11 - Con nuovi benefici il Signore sollevò Maria santissima.
Suor Maria d'Agreda

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Con nuovi benefici il Signore sollevò Maria santissima al di sopra dello stato di cui si è parlato nel capitolo ottavo di questo libro.
595. La Signora del cielo, trovandosi nella disposizione da me narrata nel capitolo ottavo, fu nutrita con il cibo assegnatole da Dio per i milleduecentosessanta giorni menzionati dall'Evangelista nell'Apocalisse. Questo lasso di tempo corrisponde più o meno a tre anni e mezzo, trascorsi i quali Maria santissima compì sessant'anni. Ciò accadde nel quarantacinquesimo anno del Signore. E come la pietra aumenta di velocità avvicinandosi al centro, verso il quale si muove naturalmente, così più la Regina dell'universo si approssimava al termine della sua santa vita, più erano forti gli impeti del suo desiderio e rapidi i voli della sua anima purissima per giungere al centro della sua eterna pace. Nell'istante della sua immacolata concezione era uscita, simile a un ricco fiume, dall'oceano della Trinità, dalla quale era stata pensata da sempre e, grazie alle correnti di molteplici doni, favori, virtù e meriti, era cresciuta in modo che ormai il mondo creato le risultava angusto. Con un movimento accelerato e quasi impaziente della sua sapienza e della sua carità, si affrettava a ritornare ad unirsi al mare dal quale era fluita per traboccare poi un'altra volta, con materna clemenza, sulla Chiesa.
596. Già negli ultimi anni, per la dolce violenza dell'amore, ella viveva una sorta di martirio continuo. Infatti, è senza dubbio verità filosofica che in questi moti dello spirito il centro attragga con forza crescente ciò che gli si avvicina. Ora, tra l'infinito, sommo Bene e la beatissima Vergine c'era una prossimità tale che solo il muro della mortalità li separava - come ella disse nel Cantico - senza tuttavia impedire loro di vedersi e guardarsi reciprocamente con amore; ed era un amore tanto impaziente di soffrire a causa degli ostacoli all'unione con l'oggetto amato da non volere altro che vincerli per giungere a realizzarla. Il Figlio bramava questa unione, ma lo tratteneva il bisogno della Chiesa di avere una simile maestra; anche la dolcissima Madre vi aspirava e, benché si trattenesse dal domandare di morire per conseguirla, non poteva raffreddare il fervore che provava nell'intimo, per il quale sentiva acutamente il tormento della vita terrena e delle sue catene che le frenavano il volo.
597. Ella intanto pativa i dolori dell'amore, che è forte come la morte, finché non fosse arrivato il tempo stabilito dall'eterna Sapienza. In mezzo a quelle pene, chiamava l'amato perché uscisse fuori dalle sue stanze segrete, scendesse nella campagna, si fermasse nel suo villaggio e vedesse i fiori fragranti e i dolci frutti della sua vigna. Con le frecce dei suoi sguardi e dei suoi desideri ella ferì l'amato nell'intimo, lo fece volare dalle altezze e venire alla sua presenza. Un giorno avvenne che l'ardente anelito del la Tuttasanta crebbe talmente che ella poteva veramente affermare di essere malata d'amore. Infatti, pur non avendo i difetti delle nostre umane passioni, si ammalò per gli slanci del cuore, che si mosse dal suo posto. Il Signore lo permise affinché, come egli stesso era la causa dell'infermità, così lo fosse gloriosamente della guarigione. Gli spiriti celesti che aiutavano la Regina , meravigliati per la forza e per gli effetti della sua carità, le parlarono con il linguaggio loro proprio per darle un po' di sollievo con la sicura speranza del bramato possesso dell'amato. Simili rimedi, però, non spegnevano la fiamma, ed anzi la ravvivavano maggiormente. Sua Altezza li scongiurò di riferire al suo diletto che era malata d'amore ed essi replicarono consegnandole i contrassegni da lei desiderati; ma per la veemenza dei dolori, dovette essere sorretta dai suoi custodi lì presenti in forma visibile. In questa e in altre circostanze dei suoi ultimi anni, si realizzarono nell'unica e degna sposa tutti i misteri nascosti nel Cantico di Salomone.
