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Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Il castello interiore: settime mansioni

Santa Teresa d'Avila

Il castello interiore: settime mansioni
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Capitolo 1

Grazie sublimi di cui Dio favorisce le anime che sono entrate nelle settime mansioni - Differenza fra anima e spirito, benché siano un tutt'uno - Si tratta di cose che meritano attenzione

1 - Dopo quello che si è detto di questo cammino spirituale, vi parrà, sorelle, che non vi sia più nulla d'aggiungere. Ma è stoltezza pensarlo, perché se le grandezze di Dio non hanno limiti, non ne hanno neppure le sue opere. Chi può finire di raccontare le sue misericordie e le sue magnificenze?

Nessuno certamente. Perciò, non solo non dovete meravigliarvi di ciò che si è detto, ma neppure di quanto si dirà, non essendo infine che un punto rispetto al molto che di Dio si può dire.

È già una sua grande misericordia l'aver comunicato queste cose a persone da cui possiamo saperle, perché così, conoscendo meglio le sue comunicazioni con le creature, meglio lodiamo la sua grandezza, e ci sforziamo di tenere in gran conto le anime con le quali Egli tanto si diletta.

Anche noi abbiamo un'anima, fatta ad immagine e a similitudine di Dio, ma non sappiamo apprezzarla come si merita, per cui non conosciamo i grandi segreti che sono in essa. Piaccia a Dio - se ciò gli è di gloria - di muovere la mia penna e d'insegnarmi il modo di farvi intendere qualche cosa del molto che vi è ancora da dire, e che Dio disvela alle anime da Lui introdotte in questa mansione.

A questo scopo io ho già molto pregato. Mio intento, come Dio sa, è di mettere in luce le sue misericordie, affinché il suo nome sia maggiormente lodato e benedetto. E spero che Egli mi esaudisca, non pe me, ma per voi, affinché intendiate quanto importi che non sia per vostra colpa che lo Sposo lasci di celebrare con voi questo matrimonio spirituale, fonte d'immensi vantaggi.

2 - Gran Dio! Misera come sono, mi vien da tremare nel parlare di un soggetto che merito così poco d'intendere. Mi sento tutta confondere, e penso se non sia meglio trattare di questa mansione in poche parole. Mi sembra che si debba supporre che io me ne intenda per esperienza, e ciò, conoscendomi chi sono, mi è d'indicibile vergogna e terrore.

D'altra parte mi sembra che non farlo sia tentazione e debolezza. E così mi arrendo, nonostante i giudizi che ne possiate fare. Purché il mio Dio sia lodato e conosciuto un po' di più, mi gridi pur dietro tutto il mondo! ... Senza poi dire che quando questo scritto verrà alla luce, può essere che io sia morta.

Sia benedetto Colui che vive e vivrà per tutti i secoli! Amen.

3 - Quando nostro Signore si degna d'aver pietà di quanto patisce ed ha patito per il desiderio di Lui quest'anima che Egli spiritualmente ha già accettato in sua sposa, la introduce, prima che il matrimonio spirituale si consumi, nella sua stessa mansione, che è questa settima di cui parliamo.

In quella guisa che Dio ha la sua dimora nel cielo, così deve averla nell'anima, per abitarvi da solo come in un secondo cielo.

Importa molto, sorelle, che ci guardiamo dal credere che la nostra anima sia un qualche cosa di oscuro. Ordinariamente, siccome non vediamo altra luce fuor di quella che colpisce i nostri occhi, ci figuriamo che nel nostro interno non ve ne sia alcuna e che nella nostra anima regni una specie di oscurità.

Così è per le anime che non sono in grazia; ma ciò, non per difetto del Sole di Giustizia che é ancora in loro come datore dell'essere, ma perché esse non sono capaci di ricevere la sua luce, come mi pare di aver detto nella prima mansione, riferendomi a ciò che ne aveva inteso una certa persona.

Queste anime sventurate si trovano come in una oscura prigione, con le mani e i piedi legati, incapaci di qualsiasi azione che sia loro di merito, cieche e mute.

Compiangiamole ché ne abbiamo ragione, pensando che anche noi ci siam forse trovate nelle medesime condizioni, e che Dio può aver misericordia anche di loro.

4 - Abbiamone gran cura e non trascuriamo mai di supplicarne il Signore. Pregare per coloro che sono in peccato mortale è una grandissima elemosina, maggiore di quella che si possa fare nella supposizione seguente.

Ecco un cristiano che ha le mani legate dietro le spalle con una grossa catena, e stretto a un palo. Sta languendo di fame, non già perché gli manchino gli alimenti, ché anzi ne ha vicini di squisitissimi, ma perché non può prenderli né portarli alla bocca.

