Scrutatio

Venerdi, 19 aprile 2024 - San Leone IX Papa ( Letture di oggi)

18 - Maria santissima e Giuseppe distribuiscono i doni dei re Magi, e si trattengono in Betlemme sino alla presentazione del bambino Gesù al tempio.

Suor Maria d'Agreda

18 - Maria santissima e Giuseppe distribuiscono i doni dei re Magi, e si trattengono in Betlemme sino alla presentazione del bambino Gesù al tempio.
font righe continue visite 245

Maria santissima e Giuseppe distribuiscono i doni dei re Magi, e si trattengono in Betlemme sino alla presentazione del bambino Gesù al tempio.

573. Partiti i tre re Magi, ed essendosi celebrato nella grotta il gran mistero dell'adorazione del bambino Gesù, non restava altro che lasciare quel povero e sacro luogo. La prudentissima Madre disse a san Giuseppe: «Mio signore e sposo, questa offerta, che i re hanno lasciato al nostro Dio e bambino, non deve stare oziosa, ma deve servire a sua Maestà, venendo subito impiegata in quello che sarà di sua volontà ed ossequio. Io non merito nulla di queste cose temporali; disponete di tutto, come di cosa del mio Figlio e vostra». Il fedelissimo sposo rispose con la sua solita cortesia ed umiltà, rimettendosi alla volontà della divina Signora, perché provvedesse alla distribuzione. Allora ella così gli disse: «Se per umiltà volete, signor mio, rimettere ad altri questa cosa, fatelo per la carità dei poveri, i quali chiedono la parte che tocca loro, poiché hanno diritto alle cose, che il Padre celeste creò per loro alimento». A questo punto, Maria purissima e san Giuseppe determinarono subito tra loro che quei doni si distribuissero in tre parti: una per portarla al tempio di Gerusalemme, e questa comprendeva l'incenso, la mirra e parte dell'oro; un'altra per offrirla al sacerdote che aveva circonciso il bambino, perché ne facesse uso nel suo servizio, e in quello della sinagoga, il luogo di orazione che vi era in Betlemme; e la terza per distribuirla ai poveri, e così fecero con liberale e fervoroso affetto.

574. Per farli uscire da quella grotta, l'Onnipotente dispose che una donna povera, onorata e pia vi si recasse alcune volte per vedere la nostra Regina, perché la casa dove ella viveva era attaccata alle mura della città a poca distanza da quel sacro luogo. Questa donna devota, udendo la fama dei re Magi e ignorando ciò che avevano fatto, andò un giorno a parlare a Maria santissima, e le chiese se sapeva del fatto che certi Magi, i quali dicevano di essere re, erano venuti da lontano a cercare il Messia. La divina Principessa in questa occasione, conoscendo la buona indole della donna, la istruì e catechizzò nella fede comune, senza dichiarare in particolare il mistero nascosto che racchiudeva in se stessa, e nel dolcissimo bambino che teneva nelle sue braccia. Le diede ancora qualche porzione dell'oro destinato ai poveri, perché si sollevasse. Con questi benefici la sorte della felice donna restò tutta migliorata, ed ella rimase affezionata alla sua maestra e benefattrice. Perciò le offrì la sua casa, la quale, essendo povera, era più adatta ad ospitare gli artefici e fondatori della santa povertà. La povera donna insistette, vedendo le scomodità della caverna, dove Maria santissima ed il felice sposo dimoravano col bambino Gesù. La Regina non rifiutò l'offerta, e con segni di stima rispose alla donna che l'avrebbe informata della sua decisione. Dopo averne parlato con san Giuseppe, decisero di andarsene, e di passare alla casa della devota donna, attendendo lì il tempo della purificazione e presentazione al tempio. Li indusse ancor più a questa determinazione il trovarsi vicini alla grotta della natività, ed anche il fatto che molta gente avesse incominciato a recarvisi, per la voce che si andava diffondendo dell'accaduto e della venuta dei re Magi.