598. Il Redentore scese dal paradiso a visitarla seduto su un trono di gloria e accompagnato da migliaia di angeli che lo lodavano e magnificavano. Accostandosi alla gran Signora, la confortò nel suo struggimento e la rinvigorì, dicendole allo stesso tempo: «Dilettissima Madre mia, scelta per il nostro beneplacito, i gemiti e i sospiri del vostro cuore amorevole hanno ferito il mio. Venite, mia colomba, alla patria beata dove la vostra sofferenza si cambierà in gaudio, le vostre lacrime in gioia; là vi riposerete dalle vostre pene». Subito le schiere celesti, per ordine del Signore, posero Maria santissima sul trono accanto a lui e tra musiche divine salirono tutti all'empireo, dove ella adorò la Tri nità. L'umanità di Cristo nostro salvatore la teneva sempre vicino a sé, procurando giubilo accidentale ai cortigiani del cielo; quand'ecco che sua Maestà, mostrando di voler parlare e quasi chiedendo - a nostro modo d'intendere - nuova attenzione ai santi, si rivolse così all'Eterno:
599. «Padre mio, questa è la donna che mi diede forma d'uomo nel suo talamo verginale, che mi nutrì al suo seno e mi sostentò col suo lavoro, che mi accompagnò nei miei affanni e cooperò con me alla redenzione umana, che fu sempre fedelissima e obbedì indefettibilmente alla nostra volontà col nostro pieno compiacimento. È immacolata e pura, in quanto degna madre mia; per ciò che ha fatto ha raggiunto la santità perfetta che la nostra infinita potenza le ha comunicato. Quando aveva già conquistato il premio e avrebbe potuto goderne definitivamente, se ne privò per la sola nostra gloria, ritornando nella Chiesa militante al fine di collaborare alla sua fondazione, al suo governo e al suo' magistero. Inoltre, poiché vivendo in essa sosteneva i fedeli, le abbiamo differito il riposo imperituro di cui più volte avrebbe avuto il diritto. Nella somma benevolenza ed equità della nostra provvidenza, è giusto che ella venga ricompensata dell'amore e delle opere con cui ci obbliga più di tutti, né per lei deve valere la legge comune agli altri esseri umani. Sebbene io abbia guadagnato loro premi e grazie senza misura, è giusto che colei che mi generò, la più alta delle creature, ne riceva di maggiori, giacché col suo agire corrisponde perfettamente alla nostra generosità e niente in lei ostacola la manifestazione della forza del nostro braccio e la partecipazione, da parte sua, ai nostri tesori quale regina dell'universo».
600. A queste parole il Padre rispose: «Figlio mio, nel quale ho posto la mia compiacenza, voi siete il primogenito e il capo dei predestinati, ogni cosa ho messo nelle vostre mania affinché giudichiate rettamente le tribù, le generazioni e tutti i viventi'. Distribuite i miei inesauribili doni e comunicateli a vostro arbitrio alla nostra Diletta, che vi vestì di carne mortale, conformemente al suo titolo e al suo merito, tanto stimabili ai nostri occhi».
601. Il Redentore promise all'augusta genitrice che da allora in avanti, quando la domenica ella terminava gli esercizi corrispondenti alla risurrezione, fosse innalzata dagli angeli in paradiso e, stando alla presenza dell'Altissimo, celebrasse là in anima e corpo il gaudio di quel mistero. Così stabilì il Verbo incarnato con il beneplacito dell'Eterno e davanti ai santi; inoltre decise che al momento della comunione le avrebbe mostrato la sua santissima umanità e divinità in un modo nuovo, mirabile, diverso dal precedente, cosicché tale beneficio fosse una ricca caparra della gloria che egli le aveva preparato nell'eternità. I beati conobbero quanto fosse giusto che, in onore di Dio e a dimostrazione della sua grandezza, Maria santissima ricevesse simili favori a motivo della propria santità e dignità e della conveniente retribuzione che ella sola rendeva per quelle azioni; e insieme agli spiriti celesti intonarono nuovi cantici di lode al Signore, che è santo, giusto e ammirabile in tutto ciò che compie.
