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Domenica, 19 maggio 2024 - San Celestino V - Pietro di Morrone ( Letture di oggi)

33-15 Maggio 6, 1934 Primo scopo della Redenzione: Ripristinare la Vita della Divina Volontà nella creatura. Come Dio fa le cose minori per dare il posto alle sue opere maggiori.

La Divina Volontà - Libro 33°

33-15 Maggio 6, 1934 Primo scopo della Redenzione: Ripristinare la Vita della Divina Volontà nella creatura. Come Dio fa le cose minori per dare il posto alle sue opere maggiori.
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(1) Sono sotto le onde altissime del Fiat Divino, il quale, le cose e tutti i suoi atti divini fa vedere e toccare con mano che tutti hanno origine del Voler Divino, e tutti sono portatori d’un Volere sì Santo. Sicché fine primario di Dio, tanto nella Creazione quanto nella Redenzione, non fu altro il suo scopo che formare la sua Vita palpitante di Volontà Divina in ciascuna creatura ed in tutto, voleva il suo posto regio, e trasfusione di tutte le cose e di ciascun atto nella sua Volontà, e con giustizia e con ragione, essendo Essa l’Autrice di tutto e di tutti, che meraviglia che vuole il suo posto di diritto in tutto? ” Onde seguendo la Divina Volontà negli atti suoi, sono giunta alla Redenzione, ed il mio amato Gesù soffermandomi e sospirando mi ha detto:

(2) “Figlia mia, eppure fine primario della Redenzione, nella nostra mente divina, fu il ripristinare il regno della Divina Volontà nella creatura; era questo di Divino che avevamo messo in essa, la nostra Volontà operante, l’atto più nobile, più bello, e che in virtù di questo Noi amavamo la creatura fino alla follia, perché aveva del nostro, Noi amavamo Noi stessi in essa e perciò il nostro Amore era perfetto, pieno ed incessante, e come se non ci potessimo disfare di essa, sentivamo la nostra stessa Volontà che da dentro la creatura ci imponeva ad amarla, e se scesi dal Cielo in terra fu l’Impero, la Potenza del mio Fiat che mi chiamò perché voleva i suoi diritti ed essere ripristinato e messo in salvo il suo atto nobile e divino. Ci sarebbe mancato l’ordine e avremmo agito contro natura, se scendendo dal Cielo avessi messo in salvo le creature, e la nostra Volontà, ciò che di Divino, l’atto nostro più bello messo in esse, principio, origine e fine di tutto, non metterlo in salvo e restituirgli il suo regno in esse. Ma chi è che non pensa a salvare primo sé stesso e poi gli altri? Nessuno, e se non può salvare sé stesso, è segno che non terrà né virtù, né potere di salvare gli altri. Col ripristinare il regno della mia Volontà nella creatura, Io facevo l’atto più grande, atto che solo può fare un Dio, cioè mettere in salvo la mia stessa Vita nella creatura, e salvando Me stesso tutti erano messi al sicuro, non più pericoli, perché tenevano una Vita Divina in poter loro in cui avrebbero trovato tutti i beni che volevano. Quindi la mia Redenzione, la mia Vita, le mie pene, la mia morte, servirà a disporre le creature ad un tanto bene e come preparativo al grande portento del regno della mia Volontà nelle umane generazioni, e se ancora non si veggono i frutti, la vita di Esso, ciò dice nulla, perché nella mia Umanità c’è il germe, la Vita del mio Fiat, quindi questo germe possiede la virtù di formare la lunga generazione di tant’altri semi nei cuori per rigenerare in essi, la ripristinazione della Vita della mia Volontà nelle creature. Perciò non vi è atto fatto dall’Ente Supremo che non esca dalla nostra Volontà, ed è tanto il suo amore, che si mette come vita nell’atto nostro, e come vita reclama i suoi diritti che vuole svolgere la sua Vita; quindi, come Io potevo venir a redimere se non restituivi questi diritti alla mia Volontà? Questi diritti per venire a redimere le furono restituiti nella mia Madre Celeste, nella mia Umanità, e solo perché ebbe questi primi diritti potette venire a redimere, altrimenti non troverei né la via, né il luogo dove scendere, e la mia Umanità si compromise con Essa, a via di pene, di restituirle questi diritti di farla regnare a suo tempo nell’umana famiglia. Perciò tu prega, e unita con Me non risparmiare il sacrificio della tua vita per una causa sì santa e divina, e di amore più eroico e grande verso tutte le creature”.