Anzi, ne ha una nausea profonda, e sta ormai per morire, non di morte temporale, ma eterna. Ora, non sarebbe una crudeltà fermarsi a guardarlo senza mettergli in bocca alcun cibo?

Che dire invece se per le vostre preghiere gli venissero tolte le catene? Ma già voi mi capite... Perciò vi scongiuro per amor di Dio di non mai dimenticarvi nelle vostre preghiere di queste povere anime!...

5 - Ma non è di loro che intendiamo parlare, bensì di quelle che per misericordia di Dio han fatto penitenza dei peccati commessi, e ora sono in grazia.

Possiamo considerare ognuna di queste anime non già come una cosa stretta e limitata, ma come un mondo interiore, suddiviso in tante e meravigliose mansioni. Ed è giusto che sia così, perché in esse ha sua stanza il Signore.

Ora, quando Sua Maestà si compiace di accordare a un'anima la grazia di questo divino matrimonio, comincia con introdurla nella sua stessa mansione, ma non come le altre volte quando la favoriva di rapimenti.

Benché Dio unisca l'anima a sé anche con i rapimenti e con quell'orazione che abbiamo detto di unione, tuttavia queste cose non sembra che invitino l'anima ad entrare nel suo centro, come avviene in questa mansione, ma soltanto a salire nella sua parte superiore. Comunque, il modo poco importa.

Quello che vale è che il Signore unisce l'anima a sé, rendendola cieca e muta, come S. Paolo al momento della conversione, e impedendole di conoscere la grazia che gode e come la gode.

La gran gioia che allora l'anima sperimenta è solo in quanto si vede vicina a Dio, mentre quando Egli la unisce a sé, non intende nulla perché le potenze si perdono.

6 - Ma qui la cosa è diversa. Il nostro buon Dio vuol levarle le squame dagli occhi, affinché veda ed intenda qualche cosa della grazia che sta per farle, e ciò in un modo assai strano.

Una volta introdotta in questa mansione, le si scoprono, in visione intellettuale, le tre Persone della santissima Trinità, come in una rappresentazione della verità, in mezzo a un incendio, simile a una nube risplendentissima che viene al suo spirito. Le tre Persone si vedono distintamente, e l'anima, per una nozione ammirabile di cui viene favorita, conosce con certezza assoluta che tutte e tre sono una sola sostanza, una sola potenza, una sola sapienza, un solo Dio.

Ciò che crediamo per fede, ella lo conosce quasi per vista, benché non con gli occhi del corpo né con quelli dell'anima, non essendo visione immaginaria.

Qui le tre Persone si comunicano con lei, le parlano e le fanno intendere le parole con cui il Signore disse nel Vangelo che Egli col Padre e con lo Spirito Santo scende ad abitare nell'anima che lo ama ed osserva i suoi comandamenti.

7 - O Dio! Che differenza udire e credere a queste parole dall'intenderne la verità nel modo che ho detto! Lo stupore dell'anima va ogni giorno aumentando, perché le pare che le tre divine Persone non l'abbandonino più.

Le vede risiedere nel suo interno, nella maniera già detta, e sente la loro divina compagnia nella parte più intima di se stessa, come in un abisso molto profondo che per difetto di scienza non sa definire.

8 - Stando a quello che ho detto, vi sembrerà che l'anima non sia in se stessa, ma tanto assorbita da non intendere nulla. Eppure, per ciò che riguarda il servizio di Dio, è molto più in sé di prima, tanto che appena espletate le sue occupazioni, si raccoglie con quella dolce compagnia, mentre il Signore non lascia di farle sentire la sua continua presenza, né mai più l'abbandona se non sia prima lei a lasciarlo.

Ma grande è là sua fiducia che Dio, dopo averle concesso questa grazia non permetterà che la perda. E così infatti può credere, malgrado che non lasci di comportarsi con la maggior attenzione possibile per non offenderlo in nulla.

9 - Dovete sapere che la vista di questa divina presenza non dura sempre così perfetta - dico in modo così chiaro - come al momento della sua prima manifestazione, o come quando il Signore si compiace di ripeterne la grazia.

Se fosse così, sarebbe impossibile non solo occuparsi in altra cosa, ma neppur vivere fra gli uomini. Però, quantunque la visione non sia sempre così chiara, tuttavia l'anima non lascia mai di avvertire di essere in quella compagnia.

Ecco un paragone: una persona si trova con molte altre in una stanza inondata di luce. Si chiudono le finestre e si rimane al buio. Ora, quella persona non lascia certo di credere che le altre siano là per il fatto che, mancando la luce, non le vede e non le vedrà fino al ritorno della luce.

Sarebbe ora da chiedere se, tornata la luce, ella volendolo, possa rivedere le persone. No, non è in suo potere: occorre che Dio si compiaccia di aprire la finestra dell'intelletto. Ma è già per una sua grande misericordia se non si allontana da lei e permette che lo comprenda in quel modo!

