalle sue azioni. Fu ricolma di accortezza e di scienza e poté compensare le mancanze della nostra insensatezza, guadagnandoci così lo splendore della verità in mezzo alle nostre fitte tenebre. Nell'occasione di cui sto parlando, ella mirò nello specchio dell'anima beatissima di Gesù tutti i suoi atti interiori e i suoi desideri. Poiché da esso imparava come comportarsi, nello stesso momento pregò così nel suo intimo: «Eccelso Padre delle misericordie, proclamo il vostro essere infinito ed immutabile, vi lodo e glorifico perennemente. In questo luogo, infatti, dopo avermi plasmata, la vostra bontà ha spiegato il vigore della vostra destra, innalzandomi ad essere Madre del vostro Unigenito con la pienezza dello Spirito e degli antichi favori, che avete fatto rifulgere in me, vostra vile ancella; e in seguito, per sua sola benignità, egli nell'umanità ricevuta dal mio corpo si è degnato di tenermi nella sua tanto incantevole compagnia per trentatré anni, durante i quali ne ho goduto con gli influssi della sua grazia e con i suoi ammonimenti, che mi hanno rischiarato nel profondo. Oggi io abbandono la mia patria e vado con il mio Maestro secondo il vostro beneplacito, per assisterlo nel sacrificio della sua vita, che deve essere donata per tutti. Non c'è alcun dolore simile al mio dolore, poiché devo vedere in potere dei lupi più feroci l'agnello che toglie i peccati dal mondo, consegnato alle umiliazioni e alla morte colui che è immagine e impronta della vostra sostanza, colui che dall'eternità è generato da voi di quella stessa sostanza e lo sarà per sempre, colui al quale ho dato l'esistenza come uomo nel mio grembo, e sfigurata dalla sofferenza la bellezza del suo volto, che è la luce dei miei occhi e il gaudio degli angeli. Oh, se fosse possibile che ricadessero su di me le pene che incombono su di lui e mi venisse concesso di spirare al suo posto! Accettate, o Dio, l'offerta che, con il mio amato, il mio strazio vi presenta affinché siano eseguiti i vostri decreti. Oh, come passano rapidi i giorni e i minuti perché giunga la notte del mio affanno! Sarà un giorno fortunato per il genere umano, ma sarà una notte di angoscia per il mio cuore, immerso nella tristezza per l'assenza del sole che brillava in esso. O voi tutti, ingannati e dimentichi, è ormai ora che vi svegliate da un sonno così pesante e vi rendiate conto della gravità delle vostre colpe da ciò di cui sono state causa nel vostro Creatore. Guardatelo nel mio deliquio e nella mia amarezza, e cominciate finalmente a vagliare i loro danni».

1107. Non sono in grado di riferire adeguatamente tutti i gesti e i pensieri della nostra Signora nel congedarsi da Nazaret, le sue invocazioni all'Onnipotente, i suoi colloqui dolcissimi e mesti con il Figlio, l'intensità della sua afflizione ed i meriti incomparabili che acquistò. Combattuta tra l'affetto santo e naturale proprio di una vera madre, con il quale bramava l'incolumità di colui che aveva generato e aspirava a risparmiarlo dai tormenti che egli doveva sopportare, e la sua conformità alla volontà di lui e dell'Altissimo, veniva trafitta dalla spada che le aveva profetizzato Simeone. Gli diceva parole intrise di prudenza e di sapienza, ma molto soavi e dolenti, sulla sua impossibilità a liberarlo dalla passione e a condividerla con lui. In questa tribolazione superò senza paragone tutti i martiri di ogni epoca. Con tale disposizione e con tali sentimenti nascosti alla gente, i sovrani del cielo e della terra proseguirono il viaggio attraverso la Galilea, dove il Salvatore non rientrò più prima di morire. Mentre nei suoi ultimi mesi si faceva per lui breve il tempo in cui avrebbe potuto ancora affaticarsi per la redenzione, dalla sua partenza da casa fino all'ingresso trionfale in Gerusalemme egli fece i miracoli maggiori, come raccontano gli evangelisti. Sino ad allora, dopo la celebrazione della festa delle Capanne, percorse la Giudea e si occupò di essa, aspettando il momento stabilito nel quale si sarebbe dovuto dare in olocausto, quando e come egli stesso avesse voluto.

