Scrutatio

Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

18 - Negli ultimi giorni di vita Maria purissima intensifica i suoi voli e desideri di vedere Dio.

Suor Maria d'Agreda

18 - Negli ultimi giorni di vita Maria purissima intensifica i suoi voli e desideri di vedere Dio.
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Negli ultimi giorni di vita Maria purissima intensifica i suoi voli e desideri di vedere Dio, prende congedo dai luoghi san­ti e dalla Chiesa cattolica, formula il suo testamento con l'as­sistenza della beatissima Trinità.

713. Ora che ne avrei più bisogno, mi trovo più pove­ra di ragionamenti e di parole per esprimere qualcosa del­lo stato al quale si innalzò Maria santissima nei suoi ulti­mi giorni, nonché dei suoi voli e dei suoi incomparabili sospiri di arrivare allo stretto amplesso dell'Eterno. Nella natura non c'è un esempio adatto da addurre e, se uno può servire al mio intento, si tratta del fuoco, per la sua cor­rispondenza con l'amore. L'attività e l'energia di questo ele­mento sono più mirabili di quelle di tutti gli altri: nessu­no è maggiormente impaziente nel sopportare catene, giac­ché o si spegne o le spezza per salire con estrema legge­rezza alla sua sfera. Qualora sia rinchiuso nelle viscere del­la terra, spacca il suolo, fende i monti, sradica le rupi e con eccezionale furia, dopo averle divelte, le scaglia sin do­ve permane la spinta che imprime ad esse. Anche nel ca­so in cui la prigione sia di bronzo, se non l'infrange, al­meno ne apre le porte con spaventosa veemenza e con ter­rore di chi è vicino, e manda fuori il globo di metallo che lo arrestava, con l'irruenza che l'esperienza ci insegna. Sif­fatta è questa creatura insensibile.

714. Nel cuore della Vergine il fuoco dell'amore di Dio - non so spiegarmi con altre immagini - era al massimo grado, ed è chiaro che gli effetti dovessero essere propor­zionati alla causa e non meno meravigliosi nell'ordine del­la grazia, e di così sconfinata grazia. Ella fu costantemen­te pellegrina e unica fenice nel mondo, ma, quando era or­mai sul punto di partire per il cielo e assicurata della fe­lice conclusione del suo esilio, benché si trattenesse quaggiù, la fiamma del suo purissimo spirito si elevava sino al­l'Altissimo. Non era capace di contenere gli impeti del suo intimo e non pareva che fosse arbitra dei suoi moti, poi­ché si era abbandonata completamente al dominio di tale sentimento e alla brama dell'imminente possesso del som­mo Bene, nel quale stava trasformata e dimentica della mortalità. Non scioglieva i vincoli, perché erano mantenu­ti con un prodigio, né sollevava con sé le sue membra, per­ché non era ancora il momento, quantunque l'intensità del suo ardore avrebbe potuto rapirle; però, nella dolce e vi­vace lotta al corpo rimanevano sospese le operazioni vita­li ed esso dalla sua anima divinizzata riceveva soltanto la vita dell'amore, per cui occorreva che quella fisica fosse preservata miracolosamente con un intervento superiore che non la lasciasse dissolvere ad ogni minuto.

715. Le accadde sovente di ritirarsi in disparte per da­re qualche sfogo a questi slanci, e in solitudine, rompen­do il silenzio affinché non le scoppiasse il petto, diceva: «Mio tenerissimo tesoro, attiratemi dietro alla fragranza dei vostri profumi, che avete fatto gustare alla vostra an­cella e Madre. La mia volontà è sempre stata impiegata per voi, che siete suprema verità e mia ricchezza, e mai ho saputo aver caro altro fuorché voi. O mia gloria e mia speranza! Non si dilunghi più la mia strada verso la mèta dell'agognata libertà. Strappatemi dal carcere, giunga fi­nalmente il termine al quale tendo dall'istante del mio con­cepimento. Molto ho dimorato tra gli abitanti di Cedar, ma tutte le mie forze e le mie facoltà osservano il sole che le irradia, si orientano con la stella fissa che le guida e vengono meno senza avere quanto aspettano. O angeli, per