575. Maria santissima, san Giuseppe ed il bambino Gesù lasciarono la sacra grotta, perché così era necessario, anche se con grande tenerezza ed affetto. Poi andarono ad alloggiare nella casa della felice donna, che li ricevette con somma carità, e lasciò libera la parte migliore della sua abitazione. Li accompagnarono tutti gli angeli e i ministri dell'Altissimo nella stessa forma umana, con la quale sempre li assistevano. E perché la divina Madre ed il suo sposo da quella casa frequentavano il vicino luogo santo, così andava e ritornava con loro la moltitudine dei principi che li servivano. Oltre a ciò, a difesa della grotta, quando il bambino e la Madre se ne andarono, Dio vi pose un angelo che la custodisse, come aveva fatto nel paradiso terrestre. Se il santo angelo non impedisce l'ingresso ai nemici infedeli, in potere dei quali, oltre a quello, sono oggi tutti gli altri luoghi santi, ciò avviene per il giudizio dell'Altissimo, che lascia operare gli uomini per i fini della sua sapienza e giustizia. Questo miracolo infatti non sarebbe stato necessario, se i principi cristiani avessero avuto fervente zelo dell'onore e della gloria di Cristo per procurare la restaurazione di quei luoghi santi, consacrati con le opere della nostra redenzione, in particolare con il sangue prezioso del Signore, e santificati dai suoi piedi benedetti e da quelli della sua Madre santissima. Anche se ciò non è possibile, non vi è scusa per non procurare almeno la decenza di quei luoghi carichi di così tanti misteri, con la diligenza e la devozione che vengono dalla fede, perché chi l'avrà, supererà grandi montagne, dato che tutto è possibile per chi crede. Inoltre mi è stato dato ad intendere che la pia devozione e la venerazione della Terra Santa è uno dei mezzi più validi ed efficaci per stabilire ed assicurare le monarchie cattoliche, ed ogni vero cristiano non può negare che si potrebbero risparmiare altre spese eccessive e superflue per impiegarle in così pia impresa, la quale sarebbe gradita a Dio e agli uomini, poiché per giustificare tali spese non è necessario cercare ragioni peregrine.

576. Ritiratasi Maria santissima con il suo Figlio e Dio in quella abitazione che trovò vicino alla grotta, si trattenne in essa sino al tempo in cui, secondo la legge, doveva presentarsi purificata al tempio col suo primogenito. La santissima fra le creature determinò nell'animo suo di disporsi degnamente a tale mistero, con fervidi desideri di presentare all'eterno Padre nel tempio il bambino Gesù, e di imitarlo, per poi presentarsi con lui adornata ed abbellita con opere grandi, che la rendessero degna ostia per l'Altissimo, e offerta a lui gradita. Con quest'attenzione la divina Signora, nei giorni che trascorsero fino alla purificazione, fece tali e così eroici atti d'amore e di tutte le virtù, che né lingua di uomini né di angeli può spiegarli. Quanto meno allora lo potrà una donna in tutto inutile e ignorante! La pietà e devozione cristiana meriterà di conoscere questi misteri, ed anche coloro che per mezzo della loro contemplazione e venerazione vi si disporranno meriteranno di conoscerli. Da alcune grazie più intelligibili, che ricevette la vergine Madre, si potranno comprendere e meditare le altre che non possono spiegarsi a parole.

577. Appena nato, il bambino Gesù, che già parlava con la sua dolcissima Madre con voce intelligibile, le disse: «Imitami, mia sposa, e assimilati a me». Benché parlasse in modo chiaro, si rivolgeva solo alla vergine Madre. Il santo sposo Giuseppe, che non udì mai parlare il bambino nei primi tempi, parlò con lui solo dopo che aveva compiuto un anno, e la divina Signora non palesò questo particolare favore al suo sposo, perché sapeva che era solamente per lei. Le parole del bambino Dio erano dette con la maestà degna della sua grandezza e con l'efficacia del suo potere infinito, e come rivolte alla più pura e santa, alla più saggia e prudente delle creature fuori di se stesso, e sua vera madre. Alcune volte le diceva: «Madre mia carissima, colomba mia, diletta mia». In queste delizie di cui si legge nel Cantico di Salomone, ed in altri colloqui intimi prolungati, s'intrattenevano il Figlio e la Madre santissimi. Così la celeste Principessa riceveva continui favori, e le parole che udiva erano di tale dolcezza e tenerezza, da sorpassare quelle del Cantico di Salomone, e tutte le altre che

hanno dette e diranno le anime giuste e sante dal principio del mondo sino alla fine. Molte volte il bambino Gesù in questi amorosi colloqui le ripeteva quelle parole: «Madre e colomba mia, assimilati a me». Poiché erano parole di vita e d'infinita virtù, ed erano accompagnate dalla scienza divina con cui Maria santissima conosceva tutti gli atti che interiormente faceva l'anima del suo Unigenito, non vi è lingua che possa spiegare né pensiero che possa intendere gli effetti di queste opere così segretamente custodite nel candidissimo ed infiammato cuore della Madre di quel Figlio, che era uomo e Dio.