10 - Sembra che Sua Divina Maestà voglia disporre l'anima con quest'amabile compagnia per delle cose più sublimi. In essa infatti trova un grande aiuto per avanzarsi in perfezione, e liberarsi dal timore che le altre grazie di Dio talvolta le ispiravano.

Infatti, quella persona si trovò migliorata in ogni cosa, persuasa che l'essenziale della sua anima non si muovesse più da quella mansione, per pene ed affari che avesse.

Anzi le sembrava che la sua anima fosse quasi divisa tanto che dopo questa grazia, quando le accadeva di vedersi fra gravi tribolazioni, si lamentava di lei, come Marta di Maria, rimproverandola che stesse sempre godendo in quella quiete e lasciasse lei fra tante pene e occupazioni che le impedivano di tenerle ivi compagnia.

11 - Può essere, figliuole, che ciò vi sembri una stranezza, ma è così. Sappiamo che l'anima è una, eppure non dico una stranezza, ma un fatto molto ordinario.

Non vi ho forse detto che da certi effetti interiori si può chiaramente conoscere che fra l'anima e lo spirito vi dev'essere una qualche differenza?

In realtà non sono che una cosa, ma alle volte vi si nota una distinzione così sottile da pensare che l'uno operi in un modo e l'altra in altro, a seconda del sapore diverso di cui il Signore li favorisce. Inoltre, mi pare che l'anima differisca dalle sue potenze e che non sia una cosa sola con esse.

Insomma, vi sono nel nostro interno tanti e così delicati misteri che sarebbe temerità mettermi io a spiegarli. Li vedremo tutti nell'altra vita, se il Signore si compiacerà, nella sua misericordia, d'ammettercí in quel soggiorno ove ci saranno svelati.


Capitolo 2

Ancora sul medesimo argomento - Differenza che passa tra l'unione e il matrimonio spirituale, spiegata con graziosi paragoni

1 - Veniamo ora a parlare del divino e spirituale matrimonio, che credo quaggiù non si debba effettuare in tutta la sua perfezione, perché basta che ci allontaniamo da Dio per subito perderne la grazia.

La prima volta che l'accorda, il Signore si compiace di mostrarsi all'anima nella sua Umanità sacratissima mediante una visione immaginaria affinché ella lo conosca e comprenda il gran dono che sta per farle. Forse ad altre persone si mostrerà in altra forma; ma a quella di cui parliamo si presentò appena fatta la comunione, circonfuso di grande splendore, e le disse esser tempo che ella si curasse delle cose di Lui come fossero sue proprie, mentre Egli s'interesserebbe delle sue. Ed aggiunse altre parole che sono più da sentire che da dire.

2 - Si direbbe che per quella persona non fosse una novità, perché il Signore le si era mostrato così varie altre volte. Ma allora lo fece in tal modo da lasciarla fuor di sé e tutta piena di spavento: primo, per la grande violenza con cui la visione le avvenne; secondo, per le parole che le furono dette; e infine perché non aveva mai avuto altre visioni, tranne quella di cui ho parlato.

Dovete sapere che la differenza fra le visioni precedenti e quelle di queste mansioni è molto grande: quella che passa tra il fidanzamento e il matrimonio spirituale è come quella tra due fidanzati e coloro che più non possono separarsi.

3 - Ho già detto che si ricorre a questi paragoni perché non ve ne sono altri di più adatti. Però si tenga presente che qui al corpo non si pensa, non altrimenti che se l'anima ne fosse separata, e nient'altro che puro spirito.

Meno ancora poi nel matrimonio spirituale, perché questa misteriosa unione si fa nel centro più intimo dell'anima, ove deve abitare lo stesso Dio che per entrarvi non ha bisogno di alcuna porta.

Se ho detto che non ha bisogno di alcuna porta, è perché nelle grazie fin qui descritte i sensi e le potenze gli erano come di mezzo, ai quali doveva pur ricorrere quando appariva nella sua sacratissima Umanità. Ma ben diversa è la cosa nell'unione del matrimonio spirituale.

Il Signore appare nel centro dell'anima - non per visione immaginaria ma intellettuale - in un modo più delicato che non in quello già detto, come apparve agli apostoli senza passare per la porta quando disse loro: Pax vobis

Ed è un segreto così grande, un così intenso diletto, un così sublime e subitaneo favore che non so a qual paragone ricorrere. Sembra che Dio voglia mostrare all'anima la gloria del cielo, ma in un modo più elevato che non con ogni altra visione o gusto spirituale.

Soltanto questo si può dire: che l'anima, o meglio il suo spirito, diviene una cosa sola con Dio. Così a quanto si può capire.