la vostra nobilissima condizione e per la vostra fortuna di esultare della continua visione del mio stupendo diletto, vi chiedo di avere pietà. Abbiate compassione di me, viatrice tra i figli di Adamo e avvinta dai lacci della carne: riferi­te al vostro e mio Signore il motivo del mio languire, che egli non ignora; comunicategli che per compiacerlo ab­braccio spontaneamente il patire nella mia lontananza, ma non posso vivere in me e, se per vivere vivo in lui, come vivrò distante dalla mia vita? L'amore mi dà la vita e me la toglie. La vita non può vivere senza amore; come vivrò, dunque, senza quella vita che sola amo? In questa soave violenza io mi consumo: manifestatemi, per favore, le qua­lità del nostro sovrano, poiché con tali fiori aromatici avranno un po' di ristoro i miei deliqui».

716. Accompagnava così i suoi incendi interiori, con am­mirazione e giubilo dei custodi che l'assistevano. Essi, in­telligenze attentissime e ripiene della scienza superna, in una di simili occasioni le risposero affermando: «Regina nostra, se di nuovo vi è gradito udire le sue caratteristi­che, vi sia noto che è la stessa bellezza e racchiude in sé tutte le perfezioni, al di sopra di qualsiasi desiderio. È de­lizioso senza difetti, incantevole senza pari, piacevole sen­za sospetti. È inestimabile nella saggezza, senza misura nella bontà, senza limiti nella potenza; è immenso nell'es­sere, incomparabile nella grandezza, inaccessibile nella maestà, e tutti i suoi attributi sono infiniti. È terribile nei suoi giudizi, imperscrutabile nei suoi consigli, rettissimo nella giustizia, segretissimo nei suoi pensieri, veridico nel­le sue parole, santo nelle sue opere e ricco di misericordia. Lo spazio non gli dà ampiezza, la strettezza non lo ostacola; la tristezza non lo turba, né lo altera 1'allegria; nella sapienza non si inganna, nel volere non muta; l'ab­bondanza non lo accresce, la necessità non lo diminuisce; la memoria niente gli aggiunge, l'oblio niente gli sottrae; per lui né ciò che già fu è passato, né il futuro succede. Il principio non gli dette origine né il tempo gli darà fine. Senza che una causa abbia dato a lui principio, egli l'ha dato a tutte le cose, e non perché avesse bisogno di qual­cuna di esse", che al contrario devono partecipare di lui. Le conserva senza fatica, le governa senza confusione. Chi lo segue non cammina nelle tenebre, chi lo conosce è fe­lice, chi lo ama e lo acquista è beato, giacché è generoso con i suoi amici e li condurrà alla sua eterna contempla­zione e vicinanza. Questi è colui che adorate e del quale tra breve godrete per non perderlo mai più».

717. I colloqui tra Maria e i suoi ministri erano fre­quenti; però, come delle piccole gocce d'acqua non estin­guono la sete di chi è riarso per la febbre, ed anzi l'ac­cendono maggiormente, neppure tali lenitivi mitigavano la sua fiamma, poiché rinnovavano in lei la ragione del do­lore. Benché nei suoi ultimi giorni fossero incessanti i be­nefici che le erano elargiti nelle feste che celebrava e in ogni domenica, con altri che non è possibile riportare, per concederle qualche sollievo e consolazione nelle sue angu­stie l'Unigenito la visitava spesso di persona, confortando­la con mirabili grazie e carezze e assicurandole ancora che il suo esilio sarebbe durato poco: presto l'avrebbe innalza­ta alla sua destra, dove il Padre l'avrebbe collocata sul lo­ro trono e sprofondata nell'abisso della loro divinità, e la sua vista sarebbe stata una gioia per gli eletti, che la sta­vano attendendo e sospirando. Ella allora moltiplicava le orazioni per la Chiesa , per gli apostoli, per i discepoli e per coloro che nei secoli in essa si sarebbero dedicati alla predicazione e alla conversione del mondo, come anche perché tutti accogliessero il Vangelo e venissero all'auten­tica fede.

718. Tra le meraviglie che il nostro Maestro compì nel­ la Vergine una fu palese non solo a Giovanni, ma pure a numerosi credenti: quando riceveva l'eucaristia, restava per alcune ore così fulgente e radiosa che pareva trasfigurata e con doti di gloria. Questo le era comunicato dal sacro corpo di Gesù, che le si mostrava trasfigurato e più glo­rioso che sul Tabor, e chi la guardava in quello stato era colmato di esultanza e di sentimenti tanto sublimi che po­tevano essere provati piuttosto che dichiarati.

