Scrutatio

Martedi, 28 maggio 2024 - Santi Emilio, Felice, Priamo e Feliciano ( Letture di oggi)

12-133 Giugno 2, 1920 Gesù sentì la pena della separazione che l’uomo aveva fatto col peccato.

La Divina Volontà - Libro 12°

12-133 Giugno 2, 1920 Gesù sentì la pena della separazione che l’uomo aveva fatto col peccato.
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(1) Continuando il mio solito stato e raccogliendomi nella preghiera, vedevo un abisso in me, dove non potevo scorgere il fondo, ed in mezzo a questo abisso di profondità e di larghezza, il mio dolce Gesù afflitto e taciturno. Io non sapevo comprendere come lo vedevo in me, e mi sentivo lontana da Lui, come se per me non fosse. Il mio cuore ne restava torturato e provavo lo strazio d’una morte crudele; e questo non una volta, ma chi sa quante volte mi trovo in questo abisso come separata dal mio tutto, dalla mia vita. Ora, mentre il mio cuore gocciolava sangue, il mio sempre amabile Gesù, uscendo da questo abisso, mi ha cinto il collo con le sue braccia, mettendosi da dietro le mie spalle, e mi ha detto:

(2) “Figlia diletta mia, tu sei il mio vero ritratto, oh! quante volte la mia gemente Umanità si trovava in queste torture, Essa era immedesimata con la Divinità, anzi erano una sola cosa, e mentre erano una sola cosa, sentivo lo strazio della separazione, dell’abisso della Divinità, che mentre mi avvolgeva dentro e fuori, immedesimato con Lei, mi sentivo lontano. La mia povera Umanità doveva pagare il fio e la separazione che col peccato l’umanità prevaricatrice aveva commesso, e per congiungerla alla Divinità, dovevo soffrire tutta la pena della loro separazione, ma ogni istante di separazione era per Me una morte spietata.

(3) Ecco la causa delle tue pene e dell’abisso che tu vedi, è la mia somiglianza. Anche a questi tempi procellosi, l’umanità corre come in precipitosa fuga lontano da Me, e tu devi sentire la pena della sua separazione, per poterla congiungere a Me. E’ vero che è troppo doloroso il tuo stato, ma è sempre una pena del tuo Gesù, ed Io, per darti forza, ti terrò stretta da dietro le tue spalle, che mentre ti tengo più sicura, do più intensità alla tua pena, perché se ti tenessi davanti, col solo vedere le mie braccia vicine, la pena ti verrebbe dimezzata e la mia somiglianza si farebbe più tardi”.