578. Il primo degli eccelsi e singolari benefici di Maria santissima è quello di essere Madre di Dio, e questo è il fondamento di tutti gli altri; il secondo, di essere stata concepita senza peccato; il terzo, di godere in questa vita molte volte della visione beatifica temporanea. In quarto luogo viene questo favore, di cui godeva continuamente, di vedere cioè con chiarezza l'anima santissima del Figlio, e tutti i suoi atti interiori per imitarli. Ella la teneva presente come uno specchio chiarissimo e purissimo, nel quale si mirava e rimirava, adornandosi con le gemme preziose di quell'anima santissima ricopiate in se stessa. Vedeva che essa era unita al Verbo e, quale semplice creatura, con profonda umiltà si riconosceva inferiore. Conosceva con vista chiarissima gli atti di ringraziamento e di lode che essa gli faceva per averla creata dal niente come tutte le altre anime, e per i doni e i benefici che sopra tutte le altre aveva ricevuto, specialmente per aver innalzato e sublimato la sua natura umana all'unione inseparabile con la Divinità. Ella teneva fissa l'attenzione sulle incessanti intercessioni, orazioni e suppliche che essa faceva e presentava all'eterno Padre in favore del genere umano, e sul modo in cui, in tutti gli altri atti interni, andava preparando ed avviando la redenzione e l'insegnamento che egli era venuto a portare a tutti gli uomini, come unico Redentore e maestro di vita eterna.

579. La Madre purissima imitava tutti questi atti della santissima umanità di Cristo nostro bene, e la sua anima fu sempre intenta a questo grande mistero, perché ella ebbe sempre dinanzi agli occhi questo esemplare e modello originale, secondo il quale formò tutte le sue azioni ed i suoi atti interiori fin dall'incarnazione e nascita del suo Figlio, e come ape industriosa andò componendo il favo dolcissimo delle delizie del Verbo incarnato. Sua Maestà, che venne dal cielo per essere nostro redentore e maestro, volle che la sua Madre santissima, dalla quale ebbe l'umanità, partecipasse, in modo altissimo e singolare, dei frutti della redenzione universale, e che fosse unica e segnalata discepola, nella quale si stampasse al vivo il suo insegnamento, formandola, nella sua condizione di semplice creatura, il più possibile simile a se stesso. Da questi benefici e fini del Verbo incarnato si deve argomentare la grandezza delle opere della sua Madre santissima, e le delizie che ella godeva con lui quando lo teneva nelle sue braccia e quando lo reclinava sul suo seno, che era il talamo e il letto fiorito di questo vero sposo.

580. Nei giorni in cui la Regina santissima si trattenne in Betlemme sino alla purificazione, molti vennero a visitarla ed a parlarle, benché quasi tutti fossero dei più poveri: alcuni per l'elemosina che ricevevano dalla sua mano, altri per aver saputo che i tre Magi erano stati alla grotta. Tutti parlavano di questa notizia e del Messia, perché in quei giorni, non senza disposizione divina, era voce assai pubblica tra gli Ebrei che si stesse avvicinando il tempo nel quale egli doveva nascere nel mondo, e se ne discuteva comunemente. Tutti questi discorsi offrivano alla prudentissima Madre continue occasioni di operare grandiosamente, non solo per il fatto che serbava il segreto nel suo cuore e custodiva in esso tutto ciò che udiva e vedeva, ma anche perché così aveva modo di indirizzare molte anime alla conoscenza di Dio, e poteva confermarle nella fede, istruirle nella virtù e illuminarle nei misteri del Messia che aspettavano, togliendole dalla grande ignoranza in cui si trovavano come gente volgare e poco capace delle cose divine. Talvolta le venivano a riferire tante chiacchiere femminili su questi argomenti e, sentendole, il santo ed ingenuo sposo Giuseppe soleva sorriderne, ammirando le risposte piene di sapienza ed efficacia divina, con le quali la grande Signora soddisfaceva ed ammaestrava tutti. Era inoltre ammirato di come ella li tollerava e li indirizzava alla verità ed alla conoscenza della luce con profonda umiltà ed affabile serietà, lasciando tutti lieti, consolati ed istruiti riguardo a ciò che era conveniente per loro, perché diceva ad essi parole di vita eterna, le quali, penetrando nei loro cuori, li infervoravano e rianimavano.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

581. Figlia mia, alla chiara vista della luce divina, io conobbi sopra tutte le creature il basso prezzo e valore, che hanno innanzi all'Altissimo i doni e le ricchezze della terra. Perciò fu di peso e di molestia alla mia santa libertà il vedermi caricata dei tesori offerti dai re Magi al mio Figlio santissimo. Tuttavia, dato che in tutte le mie opere dovevano risplendere l'umiltà e l'ubbidienza, non volli appropriarmene né dispensarli di mia volontà, ma per quella del mio sposo Giuseppe. In questa disposizione d'animo mi misi a pensare come se fossi stata sua serva, e come se niente di quei beni temporali mi spettasse. È cosa brutta invece, e per voi altre fragili creature molto pericolosa, l'appropriarvi o attribuirvi cosa alcuna di beni terreni, tanto di proprietà, quanto di onore, poiché tutto ciò si fa con cupidigia, ambizione e vana ostentazione.