Dio, spirito pur Lui, volendo mostrarci l'amore che ci porta, fa conoscere ad alcune persone fin dove il suo amore sa giungere, affinché lodiamo la sua grandezza, la quale si compiace di così unirsi a una creatura da non volersi mai più da essa dividere, come coloro che per il matrimonio non si possono più separare.

4 - Non è così nel fidanzamento spirituale nel quale spesso i due soggetti si separano, come nemmeno nell'unione, nella quale, pure avendosi congiunzione di due cose in una, tuttavia queste si possono dividere, e sussistere ognuna da sé. Ordinariamente infatti si tratta di una grazia che passa rapidamente, lasciando l'anima priva della compagnia che aveva: priva nel senso che non la sente più.

Non così invece nel matrimonio spirituale, perché l'anima rimane sempre in quel centro con il suo Dio.

Possiamo paragonare l'unione a due candele di cera unita insieme così perfettamente da formare una sola fiamma, oppure come se il lucignolo, la fiamma e la cera non siano che una cosa sola. Nondimeno le candele si possono separare, ricavandone due candele distinte: così pure il lucignolo dalla cera.

Ma nel caso nostro è come l'acqua del cielo che cade in un fiume o in una fonte, dove si confonde in tal modo da non saper più distinguere quella del fiume da quella del cielo; oppure come un piccolo ruscello che va a finire nel mare, da cui non è più possibile separarlo; o come una gran luce che entra in una stanza per due finestre: vi entra divisa, e dentro si fa un tutt'uno.

5 - Ciò forse intendeva S. Paolo quando disse: Chi si accosta e si unisce a Dio si fa un solo spirito con Lui, accennando a questo sublime matrimonio nel quale si presuppone che Dio si sia già avvicinato all'anima mediante l'unione. Dice ancora l'Apostolo: "Il mio vivere è Cristo e il morire un guadagno" Così mi pare che possa dire pur l'anima, perché qui la farfalletta muore con suo grandissimo gaudio, essendo Cristo la sua vita.

6 - Col tempo s'intenderà meglio questa cosa dagli effetti che si avranno, e la si vedrà chiaramente per via di certe segrete aspirazioni, talvolta così vive da rendere impossibile ogni dubbio.

Sì, è Dio che dà vita all'anima. Ella non si sa esprimere, ma lo sente molto bene.

E alle volte, non potendo più contenere i grandi sentimenti che l'agitano, prorompe in parole di tenerezza, come: "O Vita della mia vita! O Sostegno che mi sostieni! " ed altre simili.

Intanto, dalle divine mammelle a cui è attaccata, escono certi spruzzi di latte che confortano tutti gli abitanti del castello, quasi voglia il Signore che anch'essi partecipino al godimento dell'anima, e che dal fiume immenso in cui la fontanella si è sperduta zampillino alcune polle di acqua in sostegno di coloro che devono attendere nel corporale ai due sposi.

Sono operazioni che si avvertono e delle quali si rimane sicurissimi, a guisa di persone che vengano improvvisamente bagnate e che non possano a meno di avvertirlo, neppure se in quell'istante fossero distratte.

Ma a quel modo che non si può avere alcun getto d'acqua senza un principio che la muova, così nel nostro interno quanto alle operazioni che ho detto: vi dev'essere qualcuno che scagli quelle saette e che dia vita a quella vita, un sole fortemente luminoso che dall'interiore dell'anima diffonda luce per tutte le potenze.

Ciò nonostante l'anima non si muove dal suo centro, né perde la sua pace. Colui che dette la pace agli apostoli quando stavano insieme, può darla anche a lei.

7 - Penso che questo saluto del Signore, non meno delle parole con cui mandò in pace la gloriosa Maddalena, dovettero operare più di quello che suonavano, perché in noi le parole di Dio sono parole ed opere.

In quelle anime ben disposte dovevano operare in tal modo da spogliarle di ogni cosa corporea, lasciandole nello stato di puri spiriti, acciocché potessero congiungersi, mediante questa unione celeste, con lo Spirito increato, essendo ormai fuor di dubbio che tanto più Egli ci riempie di sé, quanto più ci vuotiamo di ogni cosa creata., distaccandocene per amor suo.

Per questo Gesù Cristo Signor Nostro pregando una volta per i suoi apostoli, domandò - non so bene in che circostanza - che fossero una cosa sola col Padre e con Lui, come Egli, Gesù Cristo Signor Nostro, è nel Padre e il Padre in Lui.

Non so se possa darsi maggiore amore! Anche noi vi siamo comprese, perché il Signore disse: Non prego soltanto per essi, ma anche per coloro che crederanno in me. Aggiunse inoltre: Io sono in essi."

