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Sabato, 27 luglio 2024 - San Celestino . ( Letture di oggi)

La città di Dio - libro Diciassettesimo: la città di Dio nel profetismo ebraico

Sant'Agostino d'Ippona

La città di Dio - libro Diciassettesimo: la città di Dio nel profetismo ebraico
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Teorie sulle forme di profetismo [1-3]


Epoca dei profeti da Samuele a Geremia.
1. La città di Dio, che si evolve nella serie dei tempi, indicherà come si adempiano le promesse di Dio rivolte ad Abramo giacché abbiamo appreso che, per garanzia di Dio stesso, sono dovuti alla sua discendenza il popolo d'Israele secondo la razza e tutti i popoli secondo la fede. Poiché dunque l'epilogo del libro precedente è approdato al regno di Davide, ora da quel regno esponiamo gli eventi che seguono nel limite che si ritiene sufficiente all'opera intrapresa. Il periodo che va da quando Samuele cominciò a profetare fino a quando il popolo d'Israele fu condotto prigioniero in Babilonia e, al ritorno degli Israeliti dopo settant'anni secondo la profezia del santo Geremia 1, fu riedificato il tempio, è complessivamente il periodo dei Profeti. Tuttavia non senza ragione possiamo considerare Profeti lo stesso patriarca Noè, durante la cui vita la terra intera fu sterminata dal diluvio, e gli altri prima e dopo l'epoca in cui nel popolo di Dio cominciarono a dominare i re perché alcuni avvenimenti futuri, che appartenevano alla città di Dio e al regno dei cieli, in qualche modo furono da loro simboleggiati o previsti. Di alcuni di loro soprattutto leggiamo che più esplicitamente sono stati considerati tali, come Abramo 2 e Mosè 3. Tuttavia epoca dei Profeti è stata considerata particolarmente e superlativamente quella in cui cominciò a profetare Samuele 4 che, per comando di Dio, unse come re dapprima Saul 5 e, dopo che egli fu destituito, lo stesso Davide 6 perché avesse successori della sua stirpe fino a quando fu opportuno avere successori in quella forma. Se dunque volessi passare in rassegna tutte le cose che sono state predette dai Profeti sul Cristo, quando la città di Dio attraversava questo periodo con l'avvicendarsi della morte e nascita dei suoi adepti, si sconfina nello sterminato. Prima di tutto la Scrittura stessa che, distribuendo nella serie i re, le loro imprese e avvenimenti, sembra quasi interessata a narrare i fatti con precisione storica, se si esaminasse con un certo criterio nel sussidio di una ispirazione divina, si scorgerebbe intenta, se non più, certo non meno, a preannunciare eventi futuri che a narrare i passati. Ed anche chi, pur di sfuggita, esaminasse questi aspetti, non ignorerebbe come sia faticosa, lunga e bisognosa di parecchi volumi l'indagine approfondita e l'esposizione ragionata dell'argomento. Poi anche i temi, che fuor di dubbio appartengono alla profezia, sono così numerosi sul Cristo e il regno dei cieli, cioè la città di Dio, che per l'esposizione si richiede una trattazione più lunga di quanto il criterio di questa opera richiede. Quindi, se potrò, col mio metodo la disporrò in modo da non dire cose superflue e non tralasciare quelle che sono indispensabili a questa opera da condurre a termine nella volontà di Dio.

Realizzazione della promessa alla razza.
2. Nel libro precedente abbiamo detto che dall'inizio delle promesse ad Abramo due cose gli furono assicurate. La prima è che la sua discendenza avrebbe avuto il possesso del paese di Canaan ed è indicata con le parole: Va' nel paese che io ti indicherò e ti renderò un grande popolo 7. L'altra molto più importante non è relativa a una discendenza razziale ma spirituale, per cui è padre non del solo popolo d'Israele ma di tutti i popoli che seguono le orme della sua fede. La promessa ebbe inizio con queste parole: In te saranno benedetti tutti i popoli della terra 8. Abbiamo esposto che in seguito queste due promesse furono confermate da molte altre attestazioni. Era dunque nella Terra promessa la discendenza di Abramo secondo la razza, cioè il popolo d'Israele, e in essa aveva già iniziato a dominare non solo perché aveva in possesso le città dei nemici ma anche perché aveva i re. Si erano così in gran parte adempiute le promesse di Dio su questo popolo, non solo quelle che erano state rivolte ai tre patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe e tutte le altre nella loro epoca, ma anche quelle fatte per mezzo dello stesso Mosè. Da lui il popolo era stato liberato dalla schiavitù d'Egitto ed erano stati manifestati tutti gli eventi passati verificatisi alla sua epoca, mentre guidava il popolo per il deserto. Dal valente condottiero Giosuè di Nun il popolo, con la sconfitta delle varie popolazioni, fu introdotto nella Terra promessa ed egli, prima di morire, la distribuì alle dodici tribù, alle quali Dio l'aveva assegnata. Eppure né con lui né dopo di lui, durante l'intero periodo dei Giudici, s'era adempiuta la promessa di Dio relativa alla terra di Canaan da un certo fiume d'Egitto fino al grande fiume Eufrate 9. Tuttavia non si profetizzava più un fatto che sarebbe avvenuto, si attendeva che si adempisse. Si adempì per mezzo di Davide e del figlio Salomone, il cui regno si allargò in estensione secondo quanto era stato promesso perché assoggettarono i popoli vicini e li resero tributari 10. Così dunque la discendenza di Abramo era stata organizzata politicamente nella terra della promessa secondo la razza, cioè nella terra di Canaan, alla dipendenza di re, sicché non mancava nulla perché si adempisse la promessa di Dio. Restava soltanto che il popolo ebraico rimanesse nella medesima terra in una condizione stabile per l'avvenire, per quanto attiene alla prosperità temporale sino alla fine dei tempi, se obbediva alle leggi di Dio. Ma siccome Dio sapeva che non l'avrebbe fatto, pose in atto le sue pene temporali per stimolare i pochi a lui fedeli in quel popolo e ammaestrare quelli che sarebbero stati tali in tutti i popoli in ciò che era necessario fossero ammaestrati perché in essi avrebbe adempiuto l'altra promessa mediante l'incarnazione del Cristo con la formulazione della Nuova Alleanza.

Due o tre forme di profetismo.
3. 1. Perciò le divine predizioni ad Abramo, Isacco e Giacobbe e tutte le altre indicazioni o parole profetiche che si sono avute nei precedenti libri della sacra Scrittura come pure le altre profezie del periodo dei re in parte appartengono alla razza di Abramo, in parte a quella sua discendenza nella quale sono benedetti tutti i popoli coeredi di Cristo nella Nuova Alleanza per possedere la vita eterna e il regno dei cieli. In parte dunque spettano alla schiava che genera alla schiavitù, cioè alla Gerusalemme terrena che è schiava con i suoi figli, in parte alla libera città di Dio, cioè alla vera Gerusalemme eterna nei cieli i cui figli appartenenti all'umanità, pur vivendo secondo Dio, sono esuli sulla terra 11. Vi sono però in quelle profezie alcuni dati che si avvertono di pertinenza dell'una e dell'altra, cioè propriamente della schiava, allegoricamente della libera.

Profetismo storico simbolico e mistico.
3. 2. Si danno dunque tre diverse forme dei modi di esprimersi dei Profeti poiché alcuni sono pertinenti alla Gerusalemme terrena, alcuni alla celeste, parecchi all'una e all'altra. Noto che il mio assunto si deve dimostrare con esempi. Il profeta Natan fu mandato a rimproverare d'un grave peccato il re Davide e a preavvisarlo dei gravi mali che ne sarebbero a lui derivati 12. Non si può dubitare che queste parole divine e simili che sono svelate tanto a vantaggio dello Stato, cioè per il benessere ed utilità del popolo, quanto a privato vantaggio, cioè per i propri personali interessi, riguardano la città terrena perché con esse si conosce qualcosa che deve avvenire in vista di qualche temporale esigenza. Ad esempio, si legge in un passo: Verranno giorni, dice il Signore, in cui io concluderò con il popolo d'Israele e con il popolo di Giuda una nuova alleanza diversa da quella che ho stabilito con i loro antenati nel giorno in cui ho preso la loro mano per farli uscire dall'Egitto, perché essi non hanno perseverato nella mia alleanza ed io non ho dato loro ascolto, dice il Signore. Questa è l'alleanza che io concluderò con la casa d'Israele dopo quei giorni, dice il Signore, perché metterò le mie leggi nella loro mente e le scriverò nei loro cuori e veglierò su di loro e io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo 13. Nel brano è senza dubbio preannunciata la Gerusalemme celeste, il cui premio è Dio stesso e averlo e a lui appartenere è il bene sommo e ultimo. All'una e all'altra città sono relative l'affermazione che Gerusalemme è la città di Dio e la predizione che in essa vi sarà la casa di Dio. Sembra che questa predizione si sia avverata quando il re Salomone edificò il magnifico tempio 14. Questi fatti appunto avvennero storicamente nella Gerusalemme terrena e furono allegorie di quella celeste. Un terzo tipo di profezia perciò, quasi risultante dalla coordinazione dei primi due, ha grandissima importanza nei libri dell'Antico Testamento, in cui è contenuta la narrazione di avvenimenti storici, e ha molto stimolato e stimola l'ingegno degli esegeti della sacra Scrittura. Ne consegue che ciò che si legge preannunciato e adempiuto dalla prospettiva storica nella discendenza di Abramo secondo la razza si deve esaminare da una prospettiva allegorica come simbolo di ciò che si dovrà adempiere nella discendenza di Abramo secondo la fede. Alcuni propongono perfino l'ipotesi che non v'è nulla nei libri della Scrittura di preannunciato e di avvenuto o di avvenuto, sebbene non preannunciato, che non suggerisca per allegoria un concetto relativo alla celeste città di Dio e ai suoi cittadini esuli in questa vita 15. Ma se è così, non sono di due ma di tre forme i vari modi di esprimersi dei Profeti o meglio di tutti i libri della Scrittura che sono registrati con l'appellativo di Antico Testamento. In essi infatti non v'è nulla che riguardi soltanto la città terrena se tutto ciò che di essa si riferisce o per essa si adempie simboleggia qualcosa che per allegoria si può riferire anche alla Gerusalemme celeste. Saranno quindi due forme soltanto, una che riguarda la libera Gerusalemme, l'altra che riguarda entrambe. Io sono dell'opinione che come sbagliano di grosso quelli i quali ritengono che in quel genere letterario gli avvenimenti storici simboleggiano semplicemente che sono avvenuti in quella circostanza, così sono troppo audaci quelli i quali polemizzano che in quei libri tutti i contenuti sono avviluppati di significati allegorici. Per questo ho detto che sono di tre forme, non di due. La penso così, però senza incolpare coloro che da qualsiasi avvenimento hanno potuto configurare una nozione di significato spirituale, sempre nel rispetto della verità storica. Del resto nessun credente può dire che sono formulati senza scopo i discorsi che possono esser riferiti ad eventi avveratisi e da avverarsi da una prospettiva umana o divina. Ognuno, se può, li riferisca a un significato spirituale e se non può, consenta che vi siano riferiti da chi lo sa fare.

Il profetismo prima di Davide [4-7]


Il cantico di Anna.
4. 1. L'evoluzione della città di Dio offrì un simbolo appena giunse all'epoca dei re, quando Davide, con la destituzione di Saul, ottenne per primo il potere regio così saldamente che i suoi discendenti regnarono in una lunga successione nella Gerusalemme terrena 16. Difatti con questo avvenimento essa simboleggiò, con preannuncio sulla mutazione degli avvenimenti futuri, qualcosa che non si può passare sotto silenzio perché è attinente alle due Alleanze, l'Antica e la Nuova. Con questa il potere sacerdotale e regio cambiò significato nel sacerdote ed anche re nuovo ed eterno che è Cristo Gesù. Infatti, dopo la destituzione del sacerdote Eli, Samuele, sostituito nel culto a Dio per l'esercizio abbinato di giudice e sacerdote 17, e dopo la degradazione di Saul, Davide, costituito nel potere regio 18, rappresentarono allegoricamente ciò che sto dicendo. Sembra che anche Anna, la madre di Samuele, la quale prima era stata sterile e poi era stata allietata da una tardiva fecondità, non annunci profeticamente altro quando rivolge con gioia il suo ringraziamento a Dio nell'offrire, con la medesima devozione con cui l'aveva consacrato, il bambino nato e divezzato. Dice infatti: Ha gioito il mio cuore nel Signore e la mia fronte si è levata nel mio Dio. La mia bocca si è aperta al sorriso contro i miei avversari, mi sono allietata nella tua salvezza. Non v'è santo come il Signore e non v'è giusto come il nostro Dio, anzi non v'è santo fuori di te. Non vi vantate e non usate parole superbe e non esca dalla vostra bocca la millanteria, perché il Signore è il Dio che tutto conosce e che eseguisce i suoi disegni. Rese debole l'arco dei potenti e i deboli si cinsero di vigore, quelli che abbondavano di pane si ridussero a una condizione inferiore e gli affamati si elevarono sulla terra, perché la sterile ne ha partoriti sette e quella che aveva molti figli è appassita. Il Signore fa morire e fa vivere, fa scendere e riconduce dal regno dei morti. Il Signore rende poveri e arricchisce, umilia ed esalta, solleva dal suolo il povero e rialza dall'immondezza il bisognoso per farlo sedere con i potenti del popolo, dando loro l'eredità della fama. Egli dà l'offerta a chi offre e ha benedetto gli anni dell'uomo onesto perché l'uomo non è potente col proprio valore. Il Signore renderà debole il proprio avversario perché il Signore è santo. Non si vantino il prudente della propria prudenza, il forte della propria fortezza e il ricco delle proprie ricchezze, ma chi si vuol vantare si vanti di conoscere e comprendere il Signore e di operare in mezzo alla terra quel che è onesto e giusto. Il Signore è asceso nei cieli e ha fatto udire il tuono, Egli giudicherà i confini della terra perché è giusto e dà valore ai nostri re ed eleverà la fronte del suo Cristo 19.

