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Domenica, 19 maggio 2024 - San Celestino V - Pietro di Morrone ( Letture di oggi)

16-17 Agosto 28, 1923 Non basta possedere, ma coltivare e custodire ciò che si possiede.

La Divina Volontà - Libro 16°

16-17 Agosto 28, 1923 Non basta possedere, ma coltivare e custodire ciò che si possiede.
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(1) Mi sentivo sommamente afflitta per la privazione del mio dolce Gesù, per quanto lo chiamavo e pregavo non si benignava di far ritorno alla sua piccola esiliata quaggiù. Ahi! come è duro il mio esilio, il mio povero cuore agonizzava per la pena che sentiva, ché Colui che forma la sua vita era lontano da me; ma mentre sospiravo il suo ritorno, è venuto il confessore, e Gesù, proprio allora, dopo tanto aspettare si è mosso nel mio interno, stringendomi forte il cuore si faceva vedere. Ed io a Lui:

(2) “Mio Gesù, non potevate venire prima? Adesso devo ubbidire; se a Te piace verrai quando ti riceverò nel Santissimo Sacramento, allora resteremo soli un’altra volta e saremo liberi di poterci stare insieme”.

(3) E Gesù, con un aspetto dignitoso e noncurante mi ha detto:

(4) “Figlia mia, vuoi tu che distrugga l’ordine della mia sapienza, e che tolga quella potestà data alla mia Chiesa? ”.

(5) E mentre ciò diceva mi faceva parte delle sue pene. Onde dopo gli ho detto:

(6) “Ma dimmi amor mio, perché non vieni? E mi fai tanto aspettare quasi da farmi perdere la speranza del tuo ritorno, ed il mio povero cuore per la pena si dibatte tra la vita e la morte? ”.

(7) E Gesù tutto bontà: “Figlia mia, avendo messo in te la proprietà del mio Volere, voglio che non solo sia posseduto da te, ma che lo sappia bene conservare, coltivare, allargare, in modo da moltiplicarlo; sicché le pene, le mortificazioni, la vigilanza, la pazienza, e anche la mia stessa privazione, servono ad allargare e custodire i confini della mia Volontà nell’anima tua. Non basta il possedere, ma saper possedere; che giova all’uomo possedere un podere, se non si prende la cura di seminarlo, coltivarlo, custodirlo, per poi raccogliere i frutti delle sue fatiche? Se non lavora il suo terreno, ad onta che possiede si può dire che non ha di che sfamarsi, sicché non è il possedere che rende ricco e felice l’uomo, ma il sapere ben coltivare ciò che possiede. Così sono le mie grazie, i miei doni, specie la mia Volontà che qual Regina ho messo in te, vuole da te il cibo, vuole il lavorio delle tue pene, dei tuoi atti, vuole che in ogni cosa, la tua volontà tutta sottomessa alla sua, le dia gli onori ed il corteggio che come a Regina si conviene; ed Essa in ogni cosa che farai e soffrirai, terrà pronto il cibo da imboccare all’anima tua. E così tu da una parte, e la mia Volontà dall’altra, allargherete i confini della mia Suprema Volontà in te”.