8 - Oh, come sono vere queste parole! Come le intende e le sperimenta bene l'anima in questa orazione! Anche noi le intenderemmo se non fosse per nostra colpa, perché le parole di Gesù Cristo, nostro Re e Signore, non possono mancare. Ma siccome manchiamo noi, non disponendoci e non allontanandoci da quanto ci può intercettare questa luce, così non riusciamo a vederci in questo specchio, nel quale la nostra immagine è pure impressa.

9 - Ritornando a quello che dicevo, Dio introduce l'anima nella sua stessa mansione che è il centro della medesima anima. Ora, come il cielo empireo, dove sta Dio, dicono che non si muove come gli altri cieli, così questa mansione, per cui l'anima che vi fu introdotta non va più soggetta ai movimenti che suole avere nelle potenze e nella immaginazione, o per lo meno esse non le sono di danno, né le tolgono la pace.

Sembro voler dire che una volta arrivata a questa grazia, l'anima sia sicura della sua eterna salute, e non tornerà più a cadere. No. Ovunque accenno a tale sicurezza, si deve intendere finché Dio tenga l'anima per mano, ed ella non l'offenda.

Per quanto riguarda quella persona, so di certo che, nonostante si veda in questo stato e vi perseveri da vari anni, tuttavia, lungi dal tenersi sicura, va innanzi con maggior timore di prima, guardandosi da ogni più piccola colpa. Vivissimi i suoi desideri di servire Iddio, ma, come si dirà più innanzi, vedendo il poco che può fare di fronte al molto a cui è obbligata, non meno viva e continua è la sua pena e confusione: il che non è piccola croce, ma grandissima penitenza. Quanto alle penitenze, più ne fa, più ne sperimenta diletto. Ma la sua vera penitenza è quando il Signore le toglie la salute e le forze necessarie per farla.

Come ho detto altrove, qui la sua pena è assai più grande, e le deve venire dalla radice a cui ella è attaccata. Se un albero piantato in riva all'acqua corrente si conserva più fresco e dà frutti più copiosi, nessuna meraviglia di quest'anima, né dei suoi desideri, dato che il suo vero spirito si è ormai fatto una cosa sola con l'acqua celeste di cui abbiamo parlato.

10 - Tornando a quello che dicevo, non bisogna credere che le potenze, i sensi e le passioni si mantengano sempre in questa pace. Invece l'anima sì, benché nelle sue mansioni inferiori non manchino di tanto in tanto guerre, fatiche e sofferenze, le quali, però, non sono mai tali da toglierla dal suo luogo, né da farle perdere la pace, almeno in via ordinaria.

Il centro dell'anima nostra, ossia il nostro spirito, è così difficile da spiegare e da credere che, per non saper io farmi intendere, temo che siate tentate di non credermi.

Non è forse assai strano affermare che vi sono pene e travagli, e che nel medesimo tempo l'anima rimane in pace? Ma eccovi una o due similitudini. Piaccia a Dio che mi servano per dirne qualche cosa. Tuttavia so di dire la verità, anche se esse non sono molto appropriate.

11 - Come un re nel suo palazzo non lascia di stare sul suo trono perché il regno è funestato da grandi guerre e calamità, così qui: benché nelle altre mansioni vi sian bestie velenose, grande confusione e se ne oda il tumulto, l'anima rimane al suo posto e non vi è nulla che la smuova. Il rumore che sente le può dare un po' di noia, ma non l'inquieta, né le fa perdere la pace, perché le passioni sono vinte e temono di entrare da lei, per non doverne uscire più umiliate.

Ecco che abbiamo il corpo indolenzito ma la testa sana. Ora, non perché ci duole il corpo, ci deve pur dolere la testa... Mi rido di questi paragoni, non mi soddisfano; ma non ne so altri. Pensate quello che volete. Ciò che ho detto é vero.


Capitolo 3

Effetti di questa orazione - Bisogna considerarli con grande cura e attenzione perché ammirabile è la differenza che li distingue dagli altri

1 - Abbiamo detto che la farfalletta è morta, felicissima d'aver trovato il suo riposo, e che Cristo vive in lei.

Vediamo ora come vive, e se la sua vita attuale differisca da quella di prima, potendosi conoscere da questi effetti se realmente abbia ricevuta la grazia di cui si è detto.

A quanto ne posso giudicare, gli effetti sono i seguenti.

2 - Anzitutto un grande oblio di sé, così profondo da farle credere di non esistere più. Si sente trasformata in tal maniera da non riconoscersi più. Non pensa né al cielo che l'attende, né alla vita, né all'onore, ma solo a impiegarsi alla maggior gloria di Dio.