Tono profetico del cantico.
4. 2. Non si può pensare che queste parole siano di un'umile donna che si rallegra della nascita di un figlio. E la mente degli uomini non è così distolta dalla evidenza della verità da non avvertire che i concetti, in cui si è profusa, oltrepassano la capacità di questa donna. Certo chi è convenientemente attento ai fatti stessi, che avevano già cominciato a verificarsi anche in questo esilio terreno, fissa lo sguardo, osserva e riconosce che per mezzo di questa donna, il cui nome perfino, cioè Anna, significa "la grazia di lui" 20, hanno parlato con spirito profetico la stessa religione cristiana, la stessa città di Dio, il cui re e fondatore è Cristo, e infine la stessa grazia di Dio da cui i superbi sono stati abbandonati affinché cadano, gli umili sorretti affinché si rialzino. Il cantico ha evidenziato soprattutto questo significato. Però eventualmente qualcuno potrebbe dire che la donna non ha profeticamente preannunciato nulla ma che con espressione d'esultanza ha soltanto lodato Dio per il figlio che aveva ottenuto con la preghiera. In tal caso non avrebbe significato quel che ha detto: Rese debole l'arco dei potenti e i deboli si cinsero di vigore, quelli che abbondavano di pane si ridussero a una condizione inferiore e gli affamati si elevarono sulla terra, poiché la sterile ne partorì sette e quella che aveva molti figli è appassita 21. Ma allora aveva partorito sette figli sebbene fosse sterile? Ne aveva uno soltanto, quando diceva quelle parole e anche dopo non ne partorì sette o sei in modo che lo stesso Samuele fosse uno dei sette, ma ebbe tre maschi e due femmine 22. Poi sebbene ancora nessuno fosse re in quel popolo soggiunse: Dà potenza ai nostri re ed esalterà la fronte del suo Cristo 23. Come faceva a dirlo se non profetava?

Parafrasi del cantico su Dio.
4. 3. Lo dica dunque la Chiesa di Cristo, città del grande re 24, piena di grazia, feconda di prole, dica ciò che riconosce preannunciato profeticamente di sé tanto tempo prima con le parole di questa madre devota: Ha gioito il mio cuore nel Signore e la mia fronte si è elevata nel mio Dio. Veramente ha gioito il cuore e si è elevata la mente, perché non in sé ma nel suo Dio. La mia bocca si è aperta al sorriso davanti ai miei nemici 25, perché perfino negli affanni delle tribolazioni la parola di Dio non è imprigionata 26 neanche in coloro che la bandiscono imprigionati. Mi sono allietata, soggiunge, nella tua salvezza. Questa salvezza è Gesù Cristo, di cui, come si legge nel Vangelo, il vecchio Simeone, abbracciandolo piccolo ma riconoscendolo grande, dice: Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi han visto la tua salvezza 27. Dica dunque la Chiesa: Mi sono allietata nella tua salvezza poiché non v'è santo come il Signore e non v'è giusto come il nostro Dio, in quanto santo e datore di santità, giusto e datore di giustizia. Non v'è santo fuor di te, perché non si diviene tale senza di te. Poi continua: Non vi vantate e non usate parole superbe e non esca dalla vostra bocca la millanteria, poiché il Signore è il Dio che tutto conosce 28. Egli vi conosce anche nella dimensione in cui nessuno conosce perché: Chi pensa di essere qualcosa, sebbene sia un nulla, inganna se stesso 29. Si dicono queste verità ai nemici della città di Dio, che appartengono a Babilonia, perché presumono della propria dignità e non traggono vanto da Dio ma da sé. Sono del numero anche gli Israeliti carnali, cittadini originati dalla terra della Gerusalemme terrestre. Essi, come dice l'Apostolo, ignorando la giustizia di Dio, cioè quella che Dio, il solo giusto e datore di giustizia, dà all'uomo, e volendo imporre la propria, come se fosse da loro prodotta e non partecipata da Lui, non sono sottomessi alla giustizia di Dio 30. Lo fanno perché sono superbi e pensano che per un proprio merito e non per dono di Dio possono piacere a Dio che è il Dio che tutto conosce e quindi anche giudice delle coscienze, perché scruta in esse i pensieri degli uomini che sono vuoti 31 se sono dagli uomini e non da Lui. Che esegue, continua Anna, i propri disegni. Dobbiamo ritenere che questi disegni richiedono soltanto che i superbi cadano e gli umili si rialzino. Espone infatti questi disegni con le parole: L'arco dei potenti fu reso debole e i deboli si cinsero di vigore 32. Fu reso debole il loro arco, cioè lo sforzo di coloro che si reputano tanto forti da poter adempiere i comandamenti di Dio con l'umana capacità, senza il dono e l'aiuto di Lui, mentre al contrario si cingono di vigore quelli in cui v'è la voce della coscienza: Abbi pietà di me, o Signore, perché sono debole 33.

Parafrasi del cantico sulla Chiesa.
4. 4. Quelli che abbondavano di pane, dice, si ridussero a una condizione inferiore e gli affamati si elevarono sulla terra 34. Per coloro che abbondavano di pane si devono intendere quelli che si credono potenti, cioè gli Israeliti, ai quali sono state affidate le parole di Dio 35. Però in quel popolo i figli della schiava si ridussero a una condizione inferiore. Col verbo minorare, meno bene in latino, è stato tuttavia bene espresso che da una condizione superiore si ridussero a una inferiore. Difatti provano un gusto terreno anche in quei pani, cioè le parole di Dio che anticamente soltanto gli Israeliti fra tutti i popoli ricevettero. Invece gli altri popoli, ai quali non era stata data la legge, dopo che mediante la Nuova Alleanza accolsero quelle parole, avendone molta fame, si elevarono sulla terra perché in essa non provarono il gusto delle cose terrene ma celesti. E come se si richiedesse il motivo per cui è avvenuto, soggiunge: Perché la sterile ne ha partoriti sette e quella che aveva molti figli è appassita 36. A questo punto tutto ciò che veniva previsto profeticamente si è rivelato a coloro che conoscono il significato del numero sette, perché con esso è stata simboleggiata la perfezione della Chiesa universale. Per questo anche l'apostolo Giovanni si rivolge alle sette chiese, mostrando così di rivolgersi alla interezza dell'unica Chiesa 37. Nei Proverbi di Salomone la Sapienza, che era allegoria di questo significato, si costruì una casa e innalzò sette colonne 38. La città di Dio era sterile presso tutti i popoli prima che sorgesse questo frutto del parto che ora osserviamo. Osserviamo anche che attualmente è resa debole la Gerusalemme terrena, la quale abbondava di figli. Difatti tutti i figli della libera, che erano in essa, costituivano il suo vigore, ora invece, poiché in essa v'è la lettera e non lo spirito, perduto il vigore è divenuta debole.

Parafrasi su Cristo morto e risorto.
4. 5. Il Signore fa morire e fa vivere: ha fatto morire quella che abbondava di figli e ha fatto vivere questa sterile che ne ha partoriti sette. Si potrebbe però più convenientemente intendere che ha fatto vivere gli stessi che avrebbe fatto morire. Difatti lo ha quasi ripetuto soggiungendo: Fa scendere e riconduce dal regno dei morti 39. L'Apostolo dice ai fedeli: Se siete morti con Cristo 40 cercate i valori di lassù dove Cristo siede alla destra di Dio 41. Essi sono certamente fatti morire per la loro guarigione, difatti soggiunge ad essi: Provate il gusto delle cose di lassù e non di quelle della terra, affinché anche essi siano coloro che affamati si sono sollevati dalla terra. Infatti siete morti, dice, ed ecco in qual senso Dio fa morire per la guarigione; e continua: E la vita vostra è ormai nascosta con Cristo in Dio 42, ed ecco in qual senso Dio fa vivere quegli stessi 43. Ma davvero li ha fatti scendere e ricondotti dal regno dei morti? Notiamo senza alcuna polemica da parte dei fedeli, che l'uno e l'altro significato si è adempiuto in Lui, cioè nel nostro Capo col quale, secondo l'Apostolo, la nostra vita è nascosta in Dio. Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio ma lo ha dato per tutti noi 44, in questo senso certamente lo ha fatto morire e poiché lo ha risuscitato dai morti, lo ha fatto rivivere. E poiché si avverte la sua voce nella profezia: Non abbandonerai la mia vita nel regno dei morti 45, lo fece scendere e lo ricondusse dal regno dei morti 46. Da questa sua povertà siamo stati arricchiti 47. Infatti: Il Signore rende poveri e arricchisce. Per comprenderlo ascoltiamo ciò che segue: Umilia ed esalta 48, certamente umilia i superbi ed esalta gli umili. Il concetto che si nota in questo altro passo: Dio resiste ai superbi e dà la grazia agli umili 49 è un discorso completo sul dono, il cui nome è "grazia".

Sulla elevazione dei credenti.
4. 6. Io interpreto la frase che segue: Solleva dal suolo il povero con riferimento a nessun altro che a colui che si è reso povero per noi, pur essendo ricco, affinché della sua povertà, come poco fa è stato detto, noi diventassimo ricchi 50. Lo sollevò dal suolo così presto che il suo corpo non patì la soggezione alla morte. E non darei altro significato a quel che è stato aggiunto: E dall'immondezza innalza il bisognoso. Bisognoso è la medesima cosa che povero. Per immondezza, da cui è stato rialzato, molto convenientemente s'intendono i Giudei persecutori. L'Apostolo, dopo aver confessato che, essendo uno di loro, aveva perseguitato la Chiesa, soggiunse: A motivo di Cristo ho stimato danni quelli che mi sembravano guadagni e non solo li ho considerati perdite ma immondezze per guadagnare Cristo 51. Dunque quel povero fu sollevato dal suolo sopra tutti i ricchi e quel bisognoso è stato rialzato dall'immondezza sopra tutti i facoltosi per farlo sedere con i potenti del popolo. Ad essi aveva detto: Sederete su dodici troni 52, e altrove: Dando loro in eredità il trono della gloria 53. Infatti quei potenti avevano detto: Ormai abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito 54. Avevano fatto un'offerta con grande potenza di spirito.

Grazia e fortezza.
4. 7. Ma questo potere certamente proveniva da colui, del quale nel seguito del cantico si dice: Che dà l'offerta a chi offre 55. Altrimenti sarebbero della risma di quei potenti, il cui arco è stato reso debole. Dice: Che dà l'offerta a chi offre. Infatti ha possibilità di offrire qualche buona azione al Signore soltanto chi da lui abbia ricevuto ciò che offre. Continua: E ha benedetto gli anni dell'uomo giusto, cioè affinché senza fine viva con colui al quale è stato detto: I tuoi anni non avranno fine 56. Là gli anni stanno fermi, qui passano, anzi vanno perduti, prima che giungano infatti non sono, quando giungeranno non saranno poiché giungono con la propria fine. Di questi due significati: Che dà l'offerta a chi offre e: Ha benedetto gli anni dell'uomo giusto l'uno riguarda ciò che facciamo, l'altro ciò che riceviamo. Ma il secondo non si riceve per dono di Dio, se non si compie il primo con il suo aiuto, poiché l'uomo non è potente col proprio valore. Il Signore renderà debole il suo avversario, quello cioè che invidia e resiste all'uomo che offre affinché non riesca a compiere ciò che ha offerto. Dal termine greco di doppio significato si può intendere anche: il proprio avversario. Infatti quando il Signore comincerà a entrare in noi, certamente quello che era il nostro avversario diventa suo e sarà vinto da noi, ma non con le nostre forze, perché l'uomo non è potente del proprio valore. Quindi il Signore renderà debole il proprio avversario, Egli il Signore santo 57 affinché l'avversario sia vinto dai santi, che il Signore, santo dei santi, rende santi.

Onestà e giustizia in noi e non da noi.
4. 8. Perciò: non si vantino il prudente della propria prudenza, il potente della propria potenza e il ricco delle proprie ricchezze, ma chi si vuol vantare si vanti di conoscere e comprendere il Signore e di operare in mezzo alla terra quel che è onesto e giusto 58. Non in piccola parte conosce e comprende il Signore chi conosce e comprende che dal Signore gli è concesso anche di conoscerlo e comprenderlo. Che cosa hai, dice l'Apostolo, che non hai ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l'avessi ricevuto? 59, cioè come se provenga da te ciò per cui ti vanti. Opera quel che è onesto e giusto chi vive rettamente. Vive rettamente chi obbedisce ai comandamenti di Dio e fine del comandamento, cioè il valore al quale è relativo il comandamento, è la carità proveniente da un cuore puro, da una buona coscienza e dalla fede non simulata 60. Certamente questa carità è da Dio, come afferma l'apostolo Giovanni 61. Dunque operare quel che è onesto e giusto è da Dio. Ma che significa: In mezzo alla terra? Non è che coloro i quali abitano ai confini del mondo non devono operare quel che è onesto e giusto. Chi potrebbe dirlo? Perché allora è stata aggiunta la postilla: In mezzo alla terra? Se non era aggiunta e si diceva soltanto: Operare quel che è onesto e giusto 62, questo comando riguardava tutte e due le categorie di uomini, quelli che abitano all'interno e quelli lungo il mare. Ma affinché qualcuno non pensasse che dopo la fine della vita, che si trascorre nel corpo, rimanesse del tempo per operare ciò che è onesto e giusto, perché non lo operò mentre era in vita, e così avesse la possibilità di sfuggire al giudizio divino, a me pare che in mezzo alla terra significhi mentre si vive nel corpo. In questa vita ciascuno porta in giro la propria terra, che alla morte dell'individuo la terra di tutti riassume per restituirla quando risorge. Perciò in mezzo alla terra, cioè mentre la nostra anima è rinchiusa in questo corpo di terra si deve operare quel che è onesto e giusto perché ci giovi in seguito, quando ciascuno riceve secondo le opere che ha compiuto attraverso il corpo, tanto il bene come il male 63. L'Apostolo con attraverso il corpo ha inteso dire attraverso il tempo in cui è vissuto. E se qualcuno insulta con coscienza disonesta e con pensiero irreligioso senza agire con gli apparati fisiologici, non per questo non è colpevole per il fatto che non ha agito mediante una funzione fisiologica perché ha agito attraverso quel tempo in cui ha agito anche il corpo. In questo senso si può convenientemente interpretare ciò che si legge in un Salmo: Dio nostro re ha operato prima del tempo la salvezza in mezzo alla terra 64. S'intenda che il Signore Gesù è il nostro Dio, che è prima del tempo, poiché per la sua mediazione si è avuto il tempo, ed ha operato la nostra salvezza in mezzo alla terra quando il Verbo si è fatto carne 65 e ha abitato in un corpo di terra.

