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Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

26 - Le meraviglie che il bambino Gesù, la sua santissima Madre e san Giuseppe operarono ad Eliopoli in Egitto.

Suor Maria d'Agreda

26 - Le meraviglie che il bambino Gesù, la sua santissima Madre e san Giuseppe operarono ad Eliopoli in Egitto.
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Le meraviglie che il bambino Gesù, la sua santissima Madre e san Giuseppe operarono ad Eliopoli in Egitto.

664. Isaia disse che il Signore sarebbe entrato in Egitto sopra una nube leggera, per compiere meraviglie in quel regno. Nel chiamare nube la Madre santissima o, come altri dicono, l'umanità che Dio prese da lei, senza dubbio volle manifestare che, per mezzo di questa nube divina, l'Altissimo doveva rendere fertile e feconda la terra sterile dei cuori dei suoi abitanti. Ciò affinché, da allora in poi, producesse nuovi frutti di santità e di conoscenza di Dio, come avvenne dopo che questa nube celeste fu entrata in essa. Subito in Egitto si propagò la fede del vero Dio, si distrusse l'idolatria e si aprì il cammino alla vita eterna, che fino a quel momento il demonio aveva precluso, in modo che, quando arrivò in quella regione il Verbo fatto uomo, soltanto qualcuno conosceva il vero Dio, sebbene alcuni avessero appreso questa verità a causa della relazione con gli Ebrei che abitavano in quella terra. Vi mescolavano, però, grandi errori, superstizioni e culto del demonio, come in altra epoca avevano fatto i Babilonesi che erano venuti ad abitare in Samaria'. Dopo che il Sole di giustizia ebbe illuminato l'Egitto, e la nube esente da ogni colpa, Maria santissima, ebbe reso fertile, esso restò tanto fecondo di santità e di grazia, che diede copioso frutto per molti secoli, come si vide nei santi che in seguito generò e nel grande numero di anacoreti che, consacrandosi alla santità ed alla perfezione cristiana, fecero come stillare da quei monti miele dolcissimo.

665. Il Signore, come si è detto, si stabilì ad Eliopoli per preparare questa grazia che voleva fare agli Egiziani. Questa era una città molto popolata, piena di idoli, templi ed altari eretti al demonio e, quando il Signore vi entrò, tutti questi sprofondarono con grande strepito e terrore per chi vi era vicino. Il turbamento e l'emozione di tutta la città, per questa inaspettata novità, furono grandi. Camminavano tutti come attoniti e fuori di sé e, aggiungendosi la curiosità di vedere i forestieri da poco arrivati, molti uomini e donne si recarono a parlare con Maria, nostra regina, e con il glorioso san Giuseppe. La divina Madre, che sapeva il mistero e la volontà dell'Altissimo, rispose a tutti prudentemente, saggiamente e dolcemente, parlando molto al loro cuore. Esponeva loro gli errori nei quali si trovavano, traendoli dal disinganno e lasciandoli meravigliati della sua incomparabile dolcezza ed illuminati con il suo altissimo insegnamento. Inoltre guariva alcuni infermi di quelli che andavano da lei; aiutava e consolava tutti. Questi miracoli si diffusero in tal modo che, in breve tempo, ci fu un così grande affollamento di gente a trovare la divina forestiera che l'obbligò a chiedere al suo santissimo Figlio di ordinarle come, secondo la sua volontà, avrebbe dovuto comportarsi con quella gente. Ed il bambino Dio le rispose di informare tutti della verità e della conoscenza della Divinità, e di insegnare loro il suo culto e come avrebbero dovuto uscire dal peccato.

