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Venerdi, 19 aprile 2024 - San Leone IX Papa ( Letture di oggi)

24 - I santi esercizi e le occupazioni della Regina del cielo nel primo anno e mezzo della sua infanzia.

Suor Maria d'Agreda

24 - I santi esercizi e le occupazioni della Regina del cielo nel primo anno e mezzo della sua infanzia.
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I santi esercizi e le occupazioni della Regina del cielo nel primo anno e mezzo della sua infanzia.

377. il silenzio, che nei primi anni gli altri bambini osservano per necessità naturale, perché non sanno né possono parlare, se non balbettando in modo maldestro, fu, invece, per la nostra divina bambina, una virtù eroica. Infatti, se le parole sono frutto dell'intelletto e comunicazione del pensiero, e se Maria santissima ne fu perfettamente dotata sin dalla sua concezione, ne consegue che ella, subito dopo la nascita, non scelse il silenzio perché non poteva parlare, ma perché liberamente non voleva farlo. E se agli altri bambini mancano le forze naturali per aprire la bocca, muovere la tenera lingua e pronunciare le parole, invece nella bambina Maria non fu presente questo difetto: per la sua natura più robusta, e per l'autorità e il dominio che esercitava su tutte le cose, le sue stesse facoltà le avrebbero infatti ubbidito, qualora lo avesse ordinato. In lei invece il non parlare fu virtù e grande perfezione; teneva nascosta così la sua sapienza e grazia, evitando l'ammirazione che di fatto avrebbe suscitato il veder parlare una neonata. Del resto, non so se, chi avesse parlato, nonostante ne fosse impedito per natura, sarebbe stato da ammirare più di colei che, potendolo invece fare, tacque per un anno e mezzo.

378. Fu volontà dell'Altissimo che, nel tempo in cui gli altri bambini non possono ordinariamente parlare, la nostra bambina mantenesse questo silenzio. Venne eccezionalmente dispensata da questo ordine, soltanto quando poteva, da sola, conversare con i suoi santi angeli custodi o rivolgersi al Signore con suppliche e preghiere vocali. E in verità, non vi era nessun motivo che ella si astenesse - come capitava con i mortali - dal parlare con Dio, autore di questo beneficio, e con gli angeli suoi messaggeri quando le apparivano sotto sembianze corporee; anzi era conveniente che, non essendone impedita, pregasse con la bocca, ed evitasse così di tenerla in ozio per lungo tempo. Sua madre sant'Anna, tuttavia, non sentì mai parlare la bambina, né venne a conoscenza che potesse farlo in quell'età. Il che evidenzia quanto lo stare in silenzio di Maria, in quel primo anno e mezzo della sua infanzia, fosse veramente il frutto della virtù. In quel tempo, quando le parve opportuno, la madre sant'Anna liberò, slegando le fasce, le braccia e le mani della bambina Maria, così che ella poté stringere quelle dei suoi genitori e baciarle con deferente sottomissione e riverente umiltà. Rimase fedele a quest'usanza fin tanto che essi vissero. In quell'età, inoltre, lasciava intendere ai suoi genitori, con segni e gesti esteriori, di desiderare la loro benedizione e perché lo facessero preferiva parlare al loro cuore piuttosto che chiederlo con la bocca. Fu così grande la riverenza che nutrì nei loro confronti da non venirne mai meno, come del re-sto giammai mancò all'obbedienza, recò loro molestia o pena, poiché conosceva i loro pensieri e preveniva i loro desideri.

379. In tutte le sue azioni e i suoi movimenti era illuminata dallo Spirito Santo e perciò faceva ogni cosa nel modo più perfetto. Benché l'esecuzione risultasse completa, tuttavia il suo ardentissimo amore non restava soddisfatto, e rinnovava continuamente i fervorosi affetti dell'amore, anelando e aspirando così a carismi migliori. Le rivelazioni divine e le visioni puramente spirituali erano, nella bambina Regina continue ed ininterrotte, poiché l'Altissimo le stava sempre vicino e l'assisteva. E se talvolta la divina provvidenza sospendeva temporaneamente queste forme di visioni e di cognizioni, ella dirigeva la sua attenzione a quelle precedenti, poiché della rappresentazione chiara di Dio - che, come dissi sopra, ebbe subito dopo la nascita allorché fu portata in cielo dagli angeli - le erano rimaste impresse le immagini cognitive (species intellegibiles) di quanto aveva visto. Dopo che ebbe lasciato la cella del vino, inebriata d'amore, il suo cuore restò talmente ferito che ella, ogni qualvolta si volgeva a questa contemplazione, si infiammava tutta. Essendo però il suo corpo delicato e debole, mentre l'amore era forte come la morte, giungeva a languire appassionatamente d'amore e ne sarebbe morta se l'Altissimo non le avesse rafforzato, mediante una miracolosa virtù, la parte più debole e conservato la vita. Molte volte, tuttavia, il Signore permetteva che quel corpo delicato e vergineo, per la veemenza dell'amore, cadesse in deliquio. Allora i santi angeli la sorreggevano e confortavano e così si adempì la parola della sposa del Cantico dei Cantici: Fulcite me floribus quia amore langueo! - Sostenetemi e rinfrancatemi con fiori perché languisco d'amore. Questo fu per la Regina del cielo un martirio del genere più nobile, ripetutosi migliaia di volte, con il quale sorpassò tutti i martiri sia nell'acquistare meriti che nel patire sofferenze e dolori.