(3) Onde sono restata impensierita di ciò che sta scritto di sopra e pensavo tra me: “Come può essere che mentre dice che il suo fine primario della sua venuta sulla terra fu per stabilire il regno della Divina Volontà, sebbene era connessa insieme la Redenzione, mentre i frutti della Redenzione si veggono abbondantemente, e quelli del suo Fiat regnante non si vede quasi nulla ancora? E Gesù ha soggiunto:

(4) “Figlia mia, sarebbe assurdo e contro l’ordine divino non dare il primato alla nostra Volontà, come difatti lo demmo. Posso dire che prima incominciò il regno della Volontà Divina nella mia Madre Celeste, poi nella mia stessa Umanità, cui possedeva tutta la pienezza della Volontà Suprema, e poi venne la Redenzione, e siccome Io e la Regina del Cielo, in virtù di questo regno che possedevamo nel suo pieno vigore, rappresentavamo tutta l’umana famiglia come capi per riunire tutte le membra sparse, perciò potette venire la Redenzione. Fu proprio da dentro il regno della mia Volontà che uscì la Redenzione; se Io e la mia Madre non l’avessimo posseduto, sarebbe stato un sogno e restato nella nostra mente divina. Ora essendo il Capo, il Re, il Salvatore ed il vero santificatore dell’umano genere, ciò che c’è nel Capo hanno diritto le membra, ciò che possiede la Madre hanno diritto di ereditare i figli, ecco perciò la Redenzione: Il Capo vuol sanare le membra e vincolarle a via di pene e di morte per fruire in esse le virtù del Capo; la Madre vuol riunire i figli, farsi conoscere, per costituirli eredi di ciò che Essa possiede; ecco la necessità del tempo, in modo che dal regno della mia Volontà uscì la Redenzione come atto primo, e la Redenzione servirà come mezzo potente per comunicare alle membra il regno che possiede il Capo, l’uno e l’altro si daranno la mano. E poi se amo tanto, voglio, insisto, che le creature in tutte le cose hanno solo per principio la sola mia Volontà. Io poi che ne posseggo la Vita e che dovevo scendere dal Cielo in terra, e che tanto mi doveva costare, non dovevo dare il primato alla mia Volontà? Ah! figlia mia, questo dice che non si conosce a fondo, mentre ha più valore un atto di mia Volontà che tutte le creature unite insieme, ed è tanto certo, che dalla mia Volontà ebbe vita la Redenzione, mentre la Redenzione non teneva virtù di dar vita alla mia Volontà. Il mio Fiat è eterno, non ebbe principio né nell’eternità né nel tempo, mentre la Redenzione ebbe il suo principio nel tempo, e siccome il mio Volere non ha principio ed è il solo che può dar vita a tutto, quindi possiede in natura sua il primato su tutto, e non vi è cosa che facciamo che non abbiamo il nostro fine primario: “Che la nostra Volontà abbia la sua Vita dominante, operante e regnante”. Ma tu dici che i frutti della Redenzione si veggono, mentre quelli del regno della Divina Volontà non si vede nulla; questo dice che non si comprendono i nostri modi divini; facciamo le cose minori per dare il posto alle nostre opere maggiori e per effettuare il nostro fine primario. Ascoltami figlia mia, nella Creazione il nostro scopo primario era l’uomo, ma invece di creare l’uomo, prima creammo cieli, sole, mare, terra, aria, venti, come abitazione dove mettere quest’uomo e fargli trovare tutto ciò che occorreva per farlo vivere; nella stessa creazione dell’uomo prima facemmo il corpo e poi gli infusi l’anima, più preziosa, più nobile e che contiene più valore del corpo; molte volte è necessario fare prima le opere minori per preparare la decenza, il posto alle nostre opere maggiori. Che meraviglia dunque che nello scendere dal Cielo in terra, nella nostra mente divina il nostro fine primario era di costituire il regno della nostra Volontà in mezzo all’umana famiglia? Molto più che la prima offesa che ci fece l’uomo, fu proprio diretta alla nostra Volontà, quindi con giustizia, il primo nostro fine doveva essere diretto a rinsaldare la parte offesa della nostra Volontà e a restituirle il suo posto regio, e poi veniva la Redenzione; e la Redenzione venne in modo sovrabbondante, con tali eccessi d’amore da far strabiliare Cielo e terra. Ma perché prima? Perché doveva servire a preparare con decenza, con decoro, con sontuosità, col corredo delle mie pene e della mia stessa morte, come regno, come esercito, come abitazione e come corteggio, a far regnare la mia Volontà. Per sanare l’uomo ci volevano le mie pene, per dargli la vita ci voleva la mia morte, eppure sarebbe bastata una mia lacrima, un mio sospiro, una sol goccia del mio sangue per salvare tutti, perché tutto ciò che Io facevo era animato dalla mia Volontà Suprema. Posso dire che era Essa nella mia Umanità che correva in tutti gli atti miei, nelle mie pene più strazianti, per cercare l’uomo e metterlo in salvo, come dunque si può negare il primo scopo ad un Volere sì santo, sì potente, che abbraccia tutto e che non vi è vita né bene senza di Esso? Perciò è assurdo il solo pensarlo. Quindi voglio che in tutte le cose la riconosci come atto primo di tutto, così ti metterai nel nostro ordine divino, che non vi è cosa in che non diamo il primato alla nostra Volontà”.