666. La nostra celeste Principessa esercitò questo compito di predicatrice e maestra degli Egiziani facendosi strumento del suo santissimo Figlio, il quale dava forza alle parole della vergine Madre. Tanto fu il frutto portato in quelle anime che sarebbero necessari molti libri, se si dovessero riferire le meraviglie che accaddero e le anime che si convertirono alla verità, nei sette anni in cui dimorarono in quella regione, poiché questa restò tutta santificata, piena di benedizioni e di soave dolcezza. Sempre la divina Signora ascoltava e rispondeva a quelli che venivano a lei, e prendeva nelle sue braccia il bambino Gesù, autore di quella grazia e di tutte le altre che ricevevano i peccatori. Parlava a tutti secondo il bisogno che ciascuno aveva, secondo la sua capacità di percepire ed intendere la dottrina della vita eterna. Non solo diede loro conoscenza e luce della Divinità, ma rivelò anche che Dio era uno solo ed era impossibile che vi fossero altri dei. A loro insegnò anche tutte le verità di fede che riguardavano Dio e la creazione del mondo. Poi manifestò loro come, ugualmente, lo stesso Dio dovesse redimerlo e rinnovarlo; insegnò loro tutte le norme che appartengono al decalogo e che sono precetti della stessa legge naturale, ed il modo in cui dovevano rendere culto a Dio, adorarlo ed aspettare la redenzione del genere umano.

667. Fece loro comprendere che vi erano demoni nemici del vero Dio e degli uomini; li disingannò sull'errore della venerazione agli idoli e sulle risposte fantastiche che questi davano loro; fece loro conoscere i gravissimi peccati ai quali erano indotti ed istigati nell'andare a consultarli; infine, come li tentassero nascostamente con suggestioni e sentimenti disordinati. Benché la Signora del cielo fosse del tutto pura e libera da qualunque imperfezione, per la gloria dell'Altissimo e per la salvezza di quelle anime non sdegnava di dissuaderle dai peccati immondi e gravissimi nei quali tutto l'Egitto era sommerso. Disse anche che il Redentore di tanti mali che avrebbe vinto il demonio, come era scritto di lui, era già venuto, benché non dicesse loro che lo teneva nelle sue braccia. Affinché accogliessero meglio questo insegnamento e si affezionassero di più alla verità, lo confermava con grandi miracoli, sanando ogni sorta di infermità e liberando gli indemoniati che venivano da diverse parti. Alcune volte ella stessa andava nei ricoveri per i malati, dando sorprendente sollievo agli infermi. In ogni luogo consolava i mesti, sollevava gli afflitti e soccorreva i bisognosi; tutti conduceva con soave amore e ammoniva con piacevole serenità.

668. Nella cura però degli infermi e dei piagati, la divina Signora fu presa da due sentimenti: l'uno della carità, che la obbligava a curare le piaghe con le sue proprie mani; l'altro della modestia, per non toccare alcuno. Perché tutto avvenisse come era conveniente, il suo santissimo Figlio le rispose che gli uomini avrebbe potuto curarli con le sole parole, esortandoli al bene, poiché così sarebbero rimasti sani; le donne, invece, avrebbe potuto medicarle con le sue mani, toccando e pulendo le loro piaghe. Così fece da quel momento, svolgendo rispettivamente i servizi di madre e di infermiera fino a quando, dopo due anni, cominciò anche san Giuseppe a curare gli infermi, come si dirà. La Regina assisteva maggiormente le donne con carità davvero incomparabile, lei che era la medesima purezza, tanto delicata e libera da infermità e da pesantezze; tuttavia medicava le loro piaghe, per quanto fossero ulcerose, ed applicava ad esse con le proprie mani i panni e le fasce necessarie; inoltre le compativa come se soffrisse le malattie di ognuna. Alcune volte succedeva che, per medicarle, domandava al suo santissimo Figlio il permesso di poterlo deporre dalle sue braccia e coricarlo nella culla per soccorrere i poveri. In questa assistenza, il Signore dei poveri rimaneva, in modo diverso, con la caritatevole ed umile Signora'. In queste opere e cure - cosa ammirabile - mai la modestissima Signora guardava il volto di alcun uomo o donna. Quando anche vi fosse stato in esso qualche piaga, la sua riservatezza era così estrema che per la sola cura fatta non avrebbe potuto in seguito riconoscere alcuno dal viso, se non li avesse conosciuti tutti per mezzo della luce interiore.