1108. La Regina lo accompagnò per tutto il tragitto, tranne che in alcune circostanze nelle quali si separarono per attendere entrambi a differenti opere a beneficio delle anime. In tali periodi Giovanni le rimaneva accanto per assisterla, osservando già in lei mirabili misteri e venendo illuminato sublimemente per comprenderli. Tra le altre cose straordinarie che ella compiva, quelle in cui la sua carità risaltava di più erano le implorazioni per la giustificazione dei rei. Fece allora, come anche Cristo, favori eccezionali, riconducendo molti sulla strada della vita, guarendo gli infermi, visitando i poveri, gli infelici, i bisognosi e gli abbandonati, sostenendoli nell'agonia e servendoli di persona, soprattutto i più disprezzati, piagati e addolorati. Di tutto ciò era testimone il discepolo più caro, che riteneva già suo compito specifico prendersi cura di lei. Nella Vergine purissima, però, la forza dell'amore verso il suo Unigenito era assai cresciuta ed ella sapeva che presto si sarebbe distaccato per ascendere all'empireo, per cui era incessantemente rapita nel desiderio di lui, tanto che arrivava a venir meno per la lontananza quando egli ritardava parecchio. Il Signore, come Dio e figlio, conosceva ciò che accadeva a Maria, così infiammata nei suoi confronti; sentendosi vincolato da questo, le corrispondeva con fedeltà, rivolgendole nell'intimo il versetto del Cantico, che qui si adempi letteralmente: Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, sposa, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo. Ella, appunto, lo attirava subito a sé, come ferito e vinto dal suo ardore. In base a quello che mi è stato rivelato su questo particolare, sua Maestà, in quanto uomo, non poteva starle distante, se lasciava spazio alla tenerezza che provava per lei come madre, e madre che tanto gli voleva bene. Ella lo sollevava e consolava con la sua presenza, e lo ricreava con la bellezza del suo candore, rendendogli dolci i travagli e le pene; infatti, era guardata come frutto unico e singolare fra tutti da lui, che nelle sofferenze riceveva grande ristoro dalla sua deliziosa vista.

1109. Gesù continuava i suoi prodigi in Giudea, dove tra l'altro a Betania fece risorgere il fratello di Marta e Maria, che lo avevano chiamato. Ora, poiché tale luogo era molto vicino alla città santa, il portento si divulgò immediatamente anche lì; i sommi sacerdoti e i farisei, irritati, tennero il consiglio nel quale decisero di eliminare il Redentore e deliberarono che, se qualcuno avesse avuto sue notizie, lo avrebbe dovuto manifestare. Dopo tale meraviglia, infatti, egli si era ritirato a Èfraim, per restarvi fino alla Pasqua, che era ormai prossima. Quando giunse l'ora di tornare a celebrarla con la sua morte, si espresse in modo più chiaro con i Dodici, comunicando solo a loro che sarebbero saliti a Gerusalemme, dove il Figlio dell'uomo, cioè lui stesso, sarebbe stato consegnato, arrestato, flagellato, schernito e infine crocifisso; frattanto, i suoi nemici erano attenti a spiare se egli si recava là per la solennità. Sei giorni prima di essa, andò di nuovo dalle due sorelle, che lo ospitarono e prepararono un lauto convito per lui, per la Signora e per tutti quelli che erano con loro. Fra i commensali c'era anche Lazzaro, colui che era stato recentemente risuscitato.