Giudizio finale in Cristo.
4. 9. Dopo che con queste parole di Anna è stato preannunciato in quale senso chi si vanta si deve vantare, non in sé appunto ma nel Signore 66, in ordine alla ricompensa che avverrà nel giorno del giudizio, continua: Il Signore è asceso nei cieli e ha fatto udire un tuono, Egli giudicherà i confini della terra perché è giusto 67. Ha proprio rispettato la disposizione dell'atto di fede dei credenti. Difatti Cristo Signore è asceso in cielo e di là verrà a giudicare i vivi e i morti. In proposito dice l'Apostolo: Chi è asceso se non colui che è anche disceso in basso sulla terra? Colui che è disceso è lo stesso che è asceso sopra i cieli per portare a compimento tutte le cose 68. Fece dunque udire il tuono attraverso le sue nubi che, dopo che era asceso, riempì di Spirito Santo. Riguardo alle nubi, nel profeta Isaia, ha minacciato la Gerusalemme schiava, cioè la vigna ingrata, che non piovano su di essa 69. Si dice ancora nel cantico: Egli giudicherà i confini della terra, come se fosse espresso: "anche i confini della terra". Non significa infatti che non giudicherà le altre parti, perché certamente giudicherà tutti gli uomini. Ma i confini della terra sono intesi più logicamente come i confini dell'uomo perché non saranno giudicate le opere che in meglio o in peggio si susseguono nell'età di mezzo, ma quelle al confine nelle quali sarà sorpreso colui che sarà giudicato. È stato detto appunto: Sarà salvo chi persevererà sino alla fine 70. Chi dunque con perseveranza opera in mezzo alla terra quel che è onesto e giusto, non sarà condannato quando saranno giudicati i confini della terra. Continua: E dà valore ai nostri re per non condannarli nel giudizio. Dà loro valore per dominare da re la carne e vincere il mondo in colui che per loro ha versato il sangue. Ed eleverà la fronte del suo cristo 71. In qual modo Cristo eleverà la fronte del suo cristo? In colui, di cui precedentemente è stato detto: Il Signore è asceso nei cieli, fu ravvisato Cristo Signore ed Egli stesso, come si afferma in questo passo, eleverà la fronte del suo cristo. Chi è dunque il cristo di Cristo? Ovvero eleverà la fronte di ogni suo fedele, come Anna stessa all'inizio del cantico ha affermato: Si è levata la mia fronte nel mio Dio 72? Possiamo giustamente considerare cristi tutti gli unti col suo crisma e tutto questo corpo assieme al suo Capo, l'unico Cristo. Dunque ha preannunciato profeticamente questi significati Anna, madre di Samuele, uomo santo e molto lodato. In lui al suo tempo è stato previsto allegoricamente il cambiamento del vecchio sacerdozio che è avvenuto al nostro tempo, poiché è appassita colei che aveva molti figli affinché la sterile, che ne ha partoriti sette, avesse in Cristo il nuovo sacerdozio 73.

La profezia ad Eli.
5. 1. Ma di questo cambiamento con maggiore evidenza parla un uomo di Dio mandato al sacerdote Eli. Se ne tace il nome ma si comprende senza ombra di dubbio dall'incarico e commissione che era un profeta. Si ha dunque nella Scrittura: Andò un uomo di Dio da Eli e gli disse: Queste cose dice il Signore: Mi sono manifestato apertamente alla casa di tuo padre quando erano schiavi in Egitto nella casa del faraone ed ho scelto la casa di tuo padre fra tutte le tribù d'Israele ad esercitare il sacerdozio per me in modo che salissero sul mio altare, bruciassero l'incenso e portassero l'efod e ho dato in cibo alla casa di tuo padre tutti i sacrifici dei figli d'Israele consumati col fuoco. Perché dunque hai guardato con occhio sfrontato la mia vittima bruciata e il mio sacrificio ed hai maggior riguardo per i tuoi figli che per me nell'erogarvi alla mia presenza tutte le primizie d'ogni sacrificio in Israele? Perciò dice il Signore Dio d'Israele: Avevo promesso che la tua casa e la casa di tuo padre passassero in eterno davanti a me. Ma ora dice il Signore: Niente affatto, io onorerò coloro che mi onorano e chi mi disprezza sarà disprezzato. Verranno giorni ed io allontanerò la tua discendenza e la discendenza della casa di tuo padre e non rimarrà per te un anziano nella mia casa per sempre e allontanerò ogni tuo uomo dal mio altare affinché i suoi occhi si struggano nel pianto e si strazi la sua anima ed ogni individuo della tua casa, che sopravviverà, lo abbatteranno con la spada degli uomini. Sarà per te un segno quel che avverrà ai tuoi due figli, Ofni e Finees, in un solo giorno morranno entrambi. Dopo susciterò un sacerdote a me fedele che esegua tutto ciò che ho nel cuore e nell'anima, gli edificherò una casa stabile e presterà servizio davanti al mio Cristo tutti i giorni. E avverrà che chi è superstite nella tua casa verrà a prostrarsi a lui per una moneta d'argento dicendo: Accettami in un servizio del tuo sacerdozio per poter mangiare un pane 74.

Vecchio e nuovo sacerdozio.
5. 2. Non v'è ragione di dire che questa profezia, in cui con tanta evidenza è stato preannunciato il cambiamento dell'antico sacerdozio, si sia adempiuta in Samuele. Egli non era di una tribù diversa da quella che era stata incaricata dal Signore al ministero dell'altare, tuttavia non era dei discendenti di Aronne, la cui stirpe era stata designata perché da essa si eleggessero i sacerdoti 75. Perciò anche in questo avvenimento è stato simboleggiato vagamente il cambiamento che doveva avvenire mediante Cristo Gesù. Quindi in senso proprio apparteneva all'Antica Alleanza ed allegoricamente alla Nuova anche la stessa profezia del fatto, non della parola, in quanto simboleggiava col fatto quel che con la parola era stato detto dal Profeta al sacerdote Eli. Difatti vi furono in seguito dei sacerdoti della stirpe di Aronne come, durante il regno di Davide, Sadoc e Abiatar 76 e altri dopo, prima che giungesse il tempo in cui dovevano avverarsi nel Cristo i fatti che erano stati preannunciati molto prima sul cambiamento del sacerdozio. Ma chi esamina i fatti con l'occhio della fede avverte che essi si sono avverati quando non rimasero né tenda né tempio né altare né sacrificio e quindi neanche alcun sacerdote per i Giudei, sebbene nella Legge di Dio era prescritto che egli fosse scelto per loro dalla discendenza di Aronne. E questo fatto è stato citato nel testo con le parole di quel Profeta: Dice il Signore Dio d'Israele: Avevo promesso che la tua casa e la casa di tuo padre camminassero per sempre alla mia presenza. Ma ora dice il Signore: Niente affatto, io onorerò coloro che mi onorano e chi mi disprezza sarà disprezzato. Per quanto attiene al fatto che nomina la casa del padre di Eli, le parole precedenti dimostrano che non parlava del padre immediato ma di Aronne che per primo fu costituito sacerdote e gli altri dovevano discendere dalla sua stirpe. Dice infatti: Mi sono manifestato alla casa di tuo padre quando erano schiavi in Egitto nella casa del faraone e ho scelto la casa di tuo padre fra tutte le tribù d'Israele ad esercitare il sacerdozio per me. Fra i padri di Eli soltanto Aronne fu eletto al sacerdozio dopo che furono liberati dalla schiavitù in Egitto. Sarebbe avvenuto, ha detto il Profeta in questo brano, che da quella stirpe non si sarebbero più avuti sacerdoti e costatiamo che si è avverato. Stia all'erta la fede, i fatti sono alla portata, si vedono, si toccano e sono scagliati sotto gli occhi di coloro che non vogliono credere. Ecco, dice, verranno giorni ed io allontanerò la tua discendenza e la discendenza della casa di tuo padre e non rimarrà per te un anziano nella mia casa per sempre e allontanerò ogni tuo uomo dal mio altare affinché i suoi occhi si struggano nel pianto e si strazi la sua anima 77. I giorni che erano stati preannunciati sono giunti. Non v'è più un sacerdote secondo l'ordine di Aronne. E quando qualsiasi individuo della sua razza osserva che il sacrificio dei cristiani è in vigore in tutto il mondo e che a lui questa grazia incomparabile è stata sottratta, i suoi occhi si struggono nel pianto e la sua anima si strazia nello sfinimento della tristezza.

Il sacerdozio di Cristo.
5. 3. In senso proprio riguardano la famiglia di Eli, al quale venivano svelati questi fatti, le parole che seguono: Ogni individuo della tua casa, che sopravviverà, sarà abbattuto con la spada degli uomini. Sarà per te un segno quel che avverrà ai tuoi due figli, Ofni e Finees; in un solo giorno morranno entrambi. Quindi il fatto di abolire il sacerdozio dalla casa di questo individuo è divenuto un simbolo, difatti con esso è stato simboleggiato che doveva essere abolito il sacerdozio dalla casa di Aronne. La morte dei figli di Eli ha simboleggiato la morte non di uomini, ma dello stesso sacerdozio dei discendenti di Aronne. Ciò che segue pertanto riguarda già quel sacerdote, di cui Samuele, succedendo ad Eli, rappresentò l'allegoria. Quindi i concetti che seguono riguardano Cristo Gesù, vero sacerdote della Nuova Alleanza. Susciterò un sacerdote a me fedele che esegua tutto ciò che ho nel cuore e nell'anima, gli edificherò una casa stabile. È essa la Gerusalemme al di là del tempo e dello spazio. E passerà, dice ancora, davanti al mio Cristo per tutti i giorni. Con passerà ha inteso dire "frequenterà", come precedentemente aveva detto della casa di Aronne: Avevo promesso che la tua casa e la casa di tuo padre passeranno per sempre davanti a me 78. La frase: Passerà davanti al mio Cristo si deve intendere della casa e non del sacerdote che è lo stesso Cristo Mediatore e Salvatore. La sua casa dunque passerà davanti a Lui. È possibile che il passerà intenda dalla morte alla vita, tutti i giorni, nei quali si tira avanti la soggezione alla morte sino alla fine del tempo. Dal fatto che Dio dice: Che esegua tutto ciò che ho nel cuore e nell'anima non dobbiamo supporre che Dio abbia un'anima, ché anzi ne è il creatore. Si dice di Dio metaforicamente e non in senso proprio, come la mano, il piede e le altre parti del corpo. E affinché non si ritenga che secondo questo senso l'uomo è stato creato a immagine di Dio nell'aspetto del suo essere fisico si aggiungono le ali che l'uomo non ha e si dice a Dio: Mi proteggerai all'ombra delle tue ali 79. Gli uomini debbono così capire che questi concetti si esprimono di quella ineffabile essenza non con il linguaggio proprio ma figurato.

Superstiti e residui.
5. 4. Il seguito: E avverrà che chi sarà superstite nella tua casa verrà a prostrarsi a lui in senso proprio non riguarda la casa di Eli, ma di Aronne di cui sono rimasti discendenti fino alla venuta di Cristo e fino ad oggi non mancano individui di quella razza. Infatti della casa di Eli era già stato detto precedentemente: Ed ogni individuo della tua casa, che sopravviverà, lo abbatteranno con la spada degli uomini 80. In qual senso quindi ha potuto dire con verità: E avverrà che chi sarà superstite nella tua casa verrà a prostrarsi a lui se è vero che nessuno di essa sarà superstite a causa della spada vendicatrice? Ha voluto quindi certamente che s'intendessero gli appartenenti alla razza ma di tutto il sacerdozio secondo l'ordine di Aronne. Supponiamo che questo superstite sia di quei residui predestinati, di cui un altro Profeta ha detto: I residui diverranno salvi 81 e perciò anche l'Apostolo afferma: Così dunque anche in questo tempo i residui si sono salvati per una selezione operata dalla grazia 82. S'intende rettamente inoltre che appartenga a simili residui colui di cui è stato detto: Chi sarà superstite nella tua casa. Certamente costui crede in Cristo come al tempo degli Apostoli moltissimi di quel popolo credettero ed anche adesso non mancano alcuni che, sebbene piuttosto di rado, credono. Si adempie così in lui quel che l'uomo di Dio subito dopo ha soggiunto: Verrà a prostrarsi a lui per una monetina d'argento 83. Certamente il prostrarsi riguarda il sommo sacerdote che è anche Dio. Difatti nel sacerdozio secondo l'ordine di Aronne le persone non andavano al tempio o all'altare di Dio con lo scopo di prostrarsi al sacerdote. E nel dire per una monetina d'argento ha inteso parlare certamente della concisione della parola della fede, sulla quale l'Apostolo afferma: Il Signore opererà sulla terra una parola di grande perfezione e concisione 84. Un Salmo attesta poi che argento si usa per discorso e in esso si canta: I discorsi del Signore sono discorsi casti, argento raffinato nel fuoco 85.

Sacerdozio e pane.
5. 5. Che dice dunque costui che è venuto a prostrarsi al sacerdote di Dio e a Dio sacerdote? Accettami in un servizio del tuo sacerdozio per poter mangiare un pane 86. Non voglio essere sistemato nella carica onorifica dei miei antenati perché non esiste, accettami in un servizio del tuo sacerdozio. Infatti ho scelto di essere spregevole nella casa di Dio 87; desidero di essere un gregario qualsiasi e di qualsiasi rango del tuo sacerdozio. In questo passo il testo indica col sacerdozio il popolo stesso, di cui sacerdote è il mediatore di Dio e degli uomini, l'uomo Cristo Gesù 88. A questo popolo dice l'apostolo Pietro: Popolo santo, sacerdozio regale 89. Sebbene alcuni abbiano tradotto del tuo sacrificio 90 non del tuo sacerdozio, tuttavia il termine significa sempre il popolo cristiano. Per questo dice l'apostolo Paolo: Un solo pane, un solo corpo sebbene siamo molti 91. Soggiungendo: Mangiare un pane ha espresso con finezza lo stesso tipo di sacrificio di cui afferma il Sacerdote stesso: Il pane che io darò è la mia carne per la vita dell'umanità 92. Questo è il sacrificio non secondo l'ordine di Aronne, ma secondo l'ordine di Melchisedec 93. Chi legge intenda. È breve dunque e salutarmente umile il riconoscimento per cui si afferma: Accettami in un servizio del tuo sacerdozio per poter mangiare un pane. È la stessa monetina di argento perché è concisa ed è il discorso del Signore che abita nel cuore del credente. Aveva affermato precedentemente che aveva dato alla casa di Aronne cibi dalle vittime dell'Antica Alleanza con le parole: Ho dato in cibo alla casa di tuo padre tutti i sacrifici dei figli d'Israele consumati col fuoco 94. Erano questi i sacrifici dei Giudei. Qui perciò ha detto: Mangiare un pane che è nella Nuova Alleanza il sacrificio dei cristiani.