719. La Principessa stabilì di licenziarsi dai luoghi san­ti prima della sua partenza per il cielo e, avuto il permes­so del prediletto, lasciò la casa con lui e con i suoi mille angeli, i quali, pur avendola sempre servita e pur essen­dole sempre stati accanto in ogni passo dall'istante della sua nascita, le apparvero con più magnificenza e splendo­re, per il nuovo gaudio di stare per risalire con lei nelle altezze. Nel distaccarsi dalle occupazioni umane per av­viarsi alla propria vera patria, si recò in tutti i posti lega­ti alla redenzione, separandosi da ciascuno con copiose e dolci lacrime, con amari ricordi di quanto suo Figlio vi aveva sofferto, con atti fervorosi ed effetti straordinari, e con gemiti e suppliche perché i cristiani fossero perenne­mente devoti ad essi. Sul Calvario si trattenne più a lun­go, chiedendo a sua Maestà che la sua passione e morte, avvenute lì, avessero efficacia per tutti. Diventò a tal punto ardente nella sua ineffabile carità che la sua vita si sa­rebbe consumata se non le fosse stata preservata dalla for­za superna.

720. Immediatamente il Signore discese dall'empireo e le rispose: «Mia colomba e mia collaboratrice nell'opera della salvezza, le vostre aspirazioni e implorazioni sono giunte al mio orecchio e al mio cuore. Vi prometto che sarò generosissimo con gli uomini, dispensando costante­mente aiuti e favori affinché con la loro libera volontà pos­sano conquistare in virtù delle mie piaghe la felicità che io tengo loro preparata, qualora essi stessi non la spregi­no. In paradiso voi sarete loro mediatrice ed avvocata, ed io riempirò dei miei doni e delle mie inesauribili miseri­cordie tutti coloro che si guadagneranno la vostra inter­cessione». Ella, prostrata ai suoi piedi, lo ringraziò e gli domandò che su quel medesimo monte, consacrato col suo sangue prezioso, le impartisse la sua ultima benedizione. Acconsentì, le confermò il suo impegno di eseguire ciò che aveva detto e se ne andò. Maria fu sollevata nelle sue pe­ne di amore e, continuando tale esercizio con la sua reli­giosa pietà, baciò il suolo e lo venerò proclamando: «Ter­ra santa, da lassù ti osserverò con l'ossequio che ti devo nella luce che manifesta tutto nella sua fonte ed origine, da cui uscì il Verbo che nella carne ti arricchì». Poi, inca­ricò ancora gli spiriti sovrani di custodire quei luoghi e di soccorrere con le loro ispirazioni chi li avrebbe visitati con riverenza, perché riconoscesse e apprezzasse l'immenso be­neficio derivante da quanto era stato realizzato in essi. Rac­comandò anche che difendessero quei santuari e, se la te­merarietà e i peccati non avessero messo ostacolo a que­sto, indubbiamente li avrebbero protetti dai pagani, impe­dendo loro di profanarli; tuttavia, in parecchie cose l'han­no fatto sino ad oggi.

721. Invitò costoro e l'Evangelista a benedirla, e tornò al suo oratorio in pianto e traboccante di affetto per quello che tanto teneramente aveva caro. Si stese con il volto nella polvere ed elevò un'altra preghiera, perseverando fin­ché, tramite una visione astrattiva, Dio le rivelò che le sue petizioni erano state intese ed esaudite nel tribunale della sua clemenza. Per dare pienezza di perfezione alle sue azioni, volle ottenere l'autorizzazione di congedarsi dalla comunità ecclesiale e gli si rivolse così: «Mio sommo Be­ne, redentore di tutti, capo dei beati e dei predestinati, giu­stificatore e glorificatore delle anime, io sono figlia della Chiesa, che è stata acquistata e piantata con il vostro san­gue. Accordatemi di accomiatarmi da una madre così be­nevola e dai fratelli che ho in essa». Comprese il benepla­cito del suo Unigenito e tra i sospiri parlò:

