Scrutatio

Domenica, 19 maggio 2024 - San Celestino V - Pietro di Morrone ( Letture di oggi)

12-106 Giugno 4, 1919 Gesù doveva soffrire l’ingiustizia, l’odio, le burle perché la Redenzione fosse completa, e come la Divinità era incapace di dargli queste pene, ecco perché l’ultimo dei suoi giorni mortali soffri la Passione da parte delle creature.

La Divina Volontà - Libro 12°

12-106 Giugno 4, 1919 Gesù doveva soffrire l’ingiustizia, l’odio, le burle perché la Redenzione fosse completa, e come la Divinità era incapace di dargli queste pene, ecco perché l’ultimo dei suoi giorni mortali soffri la Passione da parte delle creature.
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(1) Stavo pensando alla Passione del mio sempre amabile Gesù, specie quando si trovò sotto la tempesta dei flagelli, e pensavo tra me: “Quando Gesù potette soffrire di più, nelle pene che la Divinità gli aveva fatto soffrire in tutto il corso della sua Vita, oppure nell’ultimo giorno da parte dei giudei?” Ed il mio dolce Gesù, con una luce che mi mandava all’intelletto mi ha detto:

(2) “Figlia mia, le pene che mi diede la Divinità superano di gran lunga le pene che mi diedero le creature, sì nella potenza come nell’intensità e molteplicità e lunghezza di tempo; ma però non ci fu ingiustizia né odio, ma sommo amore, accordo d’ambi le parte di tutte e Tre le Divine Persone, impegno che Io avevo preso su di Me di salvare le anime a costo di subire tante morti per quante creature uscivano fuori alla luce della Creazione, e che il Padre con sommo amore mi aveva accordato. Nella Divinità non esiste né può esistere né l’ingiustizia né l’odio, quindi incapace di farmi soffrire queste pene, ma l’uomo col peccato aveva commesso somma ingiustizia, odio, ecc., ed Io per glorificare il Padre completamente, dovevo soffrire l’ingiustizia, l’odio, le burle, ecc., ecco ché l’ultimo dei miei giorni mortali soffrii la Passione da parte delle creature, dove furono tante le ingiustizie, gli odi, le burle, le vendette, le umiliazioni che usarono contro di Me, che la mia povera Umanità la resero l’obbrobrio di tutti, tanto da non sembrare che fosse uomo; mi sfigurarono tanto che loro stessi avevano orrore a guardarmi; ero l’abiezione ed il rifiuto di tutti, sicché potrei chiamarle due Passioni distinte. Le creature non mi potevano dare tante morti né tante pene per quante creature e peccati si dovevano fare da esse, erano incapaci, e perciò la Divinità ne prese l’impegno, ma con sommo amore e d’accordo d’ambi le parti. D’altronde la Divinità era incapace d’ingiustizia, ecc.; sottentrarono le creature, e completai in tutto l’opera della Redenzione. Quanto mi costano le anime, ed è per ciò che l’amo tanto”.

(3) Un altro giorno stavo pensando tra me: “Il mio amato Gesù me ne ha detto tanto, ed io, sono stata attenta a fare ciò che mi ha insegnato? Oh! come scarseggio nel contentarlo, come mi sento inabilitata a tutto, sicché i tanti suoi insegnamenti saranno a mia condanna”. Ed il mio dolce Gesù, movendosi nel mio interno mi ha detto:

(4) “Figlia mia, perché ti affliggi? Gli insegnamenti del tuo Gesù mai serviranno a condannarti, ancorché facessi una sol volta ciò che ti ho insegnato, nel cielo dell’anima tua è sempre una stella che ci metti, perché come Io distesi un cielo sulla natura umana, ed il mio Fiat tempestò di stelle, così ho disteso un cielo nel fondo dell’anima, ed il Fiat del bene che fa, perché ogni bene è frutto del mio Volere, viene e abbellisce di stelle questo cielo, sicché, se fa dieci beni, vi mette dieci stelle; se mille beni, mille stelle. Onde, pensa piuttosto a ripetere quanto più puoi i miei insegnamenti, per tempestare di stelle il cielo dell’anima tua, affinché il cielo della tua anima non sia inferiore al cielo che splende sul vostro orizzonte, ed ogni stella vi porterà l’impronta dell’insegnamento del tuo Gesù. Quanto onore mi farai!”