Il sacerdozio di Aronne è simbolo del futuro.
6. 1. Sebbene questi eventi siano stati preannunciati con tanta autorevolezza e realizzati con tanta evidenza, non senza ragione si potrebbe esser turbati dal dubbio e dire: Come possiamo fidarci che si avverino quei fatti i quali, stando al preannuncio della Bibbia, si dovrebbero avverare se il preannuncio, suggerito dalla divina ispirazione: La tua casa e la casa di tuo padre passeranno in eterno davanti a me 95 non ha potuto avere effettuazione? Vediamo infatti che il vecchio sacerdozio è stato trasformato e non si può attendere che un giorno si avveri ciò che è stato promesso alla casa di Aronne perché si afferma come eterno quel sacerdozio che succede all'altro ormai respinto e modificato. Chi la pensa così non capisce ancora o non riflette che anche lo stesso sacerdozio di Aronne fu costituito come ombra del futuro eterno sacerdozio. Quindi allorché gli fu promessa la perennità non fu una promessa rivolta all'ombra o allegoria, ma a quel sacerdozio che era adombrato e allegorizzato mediante tale perennità. Ma affinché non si pensasse che sarebbe rimasta anche la figura, si dovette preannunciare profeticamente anche la sua trasformazione.

Simbologia del regno di Saul.
6. 2. Anche il regno dello stesso Saul, che certamente fu respinto e disdegnato, era ombra del regno che rimarrà in eterno. L'olio con cui fu consacrato e da quel crisma fu considerato un cristo 96, si deve spiegare simbolicamente e intendere come un grande valore sacrale. Lo stesso Davide rispettò questo significato in Saul sicché col cuore sconvolto tremò allorché, nascosto in una spelonca buia in cui anche Saul era entrato perché ve lo spingeva un bisogno naturale, senza svelarsi gli aveva tagliato dietro una piccola parte del mantello. Con essa poteva mostrargli in quale occasione lo aveva risparmiato, sebbene potesse ucciderlo, e così strappare dall'animo di lui il sospetto per cui perseguitava il santo Davide perché lo credeva un suo nemico. Temette perfino di essere colpevole della violazione di un valore sacrale così alto perché con quell'atto aveva profanato per lo meno il suo vestito. È stato scritto infatti: Il cuore di Davide batté violentemente perché aveva asportato un lembo del suo mantello. Agli uomini che erano con lui e lo consigliavano di uccidere Saul consegnato nelle sue mani, disse: Non mi sia consentito dal Signore di fare una cosa simile al mio re, il consacrato del Signore, di stendere la mia mano su di lui perché è il consacrato del Signore 97. Dunque si offriva tanto ossequio a questa ombra del futuro ma per ciò che preannunciava allegoricamente. Samuele aveva detto a Saul: Tu non hai osservato il comando che il Signore ti aveva imposto perché in quel modo il Signore aveva reso stabile il tuo regno su Israele per sempre; e ora il tuo regno non rimarrà a te e il Signore cercherà per sé un uomo secondo il suo cuore e gli ordinerà di essere capo del suo popolo perché non hai osservato quanto il Signore ti aveva comandato 98. Queste parole non si devono interpretare come se Dio avesse stabilito che Saul avesse un regno eterno e che poi non volle conservare per lui perché aveva peccato. Dio non ignorava che avrebbe peccato, ma aveva predisposto il suo regno perché in esso fosse l'allegoria del regno eterno. Per questo soggiunse: Ed ora il tuo regno non rimarrà a te. Fu stabile dunque e sarà stabile quel regno che con esso è stato simboleggiato, ma non sarà stabile per quest'uomo perché non doveva regnare per sempre né lui né la sua stirpe, sicché almeno attraverso i discendenti, che si succedevano, sembrasse adempiuto l'inciso: Per sempre. Continua: Il Signore cercherà per sé un uomo, per simboleggiare tanto Davide quanto il Mediatore della Nuova Alleanza che veniva indicato allegoricamente nell'olio con cui furono consacrati Davide e la sua discendenza. Dio non cerca per sé un uomo come se non sappia dove si trova, ma parla da uomo mediante un uomo perché ci cerca così parlando. Eravamo noti non solo a Dio Padre ma anche al suo Unigenito, che era venuto a cercare ciò che si era perduto 99 al punto che in lui siamo stati scelti prima della creazione del mondo 100. Quindi con l'inciso: Cercherà per sé ha inteso dire "avrà come suo". Perciò nella lingua latina questo verbo si unisce a una preposizione e diviene "acquisisce". Così è abbastanza chiaro il suo significato. Tuttavia anche senza l'aggiunta il cercare può essere inteso come acquisire. Da ciò i guadagni si dicono anche acquisti.

Saul è rifiutato come re.
7. 1. Saul peccò di nuovo con la disubbidienza e di nuovo Samuele gli disse nell'oracolo del Signore: Perché hai rifiutato la parola del Signore, il Signore ti ha rifiutato affinché tu non sia re in Israele 101. E ancora riguardo al medesimo peccato, poiché Saul lo ammetteva, ne chiedeva perdono e pregava Samuele che tornasse con lui per raccomandarsi a Dio, Samuele disse: Non tornerò con te perché hai rifiutato la parola del Signore e il Signore ti rifiuterà affinché tu non sia re in Israele. Samuele si voltò per andarsene e Saul afferrò il lembo del suo mantello e lo strappò. Gli disse Samuele: Il Signore dalla tua mano ha strappato oggi il regno da Israele e lo ha dato a un tuo conterraneo buono sopra di te e Israele si scinderà in due parti. Il Signore non si convertirà e non si pentirà, non è da lui il pentirsi perché non è come un uomo che promette e poi non mantiene 102. Vien detto a quest'uomo: Il Signore ti rifiuterà affinché tu non sia re in Israele; ed anche: Il Signore dalla tua mano ha strappato oggi il regno da Israele. Eppure regnò in Israele per quaranta anni 103, cioè tanto tempo quanto lo stesso Davide e aveva udito quel biasimo nei primi anni del suo regno affinché comprendiamo che è stato espresso perché nessuno della sua stirpe avrebbe regnato e ci volgiamo a guardare alla stirpe di Davide da cui provenne secondo la razza il Mediatore di Dio e degli uomini, l'uomo Cristo Gesù 104.

Simbolismo della condanna di Saul.
7. 2. La Scrittura non ha il brano che si legge in parecchi codici latini: Il Signore ha strappato il regno d'Israele dalla tua mano, ma quello scelto da me è derivato dai codici greci: Il Signore dalla tua mano ha strappato il regno da Israele affinché si comprenda che è il medesimo concetto: Dalla tua mano e: Da Israele. Quindi questo individuo rappresentava allegoricamente l'immagine del popolo d'Israele che doveva perdere il regno, poiché Cristo Gesù nostro Signore avrebbe regnato mediante la Nuova Alleanza non secondo la razza ma secondo lo spirito. Poiché a lui si allude con le parole: Lo darò a un tuo conterraneo, il passo si riferisce all'attinenza della razza, poiché Cristo secondo la razza proviene da Israele come Saul. L'aggiunta: Buono sopra di te 105 si può intendere più buono di te; così infatti hanno interpretato anche altri; ma Buono sopra di te si può meglio intendere in questi termini: poiché egli è buono, perciò è sopra di te, come in quell'altro passo profetico: Fino a quando porrò tutti i tuoi nemici sotto i tuoi piedi 106. Fra essi v'è anche un Israele al quale, perché suo persecutore, Cristo ha tolto il regno. Però nella razza vi fu anche un Israele, in cui non v'era inganno 107 quasi frumento di quella paglia, perché della razza erano gli Apostoli, tanti martiri dei quali il primo fu Stefano, di essa tante Chiese che l'apostolo Paolo ricorda 108 perché esaltavano Dio per la sua conversione.

I due popoli d'Israele.
7. 3. Non dubito che in relazione a questo significato si deve intendere ciò che segue: Israele sarà diviso in due parti 109, cioè nell'Israele nemico di Cristo e nell'Israele che si rende cristiano, nell'Israele che appartiene alla schiava e nell'Israele che appartiene alla libera 110. Dapprima questi due tipi erano insieme come se Abramo fosse ancora unito alla schiava fino a quando la sterile, resa feconda mediante la grazia di Cristo, gridò: Manda via la schiava e suo figlio 111. Sappiamo che a causa del peccato di Salomone, durante il regno del figlio Roboamo, Israele fu scisso in due Stati e che così continuò, poiché ogni parte aveva il suo re, fino a che tutto il popolo fu desolato dai Caldei con un rovinoso saccheggio e condotto in esilio. Evidentemente il fatto non riguarda Saul poiché, se un simile castigo doveva essere comminato, doveva essere comminato a Davide, dato che Salomone era suo figlio. Infine ora il popolo ebraico non è in sé diviso ma è indiscriminatamente sparso per il mondo nella comunanza del medesimo errore. La divisione, che Dio ha minacciato al regno e al popolo ebraico nella persona di Saul, che rappresentava allegoricamente il regno e il popolo, è stata simboleggiata, in quanto eterna nella sua immutabilità, con i concetti che sono stati aggiunti: Non si convertirà e non si pentirà, non è di lui il pentirsi perché non è come l'uomo che promette e poi non mantiene 112. È l'uomo che promette e non mantiene, non Dio che non si pente come l'uomo. Nei passi in cui si legge che si pente viene indicato il divenire delle cose mentre la prescienza divina rimane fuori del divenire. Dove dunque si dice che non si pente, s'intende che non è nel divenire.

I due ordini di credenti.
7. 4. Notiamo dunque da queste parole che da Dio fu pronunciata una sentenza irrevocabile e assolutamente indefettibile sulla distinzione del popolo d'Israele. Tutti coloro infatti che da esso sono passati, passano o passeranno a Cristo non provenivano da esso secondo la prescienza di Dio, non ne provenivano secondo l'unica e medesima natura dell'uman genere. Certamente tutti gli Israeliti che, divenuti seguaci di Cristo, persistono in lui, giammai saranno con quegli Israeliti che permangono suoi nemici sino alla fine di questa vita, ma rimarranno per sempre in quella divisione che è stata prevista dal passo citato. Non giova l'Antica Alleanza, che dal monte Sinai genera alla schiavitù 113, se non offre una testimonianza alla Nuova Alleanza. Del resto finché si ascolta Mosè un velo è posto sui loro occhi, quando da lui si passa a Cristo, il velo viene tolto 114. Difatti il punto di vista di coloro che fanno il passaggio cambia dall'Antica alla Nuova Alleanza, sicché non s'intende più avere l'appagamento della carne ma dello spirito. Allorché il grande profeta Samuele, prima di consacrare re Saul, gridò al Signore a favore d'Israele e il Signore lo ascoltò e quando compiva l'offerta di un sacrificio, mentre gli stranieri si preparavano al combattimento contro il popolo di Dio, il Signore fece udire un tuono sopra di loro ed essi si scompigliarono, andarono a cozzare con Israele e furono sconfitti. Egli prese una pietra e la collocò fra la nuova e la vecchia Massefat e la denominò Abennezer che significa "la pietra di Colui che soccorre" e disse: Fino a questo punto ci ha soccorso il Signore 115. Massefat si traduce "punto di vista" 116. La pietra di Colui che soccorre è la posizione di mezzo del Salvatore, attraverso il quale si deve passare dalla vecchia Massefat alla nuova, cioè dal punto di vista con cui nel regno carnale si attendeva la falsa felicità della carne al punto di vista con cui mediante la Nuova Alleanza si attende nel regno dei cieli la felicità dello spirito sommamente vera. Il Signore ci ha soccorso fino a questo punto perché nessun bene è ad essa superiore.

Profetismo in Davide e nei Salmi [8-19]


Promessa di un regno eterno a Davide...
8. 1. Noto che ora si deve trasferire l'indagine, per quanto attiene all'argomento che sto trattando, sull'oggetto della promessa di Dio a Davide, successore di Saul nel regno, dalla cui trasformazione è stata allegorizzata la trasformazione definitiva, in riferimento alla quale per divina ispirazione sono stati espressi e trasmessi tutti questi concetti. Poiché si verificarono parecchi avvenimenti favorevoli al re Davide, egli decise di costruire a Dio una casa, cioè il magnifico e rinomato tempio che in seguito fu edificato dal figlio Salomone. Mentre rifletteva sulla cosa, al profeta Natan fu rivolta la parola del Signore perché la riferisse al re. Dio, dopo avergli manifestato che la sua casa non doveva essergli edificata da Davide e che per lungo tempo non aveva incaricato qualcuno perché gli fosse eretta una casa di cedro, soggiunse: Ora dirai al mio servo Davide: Dice il Signore onnipotente: Ti ho preso dal pascolo del gregge affinché tu fossi capo del mio popolo Israele ed ero con te in tutti i luoghi in cui andavi e ho sterminato davanti a te tutti i tuoi nemici e ti ho reso famoso fra i grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo al mio popolo Israele, ve lo stabilirò ed esso abiterà nella propria casa, non sarà più turbato e l'iniquo non oserà più opprimerlo come in passato quando ho dovuto stabilire i Giudici sul mio popolo Israele, ti darò pace liberandoti da tutti i tuoi nemici e il Signore ti avvertirà di edificargli una casa. Avverrà quando i tuoi giorni saranno al completo e ti addormenterai con i tuoi antenati, farò sorgere dopo di te la tua discendenza che proverrà dalle tue viscere e allestirò il suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò sicuro il suo trono in eterno. Io sarò per lui come un padre ed egli per me come un figlio. E se agirà male, lo castigherò con lo scudiscio degli uomini e con i colpi che assestano i figli degli uomini ma non ritirerò da lui il mio favore come l'ho ritirato da coloro che ho rimosso dal mio viso. La sua casa e il suo regno saranno fedeli in eterno a me e il suo trono sarà reso stabile in eterno 117.

