Scrutatio

Domenica, 19 maggio 2024 - San Celestino V - Pietro di Morrone ( Letture di oggi)

29-20 Giugno 5, 1931 Com’è necessario farsi gli amici nel bel tempo. Dolore di Gesù per l’abbandono degli Apostoli. L’umana volontà, carcere della creatura.

La Divina Volontà - Libro 29°

29-20 Giugno 5, 1931 Com’è necessario farsi gli amici nel bel tempo. Dolore di Gesù per l’abbandono degli Apostoli. L’umana volontà, carcere della creatura.
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(1) Sono sempre nel mare del Voler Supremo, oh! quante belle cose si trovano in Esso, ci sono tutti gli atti di Gesù come in atto, ci sono quegli della Sovrana Signora, ci sono quegli del nostro Padre Celeste, che ha fatto e che farà; è un mare non diviso, ma unico, interminabile, è tutto. In questo mare non ci sono pericoli, né timori di cadute, perché la felice creatura che vi entra lascia le sue spoglie e prende le spoglie divine. Onde mentre stavo in questo mare, il mio dolce Gesù mi ha fatto presente quando nella sua Passione gli apostoli si dispersero, fuggirono da Lui lasciandolo solo e abbandonato in mezzo ai nemici. Ed il mio Sommo Bene Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, il dolore più grande che ebbi nella mia Passione, il chiodo che più mi trafisse il cuore, fu l’abbandono e la dispersione dei miei apostoli, non avevo un’occhio amico in cui potevo riscontrare il mio sguardo; l’abbandono, le offese, la noncuranza degli amici, supera, oh! quanto, tutti i dolori e anche la morte che possono dare i nemici. Io lo sapevo che gli apostoli mi dovevano dare questo chiodo, e vilmente se ne sarebbero fuggiti da Me, ma a ciò non badai, perché figlia mia, chi vuol fare un’opera non deve badarci alle sue pene, anzi deve farsi gli amici nel bel tempo, quando tutto le sorride d’intorno, a passo passo semina trionfi e prodigi, non solo, ma comunica la forza miracolosa a chi si fa suo amico e discepolo, allora tutti si danno il vanto d’essere amico di chi è circondato di gloria e onore, tutti sperano, e quanti amici e discepoli si vogliono, se ne hanno, perché la gloria, i trionfi, il bel tempo, sono calamite potenti che attirano le creature a seguire il trionfatore. Chi vuol seguire ed essere amico o discepolo d’un povero calunniato, umiliato, disprezzato? Nessuno, anzi sentono paura, orrore ad avvicinarsi, e giungono a disconoscere colui che prima stavano in amicizia, come fece con Me San Pietro. Quindi è inutile sperare amici quando la povera creatura si trova sotto l’incubo delle umiliazioni, disprezzi e calunnie, perciò bisogna farsi gli amici quando il Cielo ci sorride e la fortuna ci vorrebbe mettere sul trono, se vogliamo che il bene, le opere che si vogliono, abbiano la vita e la continuazione nelle altre creature. Io col farmi gli amici quando seminavo miracoli e trionfi, che giungevano a credere che Io dovevo essere il loro Re sulla terra, quindi essendo stati miei discepoli, dovevano occupare i primi posti presso di Me, ad onta che mi abbandonarono nella mia Passione, quando la mia Resurrezione suonò il mio pieno trionfo, gli apostoli si ricredettero, si riunirono tra loro e come trionfatori seguirono la mia dottrina, la mia Vita, e formarono la Chiesa nascente. Se Io avessi badato che dovevano fuggirmi, non facendoli miei discepoli nel tempo dei miei trionfi, non avrei avuto chi parlasse di Me dopo la mia morte, chi mi facesse conoscere. Perciò è necessario il bel tempo, la gloria, è pure necessario ricevere chiodi trafiggenti e avere pazienza a soffrirli, per avere materie nelle mie opere più grandi, perché avessero vita in mezzo alle creature. Ora, non è stato questo un tutto, una somiglianza della mia Vita nel tuo stato doloroso d’umiliazione, di calunnie e disprezzi che hai passato? Io sentivo in te ripetermi il chiodo dell’abbandono e dispersione dei miei apostoli, nel vedere chi tanto ci aveva tenuto ad assisterti, disperdersi da te e con la volontà d’abbandonarti, e vedendoti abbandonata ti vedevo sola, sola nelle mie braccia col chiodo dell’abbandono di chi doveva sostenerti, e nel mio dolore dicevo: “Cattivo mondo, come sai ben ripetere le scene della mia Passione nei figli miei, e offrivo la tua amarezza per il trionfo della mia Volontà e per aiuto di quelli che dovrebbero farla conoscere. Perciò coraggio nelle dolorose circostanze della vita, ma sappi che il tuo Gesù non ti abbandonerà mai, Io non lo so fare queste cose, il mio Amore non è di natura volubile, ma fermo e costante, e ciò che dico con la bocca mi esce dalla vita del cuore. Invece le creature una cosa dicono, e un’altra ne sentono nel cuore, mescolano molti fini umani anche nel farsi amici, ecco perciò si cambiano a secondo le circostanze. Onde la dispersione di chi pareva che volevano mettere la vita nel bel tempo e che vilmente fuggono nel tempo delle umiliazioni e disprezzi, sono tutti effetti dell’umana volontà; essa è la vera carcere della creatura, ed è fino nell’arte di saper formare tante piccole stanze, però tutte senza finestre, perché essa non se ne intende di formare aperture per ricevere il bene della luce, quindi le passioni, le debolezze, la paura, i timori eccessivi, l’incostanza, sono tante stanze oscure della sua carcere, e che ora resta inceppata ad una, ed ora ad un’altra, e la paura le fa temere e allontanare da chi sta mettendo la vita per amor suo. Invece, in cui regna la mia Volontà vive nella mia reggia, dove c’è tanta luce che le pene, le umiliazioni, le calunnie non sono altre che scale di trionfi e di gloria, e compimento di opere grandi e divine, quindi, invece di fuggirsene dal povero martire ch’è stato gettato nella polvere dalla perversità umana, si stringe più a lui vicino, aspettando con pazienza l’ora del nuovo trionfo. Oh! se negli apostoli avesse regnato pienamente la mia Volontà, con certezza non se ne sarebbero fuggiti in un’ora in cui Io sentivo il bisogno della loro presenza, della loro fedeltà nelle tante mie pene, in mezzo a nemici che volevano divorarmi, Io volevo i miei fidi vicino, per che non c’è conforto maggiore che avere un’amico vicino in tempo d’amarezze, Io avrei visto nei miei cari apostoli a Me vicini, i frutti delle mie pene, ed oh! quanti dolci ricordi si sarebbero suscitati nel mio cuore, che mi sarebbero stato balsamo alle mie intense amarezze, la mia Divina Volontà li avrebbe impedito con la sua luce il passo di fuggirsene e quindi si sarebbero stretto più a Me d’intorno; ma siccome vivevano nell’oscura carcere della umana volontà, la loro mente si oscurò, il cuore si raffreddò, la paura li invase, in un momento dimenticarono tutto il bene che avevano da Me ricevuto, e non solo fuggirono da Me, ma si dispersero tra loro; tutti effetti dell’umano volere che non sa mantenere l’unione, e sa solo disperdere in un giorno il bene che si ha fatto in tanti anni, con tanti sacrifici. Perciò il solo tuo timore sia quello di non fare la mia Volontà”.