602. Cristo nostro bene, poi, si rivolse alla gran Signora: «Amatissima Madre mia, vi do la mia parola: finché rimarrete sulla terra starò sempre con voi, in una maniera straordinaria sinora ignorata dagli uomini e dagli angeli. Con la mia presenza non proverete mai la solitudine; dove sono io, lì sarà la mia patria; in me troverete riposo dalle vostre ansie amorose. Io compenserò il vostro esilio, che pure è di breve durata. Non siano più una pena i legami del corpo mortale, perché presto ne sarete libera. Fintantoché non giungerà quel giorno, io sarò la fine delle vostre afflizioni e di tanto in tanto aprirò la cortina che impedisce la realizzazione delle vostre aspirazioni». La Vergine ascoltava tali promesse di grazia mantenendosi profondamente umile, lodando, esaltando e ringraziando l'Onnipotente per la generosità del grande beneficio accordatole, e ritenendosi un nulla. Un simile spettacolo non si può spiegare né intendere in questa vita: Dio che innalza giustamente la sua degna Madre a così sublime altezza e nella sua sapienza e volontà tanto la stima, ed ella che è come in lotta col potere divino per abbassarsi e annientarsi, meritando proprio con ciò l'esaltazione che riceve!
603. Dopo questo fu illuminata e le sue facoltà vennero accresciute - come già altre volte si è detto -, affinché fosse pronta per la visione beatifica. Fu aperto il velo e vide Dio intuitivamente, godendo per alcune ore la fruizione e la gloria essenziale più di tutti i beati. Beveva le acque della vita alla loro stessa sorgente, appagava i suoi ardentissimi desideri, giungeva al suo centro e cessava quel movimento velocissimo per poi riprenderlo daccapo. Al termine di quella visione rese grazie alla beatissima Trinità e ancora pregò per la Chiesa. Completamente rinnovata e confortata, fu ricondotta dagli spiriti celesti all'oratorio, dove sembrava che fosse rimasto il suo corpo - secondo le modalità da me narrate altre volte - perché non si venisse a sapere della sua assenza. Appena scesa dalla nuvola nella quale era stata portata al cospetto della divina Maestà, si prostrò a terra come al suo solito e si umiliò più di quanto abbiano fatto i figli di Adamo riconoscendo la loro indegnità in seguito al peccato. Da quel giorno si adempì in lei la promessa del Signore: ogni domenica, quando, passata la mezzanotte, finiva gli esercizi della passione e giungeva l'ora della risurrezione, veniva sollevata dai suoi angeli su un trono di nube e trasportata in paradiso, dove suo Figlio le andava incontro e con una sorta d'ineffabile abbraccio la univa a sé. Non sempre le si manifestava intuitivamente la Divinità ; tuttavia quella visione, che non era gloriosa, aveva effetti analoghi che superavano ogni capacità umana. In tali circostanze le schiere beate le cantavano "Regina coeli, laetare, alleluia" e quello era giorno di grande festa per i santi, specialmente per san Giuseppe, sant'Anna, san Gioacchino, per i più stretti congiunti della gran Signora e per i suoi angeli custodi. Ella subito parlava col Signore delle questioni più complesse della Chiesa, pregava per essa e per ciascuno degli apostoli e ritornava sulla terra colma di ricchezze, simile alla nave del mercante menzionata da Salomone nei Proverbi.
604. Maria aveva in qualche modo diritto a questo favore, che pur restava singolare dono dell'Altissimo, per due motivi: primo, perché ella stessa aveva rinunciato volontariamente alla visione beatifica che le era dovuta per i suoi meriti; se ne era infatti privata per occuparsi del governo della Chiesa. L:intensità dell'amore e della brama di vedere Dio la condusse molte volte vicino alla morte, cosicché il mezzo più adatto a conservarla in vita era quello di trasportarla di tanto in tanto alla sua presenza; e ciò che era possibile e opportuno veniva ad essere come debito del Figlio verso la Madre. L'altro motivo consisteva nel fatto che doveva risuscitare con Gesù, lei che ogni settimana ne rinnovava in sé la passione e in un certo senso moriva di nuovo con lui. Siccome sua Maestà si trovava già glorioso nel cielo, era logico che con la sua presenza rendesse la Ver gine partecipe e imitatrice del gaudio della risurrezione, affinché con quella gioia raccogliesse il frutto dei dolori e delle lacrime che aveva seminato.