... che non si realizza in Salomone...
8. 2. Sbaglia di grosso chi ritiene che si adempì in Salomone una promessa così sublime. Volge l'attenzione all'inciso: Mi edificherà una casa, perché Salomone fece costruire il tempio assai celebre, ma non tiene presente l'altro: La sua casa e il suo regno saranno fedeli in eterno a me 118. Tenga presente dunque e consideri la casa di Salomone piena di donne straniere che adoravano falsi dèi e che da esse il re stesso, una volta tanto sapiente, fu trascinato e fatto precipitare nella medesima idolatria 119, non osi giudicare o che Dio fece una promessa menzognera o che non poté aver prescienza che Salomone e la sua casa divenissero così abietti. Non dovremmo essere messi in dubbio da quelle parole anche se non fossimo consapevoli che si sono adempiute in Cristo Signore nostro, venuto al mondo dalla discendenza di Davide secondo la razza 120 e che per ingannevole illusione ne attendessimo un altro come i Giudei fedeli alla razza. Anche essi comprendono, nel leggere il passo, che non è stato Salomone il figlio promesso al re Davide al punto che con singolare accecamento dicono di aspettarne ancora uno diverso da quello che si è rivelato con tanta evidenza per quello che è stato promesso. Si è avuta una certa allusione a un evento futuro in Salomone per il fatto che costruì il tempio e realizzò la pace in aderenza al proprio nome, perché Salomone in un idioma latino significa "operatore di pace" e all'inizio del suo regno fu meravigliosamente degno d'encomio. Ma anche egli, con la sua personalità attraverso l'adombramento del futuro, preannunciava, non rappresentava Cristo Signore. Quindi sono state tramandate di lui alcune notizie, come se le parole citate fossero una predizione sulla sua persona, mentre la Scrittura santa, anche quando profetizza mediante fatti avvenuti, configura in qualche modo in lui l'allegoria di avvenimenti futuri. Infatti, oltre i libri storici della Bibbia, in cui si narra che fu re, anche il Salmo settantuno è intestato al suo nome. In esso sono esposte tante idee che non è assolutamente possibile applicare a lui e al contrario con luminosa chiarezza si applicano a Cristo Signore, sicché appare con evidenza che in Salomone è stata accennata una certa allegoria e in Cristo è stata manifestata la stessa verità dei fatti. È noto da quali confini era limitato il regno di Salomone, eppure in quel Salmo si legge, per non parlare d'altro: Sarà signore da un mare all'altro e dal fiume fino ai confini della terra 121. Comprendiamo che questa predizione si è realizzata in Cristo. Iniziò ad esser signore dal fiume quando, battezzato da Giovanni, dietro la sua segnalazione iniziò ad essere conosciuto dai discepoli che lo chiamarono non solo Maestro ma anche Signore 122.

... ma in Cristo.
8. 3. Salomone cominciò a regnare mentre il padre era ancora in vita, privilegio che non capitò a nessun altro di quei re per il solo motivo che da questa evenienza risulti chiaro che non è lui a essere preannunciato nella suddetta profezia. Essa è rivolta al padre con le parole: Avverrà quando i tuoi giorni saranno al completo e ti addormenterai con i tuoi antenati, farò sorgere dopo di te la tua discendenza che proverrà dalle tue viscere e allestirò il suo regno 123. Ci chiediamo in qual senso sia possibile pensare che con le parole che seguono: Mi edificherà una casa sia stato predetto Salomone e non piuttosto che con quelle che precedono e cioè: quando i tuoi giorni saranno al completo e ti addormenterai con i tuoi antenati, farò sorgere dopo di te la tua discendenza s'intenda promesso un diverso operatore di pace. Si preannuncia infatti che egli sarebbe venuto al mondo non prima, come Salomone, ma dopo la morte di Davide. Anche se Gesù Cristo doveva venire dopo molto tempo, era senza dubbio conveniente che venisse dopo la morte di Davide, al quale era stato promesso in quei termini affinché erigesse a Dio la dimora non di travi e pietre ma di uomini, quale appunto noi ci allietiamo di erigere. A questa casa, cioè ai credenti in Cristo, dice l'Apostolo: È santo il tempio di Dio che siete voi 124.

Nel Salmo 88 promessa a Davide di un regno eterno...
9. Perciò anche nel Salmo ottantotto dal titolo: Avvertimenti allo stesso Etan l'Israelita si ricordano le promesse di Dio rivolte al re Davide. Alcune sue espressioni sono simili a quelle citate che si leggono nel Libro dei Re, come questa: Ho giurato a Davide mio servo: renderò stabile in eterno la tua discendenza 125. E ancora: Allora parlasti in visione ai tuoi figli e hai detto: Ho portato aiuto a un forte, ho innalzato un eletto tra il mio popolo. Ho trovato Davide mio servo, con il mio santo olio l'ho consacrato, la mia mano lo sosterrà e il mio braccio lo renderà forte. Su di lui non trionferà il nemico né l'opprimerà il disonesto. Abbatterò davanti a lui i suoi nemici e metterò in fuga quelli che lo odiano. La mia fedeltà e il mio aiuto saranno con lui e nel mio nome s'innalzerà la sua fronte. Stenderò sul mare la sua mano e sui fiumi la sua destra. Egli m'invocherà: Tu sei mio padre, mio Dio e operatore della mia salvezza. Io lo costituirò mio primogenito, il più alto fra i re della terra. Gli conserverò in eterno il mio aiuto e la mia alleanza gli sarà fedele. Stabilirò per sempre la sua discendenza e il suo trono come i giorni del cielo 126. Tutte queste prerogative si rivelano in Gesù Signore allorché si rilevano con esattezza in riferimento al nome di Davide a causa dell'aspetto di servo che egli, il Mediatore, ha assunto dalla Vergine nella stirpe di Davide. In seguito si fa un rilievo sulle colpe dei figli, simile a quello esposto nel Libro dei Re e che quasi con immediatezza si riferisce a Salomone. In esso infatti, cioè nel Libro dei Re, la Scrittura dice: E se agirà male, lo castigherò con lo scudiscio degli uomini e con i colpi che assestano i figli degli uomini, ma non ritirerò da lui il mio aiuto 127. Con i colpi voleva indicare le percosse della riprensione. Quindi l'espressione: Non toccate i miei consacrati 128 significa certamente "Non offendeteli". Anche nel Salmo citato, come se il soggetto fosse Davide, poteva dire qualcosa di simile: Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge e non seguiranno i miei decreti, se violeranno i miei ordinamenti e non osserveranno i miei comandi, punirò con lo scudiscio il loro peccato e con le percosse la loro colpa ma non toglierò a lui il mio aiuto 129. Non ha detto: "A loro", eppure parlava dei suoi figli, non di lui, ma ha detto: A lui, inciso che ben inteso significa la medesima cosa. Non è possibile infatti che di Cristo stesso, capo della Chiesa, siano le colpe che occorre frenare con la riprensione mediante l'aiuto accordato da Dio. Sono nel suo corpo e nei seguaci che sono il suo popolo. Quindi nel Libro dei Re si ha l'inciso: La sua iniquità e nel Salmo l'altro: Dei suoi figli per farci capire che per traslato si dice di lui quel che riguarda il suo corpo. Anche egli dal cielo, quando Saulo perseguitava il suo corpo, cioè i credenti in lui, disse: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 130. Nei versicoli successivi del Salmo dice: Nella mia lealtà non recherò offesa, né violerò la mia alleanza e non disdirò le parole che escono dalla mia bocca. Ho giurato una volta per sempre nella mia santità: Se mentirò a Davide 131, cioè: Mai mentirò a Davide. La Bibbia spesso si esprime così. Soggiunge l'oggetto sul quale non mentisce con le parole: In eterno rimane la sua discendenza; il suo trono davanti a me come il sole, sempre saldo come la luna, testimone fedele nel cielo 132.

... che simboleggia il Cristo...
10. Dopo queste energiche conferme di una promessa così solenne, affinché non si ritenessero compiute in Salomone, come se si fosse atteso e non raggiunto un intento, il Salmo soggiunge: Ma tu, Signore, lo hai respinto e abbattuto 133. Questo destino si avverò riguardo al regno di Salomone nei suoi successori fino alla eversione della Gerusalemme terrena, che fu la metropoli del regno, e soprattutto dopo la distruzione del tempio che era stato eretto da Salomone 134. Ma affinché non si pensasse che Dio aveva agito contro le sue promesse, subito aggiunse: Hai rinviato il tuo cristo 135. Dunque non è Salomone né Davide se il Cristo del Signore è stato rinviato. Erano chiamati cristi tutti i re consacrati col crisma sacrale, non solo da Davide in poi, ma anche da Saul che fu unto come primo re per il medesimo popolo perché anche Davide lo chiama cristo del Signore 136. Tuttavia uno solo era il vero Cristo, di cui essi rappresentavano l'allegoria con la consacrazione profetica. Egli, secondo l'opinione degli uomini i quali ritenevano che si dovesse ravvisare in Davide o in Salomone, era rinviato troppo a lungo, invece secondo l'ordinamento di Dio si disponeva che venisse a suo tempo. Mentre egli frattanto viene rinviato, il Salmo citato di seguito soggiunge ciò che sarebbe avvenuto del regno della Gerusalemme terrena, in cui si attendeva che egli avrebbe senz'altro regnato; afferma: Hai rotto l'alleanza col tuo servo, hai profanato nel fango la sua consacrazione, hai abbattuto tutte le sue mura e hai volto al terrore le sue trincee, tutti quelli che passavano per la strada lo hanno depredato, è divenuto la beffa dei suoi vicini, hai fatto trionfare la destra dei suoi rivali, hai fatto gioire tutti i suoi nemici, hai sottratto la capacità di difesa della sua spada e non lo hai sorretto nella guerra, l'hai ostacolato nel procacciarsi gloria, hai rovesciato a terra il suo trono, hai abbreviato i giorni del suo regno e lo hai coperto di vergogna 137. Tutte queste sventure piombarono sopra la Gerusalemme schiava, in cui regnarono anche alcuni figli della libera che tennero il regno terreno in gestione temporanea, che valutavano con la fede verace il regno della Gerusalemme celeste di cui erano figli, che attendevano il vero Cristo. La storia poi, basta leggerla, è segnalatrice degli avvenimenti in riferimento alle sventure che caddero sopra quel regno.

... Redentore dell'umanità.
11. Dopo questi contenuti profetici il Profeta si volge a pregare Dio ma anche la sua preghiera è una profezia: Fino a quando o Signore volgi altrove, alla fine? 138. È sottinteso il tuo viso, come si dice in un altro Salmo: Fino a quando da me volgi altrove il tuo viso? 139. Per questo alcuni codici a questo punto non hanno: Volgi altrove, ma: "ti volgi altrove", sebbene si possa intendere: volgi altrove il tuo aiuto che hai promesso a Davide. L'inciso: Alla fine non significa altro che sino alla fine. In questa fine si deve ravvisare l'ultimo tempo quando anche il popolo giudaico crederà in Cristo Gesù. Era indispensabile che prima di quella fine avvenissero tutti i fatti che precedentemente il Salmo aveva deplorato come calamitosi. In riferimento ad essi soggiunge: La tua ira divampa come fuoco, ricordati qual è la mia essenza. In questo passo nulla di più appropriato s'intende che lo stesso Gesù come essenza del suo popolo, perché da esso proviene l'esistenza del suo essere fisico. Poiché non inutilmente, soggiunge, hai dato all'esistenza tutti i figli degli uomini 140. Se un solo figlio dell'uomo non fosse l'essenza d'Israele, affinché in questo figlio dell'uomo fossero riscattati molti figli degli uomini, senz'altro inutilmente sarebbero dati all'esistenza tutti i figli degli uomini. Ora ogni esistenza umana a causa del peccato del primo uomo è caduta dal vero essere all'inutilità dell'essere e per questo dice un altro Salmo: L'uomo è diventato tanto simile a una cosa inutile, i suoi giorni trascorrono come un'ombra 141. Però non inutilmente Dio ha dato all'esistenza tutti i figli degli uomini, perché ne riscatta molti dall'inutilità per opera di Gesù mediatore. E ha dato all'esistenza anche coloro di cui ha avuto prescienza che non sarebbero riscattati, senz'altro non inutilmente, nel sublime e giustissimo ordinamento della creatura ragionevole, per utilità dei riscattati e nel confronto per reciproca opposizione delle due città. Il Salmo soggiunge: Qual è l'uomo che vivrà e non vedrà la morte, trarrà fuori la propria anima dal potere dell'oltretomba? 142. Può essere soltanto Egli, che è essenza d'Israele dalla discendenza di Davide, Cristo Gesù. Di lui dice l'Apostolo che risorgendo dai morti più non muore e la morte non avrà più potere su di lui 143. Così vivrà e non vedrà più la morte, ma nel senso che è morto e ha tratto fuori la propria anima dal potere dell'oltretomba, in cui era disceso per sciogliere i lacci mortali di alcuni e se n'è tratto fuori con quel potere di cui dice nel Vangelo: Ho il potere di offrire la mia anima e il potere di riprenderla 144.