722. «Chiesa santa e cattolica, che nei secoli futuri sa­rai chiamata romana, mio autentico tesoro, tu sei stata l'u­nica consolazione del mio esilio, tu il rifugio e il sollievo dei miei travagli, tu il mio conforto, la mia gioia, la mia speranza; tu mi hai accompagnato nel cammino; in te ho dimorato da viatrice e tu mi hai sostenuto, dopo che in te ho ricevuto la vita della grazia per mezzo di Cristo Gesù. In te sono depositati i suoi incommensurabili meriti, tu sei per i suoi discepoli il certo transito alla terra promessa e tu fai sicuro il loro pericoloso e difficile pellegrinaggio. Tu sei la signora delle genti, alla quale spetta devozione da parte di tutti; in te le angustie, le tribolazioni, i vilipendi, i sudori, i tormenti, la croce, la morte sono gemme ine­stimabili, consacrate con la passione del tuo Maestro e pa­dre, e riservate ai suoi più fedeli servi e più intimi amici. Tu mi hai adornata dei tuoi gioielli perché entrassi alle nozze; tu mi hai resa prospera e lieta, e hai in te il tuo Autore sotto le specie sacramentali. O fortunata Chiesa mi­litante! Sei sovrabbondante di ricchezze! In te ho sempre posto tutto il mio cuore e tutti i miei pensieri, ed è già ora di partire e di abbandonare la tua soave vicinanza per ar­rivare al termine del mio viaggio. Applicami l'efficacia di tanti beni, bagnami copiosamente con il sangue dell'A­gnello, che è potente per santificare molti mondi. Io desi­dererei, a costo di mille vite, fare tue tutte le generazioni e le nazioni, affinché godano di te. Mio onore, ti lascio nel­l'esistenza peritura, ma in quella perpetua ti troverò giu­bilante in colui che racchiude ogni cosa. Di là ti guarderò con dolcezza e chiederò incessantemente che tu cresca e progredisca felicemente».

723. In questo modo si licenziò dal corpo mistico della santa Chiesa cattolica e romana, per insegnare ai suoi mem­bri, quando ne fosse giunta loro notizia, la sua considera­zione, il suo riguardo e il suo rispetto per essa, fornendo come attestato così pietose lacrime e così delicate espres­sioni. Quindi, nella sua sapienza determinò di formulare il suo testamento e palesò tale aspirazione alla Trinità, che decise di accettarla con la sua presenza regale e, discesa a lei con miriadi di angeli che stavano presso il suo trono, dopo essere stata adorata disse: «Sposa da noi prescelta, di­sponete la vostra ultima volontà, poiché sarà confermata e adempiuta dal nostro illimitato potere». La prudentissima Vergine si arrestò un po' nella sua sconfinata umiltà, per­ché prima di dichiarare la propria aspettava di ascoltare quella dell'Altissimo, che la assecondò affermando: «Mia eletta, il vostro volere mi sarà gradito; non privatevi del va­lore delle vostre opere nel prepararvi al trapasso, giacché sarete da me soddisfatta». Il Salvatore e lo Spirito ribadi­rono lo stesso ed ella ordinò il suo testamento come segue:

724. «Eccelso Signore, io, vile verme, vi venero dal profondo con la massima riverenza e vi confesso tre Per­sone in un medesimo essere indiviso ed eterno, una so­stanza, una maestà infinita negli attributi e nelle preroga­tive, che tutto avete creato e tutto conservate. Non ho ave­ri materiali da cedere, non avendo mai cercato altro fuor­ché voi, che siete ogni mio bene. Ringrazio i cieli, le stel­le, i pianeti, gli elementi e tutto il resto poiché, assoggettandosi a voi, mi hanno sostentato senza che ne fossi de­gna. Domando loro di obbedirvi e celebrarvi negli incari­chi che avete imposto, e di beneficare gli uomini; perché lo facciano meglio, trasferisco a questi il possesso - e per quanto è possibile pure il dominio - che mi avete conces­so su di essi. Giovanni avrà due vesti e un mantello che ho usato per coprirmi, essendo per me come un figlio. Sup­plico la terra di accogliere la mia salma, dal momento che è madre comune del genere umano. Consegno nelle vostre mani la mia anima, spogliata della carne e di quello che è visibile, affinché vi ami ed esalti perennemente. Nomino la Chiesa erede universale di tutto ciò che ho acquistato con il vostro soccorso e con i miei atti, e vorrei che fosse assai di più. In primo luogo bramo che sia utile per la ma­gnificazione del vostro nome, e perché la vostra volontà sia fatta in cielo come in terra e tutti i popoli vi conosca­no e vi rendano culto».