605. Riguardo al secondo beneficio che Cristo le promise a proposito dell'eucaristia, avverto che, fino al tempo di cui sto parlando, in alcuni giorni la gran Regina non si cibava del pane celeste, come durante il viaggio ad Efeso, o quando san Giovanni era assente, o se capitavano altri contrattempi. La sua profonda umiltà la obbligava ad adattarsi alle evenienze senza chiedere nulla agli apostoli, rimettendosi a quanto essi avrebbero disposto. In tutto infatti fu modello e maestra di perfezione, insegnandoci l'abbandono necessario anche in ciò che ci pare molto santo e opportuno. Ma il Salvatore, che riposa nei cuori semplici e che soprattutto voleva dimorare in quello di sua Madre rinnovandovi spesso i suoi prodigi, ordinò che ella si comunicasse quotidianamente per il resto della sua vita. Sua Altezza conobbe nel cielo la volontà del Figlio, ma, essendo prudentissima nell'agire, decise che questa si compisse per mezzo dell'obbedienza e di san Giovanni, al fine di comportarsi in ogni cosa che la riguardava come inferiore, umile, soggetta a chi la guidava.
606. Per tale ragione non volle essere lei a manifestare all'Evangelista quello che sapeva del volere divino. Un giorno accadde che il santo Apostolo fu molto occupato nella predicazione e l'ora consueta della comunione passò. L'umilissima Signora consultò i santi angeli su ciò che dovesse fare ed essi le risposero che si doveva eseguire il comando di Cristo, che avrebbero avvertito san Giovanni e gli avrebbero ingiunto l'ordine del Maestro. Subito uno di loro si recò dove egli stava predicando e apparendogli disse: «Giovanni, il Signore vuole che sua Madre, nostra regina, lo riceva sacramentato tutti i giorni finché vivrà nel mondo». All'udire il messaggio, l'Evangelista ritornò immediatamente nel cenacolo, dove Maria si trovava in raccoglimento, aspettando la comunione. Le disse: «Madre e signora mia, un angelo mi ha manifestato l'ordine del nostro Dio di amministrarvi ogni giorno il suo corpo sacramentato». Ed ella rispose: «Voi che cosa mi ordinate al proposito?». Replicò san Giovanni: «Che si faccia ciò che il vostro Figlio comanda». Ed ella: «Ecco la sua schiava pronta ad ubbidirvi». In seguito a questo episodio partecipò al sacro convito quotidianamente per tutto il resto della sua vita. Quanto ai tre giorni degli esercizi, soltanto il venerdì e il sabato riceveva l'eucaristia, perché - lo si è detto precedentemente - la domenica essa era sostituita dalla sua salita all'empireo.
607. Da allora in avanti, quando si cibava del pane divino, le si rivelava il Verbo come uomo, dell'età che egli aveva quando aveva istituito il santo sacramento. In tale circostanza, benché la Divinità le si svelasse solamente con la visione astrattiva che sempre aveva, l'umanità santissima le si manifestava gloriosa, molto più risplendente ed ammirabile che nella trasfigurazione sul Tabor. Questa sublime esperienza, di cui godeva per tre ore di seguito e con effetti inesprimibili a parole, fu il secondo beneficio che suo Figlio le aveva promesso per compensarla un po' della dilazione della gloria eterna preparata per lei. Sua Maestà operò quella meraviglia anche per essere ripagato anzitempo dell'ingratitudine, della tiepidezza e della cattiva disposizione che noi figli di Adamo avremmo avuto lungo i secoli nell'accostarci al sacro mistero del suo corpo e del suo sangue. Se la Vergine immacolata non avesse supplito alla mancanza di tutte le creature, tale favore non sarebbe stato degnamente riconosciuto da parte della Chiesa e Cristo non sarebbe rimasto soddisfatto della corrispondenza che gli uomini gli devono per essersi d to a loro in questo sacramento.