Il suo popolo casa di Dio è ingiuriato.
12. I rimanenti concetti di questo Salmo sono così espressi: Dov'è, Signore, la tua benignità d'un tempo che nella tua fedeltà hai giurato a Davide? Ricordati, Signore, dell'insulto ai tuoi servi, perché ho represso nel cuore quello di molti popoli, perché i tuoi nemici, Signore, hanno oltraggiato, hanno oltraggiato la trasformazione del tuo Cristo 145. Si può ragionevolmente porre il problema se questi concetti sono stati espressi dalla prospettiva degli Israeliti, i quali desideravano che si adempisse per loro la promessa rivolta a Davide, o piuttosto dei cristiani i quali non sono Israeliti secondo la razza ma secondo lo spirito. Infatti sono stati espressi o scritti al tempo in cui visse Etan al cui nome è intestato il Salmo ed era pure il tempo del regno di Davide. Perciò non si avrebbe questa espressione: Dov'è, Signore, la tua benignità di un tempo che nella tua fedeltà hai promesso a Davide?, se la profezia di per sé non indicasse metaforicamente il modo di pensare di individui che sarebbero esistiti molto tempo dopo e per i quali era antico il tempo in cui furono fatte simili promesse a Davide. Si può intendere così che molti popoli pagani, quando perseguitavano i cristiani, rinfacciavano a loro la passione di Cristo che la Scrittura considera trasformazione, perché morendo divenne immortale. Si può anche intendere, stando a questa interpretazione, che la trasformazione di Cristo fu rimproverata ai Giudei perché, mentre si attendeva che fosse il loro Cristo, lo divenne dei popoli pagani. Ora infatti molti popoli pagani lo rinfacciano ad essi perché hanno creduto in lui mediante la Nuova Alleanza, mentre essi sono rimasti alla vecchia età. Quindi è possibile anche in questo caso dire: Ricordati, Signore, dell'insulto ai tuoi servi, giacché, dal momento che non li dimentica ma ne ha pietà, dopo questo insulto anche essi crederanno. Ma l'interpretazione, che ho indicato, mi sembra la più genuina. Infatti ai nemici di Cristo, ai quali si rimprovera che egli li ha abbandonati per passare ai popoli pagani, si adatta male l'espressione: Ricordati, Signore, dell'insulto ai tuoi servi. Non devono essere considerati servi del Signore simili Giudei ma queste parole riguardano coloro i quali, poiché subivano per il nome di Cristo le gravi umiliazioni delle persecuzioni, hanno potuto richiamare alla memoria che un regno nell'alto fu promesso alla discendenza di Davide. Nell'aspirazione ad esso han potuto dire non disperando ma chiedendo, attendendo, picchiando: Dov'è, Signore, la tua benignità di un tempo che nella tua fedeltà hai giurato a Davide? Ricordati, Signore, dell'insulto ai tuoi servi perché ho represso nel cuore (cioè ho pazientemente sopportato nella mia coscienza) quello di molti popoli pagani, perché i tuoi nemici hanno oltraggiato, Signore, hanno oltraggiato la trasformazione del tuo Cristo, perché non pensavano che fosse una trasformazione ma un annientamento. Poi l'inciso: Ricordati, Signore, significa certamente: Abbi pietà e al posto della mia bassezza, sopportata pazientemente, concedimi l'altezza che hai giurato a Davide nella tua fedeltà. Se vogliamo attribuire ai Giudei queste parole, han potuto dirle quei servi di Dio che, saccheggiata la Gerusalemme terrena, prima che Cristo venisse nel mondo, furono condotti in prigionia, se capivano la trasformazione di Cristo perché da lui si doveva attendere con fede non la felicità terrena e carnale, quale si ebbe nei pochi anni del re Salomone, ma la felicità celeste e spirituale. Quando, ignorandola, la miscredenza dei popoli pagani rinfacciava con insolenza che il popolo di Dio era prigioniero, non faceva altro che insultare la trasformazione del Cristo perché la ignorava ed essi la conoscevano. Quindi il pensiero che segue a conclusione del Salmo: La benedizione del Signore per sempre, amen, amen 146, conviene assai a tutto il popolo di Dio che appartiene alla celeste Gerusalemme, tanto in coloro che erano occulti nell'Antica Alleanza prima che fosse rivelata la Nuova, come in quelli che, ormai rivelata la Nuova Alleanza, appartengono apertamente al Cristo, come si può osservare. Non si deve attendere una benedizione del Signore che duri per un periodo di tempo, come si manifestò al tempo di Salomone, ma che duri in eterno e in questa infallibile attesa s'invoca: Amen, amen. È conferma di una simile attesa la ripetizione della parola. Davide, che capiva questa verità, dice nel Secondo Libro dei Re da cui son passato al Salmo citato: Tu hai parlato a favore della casa del tuo servo per un lontano avvenire 147. Perciò poco dopo soggiunge: Comincia adesso e benedici la casa del tuo servo fino all'eternità 148 e il resto. Davide appunto stava per generare un figlio, dal quale la sua posterità doveva giungere a Cristo, per la cui mediazione la sua casa sarebbe diventata eterna perché era anche la casa di Dio. Casa di Davide a motivo della stirpe di Davide ed anche casa di Dio a motivo del tempio di Dio, strutturato di uomini e non di pietre, in cui deve abitare in eterno il popolo con Dio, nel suo Dio, e Dio con il popolo, nel suo popolo. Così Dio appaga il suo popolo e il popolo è appagato dal suo Dio quando Dio sarà tutto in tutti 149, Egli premio nella pace perché coraggio nella battaglia. Quindi poiché con parole di Natan si dice: Il Signore ti avvertirà di edificargli una casa 150, poco dopo con parole di Davide: Tu, Signore onnipotente, Dio d'Israele, hai rivelato al tuo servo: ti edificherò una casa 151. Anche noi edifichiamo questa casa vivendo onestamente, aiutandoci Dio affinché viviamo onestamente perché se il Signore non edificherà la casa, invano hanno lavorato quelli che la edificavano 152. Quando avverrà l'ultima inaugurazione di questa casa, allora si avvererà ciò di cui ha parlato il Signore mediante Natan con le parole: Fisserò un luogo al mio popolo Israele, ve lo stabilirò ed esso abiterà nella propria casa, non sarà più turbato e l'iniquo non oserà più opprimerlo come in passato quando ho dovuto stabilire i Giudici sul mio popolo Israele 153.

La pace vera.
13. Chi attende un bene così grande nel tempo e nel mondo ragiona da sciocco. Non si penserà certo che esso sia stato conseguito nella pace del regno di Salomone. La Scrittura, sia pure con linguaggio meraviglioso, addita la pace vera nell'ombra del futuro. Però con attenzione è stata da lei evitata questa falsa supposizione poiché, dopo aver detto: E l'iniquo non oserà più opprimerlo, si ha subito l'aggiunta: Come in passato quando ho dovuto stabilire i Giudici sul mio popolo Israele 154. I Giudici, prima che dominassero i re, erano stati costituiti sopra il popolo da quando esso aveva occupato la Terra promessa. Lo opprimeva l'iniquo, cioè lo straniero nemico, in quegli intervalli di tempo in cui, come è scritto 155, la pace si avvicendava con la guerra e in quell'epoca si riscontrano periodi di pace più lunghi di quelli che ottenne Salomone, il quale regnò quarant'anni 156. Difatti sotto il giudice Eud si ebbero ottant'anni di pace 157. Non si deve quindi affatto ritenere che in quella predizione sia designata l'età di Salomone e molto meno di qualsiasi altro re. Nessuno di loro regnò in una continua pace come lui e assolutamente mai quel popolo ebbe un regno tale da non preoccuparsi di venire assoggettato dai nemici. Infatti nell'incessante crisi delle cose umane a nessun popolo fu consentita tanta sicurezza da non temere gli attacchi che amareggiano questa esistenza. Il luogo dunque che viene promesso per una dimora tanto serena e tranquilla è eterno ed è destinato agli eterni nella libera madre Gerusalemme in cui esisterà secondo verità il popolo d'Israele. Questo nome si traduce: "colui che vede Dio" 158. Nell'aspirazione a questo premio si deve condurre in questo travagliato esilio una vita devota mediante la fede.

Davide e i Salmi.
14. Dunque Davide regnò mentre la città di Dio si evolveva attraverso il tempo, dapprima nell'ombra del futuro, cioè nella Gerusalemme terrena. Davide era un uomo competente nei versi destinati al canto, egli amò il ritmo musicale non per un diletto che è di tutti, ma per religiosa aspirazione, e consacrò quei versi al suo Dio, che è il vero Dio, nella mistica allegoria di un grande avvenimento. Difatti l'accordo, dovuto alla misura razionale e alla modulazione di suoni diversi, fa pensare all'unità, ottenuta con armonica varietà, di una città bene ordinata. Poi quasi tutta la sua produzione profetica è nei Salmi, il Libro che definiamo dei Salmi ne contiene centocinquanta. Alcuni sostengono che sono stati composti da Davide quelli di essi che sono intestati al suo nome. Vi sono anche alcuni i quali ritengono che non sono stati composti da Davide se non quelli che sono intitolati: Dello stesso Davide, quelli invece che hanno nel titolo: Allo stesso Davide, composti da altri, sarebbero stati adattati al suo modo di esprimersi. Questa ipotesi è confutata dalla parola dello stesso Salvatore, contenuta nel Vangelo, in cui egli dice che Davide sotto ispirazione ha chiamato il Cristo suo Signore 159. Il Salmo centonove appunto comincia: Oracolo del Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi 160. E certamente questo Salmo non ha nel titolo: Dello stesso Davide, ma: Allo stesso Davide, come parecchi altri. A me personalmente sembra che giudichino con maggiore attendibilità coloro i quali attribuiscono alla sua produzione tutti i centocinquanta Salmi e che egli ne intestò alcuni col nome di altre persone le quali erano allegoria di un qualche significato attinente all'argomento trattato e non volle che i rimanenti avessero nella intestazione il nome di un uomo. Agì, cioè, come il Signore gli indicò per ispirazione di comporre la disposizione, certamente misteriosa ma non inutile, della varia attribuzione. Non deve spingere a rifiutare questa ipotesi il fatto che nel libro ad alcuni Salmi sono assegnati nomi di Profeti che vissero molto tempo dopo l'età del re Davide e che danno l'impressione di parlare a nome proprio 161. L'ispirazione profetica ha potuto suggerire al re Davide, mentre profetava, i nomi di futuri Profeti in modo che si salmodiasse in tono di profezia un argomento che si addiceva alla loro personalità. Ad esempio il re Giosia, che doveva venire al mondo e regnare dopo più di trecento anni, fu palesato assieme al nome a un Profeta che predisse anche la sua attività avvenire 162.

Prolusione critica sui Salmi.
15. Ora si attende da me, me ne accorgo, che a questo punto del libro esprima che cosa nei Salmi Davide ha previsto del Signore Gesù Cristo e della sua Chiesa. Per non farmi eseguire questa operazione, come pare che l'attesa stia chiedendo, sebbene l'ho già fatto per un Salmo, sono ostacolato più dall'eccedenza che dalla scarsità. Mi sento inibito dal parafrasarli tutti a motivo della prolissità. Se ne sceglierò alcuni, può sembrare, come temo, a molti i quali conoscono che ho omesso i più necessari. Poi la documentazione che si offre deve avere la conferma dal contesto di tutto il Salmo in modo che eventualmente non vi sia qualche elemento che disdice, anche se tutti non confermano. Non deve sembrare che alla maniera dei centoni vado spiccando dei versetti, attinenti all'argomento che intendo trattare, da un grande componimento poetico che appare svolto non sull'argomento voluto ma su uno molto diverso. Affinché questo intento critico possa esser rilevato in qualsiasi Salmo, lo si deve esporre integralmente. I libri degli altri e miei, in cui ho trattato così l'assunto, indicano sufficientemente quale impegno richiedono. Chi vuole e può li legga dunque, vi troverà quante e quanto grandi verità il re e profeta Davide ha profetato del Cristo e della sua Chiesa, cioè del re e della città da lui fondata.

Salmo 44, prima parte: Cristo re.
16. 1. Sebbene su qualsiasi argomento si abbiano discorsi profetici palesemente specifici, è indispensabile che vi siano inseriti anche quelli metaforici i quali, soprattutto nei più lenti a capire, comportano per gli insegnanti un faticoso impegno nel dimostrare e spiegare. Alcuni discorsi però a prima vista appena si enunciano, lasciano intravedere Cristo e la Chiesa, sebbene rimangono da esaminare a tempo libero brani che meno si comprendono. Di questo stampo è uno dei Salmi: Ha proferito il mio cuore una lieta parola, io narro le mie imprese al re. La mia lingua è come lo stilo di scriba veloce. Sei il più bello tra i figli degli uomini, sulle tue labbra è diffusa la leggiadria, per questo ti ha benedetto Dio in eterno. Cingi la tua spada al fianco, o valoroso, nel tuo splendore e bellezza e aspira, procedi felicemente e regna per la verità, la mitezza e la giustizia e la tua destra ti farà avanzare meravigliosamente. Le tue frecce acute, o valoroso, poiché i popoli cadono sotto di te, colpiscono al cuore i nemici del re. Il tuo trono, o Dio, dura per sempre, lo scettro della rettitudine è lo scettro del tuo regno. Hai amato la giustizia e hai detestato l'empietà, perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio d'esultanza nel rapporto con i tuoi seguaci. Mirra, aloe e cassia dalle tue vesti e dai palazzi d'avorio, dai quali le figlie dei re ti hanno sorriso nella tua carica onorifica 163. Ogni individuo, anche se lento nel capire, può ravvisare nel brano il Cristo che annunciamo e in cui crediamo quando apprende che è Dio perché il suo trono è per sempre ed è consacrato da Dio, evidentemente come consacra Dio, cioè con un crisma non visibile ma spirituale e del mondo intelligibile. Non v'è certamente una persona tanto ignorante in questa religione ovvero così insensibile alla sua celebrità ampiamente diffusa, la quale non sappia che Cristo è denominato da crisma, quanto dire dall'unzione. Dopo aver riconosciuto che Cristo è re, questa persona, ormai sottomessa a lui, che regna per la verità, la mitezza e la giustizia, esamini a tempo libero gli altri significati che nel brano sono stati espressi per metafora, cioè in che senso sia il più bello tra i figli degli uomini, di una singolare bellezza tanto più degna di amore e ammirazione quanto meno sensibile, cosa significano la spada, le frecce e gli altri concetti che sono così espressi, non con significato specifico ma metaforico.

