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Domenica, 19 maggio 2024 - San Celestino V - Pietro di Morrone ( Letture di oggi)

23-27 Gennaio 6, 1928 Come la Divina Volontà è immensa, e nell’uscire le creature alla luce, le tiene in Sé come tante piccole abitazioni. Ingratitudine di chi non la fa regnare. Armonia tra Dio e l’uomo; come sempre doveva ricevere da Dio per dargli sempre.

La Divina Volontà - Libro 23°

23-27 Gennaio 6, 1928 Come la Divina Volontà è immensa, e nell’uscire le creature alla luce, le tiene in Sé come tante piccole abitazioni. Ingratitudine di chi non la fa regnare. Armonia tra Dio e l’uomo; come sempre doveva ricevere da Dio per dargli sempre.
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(1) Mi sentivo tutta abbandonata nel Voler Divino, la sua luce mi investiva dappertutto, e mentre facevo il mio giro nei suoi atti, il mio adorabile Gesù si è mosso nel mio interno e mi ha detto:

(2) “Figlia mia, la mia Volontà è immensa e nell’uscire le creature alla luce del giorno, restavano nella mia stessa Volontà come tante piccole abitazioni formate in Essa, nelle quali il mio Volere per diritto doveva avere il regime e lo svolgimento della sua Vita in ciascuna di queste piccole abitazioni, ma mentre per bontà e liberalità sua ha dato lo spazio e tutto ciò che occorreva per formare queste piccole abitazioni in Esso, le creature con ingratitudine orrenda non vogliono dare il diritto di fare abitare il mio Volere Divino in loro, e con tante abitazioni che ha fatto formare in Esso, quante sono le creature, tiene il dolore di restare senza abitazioni, perché non le danno l’entrata ad abitare in loro. Succede per la mia Volontà come potrebbe succedere se si volesse formare tante abitazioni nel mare, oppure nella luce del sole, e mentre il mare o la luce del sole le dà lo spazio per formare queste abitazioni in essi, non vorrebbero far primeggiare né l’acqua, né la luce del sole in queste abitazioni, né darle il campo di abitare e di tenere il primo posto di regime. Se il mare e la luce avessero ragione, sentirebbero tale dolore, che il mare con le sue onde avrebbe investito queste abitazioni e atterrandole le avrebbe disfatte e sepolte nel suo seno, e la luce del sole le avrebbe incenerito col suo calore, per sgombrarsi di queste indegne ed ingrate abitazioni che gli avevano negato l’ingresso. Eppure né il mare, né il sole le ha dato la vita, ma solo lo spazio; invece la mia Volontà Divina ha dato vita e spazio a queste abitazioni delle creature in Essa, perché non c’è punto dove non si trova, né vita che da Essa non esce, quindi, il dolore della mia Volontà per chi non la fa dominare in lei è immenso ed incalcolabile, sentire queste vite in Sé stessa, palpitanti, formare lo stesso palpito e starsene fuori come estranea, come se non le appartenessero, è l’affronto e mostruosità di coloro che non la fanno regnare, è tanto grande, che meriterebbero l’ergastolo e la distruzione. Figlia mia, il non fare la mia Volontà sembra cosa da nulla alle creature, invece è un male tanto grande e una ingratitudine così nera, che non c’è altro male che lo somiglia”.

(3) Dopo di ciò stavo seguendo il mio giro nel Fiat Divino, e giunta al punto quando Iddio creava l’uomo, pensavo tra me: “Perché gioì tanto nel crearlo, ciò che non fece in tutte le altre cose che creò? Ed il mio amato Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:

(4) “Figlia mia, nel creare tutta la Creazione con tant’ordine e armonia, Noi demmo del nostro senza che nulla dovevamo ricevere da essa, invece nel creare l’uomo, mentre demmo del nostro, gli davamo capacità di darci i nostri stessi doni come beni suoi, in modo che Noi dovevamo sempre dare, tanto, che si doveva formare una gara tra lui e Noi, Noi a dare e lui a ricevere, lui a darci e Noi a soprabbondarlo di più nei nostri doni. Questo dar e ricevere, ricevere e dar, apriva le feste, i giuochi, le gioie, la conversazione tra Creatore e creatura. Onde nel vedere la piccolezza della creatura festeggiare con la nostra altezza suprema, trastullarsi, gioire, conversare con Noi, sentimmo tale gioia, tale enfasi d’amore nel creare l’uomo, che tutte le altre cose create ci parvero nulla al confronto della creazione dell’uomo, e se tutte ci parvero belle e degne delle opere nostre, e corse il nostro amore in tutte le cose create, fu perché dovevano servire per largheggiare in doni verso dell’uomo, e da lui aspettavamo il ricambio dell’amore di tutte le cose create. Perciò tutta la nostra gioia e gloria si accentrò nell’uomo, e nel crearlo mettevamo tra lui e Noi armonia d’intelligenza, armonia di luce, armonia di parole, armonia d’opere e di passi, e nel cuore armonia d’amore, sicché in lui passavano da Noi come tanti fili elettrici d’armonia, in cui Noi scendevamo in lui, e lui saliva a Noi. Ecco perciò tanto gioimmo nel creare l’uomo, ed il dolore che ci diede nel sottrarsi dalla nostra Volontà fu tanto grande, perché ruppe tutte queste armonie, cambiò la nostra festa in dolore per Noi e per lui, distrusse i nostri più alti disegni, deformò la nostra immagine che in lui avevamo creato, perché solo la nostra Volontà Divina teneva virtù di mantenere bella l’opera nostra, con tutte le armonie da Noi volute, tolta questa, l’uomo è l’essere più vile e degradevole in tutta la Creazione. Perciò figlia mia, se vuoi che tutti i tuoi sensi armonizzino con Noi, non uscire mai dalla mia Volontà; se vuoi ricevere sempre dal tuo Creatore e aprire le feste con Noi, sia Essa sola la tua vita, il tuo tutto”.