725. «In secondo luogo l'offro per gli apostoli e per i sa­cerdoti presenti e futuri, perché per la vostra ineffabile cle­menza siano idonei al loro ministero, ed edifichino con pie­nezza di scienza e di virtù coloro che avete redento con il vostro sangue. In terzo luogo lo dono per il profitto spiri­tuale dei miei devoti che mi invocheranno, perché riceva­no la vostra protezione e infine la beatitudine. In quarto luogo vi scongiuro di ritenervi impegnato dalle mie fatiche a favorire i peccatori, perché escano dal triste stato della colpa, e da adesso mi propongo di intercedere per loro per i secoli dei secoli. Ecco che al vostro cospetto ho procla­mato la mia ultima volontà, sempre sottomessa alla vostra». Dio approvò tutto e Cristo firmò, scrivendole nel cuore que­ste parole: «Si compia quello che volete e stabilite».

726. Quando anche noi mortali, specialmente se nati nella legge di grazia, non avessimo altra obbligazione ver­so Maria che questa di essere divenuti eredi dei suoi enor­mi meriti e di quanto è contenuto nel suo breve e arcano testamento, non potremmo contraccambiare neppure qua­lora dessimo la vita sostenendo i tormenti dei più eroici martiri. Non adduco poi alcun paragone con il nostro de­bito per gli immensi meriti che Gesù ci ha lasciato, poi­ché non ne trovo. Quale scusa esibiranno dunque i repro­bi, che non si avvalsero né degli uni né degli altri, ma li trascurarono e dimenticarono? Che strazio e dispetto sarà il loro allorché, senza rimedio, capiranno di aver perso de­finitivamente tanti tesori per un diletto passeggero? Am­metteranno allora la rettitudine con cui a ragione saranno castigati e allontanati dal Maestro e dalla pietosissima Si­gnora, che con stolta temerarietà spregiarono.

727. Quindi, la Regina rese grazie all'Onnipotente e, chiesta licenza di presentargli un'altra implorazione, sog­giunse: «Padre delle misericordie, se sarà di vostro ap­prezzamento e a vostra gloria, desidero che assistano al mio transito gli Undici, vostri unti, con gli altri discepoli, affinché preghino per me ed io parta con la loro benedi­zione». Il suo Unigenito le rispose: «Mia colomba, già ven­gono a voi: quelli che sono vicini giungeranno presto, men­tre a quelli che sono distanti invierò i miei angeli perché li trasportino qui. È, infatti, mio beneplacito che in tale circostanza vi siano tutti accanto, per consolazione vostra e anche loro, e per ciò che sarà a mio e vostro maggiore onore». Ella, prostrandosi al suolo, lodò la Trinità , che su­bito tornò all'empireo.

 

Insegnamento della Regina del cielo

728. Carissima, vedendoti stupita della mia stima e del mio sconfinato amore per la Chiesa , intendo aiutarti a con­cepire più profondo rispetto e venerazione per essa. Finché sei viatrice non puoi comprendere quello che avveniva nel mio intimo quando la osservavo, ma ne penetrerai più di quanto tu abbia fatto finora se pondererai che cosa mi muoveva, cioè la carità e le opere di sua Maestà verso la me­desima; devi meditarle di giorno e di notte, giacché ti ri­veleranno la sua tenerezza. Per esserne capo in questo mondo e per esserlo dei predestinati per tutta l'eternità, egli scese dal seno dell'Altissimo nel mio grembo. Per sal­vare i suoi fratelli, smarriti per la caduta di Adamo, as­sunse la loro carne passibile. Per darci l'esempio della sua vita innocentissima e trasmetterci il suo insegnamento ve­ro e salutare, dimorò fra gli uomini per trentatré anni. Per riscattarli efficacemente e guadagnare loro infiniti beni che da soli non sarebbero stati capaci di conquistare, sopportò un durissimo supplizio, sparse il proprio sangue, accettò la dolorosa e vergognosa morte di croce e, affinché dal suo sacro corpo ormai defunto uscisse misteriosamente la Chie ­sa, permise che esso fosse squarciato con la lancia.