Salmo 44, seconda parte: la Chiesa regina.
16. 2. Poi ravvisi la sua Chiesa congiunta a uno sposo così grande con unione spirituale e amore divino. Di essa si dice nei versi che seguono: Alla tua destra si è fermata la regina con vestito tessuto d'oro e con vari ornamenti. Ascolta, o figlia, guarda e porgi l'orecchio, dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre, poiché il re ha desiderato ardentemente la tua bellezza: egli è il tuo Dio. Si prostreranno davanti a lui le giovinette di Tiro portando doni, i ricchi del popolo vorranno vedere il tuo volto. Tutto lo splendore della figlia del re è dall'interno, è rivestita in vari ornamenti in frange d'oro. Le fanciulle saranno condotte al re dopo di lei, le più vicine a lui saranno condotte a te. Saranno condotte in gioia ed esultanza, guidate nel palazzo del re. Al posto dei tuoi padri ti sono nati dei figli, li farai capi su tutta la terra. Si ricorderanno del tuo nome di generazione in generazione. Perciò i popoli ti loderanno in eterno, per sempre 164. Non penso che ci sia qualcuno tanto insensato da ritenere che nel testo venga esaltata nei vari tratti una povera donna qualsiasi, la moglie, cioè, di colui al quale sono state già rivolte le seguenti parole: Il tuo trono, o Dio, dura per sempre, lo scettro della rettitudine è lo scettro del tuo regno. Hai amato la giustizia e hai detestato l'empietà, perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio d'esultanza nel rapporto con i tuoi seguaci, certamente Cristo in riferimento ai cristiani. Sono suoi seguaci coloro dalla cui concorde unità in tutti i popoli si pone nei fatti questa regina, come di lei si dice in un altro Salmo: La città del gran Re 165. È la Sion in senso spirituale. Questa parola tradotta in lingua latina significa "contemplazione" 166. Difatti ella contempla il grande bene della vita fuori del tempo poiché ad essa è rivolta la sua aspirazione. Ella è anche la Gerusalemme sempre in senso spirituale, della quale ho già parlato abbastanza 167. La sua nemica è la città del diavolo, Babilonia, che si traduce "confusione". Libera da questa Babilonia la regina in parola è affrancata in tutti i popoli mediante la rigenerazione e da un re molto cattivo passa a uno molto buono, cioè dal diavolo a Cristo. Le viene detto perciò: Dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre. Della città miscredente fanno parte anche gli Israeliti soltanto per razza e non per fede, perché anche essi sono nemici del gran Re e della sua Regina. Difatti venuto al mondo fra di loro e da loro ucciso, è divenuto capo di altri che non ha intravisto nella razza. In proposito, nella predizione di un Salmo, afferma lo stesso nostro re: Mi scamperai dalle rivolte del popolo, mi porrai a capo delle nazioni. Un popolo, che non conoscevo, mi ha servito, subito all'ascoltarmi mi ha ubbidito 168. Dunque questo popolo di nazioni pagane, che non ha conosciuto Cristo nella presenza fisica e che ha creduto nel Cristo annunciato, sicché giustamente di esso si dice: Subito nell'ascoltarmi mi ha ubbidito, poiché la fede proviene dall'ascolto 169, questo popolo, dico, aggiunto ai veri Israeliti nella natura umana e nella fede, è la città di Dio. Essa, quando era composta di soli Israeliti, ha generato lo stesso Cristo secondo l'umana natura. Le apparteneva infatti la Vergine Maria, nella quale il Cristo, per essere uomo, assunse l'umana natura. Della città un altro Salmo dice: Della metropoli Sion, si dirà, l'uomo è nato in essa e l'Altissimo le ha dato salde fondamenta 170. L'Altissimo è certamente Dio. E perciò Cristo Dio, prima che in quella città divenisse uomo in Maria, egli stesso le diede salde fondamenta nei Patriarchi e Profeti. Dunque a questa città di Dio regina tanto tempo prima è stato predetto mediante una profezia un evento che vediamo già avverato: Al posto dei tuoi padri ti sono nati dei figli, li farai capi su tutta la terra 171. Alcuni tra i suoi figli infatti sono stati eletti in tutta la terra anche come suoi padri quando la riconoscono i popoli giungendo insieme al riconoscimento di un ideale eterno per sempre. Senza dubbio tutto ciò che nel Salmo è stato espresso velatamente con discorsi metaforici, comunque s'interpreti deve essere applicato a questi significati tanto evidenti.

Cristologia dei Salmi 109 e 21.
17. Anche nel Salmo in cui con assoluta evidenza il Cristo viene dichiarato sacerdote come è dichiarato re nel Salmo citato: Ha detto il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi 172, è oggetto di fede e non d'esperienza che Cristo siede alla destra del Padre. Non si manifesta ancora che i nemici saranno posti sotto i suoi piedi, sta avvenendo, ma si manifesterà alla fine. Anche questa verità ora è oggetto di fede, poi di conoscenza. Però il pensiero che segue: Il Signore stenderà da Sion lo scettro del tuo potere e tu domina in mezzo ai tuoi nemici 173 è talmente chiaro che sarebbe negato non solo per mancanza di fede e di correttezza ma perfino di pudore. Anche i nemici ammettono che da Sion fu promulgata la legge di Cristo, che noi chiamiamo Vangelo, e riconosciamo lo scettro del suo potere. Che poi domina in mezzo ai suoi nemici lo attestano essi stessi, in mezzo ai quali domina, perché digrignano i denti, sudano a freddo e non possono nulla contro di lui. Dopo poco il Salmo continua: Il Signore ha giurato e non si pentirà, e con queste parole attesta che sarà immutabile ciò che aggiunge: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedec 174. E poiché in nessun luogo ormai sono in vigore il sacerdozio e il sacrificio secondo l'ordine di Aronne e in ogni luogo si offre con Cristo sacerdote quello che offrì Melchisedec quando benedisse Abramo 175, nessuno può mettere in discussione chi sia colui di cui si parla. A questi evidenti significati si riferiscono quelli che nel medesimo Salmo sono stati espressi in forma un po' più oscura, se si interpretano bene. L'ho già fatto nei miei discorsi al popolo. V'è un altro Salmo in cui Cristo espone profeticamente l'abiezione della sua passione con le parole: Hanno trafitto le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa, essi mi hanno guardato e osservato 176. Con queste parole ha indicato il corpo disteso sulla croce con le mani e i piedi confitti e trapassati dalla perforazione dei chiodi e che in questo modo si era offerto come qualcosa da vedere a coloro che guardavano e osservavano. Continua: Si sono divise le mie vesti e hanno gettato la sorte sulla mia tunica 177. Si narra nel Vangelo come si è adempiuta questa profezia 178, anche gli altri particolari, che nel Salmo sono stati esposti meno chiaramente, s'intendono nel vero significato se si accordano con quelli che sono segnalati per una verifica in atto. Questo soprattutto perché i fatti che, come possiamo notare, non appartengono ancora al passato ma li costatiamo presenti, si possono osservare nel loro verificarsi in tutto il mondo nei termini in cui nel Salmo sono stati preannunciati. Ad esempio poco dopo si dice nel Salmo: Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra e si prostreranno davanti a lui tutte le stirpi dei popoli, poiché il regno è del Signore, egli domina sui popoli 179.

I Salmi 3 e 40 sulla risurrezione.
18. 1. Le predizioni dei Salmi non hanno passato sotto silenzio la sua risurrezione. Nel Salmo tre viene esaltata questa verità con parole pronunciate in prima persona: Io mi sono coricato e mi sono addormentato, ma mi sono svegliato perché il Signore mi sorreggerà 180. Non si può vaneggiare al punto da credere che il Profeta ci ha voluto segnalare come grande avvenimento il fatto che si è addormentato e poi s'è svegliato, se questo sonno non fosse la morte e il risveglio la risurrezione che era conveniente predire di Cristo in questi termini. Nel Salmo quaranta molto più palesemente è esposta questa verità. In esso, sempre dalla prospettiva della persona dello stesso Mediatore, al solito fatti previsti come futuri sono narrati come passati poiché, se dovevano avvenire, erano come avvenuti in quanto certi nella predestinazione e prescienza di Dio. Egli dice: I nemici mi hanno augurato il male: quando morirà e scomparirà il suo nome? Se qualcuno è entrato per visitarmi, il suo cuore ha detto il falso e ha accumulato malizia. Usciva fuori e parlava assieme agli altri. Contro di me sussurravano tutti i miei nemici, pensavano il male contro di me. Hanno accolto contro di me un presagio malvagio: forseché chi dorme non ottiene di rialzarsi? 181. Queste parole hanno una intonazione tale da suggerire che quel tale intendeva dire: Forseché chi è morto non ottiene di risorgere? Le parole precedenti fanno comprendere che i nemici hanno augurato e predisposto la sua morte e che la congiura era stata organizzata da colui che era entrato per visitare ed era uscito per tradire. Ad ognuno a questo punto viene in mente Giuda, da discepolo diventato traditore. Poiché dunque stavano per eseguire ciò che complottavano, stavano cioè per ucciderlo, il Mediatore, mostrando che invano per sciocca malvagità stavano per uccidere uno che sarebbe risorto, ha aggiunto questa frase, come a dire: "Cosa fate, stupidi?". Il vostro delitto è per me un sonno: Forseché chi dorme non otterrà di rialzarsi? Tuttavia nelle frasi seguenti manifesta che non impunemente hanno commesso un così grande misfatto: Anche l'amico in cui ho sperato, egli che mangiava i miei pani, ha premuto il calcagno sopra di me, cioè mi ha calpestato. Ma tu, Signore, aggiunge, abbi pietà di me, fammi rialzare e io li ripagherò 182. Non può negare questa punizione chi sa che dopo la passione e risurrezione di Cristo i Giudei furono completamente sterminati dal loro paese in una devastazione e massacro dovuti alla guerra. Ucciso da loro è risorto e frattanto ha fornito loro una temporanea ammonizione, oltre ciò che riserva ai non pentiti, quando giudicherà i vivi e i morti. Il Signore stesso Gesù, nel rivelare agli Apostoli il traditore col porgergli un pezzo di pane, fece riferimento al versetto di questo Salmo e dichiarò che si era avverato in lui: Chi mangiava i miei pani ha premuto il calcagno sopra di me 183. L'inciso: In cui ho sperato non riguarda il capo ma il corpo. Il Salvatore non ignorava chi fosse perché aveva già detto di lui: Uno di voi mi tradirà e: Uno di voi è un demonio 184. Ma al solito trasferisce in sé la persona dei propri seguaci e aggiudica a sé una loro attribuzione perché capo e corpo sono il medesimo Cristo. Si ha quindi nel Vangelo: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare 185. Esplicitando questa frase ha detto: Quando l'avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me 186. Ha detto che si attendeva quel che si attendevano i suoi discepoli quando Giuda fu accolto fra gli Apostoli.

I Salmi 15 e 67 sulla morte redentrice.
18. 2. I Giudei non attendono che dovrà morire il Cristo che attendono 187. Perciò sostengono che non sia il nostro quello che hanno predetto la Legge e i Profeti, ma un loro Cristo, non saprei quale, che essi farneticano immune dalla soggezione alla morte. Perciò con sorprendente superficialità e accecamento sostengono che le frasi da me allegate non indicano la morte e la risurrezione ma il sonno e il risveglio. Ma grida loro il Salmo quindici: Perciò si è rallegrato il mio cuore e ha gridato di gioia la mia lingua ed anche il mio corpo riposerà nella speranza, perché non abbandonerai la mia anima nell'oltretomba né lascerai che il tuo santo veda la corruzione 188. Soltanto chi è risorto al terzo giorno poteva dire che il suo corpo riposava nella speranza che la sua anima non fosse abbandonata nell'oltretomba ma, ritornando ben presto ad esso, lo facesse risuscitare affinché non si corrompesse come si corrompono tutti i cadaveri. Certo non lo possiamo dire del profeta e re Davide. Anche il Salmo sessantasette grida: Il nostro Dio è un Dio che rende salvi ed anche del Signore è il passaggio della morte 189. Nulla si poteva dire più chiaramente. Il Dio che rende salvi è Gesù Signore che si traduce: "Salvatore" o "Datore di salvezza" 190. Il significato è stato reso manifesto quando, prima che nascesse dalla Vergine, fu annunciato: Ella partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù, perché egli salverà il suo popolo dai loro peccati 191. Poiché per la remissione di questi peccati è stato versato il suo sangue, era certamente indispensabile che da questa vita non avesse altro passaggio che quello della morte. Perciò dopo questa espressione: Il nostro Dio è un Dio che rende salvi immediatamente si soggiunge: Anche del Signore è il passaggio della morte per mostrare che ci avrebbe salvato morendo. Ma con una certa meraviglia si dice: Anche del Signore, come a dire: "È tale la vita dei mortali che anche il Signore non poteva passare da essa in altra maniera che attraverso la morte".

Il Salmo 68 sulla impenitenza dei Giudei.
19. Dato che i Giudei non si arrendono affatto alle attestazioni così palesi di questo preannuncio profetico e anche perché i fatti hanno approdato a una realizzazione così chiara ed evidente, si adempie certamente in loro quel che è espresso nel Salmo successivo a quello citato. Poiché anche in esso nell'intervento della persona di Cristo si preannunciano particolari attinenti alla sua passione, si segnala una circostanza - narrata apertamente nel Vangelo -: Hanno messo nel mio cibo fiele e nella mia sete mi han dato per bevanda l'aceto 192. E come se si trattasse di un banchetto e di cibi di tal fatta a lui offerti, subito soggiunge: La loro tavola diventi per loro una trappola, un'insidia e un inciampo, i loro occhi si offuschino e non vedano e piega sempre di più la loro schiena 193 e altre cose che non sono dette per malaugurio ma, nell'apparenza del malaugurio, previste nella profezia. Non fa meraviglia che non vedano fatti così evidenti coloro i cui occhi sono offuscati affinché non vedano. Non fa meraviglia se non guardano in alto le cose del cielo coloro il cui dorso è sempre piegato affinché siano chinati verso le cose della terra. Con queste espressioni metaforiche desunte dal corpo sono designati i difetti dello spirito. Affinché si dia un limite, bastano questi rilievi dai Salmi, cioè dalla profezia del re Davide. Scusino coloro che li leggono e conoscono tutte quelle verità e non si lamentino di quelle che sanno o suppongono che io abbia omesso sebbene forse più valide.