380. La pena dell'amore è qualcosa di così dolce e desiderabile, che chi la patisce, tanto più ardentemente brama di sentir parlare della persona che ama, quanto più ha motivo per amarla: vuole curare la ferita con il rinnovarla. Con questa graziosissima illusione l'anima rimane sospesa tra una vita penosa e una dolce morte. Questo succedeva alla bambina Maria quando parlava con i suoi angeli di Dio, del suo amato e essi le rispondevano. Molte volte li interrogava con queste parole: «Servi del mio Signore e suoi messaggeri, che siete le opere più belle delle sue mani e le scintille di quel fuoco divino che accende il mio cuore, che godete della sua bellezza eterna senza velo né copertura, descrivetemi le caratteristiche e le qualità del mio amato. Avvisatemi se in qualche modo gli ho dato dispiacere. Fatemi sapere ciò che brama e vuole da me, e non indugiate ad alleviare la mia pena, perché languisco d'amore».

381. Gli spiriti celesti le rispondevano: «Sposa dell'Altissimo, l'amato vostro è solo. Egli è il solo che ha l'essere da se stesso. Non ha bisogno di nessuno, mentre tutti hanno bisogno di lui. Egli è infinito nelle perfezioni, immenso nella grandezza, senza limiti nel potere, confini nella sapienza, misura nella bontà. È colui che diede principio a tutto il creato, senza avere egli principio; egli governa il mondo senza stancarsi, e lo conserva senza averne bisogno. Veste di bellezza il creato e le creature e nessuno può contenere la sua infinita bellezza: rende beati quelli che giungono a vederlo faccia a faccia. Sì, o Signora, immense sono le perfezioni del vostro Sposo; la nostra intelligenza si perde nell'abisso della sua luce e i suoi giudizi sono ininvestigabili per qualsiasi creatura».

382. In questi ed in altri simili colloqui, superiori alla nostra comprensione, la bambina Maria si intratteneva con i suoi angeli e con l'Altissimo, rimanendone trasformata. Cresceva sempre più nel fervore e nel desiderio ardente di vedere il sommo Bene, che amava oltre l'immaginabile. Così spesso, per volontà del Signore e per mezzo dei suoi angeli, veniva rapita con tutto il corpo al cielo empireo, dove godeva della presenza di Dio. Alcune di queste volte ne aveva un'idea nitida, altre invece soltanto per mezzo di immagini cognitive infuse (species infusae), quantunque chiarissime e sempre sublimi. Accanto a molti altri misteri, conosceva pure, per intuizione e in modo evidente, gli angeli nonché i gradi, l'ordine del loro rango e le gerarchie. Dal momento che questo beneficio venne concesso a Maria più volte, di conseguenza e proprio per gli atti che esso suscitava in lei, ne venne a contrarre un amore così intenso e forte da sembrare una creatura più divina che umana. Nessun'altra sarebbe stata in grado di comprendere questo dono o altri corrispondenti, nemmeno la stessa natura mortale della bambina avrebbe potuto riceverli senza morirne e se Dio per miracolo non l'avesse tenuta in vita.

383. Quando in quella tenera età le capitava di ricevere qualche ossequio o favore, da parte dei suoi santi genitori o da qualche altro, lo accettava sempre con cuore umile e riconoscente, chiedendo al Signore che li ricompensasse per quel bene che per amore suo le facevano. E pur avendo raggiunto un così grande ed elevato grado di santità, ripiena della luce di Dio e della scienza dei suoi misteri, si reputava l'ultima tra le creature. Nella stima di se stessa, in confronto a loro, si metteva all'ultimo posto e si riteneva indegna perfino dell'alimento necessario alla vita, ella che era Regina e signora di tutto il creato.