1110. Mentre il Salvatore del mondo era steso a questa cena, secondo il costume dei giudei, entrò Maria di Màgdala, piena di luce divina e di nobili pensieri. Con il fervente affetto che aveva per lui, sua guida, gli cosparse i piedi e la testa di un olio profumato assai prezioso, composto di nardo e di altri aromi, che era contenuto in un vasetto di alabastro; poi, gli asciugò i piedi con i capelli nello stesso modo in cui l'aveva fatto nell'abitazione del fariseo al momento della sua conversione, come racconta san Luca. Sebbene gli altri Vangeli narrino questa seconda unzione con qualche differenza, ho capito che non si tratta di due persone diverse, ma di una sola, mossa dallo Spirito e dall'ardente amore per Cristo. Tutta la casa si riempì della fragranza di questi unguenti, perché erano abbondanti e molto pregiati, e la prodiga innamorata aveva rotto il recipiente per versarli senza risparmio in suo onore. Il corrotto Giuda, che avrebbe desiderato prenderli lui per mercanteggiarli ed incassarne il guadagno, cominciò a mormorare di questo gesto misterioso e a turbare alcuni degli altri apostoli, con il pretesto della povertà e della carità verso gli indigenti. Egli affermava che questi venivano defraudati, poiché si spendeva inutilmente e con spreco una cosa di tanto valore; ma tutto ciò era compiuto per volontà superna, ed egli era ipocrita, avaro e insolente.

1111. Il Maestro della verità difese la sua seguace, che costui riprendeva come scialacquatrice e poco giudiziosa, intimando a lui e agli altri di non infastidirla; quell'azione, infatti, non era vana né priva di una precisa causa, e con essa non si toglieva l'elemosina ai bisognosi, ai quali sempre avrebbero avuto la possibilità di farla, mentre a lui non sempre avrebbero potuto rendere tale ossequio, che gli veniva dato in vista della sua sepoltura. Quella donna generosa e appassionata la anticipava, ispirata dall'alto, testimoniando così che egli già si accingeva a patire per il genere umano, e che la sua uccisione e deposizione nel sepolcro erano imminenti. Il perfido discepolo, però, non comprese niente di ciò ed anzi s'infuriò contro di lui, che l'aveva giustificata. Lucifero, osservando la disposizione del suo intimo depravato, avventò in esso ulteriori dardi di cupidigia, ira e feroce odio verso l'Autore della vita. Da allora, il traditore si propose di macchinarne la cattura, di dare notizia ai capi del suo arrivo e di screditarlo sfacciatamente presso di loro, come in effetti fece. Li incontrò di nascosto e disse che egli insegnava nuove leggi contrarie a quelle di Mosè e degli imperatori, era amante dei banchetti ed amico di gente disso)uta, accoglieva molti peccatori, maschi e femmine, tenendoli in sua compagnia. Li pregò, quindi, di porre rimedio prima che accadesse loro qualcosa di irreparabile ed essi, poiché avevano già preso questa risoluzione governati nella stessa maniera dal principe delle tenebre, approvarono il suo parere e si accordarono sulla vendita di Gesù.

1112. Tutte le riflessioni di Giuda erano palesi non solo a sua Maestà, ma anche a Maria. Il Redentore non ne fece accenno con lui, né cessò di parlargli come un padre tenerissimo e di inviare celesti suggerimenti a quell'ostinato; a ciò, la Madre della clemenza aggiunse altre esortazioni e attenzioni per fermarlo. In tale notte, il sabato precedente la domenica delle palme, chiamatolo in disparte, con parole dolcissime ed efficaci e abbondanti lacrime lo mise dinanzi al terribile pericolo in cui si trovava, e lo supplicò di cambiare decisione. Se nutriva sdegno verso il suo Signore, lo invitava a rivalersi contro di lei, perché questo sarebbe stato un male minore, in quanto ella era una semplice creatura, mentre egli era il suo Dio. Per saziare la sua ingordigia gli offrì anche alcuni oggetti che aveva ricevuto a tale scopo dalle mani di Maria di Màgdala, ma nessuna di queste premure ebbe effetto nel suo animo ormai insensibile, e discorsi così vivi e soavi non fecero breccia in quel cuore più duro del diamante. Anzi, siccome non trovava che cosa rispondere e ciò che ascoltava dalla prudentissima Regina gli faceva forza, egli si irritò maggiormente e tacque, mostrandosi offeso; non per questo, però, ebbe vergogna di accettare quanto gli era stato donato, perché era ugualmente avido e malvagio. Dunque, ella lo lasciò e se ne andò da suo Figlio: piena di amarezza e nel pianto si gettò ai suoi piedi e, con espressioni molto misurate ma anche assai dolenti, manifestò compassione e portò notevole sollievo a lui, che vedeva soffrire nella sua umanità beatissima per le stesse ragioni per le quali, in seguito, egli confidò ai suoi che la sua anima era triste fino alla morte. Tutte queste pene erano dovute alle colpe degli uomini, perché essi non avrebbero tratto profitto dalla sua passione.