669. A causa del caldo eccessivo e dei molti disordini di quella misera gente, le infermità, in Egitto, erano gravi e abituali. Negli anni in cui vi dimorarono il bambino Gesù e la sua santissima Madre, scoppiò la peste in Eliopoli ed altri luoghi. A causa di ciò e per la fama dei prodigi da essi operati, a loro accorreva molta gente da tutta la regione e ritornavano guariti nel corpo e nell'anima. Affinché la grazia del Signore si diffondesse con maggiore abbondanza, e la Madre piena di carità avesse un aiuto nelle opere di misericordia che compiva come strumento vivo del suo Unigenito, sua Maestà decise, come ella aveva richiesto, che anche san Giuseppe si dedicasse alla cura spirituale e corporale degli infermi. A tal fine la sua divina sposa gli ottenne nuova luce interiore e grazia di santità. Nel terzo anno in cui dimorarono in Egitto, il santo sposo cominciò ad esercitare questi doni del cielo. Egli insegnava, catechizzava e medicava ordinariamente gli uomini; la grande Signora le donne. Erano incredibili i frutti ottenuti per questi benefici così continui, per la grazia ed efficacia diffuse sulle labbra della nostra Regina, e per l'affetto che tutti sentivano, innamorati della sua modestia ed attirati dalla virtù della sua santità. Le offrirono molti doni affinché se ne servisse, ma ella non accettò mai, né riservò alcuna cosa per sé, perché sempre si sostennero con il lavoro delle loro mani. Quando talvolta sua Altezza riceveva qualche dono da persona da cui ella conosceva essere giusto e conveniente l'accettarlo, tutto lo distribuiva ai poveri ed ai bisognosi. Soltanto per questo fine accondiscendeva alla carità ed all'aiuto di alcuni devoti; anche a questi molte volte dava in contraccambio dei lavori che faceva. Da queste opere meravigliose si può dedurre quali e quante abbiano dovuto essere tutte quelle che fecero in Egitto durante i sette anni in cui dimorarono in Eliopoli, poiché è impossibile contarle e riferirle tutte singolarmente.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

670. Figlia mia, sei meravigliata nel conoscere le opere di misericordia che io compivo in Egitto, assumendomi la cura dei poveri e degli ammalati di tante infermità, per dare loro la salute nel corpo e nell'anima. Capirai, però, come e quanto ciò si accordasse con la mia riservatezza e con il mio desiderio di starmene in solitudine, se considererai l'immenso amore col quale il mio santissimo Figlio volle portare, appena nato, la salvezza in quella terra, e recare ai suoi abitanti i primi cenni del fuoco della carità, che ardeva nel suo petto per la redenzione dei mortali. Egli mi, comunicò questa carità, mi fece strumento di essa e della sua potenza, senza la quale non avrei osato, da sola, mettere mano a tante opere. Io ero sempre incline a non parlare e a non conversare con alcuno; tuttavia, la volontà del mio Figlio e Signore era per me ordine in tutto. Da te, mia cara, io voglio che, a mia imitazione, lavori per il bene e la salvezza del tuo prossimo, facendo in modo di seguirmi in questo, con la perfezione e con le condizioni con le quali io operavo. Non devi cercare tu le occasioni, ma il Signore te le manderà, ad eccezione di quando per grave motivo sarà necessario che ti offra tu stessa. In tutte, però, lavora, ammonisci ed illumina quelli che potrai, con la luce che hai; non come chi assume ufficio di maestra, ma come chi consola e si dispiace delle sofferenze dei suoi fratelli, e vuole far apprendere loro la pazienza, usando molta umiltà e prudente riserbo insieme con la carità.

671. Ammonisci, correggi e governa le tue suddite, indirizzandole alla virtù perfetta e ad una maggiore approvazione da parte del Signore. Infatti, la maggiore soddisfazione dell'Altissimo sarà che, dopo averla vissuta in te con perfezione, tu animi ed ammaestri gli altri secondo le tue forze e la grazia che hai ricevuto. Per quelli ai quali non puoi parlare, prega ed invoca incessantemente per la loro salvezza; così diffonderai la carità a tutti. Supplisci al fatto che non puoi soccorrere gli ammalati di fuori, servendo e portando tu stessa sollievo alle inferme che hai in casa. Non credere di essere esonerata da ciò, perché sei abbadessa. Proprio per questo sei madre, e devi mostrarti tale nella sollecitudine e nell'amore verso tutte; per il resto, ti devi sempre considerare la minore di tutte. Il mondo, come colui che ignora, non conosce l'altezza di questo ministero; per questo impiega, in genere, i più poveri e miseri per servire gli ammalati. Io, perciò, affido a te, come alla più povera e piccola di tutte, l'ufficio di infermiera, affinché tu lo eserciti imitandomi.