 

Insegnamento della Regina del cielo

 

384. Figlia mia, tanto più uno riceve, quanto più si deve reputare come il più povero perché il suo debito è maggiore. E se tutti devono umiliarsi, perché da se stessi sono nulla, nulla possono e nulla posseggono, per la stessa ragione si deve abbassare ancor più nella polvere, chi essendo polvere e cenere è stato innalzato dalla potente mano dell'Altissimo più degli altri. In verità limitandosi a se stesso e riconcentrandosi in se stesso, senza essere né valere cosa alcuna, egli si ritrova così più indebitato ed obbligato per ciò che da se stesso non può giungere a soddisfare. La creatura conosca allora quello che è da se stessa, cosicché nessuno potrà mai dire: «Io mi sono fatto da me; mi sostento da me e per me; posso allungarmi la vita; io posso allontanare la morte». Tutto l'essere e la conservazione delle creature dipende dalla mano del Signore. Si umilii dunque, in sua presenza, la creatura; e tu, o carissima, fa' in modo di non dimenticare questi insegnamenti.

385. Voglio anche che tu apprezzi, come un prezioso tesoro, la virtù del silenzio, che io ho cominciato ad osservare dalla mia nascita. Infatti avendo conosciuto nell'Altissimo tutte le virtù, mediante la luce di cui beneficiai, mi affezionai molto a quella del silenzio, tanto da propormela come amica e compagna di tutta la vita; così la osservai con inviolabile silenzio, benché potessi parlare fin da quando venni al mondo. Sappi che il parlare senza peso e misura, è una spada a due tagli che con una lama ferisce chi parla e con l'altra chi ascolta; ed ambedue distruggono la carità o quantomeno la ostacolano insieme alle altre virtù. Da ciò puoi comprendere quanto Dio resti offeso dal vizio di una lingua sfrenata e quanto sia giusto che allontani il suo spirito e nasconda il suo volto a chi si abbandona a ciarle, rumori e pettegolezzi; se si parla molto non si possono evitare gravi peccati. Soltanto con Dio e con i santi si può conversare senza pericolo, ed anche con essi è opportuno usare misura e discrezione; ma con le creature è molto difficile tenere la via maestra, senza passare dal giusto e necessario all'ingiusto e superfluo.

386. Il rimedio che ti preserverà da questo pericolo consiste nel tenerti sempre più vicina all'estremo contrario, eccedendo piuttosto nel tacere e nello stare in silenzio, perché il mezzo prudente di dire solo il necessario si trova più dalla parte del tacere molto, che non da quella del parlare eccessivo. Rifletti, o anima: tu non puoi andare dietro alle inutili e superflue conversazioni delle creature, senza lasciare di conversare con Dio nel segreto del cuore. E ciò che non faresti, senza vergogna e senza temere di essere sgarbata, con le creature, non devi farlo con il Signore, Dio tuo e di tutti. Chiudi l'orecchio alle chiacchiere fallaci e menzognere che potrebbero istigarti a dir ciò che non devi, poiché non è giusto che parli più di quel che ti ordina il tuo Dio e Signore. Attendi invece alla sua santa legge, che ha scritto liberamente di sua mano nel tuo cuore; ascolta la voce del tuo pastore che ti parla dentro e rispondi a lui, e a lui solo. Voglio perciò avvisarti che se tu vuoi essere mia discepola e compagna, devi distinguerti soprattutto nella virtù del silenzio. Taci molto e scrivi fin d'ora questo insegnamento nel tuo cuore e cerca di affezionarti sempre più a questa virtù, perché io per prima cosa desidero da te quest'amore per il silenzio e poi ti insegnerò come devi parlare.

387. Non intendo, con ciò, vietarti di parlare con le tue figlie e suddite, quando si tratta di ammonirle e di consolarle; discorri inoltre con quelli che ti possono parlare del tuo amato Signore e delle sue perfezioni, risvegliando in te l'ardente sete del suo amore. Con queste conversazioni invece di perdere, acquisterai così quel desiderato silenzio tanto utile alla tua anima, e proverai avversione e nausea per i ragionamenti mondani. Inoltre proverai gusto a parlare solo del bene eterno che brami, e per la forza dell'amore che trasformerà il tuo essere in quello del tuo diletto, in te verrà meno l'impeto delle passioni. Sarà così che giungerai a sentire qualcosa di quel dolce martirio che io pativo quando mi lamentavo del corpo e della vita, perché mi sembravano dure prigioni che trattenevano il mio volo verso Dio; ma non il mio amore. O figlia mia, dimentica ogni cosa terrena nel segreto del tuo silenzio e seguimi con tutto il fervore e le forze del tuo spirito, per giungere allo stato in cui il tuo sposo t'invita, e dove tu possa sentire quella consolazione che io provavo nella mia soave pena di amore, sentendomi dire: «Colomba mia, dilata il tuo cuore ed accogli, diletta mia, questa dolcissima pena perché dal tuo affetto il mio cuore è ferito». Questo mi diceva il Signore ed anche tu l'hai sentito più volte poiché sua Maestà parla a chi se ne sta solo e ama il silenzio.