Da Salomone all'ultimo profetismo [20-24]


I nemici di Cristo e loro vocazione nei libri sapienziali.
20. 1. Davide regnò nella Gerusalemme terrena, ma come figlio della Gerusalemme celeste, molto esaltato per divina attestazione perché i suoi delitti furono cancellati dalla sua grande pietà mediante la salutare contrizione del pentimento al punto da essere fra quelli, di cui egli stesso ha detto: Beati coloro cui sono rimesse le colpe e perdonati i peccati 194. Dopo di lui regnò su tutto il medesimo popolo il figlio Salomone che, come è stato detto precedentemente 195, cominciò a regnare quando il padre era ancora in vita. Egli a buoni inizi fece seguire cattivi risultati. Lo danneggiò infatti il successo, che mette in crisi la coscienza dei sapienti, più di quanto gli giovasse la sapienza ora e per sempre degna di ricordo e allora lodata in ogni luogo 196. Si riscontra che anche egli ha profetizzato nei suoi tre libri accolti nell'autenticità canonica, cioè i Proverbi, l'Ecclesiaste, il Cantico dei cantici. L'uso ha prevalso, per una certa conformità nell'espressione, nel far attribuire a Salomone altri due, la Sapienza e l'Ecclesiastico, tuttavia i più versati non dubitano che non siano suoi. Tuttavia soprattutto la Chiesa occidentale fin dal principio li ha accolti come autentici. In uno di essi, chiamato la Sapienza di Salomone, è molto apertamente preannunciata la passione di Cristo. Vengono presentati gli empi suoi carnefici mentre dicono: Tendiamo insidie al giusto perché ci è sgradito ed è contrario alle nostre azioni, ci rimprovera le trasgressioni della legge e ci rinfaccia le mancanze contro l'educazione da noi ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e si dichiara suo figlio. È diventato per noi lo scherno dei nostri sentimenti. Ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita è diversa da quella degli altri e coerente il suo modo di avanzare. Siamo considerati da lui come buffoni, schiva le nostre abitudini come immondezze, proclama beata la fine dei giusti e si vanta di avere Dio come padre. Vediamo se le sue parole sono vere, proviamo ciò che gli accadrà e vedremo quale sarà la sua fine. Se il giusto è figlio di Dio, Egli l'assisterà e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti per conoscere la sua deferenza e saggiare la sua rassegnazione. Condanniamolo a una morte infame, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà. L'hanno pensata così ma si sono sbagliati, la loro malizia li ha accecati 197. Nell'Ecclesiastico si preannuncia in questi termini la fede dei popoli pagani: Abbi pietà di noi, Signore Dio dell'universo, e infondi il tuo timore su tutti i popoli, alza la tua mano sui popoli stranieri e vedano la tua potenza. Come ai loro occhi ti sei mostrato santo in mezzo a noi, così ai nostri occhi mostrati grande fra di loro e riconoscano, come noi abbiamo riconosciuto, che non c'è un Dio fuor di te, o Signore 198. Osserviamo che si è adempiuta in Gesù Cristo questa profezia presentata nella fattispecie dell'imprecare e del pregare. Però questi libri non si adducono con tanta sicurezza contro i dissenzienti, perché non sono inseriti nel canone dei Giudei.

Cristo, la Chiesa e le due città nelle opere di Salomone.
20. 2. Per dimostrare che riguardano Cristo e la Chiesa contesti simili che si leggono nei tre libri attribuiti con certezza a Salomone e che i Giudei ritengono canonici è necessaria una travagliata polemica la quale, se si pone in atto al momento, ci impegna più del necessario. Comunque nei Proverbi si legge che uomini disonesti dicono: Nascondiamo ingiustamente nella terra l'uomo giusto, divoriamolo come l'oltretomba un essere vivente ed eliminiamo dalla terra il ricordo di lui e impadroniamoci della sua ricca proprietà 199. Il passo non è tanto oscuro da non potersi applicare senza una faticosa analisi al Cristo e alla sua proprietà, la Chiesa. Anche il Signore Gesù in una parabola del Vangelo ha lasciato intravedere che i contadini disonesti hanno ragionato in quel senso: Questo è l'erede, su, uccidiamolo e avremo noi l'eredità 200. Il passo del medesimo libro, passo al quale ho precedentemente accennato quando ho parlato della sterile che ha avuto sette figli 201, di solito fu interpretato come riferito a Cristo e alla Chiesa, appena istituita, dagli esegeti i quali sanno che Cristo è la sapienza di Dio: La sapienza si è costruita la casa e ha innalzato sette colonne, ha immolato le vittime, ha versato il vino nella coppa e ha imbandito la tavola. Ha mandato i suoi servitori per invitare con un bando dall'alto al banchetto con le parole: Chi è ignorante? Venga da me. E ai privi d'ingegno ha detto: Venite, mangiate i miei pani e bevete il vino che ho versato per voi 202. Nel passo ravvisiamo la Sapienza di Dio, cioè il Verbo coeterno al Padre che nel grembo della Vergine si costruì come casa il corpo umano e che ad esso unì la Chiesa come membra al Capo, che sacrificò come vittime i martiri, che preparò la mensa col pane e col vino, in cui si manifesta anche il sacerdozio secondo l'ordine di Melchisedec, che ha chiamato gli ignoranti e i privi d'ingegno perché, come dice l'Apostolo, ha scelto ciò che nel mondo è debole per far arrossire i forti 203. Ma ai deboli di tal fatta Salomone ha rivolto anche la frase che segue: Abbandonate l'ignoranza per vivere e procuratevi la prudenza per avere la vita 204. Partecipare alla sua mensa è lo stesso che avere la vita. Difatti nell'altro libro, intitolato l'Ecclesiaste, dice: Non v'è bene per l'uomo se non ciò che mangerà e berrà 205. Con maggiore attendibilità nel passo si ravvisa ciò che riguarda la partecipazione alla mensa che lo stesso sacerdote Mediatore della Nuova Alleanza 206 offre secondo l'ordine di Melchisedech dal suo corpo e dal suo sangue. Questo sacrificio sottentrò a tutti i sacrifici dell'Antica Alleanza che erano offerti come adombramento del futuro. Perciò anche nel Salmo trentanove ravvisiamo la voce del Mediatore che parla profeticamente: Non hai gradito sacrificio e offerta, ma mi hai dato un corpo 207, perché in luogo di tutti i sacrifici e offerte, si offre il suo corpo e si dispensa ai partecipanti. Che l'Ecclesiaste nel concetto del mangiare e del bere, che spesso ripete e raccomanda vivamente, non intenda il banchetto del piacere sensibile, lo dimostra la frase: È meglio andare in una casa in cui si piange che andare in una casa in cui si gozzoviglia; e poco dopo: Il cuore dei saggi nella casa in cui si piange e il cuore degli stolti nella casa in cui si fa baldoria 208. Ma penso che di questo libro si debba soprattutto richiamare ciò che riguarda le due città, una del diavolo e l'altra di Cristo e i rispettivi re, il diavolo e Cristo: Guai a te, dice, o paese che hai per re un ragazzo e i cui principi banchettano fin dal mattino. Felice te, o paese, il cui re è figlio di persone nate libere e i cui principi mangiano a tempo dovuto nel coraggio e non nella delusione 209. Ha paragonato il diavolo a un ragazzo a causa dell'avventatezza, dell'orgoglio, della leggerezza e impudenza e altri difetti che di solito sono in gran numero in questa età e ha assimilato Cristo a un figlio di uomini nati liberi, cioè dei santi Patriarchi che appartengono alla libera città, perché da essi discende secondo la razza 210. I principi della città terrena mangiano fin dal mattino, cioè prima dell'ora propizia perché non attendono la felicità autentica, che è la vera, nella vita d'oltre tempo, in quanto ambiscono bearsi alla svelta dell'incessante vicenda del tempo. Invece i principi della città di Cristo attendono con pazienza il tempo della felicità che non delude. Questo significa: Nel coraggio e non nella delusione, perché non inganna la speranza di cui l'Apostolo ha detto: La speranza non delude 211 e un Salmo dice: Coloro che ti attendono non saranno delusi 212. Infine il Cantico dei cantici è un vero e proprio diletto spirituale di pure intelligenze in occasione del connubio del Re e della Regina della città, cioè di Cristo e la Chiesa. Ma questo diletto è avvolto di rivestimenti allegorici affinché sia desiderato con maggiore ardore, sia scoperto con gioia più grande e appaia lo Sposo, cui si dice nel Cantico: La giustizia ti ha amato 213, e la Sposa che in esso ascolta: La carità nella tua tenerezza 214. Passo molte cose sotto silenzio per la sollecitudine di giungere alla fine di questa opera.

Il regno di Giuda e d'Israele.
21. A stento si ha notizia che gli altri re degli Ebrei dopo Salomone abbiano preannunciato attraverso alcune velate allegorie delle loro parole o delle loro opere qualche significato attinente a Cristo e alla Chiesa, e questo sia in Giuda che in Israele. Così sono stati definiti gli stati di quel popolo da quando a causa della colpa di Salomone, al tempo del figlio Roboamo, che successe nel regno al padre, fu diviso per castigo di Dio. In particolare le dieci tribù che si aggiudicò Geroboamo, servo di Salomone, insediato re in Samaria, si chiamarono Israele, sebbene questo fosse il nome di tutto il popolo. Due tribù, cioè di Giuda e di Beniamino che per riguardo a Davide, affinché il regno della sua stirpe non fosse completamente eliminato, erano rimaste soggette a Gerusalemme, ebbero il nome di Giuda perché questa era la tribù originaria di Davide. L'altra tribù che apparteneva al medesimo regno, come ho detto, era quella di Beniamino, da cui proveniva Saul, re prima di Davide. Insieme le due tribù, come è stato detto, si denominavano Giuda e con questo appellativo si distinguevano da Israele che era in particolare l'appellativo delle dieci tribù che avevano un proprio re. Si aggiungeva come decimaterza la tribù di Levi perché era sacerdotale e addetta al servizio di Dio e non dei re. Giuseppe infatti, uno dei dodici figli d'Israele, costituì non una, come gli altri una per ognuno, ma due tribù, Efraim e Manasse. Tuttavia anche la tribù di Levi apparteneva piuttosto al regno di Gerusalemme perché vi era il tempio di Dio al quale si dedicava. Distribuito così il popolo, primo a regnare in Gerusalemme fu Roboamo, figlio di Salomone, e in Samaria Geroboamo, re d'Israele, servo di Salomone. E poiché Roboamo voleva vendicare con la guerra la quasi usurpazione della spartizione dello Stato, si proibì al popolo di combattere contro i fratelli perché Dio svelò, tramite un profeta, che era opera sua. Apparve quindi che nel fatto non v'era una colpa del re d'Israele o del popolo, ma che si era adempiuto il volere di Dio che puniva 215. Conosciuto questo suo volere, l'uno e l'altro Stato convissero in pace perché non era avvenuta una separazione della religione ma del regno.

Elia e l'idolatria nel regno d'Israele.
22. Il re d'Israele Geroboamo non credette, a causa della perversa coscienza, in Dio che pure aveva riconosciuto veritiero nel promettergli e concedergli il regno. Temeva se si recava al tempio di Dio, che era in Gerusalemme, al quale tutta la nazione doveva recarsi per offrire il sacrificio secondo la Legge divina, che il popolo si distaccasse da lui e si restituisse alla stirpe di Davide in quanto discendenza regale 216. Quindi introdusse l'idolatria nel suo regno e con abominevole empietà trasse in errore il popolo di Dio vincolato con lui al culto degli idoli. Tuttavia Dio non cessò di rimproverare del tutto mediante Profeti non solo quel re, ma anche i successori e continuatori dell'empio culto e il popolo stesso. Vi furono infatti i grandi e insigni Profeti Elia e il discepolo Eliseo che compirono anche molti prodigi. A Elia che lamentava: Signore, hanno ucciso i tuoi Profeti, hanno demolito i tuoi altari, io son rimasto solo e tentano di togliermi la vita fu risposto che vi erano settemila persone che non avevano piegato il ginocchio a Baal 217.

Israele e Giuda nella storia.
23. Anche nel regno di Giuda che apparteneva a Gerusalemme, nei vari tempi del succedersi dei re, non mancarono Profeti, come Dio disponeva d'inviarli o a preannunciare ciò che era opportuno o a biasimare le colpe e promuovere la giustizia. Anche in esso, sebbene molto meno che in Israele, vi furono re che offesero gravemente il Signore con i culti idolatrici e furono colpiti, assieme al popolo che loro si somigliava, di castighi appropriati. Tuttavia sono ricordate le non scarse benemerenze di re virtuosi, mentre siamo informati che in Israele tutti i re, chi più chi meno, furono disonesti. L'uno e l'altro Stato dunque, a seconda di come ordinava o permetteva la divina provvidenza, erano rinfrancati da avvenimenti favorevoli e depressi dalle sventure e in tal modo erano danneggiati non solo da guerre con lo straniero ma anche da guerre civili. Così, poiché esistevano determinate cause, si manifestavano la bontà o l'ira del Signore finché, crescendo il suo sdegno, tutta la popolazione non solo fu sgominata nel proprio territorio dai Caldei, che l'avevano debellata, ma anche in gran parte trasferita nelle regioni dell'Assiria, prima lo Stato denominato d'Israele in dieci tribù 218, poi quello di Giuda dopo la distruzione di Gerusalemme e la demolizione del suo magnifico tempio. In quelle regioni il popolo per settanta anni subì l'inazione dei prigionieri di guerra 219. Dopo quegli anni rimandato in patria, ricostruì il tempio che era stato demolito 220 e, sebbene molti di essi vivessero in terre straniere, la nazione non ebbe in seguito due Stati e due re nei singoli Stati, ma vi era un solo loro capo in Gerusalemme e tutti da ogni parte, dovunque e da dove fosse consentito, in tempi stabiliti si recavano al tempio di Dio che era nella città. Ma anche allora, non mancarono nemici da altri popoli e conquistatori. Cristo li trovò già tributari dei Romani.

Il profetismo fino a Giovanni.
24. In tutto il periodo da quando ritornarono da Babilonia, dopo Malachia, Aggeo e Zaccaria, che profetarono in quel tempo, ed Esdra, i Giudei non ebbero più Profeti fino alla venuta del Salvatore se non un secondo Zaccaria, padre di Giovanni 221 e la moglie Elisabetta 222, quando era vicina la nascita di Cristo e, dopo la sua nascita, il vecchio Simeone 223 e la vedova assai anziana Anna 224 e ultimo lo stesso Giovanni 225. Egli giovane non predisse che sarebbe venuto il Cristo, ma con profetica conoscenza 226 lo mostrò ormai giovane ma sconosciuto. Perciò il Signore stesso ha detto: La Legge e i Profeti fino a Giovanni 227. Dal Vangelo ci sono note le parole profetiche di questi cinque e si legge in esso che prima di Giovanni anche la Vergine Madre 228 del Signore si espresse profeticamente. I Giudei non convertiti non accettano la profezia di questi ultimi, l'hanno accettata però i moltissimi di loro che hanno creduto al Vangelo. Allora realmente Israele è stato diviso in due parti con quella divisione che fu preannunciata dal profeta Samuele al re Saul come definitiva 229. Anche i Giudei non convertiti hanno accolto per ultimi nell'autenticità dell'ispirazione divina Malachia, Aggeo, Zaccaria ed Esdra. Anche i loro scritti sono come quelli di altri che, sebbene assai pochi in un numero tanto grande di Profeti, hanno lasciato scritti che meritano l'autenticità del canone. Ritengo che alcune delle loro predizioni, riguardanti Cristo e la sua Chiesa, si devono esaminare in questa opera. Però più opportunamente si farà, con l'aiuto del Signore, nel libro seguente per non gravare ulteriormente questo già abbastanza esteso.