Le parole dettele dal Signore, cioè, che prendesse cura delle cose di Lui perché Egli si curerebbe delle sue, pare che abbiano prodotto quello che significano, tanto che ella non si preoccupa più di nulla. Non vuol essere nulla in nessuna cosa, eccetto quando vede di poter alquanto contribuire nell'accrescere, anche solo di un punto, l'onore e la gloria di Dio: per questo sacrificherebbe volentieri la vita. Ma quanto al resto, si sente in un così strano oblio da sembrare, ripeto, di non esistere più.

3 - Non dovete però credere, figliuole, che trascuri di mangiare e dormire, benché le sia di gran tormento, e nemmeno che lasci di compiere i doveri a cui per il suo stato è obbligata: qui non parliamo che delle disposizioni interiori.

Quanto alle opere esterne, vi è ben poco da dire. E questo costituisce la sua pena, per esser costretta a vedere che le sue forze non valgono a nulla. Ma se può qualche cosa, e vede che è di gloria al Signore, nulla al mondo la trattiene.

4 - Il secondo effetto è un gran desiderio di patire, ma non in modo d'averne inquietitudine, come già per l'innanzi.

Sua brama ardentissima non è che di compiere la volontà di Dio, e perciò ritiene come buono tutto quello che il Signore dispone: se Egli vuole che patisca, ciò sia alla buon'ora; se non lo vuole, non s'inquieta come prima.

5 - Se viene perseguitata sperimenta nel suo interno una vivissima gioia, e permane in una pace molto più profonda che non negli stati precedenti. Non solo non prova il minimo risentimento per quelli che le fanno o le vogliono fare del male, ma li circonda di maggiori attenzioni; e se li vede in qualche travaglio, ne rimane teneramente afflitta, sino ad essere disposta a far di tutto per sollevarli.

Li raccomanda instantemente al Signore, e rinuncerebbe volentieri ad alcune delle sue grazie affinché Dio le concedesse a loro, ed essi non l'offendessero più.

6 - Ma ecco ciò che più mi sorprende. Avete veduto le angosce e le desolazioni di queste anime per il desiderio di morire e di andare a godere Iddio. Ma ora desiderano tanto di servirlo, di farlo da tutti servire e di affaticarsi anche per il profitto di un'anima, che non solo non sospirano più di morire, ma bramano di vivere a lungo, anche fra gravissimi travagli, pur di ottenere che Dio sia lodato un po' di più. Non se ne curerebbero nemmeno se fossero sicure di andar subito a Dio appena uscite dal corpo, perché alla gloria dei santi non pensano, né per allora la desiderano. La loro gloria è nell'aiutare il loro Dio crocifisso, specialmente quando vedono fino a che punto sia Egli offeso e come pochi cerchino il suo onore, trascurando tutto il resto.

7 - Vero è che talvolta, dimenticandosi di tutto questo, riprendono con i più teneri sospiri a desiderare di godere Iddio e di uscire da questo esilio, specialmente quando considerano il poco che sanno fare per Lui; ma ritornano presto al loro stato, e vedendo che infine lo hanno sempre con sé, se ne contentano e gli offrono l'accettazione della vita come un dono assai caro, il più costoso che gli possano offrire. Non hanno più paura della morte che di un soave rapimento. E ciò che sorprende è che autore di questi sentimenti è il medesimo che prima dava loro quei desideri così eccessivi e tormentosi.

Sia Egli per sempre lodato e benedetto!

8 - Insomma, queste anime non desiderano né gusti né consolazioni spirituali, perché hanno con sé lo stesso Dio, ed Egli vive con loro. Ora, siccome la sua vita non fu che un continuo martirio, è chiaro che tale debba pur rendere la loro, almeno nei desideri se non nella pratica, nella quale Egli usa conformarsi alla nostra debolezza benché non manchi, quando lo vede necessario, di venirci in aiuto con la sua forza.

Tali anime sono staccate da tutto, non d'altro bramose che di star sole o di lavorare per la salute delle anime. Non hanno né aridità né pene interiori, e non vorrebbero far altro che lodare Iddio, di cui vanno teneramente occupate.

Quando si distraggono, sono richiamate da Dio stesso nella maniera che ho detto, e l'impulso con cui le sveglia - non so che altra parola adoperare - procede dal loro stesso interiore, come ho detto trattando degli impeti, ma con grande soavità. È desso un fenomeno tanto frequente e ordinario, che lo si è potuto esaminare attentamente. Non è frutto dell'intelletto, né della memoria, né di qualunque cosa che possa far pensare a un concorso della stessa anima. Come il fuoco che, malgrado ogni sua più grande intensità, non dirige mai in basso le sue fiamme, ma sempre in alto, così qui: quel movimento inferiore procede dal centro dell'anima e sale a svegliare le potenze.