729. Poiché il Creatore si compiacque tanto della sua esistenza terrena e della sua passione, il Redentore dispo­se che i fedeli offrissero il sacrificio del suo corpo e del suo sangue, in cui si rinnovasse la sua memoria, fosse placata e soddisfatta la giustizia divina e contemporaneamente egli rimanesse in perpetuo come alimento spirituale, perché tut­ti avessero con sé la fonte stessa della grazia, nonché il via­tico e il pegno sicuro della beatitudine. Inoltre, mandò al­ la Chiesa il Paràclito per colmarla dei suoi doni e della sua sapienza, promettendo che sempre l'avrebbe guidata e di­retta senza errori, dubbi e pericoli. L'arricchì con i suoi meriti tramite i sacramenti, che istituì nel numero conveniente, secondo quanto ci è necessario dalla nascita all'ul­timo respiro, per lavarci dai peccati, per sostenerci nella perseveranza e nella lotta contro i demoni, per soggiogare gli impulsi naturali, eleggendo ministri idonei a tutto ciò. Nella Chiesa militante si intrattiene familiarmente con le anime pure e le fa partecipi dei suoi segreti favori, compie miracoli e meraviglie per mezzo di esse, si ritiene vincola­to dai loro atti, ascolta le suppliche che gli rivolgono per sé o per altri, così che si conservi la comunione dei santi.

730. Vi ha posto un'ulteriore sorgente luminosa: le Scrit­ture e i Vangeli, dettati dallo Spirito, le definizioni dei con­cili e la tradizione certa ed antica. Le ha inviato al momento opportuno dottori pieni di scienza, maestri e dotti, predica­tori e sacerdoti in abbondanza. L'ha rischiarata con mirabi­li testimoni, l'ha adornata con vari ordini religiosi, nei qua­li si custodisce e si professa la vita perfetta e apostolica; la regge attraverso molti prelati e molte dignità e, affinché tut­to proceda con accordo, ha stabilito al di sopra di tale cor­po mistico e bellissimo un'autorità, il pontefice romano, che ha dotato di somma potestà e che difenderà sino alla fine dalle forze degli inferii. Tra simili benefici, non è stato il minore l'avermi lasciata dopo la sua ascensione a governarla e piantarla con la mia presenza e con le mie virtù, e da al­lora io la considero come mia, avendomi Dio comandato di averne cura in quanto sua madre e signora.

731. Questi sono i grandi motivi che io ebbi ed ho tut­tora per amarla nella misura che hai inteso, e questi voglio che risveglino e accendano il tuo cuore ad imitarmi in quel­lo che ti compete come mia discepola e come figlia mia e sua. Venerala e rispettala con tutta te stessa, godi e appro­fitta dei tesori che con il loro medesimo Autore vi sono de­positati. Procura di unirla a te e di unirti ad essa, poiché è tuo rifugio, rimedio e conforto nei travagli, è tua speranza nell'esilio, è verità e luce nelle tenebre che ti circondano. Affaticati per essa per tutto il tempo che ti resta, perché ti è stato concesso allo scopo che ricalchi le mie orme nella mia instancabile sollecitudine; questa è la tua maggiore for­tuna, che devi eternamente riconoscere. Ti avverto che con il suddetto desiderio ti ho applicato buona parte dei suoi beni, affinché racconti la mia storia, e che sua Maestà ti ha scelta come strumento per comunicare i suoi arcani per la sua gloria. Non immaginare che, per aver lavorato pa­recchio in ciò, tu gli abbia dato un po' del contraccambio con cui disobbligarti, giacché anzi sei ancor più tenuta a mettere in pratica quello che hai annotato. Fintanto che non l'avrai fatto sarai povera e debitrice, e con rigore ti sarà chiesto conto di quanto hai ricevuto. Impegnati adesso per essere senza affanno e pronta nell'ora della morte, e nulla ti impedisca di accogliere lo sposo. Rifletti su come fossi priva di ogni ostacolo, libera e distaccata da ogni cosa ter­rena, e regolandoti così fa' in modo che non ti manchi l'o­lio dell'amore per entrare con lui alle nozze per le porte della sua infinita clemenza e misericordia.