Insegnamento della Regina del cielo

1113. Carissima, mentre prosegui nella narrazione della mia storia, vai di giorno in giorno capendo e spiegando sempre meglio il fervente amore con il quale il mio diletto e tuo sposo - ed io con lui - abbracciò il cammino della croce, che noi scegliemmo come nostro unico bene nella vita peritura; perciò, è opportuno che, quanto più apprendi questo ed io te ne ripeto l'insegnamento, tanto più tu progredisca nel ricalcare le nostre orme. Il tuo debito va crescendo da quando egli ti ha eletto come sua sposa e tu non puoi pagarlo se non tieni stretti i travagli, bramandoli a tal punto che per te l'angustia più grande sia non subirli. Rinnova continuamente tale anelito, perché devi essere molto sapiente in questa scienza, che il mondo ignora e disprezza; allo stesso tempo, però, considera con diligenza che l'Onnipotente non vuole l'afflizione delle persone come fine a se stessa, ma piuttosto per renderle degne dei tesori superiori ad ogni immaginazione che tiene pronti per loro. Per attestare questa realtà e dare una caparra di questa promessa, si trasfigurò sul Tabor in presenza mia e di alcuni discepoli. Nell'orazione che allora rivolse al Padre, e che solo io conobbi, la sua umanità santissima si umiliò confessandolo vero Dio, infinito nelle perfezioni e negli attributi, come in genere quando intendeva fare qualche richiesta; quindi, lo implorò che tutti i corpi che si fossero sottoposti a patimenti e si fossero affaticati conformandosi a lui nella nuova legge evangelica partecipassero poi della gloria del suo e risuscitassero nel giudizio finale insieme alle loro anime, per goderne nel grado proprio a ciascuno. L'Eterno lo esaudì e stabilì che ciò fosse confermato come un contratto tra lui e i mortali con la gloria del corpo del loro Salvatore, concedendogli in pegno il possesso di quello che egli domandava per tutti i suoi seguaci. Questo rivela il valore della momentanea tribolazione che è per essi privarsi dei vili piaceri di quaggiù e mortificarsi per il mio Unigenito.

1114. Per i meriti incommensurabili con i quali egli presentò tale invocazione, viene ad essere corona di giustizia per la creatura questa gloria, che le spetta come membro di Cristo, suo capo, che a lei l'ha guadagnata. Questa unione con lui, però, deve verificarsi per mezzo della grazia e dell'imitazione nel dolore al quale corrisponde il premio. Se qualunque tormento fisico ne ha uno, di rilevanza assai superiore sarà il tollerare e scusare le ingiurie, ricambiandole con favori, come noi facemmo con Giuda. Gesù, infatti, non solo non lo escluse dall'apostolato e non si dimostrò adirato con lui, ma lo aspettò finché egli, per la sua malizia, non finì per diventare incapace di bene, sottomettendosi al potere del demonio. Durante la sua esistenza terrena il nostro Redentore procedette con passi molto lenti alla vendetta, ma poi compenserà questo con la severità del castigo. Se l'Altissimo indulge e attende tanto, quanto un misero verme non deve sopportare l'altro, che è della sua stessa natura e condizione? Su questa verità e con lo zelo della carità del tuo Signore e sposo devi regolare la tua pazienza, la tua sofferenza e la premura per il riscatto di tutti. Non dico che tu debba ammettere ciò che sarà contro il suo onore, perché così non avresti autentica sollecitudine per il tuo prossimo; devi piuttosto amarlo come sua opera ed aborrire il peccato, perdonare e dissimulare ciò che riguarda te stessa e adoperarti, per quanto ti sarà possibile, perché ognuno sia salvo. Non perderti subito d'animo, quando non vedrai frutti, ma offri al Padre quello che ha acquistato mio Figlio, nonché l'intercessione mia, degli angeli e dei santi; infatti, poiché Dio è amore e i beati stanno in lui, essi si prendono cura di coloro che sono pellegrini nel mondo.