Insegnamento della Regina del cielo
608. Figlia mia, quando i mortali giungono al termine del fugace corso della loro esistenza, fissato da Dio perché meritino quella imperitura, svaniscono anche i loro inganni con l'esperienza dell'eternità, nella quale entrano per ricevere la gloria o la pena senza fine. Allora conoscono i giusti la loro felicità, i reprobi la loro perdizione. Oh, quanto è fortunata, figlia mia, l'anima che nel breve tempo della sua vita procura di acquistare anticipatamente la scienza divina di ciò che così presto dovrà imparare per esperienza! Questa è la vera sapienza: non aspettare di conoscere la meta alla conclusione della corsa, ma farlo al principio per correre con qualche sicurezza e non con tanti dubbi di conseguirla. Adesso, dunque, considera tu come si comporterebbero quelli che, all'inizio di una gara, guardassero all'inestimabile premio posto al traguardo e dovessero guadagnarlo correndo fin là con ogni diligenza. Certamente costoro correrebbero alla massima velocità senza distrarsi e, se non lo facessero, sarebbero considerati pazzi o ignari di quello che perdono.
609. Così è la vita terrena degli uomini: è limitata nel tempo ma le è preparata, quale ricompensa o punizione, un'eternità di gloria oppure di tormento, che mette termine alla corsa. Si nasce per parteciparvi con l'uso della ragione e con il libero arbitrio; in tale verità nessuno può addurre la scusa dell'ignoranza, tantomeno i figli della Chiesa. Dov'è dunque il senno di quanti professano la fede cattolica? Perché si lasciano irretire dalla vanità? Perché o a quale scopo s'inviluppano nell'amore per ciò che è fallace? Perché ignorano pervicacemente la fine a cui giungeranno tanto in fretta? Come mai fingono di misconoscere quello che li attende? Non sanno, forse, che nascono per morire, che il loro passaggio sulla terra è veloce, la morte ineluttabile, il premio o il castigo inevitabile ed eterno? Che cosa rispondono a tutto questo coloro che vivono secondo la carne, che consumano la loro esistenza transeunte - giacché ogni vita lo è - acquistando beni, accumulando onori, impiegando le proprie capacità ed energie nel godere di piaceri corruttibili e vilissimi?
610. Guarda, figlia mia: è falso e sleale il mondo nel quale sei nata e che hai davanti agli occhi. Voglio che tu, abitando in esso, sia mia discepola ed imitatrice, parto dei miei desideri e frutto delle mie preghiere. Dimenticalo interamente con intima ripugnanza; non perdere di vista la meta verso cui cammini sollecita e il fine per cui il tuo Creatore ti formò dal nulla. Questa sia sempre la tua brama, l'oggetto dei tuoi pensieri e dei tuoi desideri; non volgerti verso realtà vane e transitorie; viva in te solo la carità divina e consumi tutte le tue forze, poiché quella che le lascia libere di amare un'altra cosa e non le assoggetta, doma e mortifica non è vera carità. In te essa sia forte come la morte, affinché tu venga rinnovata conforme al mio volere. Non ostacolare la volontà del mio Figlio santissimo in ciò che intende operare con te e sii certa della sua fedeltà, che rimunera dando il cento per uno. Medita con umile venerazione in quale modo egli finora si sia manifestato a te. Inoltre, ti esorto a fare ancora esperienza della sua verità, secondo il mio comando. Tenendo presenti queste finalità, appena avrai finito di scrivere questa Storia continuerai i miei esercizi con attenzione sempre vigile. Rendi grazie al Signore per il grande e stimabile beneficio di aver disposto, per mezzo dei tuoi superiori, che tu lo riceva ogni giorno sacramentato e, preparandoti alla comunione sul mio esempio, continua le preghiere che ti ho insegnato.