582. Ho voluto, carissima, dirti tutto questo, affinché, in qualunque circostanza, impari a non accettare doni né onori umani, come se qualche cosa ti fosse dovuta, e a non appropriartene, anche solo in parte, e ciò soprattutto quando li ricevi da persone potenti e qualificate. Custodisci la tua libertà interiore, e non fare ostentazione di ciò che non vale nulla, né ti può giustificare presso Dio. Se ti presenteranno qualche cosa, non dire mai: «Questo mi hanno donato», né: «Questo mi hanno portato». Al contrario dirai: «Il Signore invia questo per la comunità: pregate sua Maestà per chi è stato lo strumento di questa sua misericordia», nominando il devoto, perché preghino per lui in particolare, e non si defraudi il fine di colui che fa l'elemosina. Neppure devi riceverla con le tue mani, perché ciò mostra avidità, ma per mano delle sorelle dedite a questa. Se per l'ufficio di abbadessa sarà necessario, una volta che il dono è entrato nel monastero, consegnarlo a chi spetta per distribuirlo alla comunità, ciò sia eseguito con aria di disprezzo, mostrando che non vi è attaccamento, benché tu debba esserne grata all'Altissimo ed a colui che ti fece il bene, e riconoscere che non lo meriti. Quanto a ciò che portano alle altre religiose, tu come abbadessa te ne mostrerai grata, e con tutta sollecitudine procurerai subito che sia dato all'intera comunità, senza prendere per te cosa alcuna. Non guardare con curiosità ciò che entra nel monastero, perché non venga a dilettarsene il senso, e s'inclini ad appetirlo, o a gustare che ad esso si procurino simili benefici, perché la natura fragile e piena di passioni incorre in molti difetti ripetutamente, e molto di rado si fa caso ad essi. Non si può confidare in cosa alcuna sulla natura contaminata dal peccato, perché sempre vuole più di quello che ha, e mai dice basta, e quanto più riceve, tanta maggior sete le resta di avere di più.

583. Quello comunque in cui ti voglio più accorta è il tratto intimo e frequente col Signore per via di incessante amore, lode e riverenza. In ciò voglio, figlia mia, che ti impegni con tutte le tue forze, e che applichi tutte le tue facoltà e i sensi senza intervallo, con vigilanza e sollecitudine, perché altrimenti è inevitabile che la parte inferiore, che aggrava l'anima", l'abbatta, la distragga e rovini, facendole perdere di vista il sommo Bene. Questo rapporto amoroso col Signore è così delicato che si perde col solo prestare attenzione e ascolto al nemico nelle sue ciance. Perciò egli con gran premura va procurando che volgano a lui l'attenzione, perché sa che il castigo dell'anima per averlo ascoltato sarà il nasconderle l'oggetto del suo amore. Immediatamente quella, che per difetto di avvertenza ignorò la sua bellezza, va dietro le orme delle sue negligenze, espropriata della soavità divina. Quando poi, suo malgrado, ne sperimenta il danno nel suo dolore, e vuol tornare a cercarla, non sempre la ritrova, né le viene restituita. Poiché il demonio, che la ingannò, le offre altri diletti tanto vili e inferiori a paragone di quelli, ai quali teneva assuefatto il gusto interiore, da ciò le risulta e proviene nuova tristezza, turbamento, abbattimento, tiepidezza e nausea, e tutta si riempie di pericoli e di confusione.

584. Di questa verità tu, o carissima, hai qualche esperienza per le tue negligenze, e per la tua lentezza nel credere ai benefici del Signore. È tempo ormai che tu sia prudente nella tua sincerità, e costante nel conservare il fuoco del santuario, senza perdere di vista neppure per un istante il medesimo oggetto al quale io sempre tenni fissa l'attenzione con la forza di tutta l'anima mia, e di tutte le mie facoltà. Inoltre, sebbene sia grande la distanza tra te, vile vermicciolo, e quello che in me ti propongo di imitare, e tu non possa godere del vero Bene in modo così immediato come era per me, né fare le opere che io facevo partendo dalle stesse condizioni, tuttavia, poiché t'insegno e manifesto ciò che operavo imitando il mio Figlio santissimo, puoi imitarmi secondo le tue forze, sapendo che lo stai guardando attraverso un altro cristallo. Io lo guardavo attraverso quello della sua umanità santissima e tu lo guardi attraverso quello della mia anima e persona. Dato che l'Onnipotente chiama ed invita tutti ad una così alta perfezione, se vorranno seguirla, considera ciò che devi fare per acquistarla, dal momento che tanto liberale e potente si mostra con te la destra dell'Altissimo nell'attirarti dietro a sé.