9 - Veramente, quand'anche non vi fosse alcun altro vantaggio su questo cammino dell'orazione che di vedere con quanta premura Iddio cerchi di comunicarsi con noi e come ci vada pregando - sì, dico pregando - di rimanere con Lui, sarebbero fin troppo sufficienti per ripagarci di ogni possibile travaglio questi suoi tocchi di amore così soavi e penetranti.

Certo che li avrete provati pur voi perché credo che una volta giunti all'orazione di unione, non mancherà Iddio di farsi così sentire, sempre inteso che da parte nostra non si trascurino i suoi voleri. Quando ciò vi accadesse, ricordatevi che procede dalla stanza interiore che Dio occupa in voi, e lodatelo grandemente.

E' un suo messaggio, un biglietto scritto con grande amore, della cui provenienza non si può dubitare, e di cui vuole che soltanto voi conosciate i caratteri e ciò che con essi vi domanda.

E voi, - per quante occupazioni esteriori possiate avere, anche se in conversazione con varie persone - non lasciate mai di rispondegli.

Sì, può darsi che Dio vi faccia questa segretissima grazia mentre siete con gli altri; ma siccome la risposta dev'essere interiore, potete dargliela egualmente con grandissima facilità, consistendo essa in un atto di amore, o nel dire con S. Paolo: Che volete, Signore, che io faccia?

È questo un tempo propizio, nel quale il Signore sembra che ci stia ascoltando per insegnarci come meglio piacergli: alla qual cosa ordinariamente dispone assai bene questo tocco delicato, eccitandone una volontà risoluta.

10 - Ciò che caratterizza questa mansione è che vi mancano quasi del tutto le aridità e le inquietitudini interiori che di tanto in tanto si producono nelle altre.

L'anima è quasi sempre nella pace, così sicura della divina provenienza di questa grazia da neppur dubitare che possa trattarsi di una contraffazione: non del demonio, perché non credo che egli ardisca, e che Dio gli permetta di entrare in questa mansione dove il Signore ha invitata l'anima per stare con lei e farsi da lei contemplare; non dei sensi e delle potenze, perché qui, come ho detto, non hanno nulla a che fare; e neppure della stessa anima, perché in queste grazie ella non può prestare altro concorso che quello già da lei prestato nel darsi tutta al Signore.

11 - Il modo con cui Dio arricchisce ed istruisce l'anima in questa orazione è così calmo e silenzioso da fare pensare alla costruzione del tempio di Salomone, durante la quale non si sentiva il minimo rumore.

Così in questo tempio di Dio, in questa mansione che è sua: Dio e l'anima si godono in altissimo silenzio. L'intelletto non ha movimenti né ricerche da fare.

Chi l'ha creato vuole che si riposi e contempli ciò che avviene come per una piccola fessura. Di tanto in tanto verrà privato pur di questo e non potrà più vedere, ma soltanto per poco, perché qui le potenze non si perdono, ma stan lì assorte senza operare.

12 - Ecco ciò che mi stupisce. L'anima arrivata a questo punto non va più soggetta ad alcuna estasi, almeno in modo da perder l'uso dei sensi. E se qualche volta vi va ancora, non è mai con quei rapimenti e voli di spirito di cui ho parlato.

Comunque, ciò le avviene assai di rado, e quasi mai in pubblico: cosa che prima le era assai ordinaria. Non servono più ad eccitarvela neppure quelle grandi occasioni che prima accendevano la sua devozione, come un'immagine devota, le note d'una musica, oppure una predica che poi quasi non ascoltava.

Siccome la povera farfalletta era tutta in ansietà, si spaventava di ogni cosa e prendeva il volo. Ora, invece, sia che abbia già scoperto il suo riposo; sia che per le grandi meraviglie vedute in questa mansione non si stupisca più di nulla; sia che per aver trovato una tale compagnia non si senta più così sola come prima; oppure che si tratti di una qualche altra ragione a me sconosciuta, fatto sta, sorelle, che non è più così.

Sarà perché quando Dio comincia a introdurre e a mostrare all'anima le meraviglie di questa mansione, ella perde l'estrema debolezza che prima aveva e che tanto la tormentava, oppure perché il Signore l'ha fortificata, dilatata e resa più abile; ovvero perché prima voleva far conoscere pubblicamente, per certi suoi fini particolari quello che le accordava in segreto. Comunque, i giudizi di Dio sono superiori a ogni nostra immaginazione.

13 - Questi gli effetti che Dio opera nell'anima quando la unisce a sé con quel bacio che la sposa domandava e che qui, a quanto pare, le viene accordato.

A questi si devono aggiungere tutti quelli che nei diversi gradi di orazione abbiamo classificati per buoni. Qui ella si delizia nel tabernacolo di Dio.

Qui la colomba inviata da Noè per vedere se il diluvio era finito trova l'olivo, ad indicare che in mezzo alle acque e alle tempeste di questo mondo ha finalmente scoperto terra ferma.

Oh, Gesù, se potessi conoscere tutti i passi della sacra Scrittura tendenti a far comprendere questa pace dell'anima!

Sapendo quanto essa importi, fate, o mio Dio, che i cristiani si muovano tutti a cercarla, e conservatela, nella vostra misericordia, a chi l'avete già data, benché sappiamo di dover sempre vivere con timore fino a quando non ci darete la vera pace, conducendoci dove essa non può più terminare.

Dico vera pace, non perché questa di cui parlo non sia vera, ma perché allontanandoci da Dio, possiamo ricadere nella guerra di prima.

14 - Oh, la pena di queste anime nel vedere di esser ancora capaci di perdere un tanto Bene! Perciò camminano più cautamente e procurano di cavar forza dalla loro debolezza per non trascurare una sola occasione di maggiormente piacere a Dio.

Più si vedono da lui favorite, più diffidano e temono di se stesse, sino alle volte a non aver coraggio neppure di sollevare gli occhi, come il Pubblicano del Vangelo, per aver meglio conosciuto nelle divine grandezze la loro estrema miseria e l'enorme malizia dei loro peccati.

Altre volte invece, bramose di sentirsi sicure, sospirano di morire, ma poco dopo, mosse dall'amore che nutrono per Iddio, desiderano di vivere per meglio servirlo, rimettendosi alla sua divina misericordia per tutto ciò che le riguarda.

Talvolta poi la vista delle molte grazie ricevute le riempie di confusione, nel timore che avvenga loro come a quei vascelli, che, per essere troppo carichi, colano a picco.

15 - No, sorelle, neppure queste anime van senza croce. Però non si angustiano, né perdono la pace: tutto passa rapidamente come un'onda, o come una tempesta a cui segua la bonaccia.

La presenza del Signore che portano con sé fa dimenticare loro ogni cosa.

Sia Egli per sempre benedetto, e tutte le creature lo lodino! Amen.


Capitolo 4

Si conclude, dicendo ciò che il Signore sembra proporsi nel concedere a un'anima questi grandi favori, e come occorra che Marta e Maria vadano d'accordo - Capitolo molto utile

1 - Non dovete credere, sorelle, che gli effetti di cui ho parlato si mantengano sempre nel medesimo grado. È per questo che quando mi ricordo dico che ciò avviene in via ordinaria, perché alle volte il Signore abbandona l'anima alla sua natura, e allora sembra che tutte le cose velenose dei dintorni e delle mansioni del castello si uniscano insieme per vendicarsi di lei anche per quel tempo che non possono averla fra le mani.

2 - No, non è uno stato che duri molto: al massimo un giorno o poco più. Il mutamento avviene di solito per qualche grande occasione, e allora nello scompiglio che ne sente, l'anima apprezza meglio la santa compagnia in cui si trova, grazie alla quale il Signore le infonde fermezza per non deviare in nulla dal suo servizio e dalle buone risoluzioni, le quali, anzi, sembra che vadano aumentando. Insomma, l'anima non torce in nulla dalle sue buone determinazioni neppure per un primo moto piccolissimo.

Se questo stato non dura molto è perché il Signore vuole che l'anima non perda il ricordo della sua miseria, si conservi umile, intenda meglio il molto che gli deve, e lo ringrazi per la grandezza del favore che le fa.

3 - Queste anime hanno vivi desideri e ferme risoluzioni di non commettere imperfezioni di sorta, ma non senza che per questo lascino di commetterne molte, e anche peccati. Non però con avvertenza: in questo il Signore le deve molto aiutare.

Parlo dei peccati veniali, non dei mortali, dai quali si sperano libere, benché non con molta sicurezza, essendo possibile che ne abbiano qualcuno di occulto: il che molto le angustia.

Altro tormento è la vista delle anime che si perdono. Benché abbiano una certa grande speranza di non essere del loro numero, tuttavia non possono non temere quando pensano a qualche personaggio della sacra Scrittura che pareva da Dio favorito, come Salomone, che ebbe con il Signore tante e così sublimi comunicazioni.

Quella fra voi che si sente più sicura, tema più di tutte, perché dice David: Beato l'uomo che teme il Signore!

Egli sempre ci protegga! La maggiore sicurezza è nel supplicare il Signore a concederci di non mai offenderlo. Sia Egli per sempre benedetto! Amen.

4 - Sarà bene, sorelle, che vi dica il motivo per cui Dio fa quaggiù tante grazie.

Se mi avete seguita con attenzione, l'avrete capito attraverso gli effetti che esse producono, ma ora ve lo voglio ripetere affinché nessuna cada nel grave errore di pensare che sia soltanto per vezzeggiare le anime. Siccome Dio non può farci maggior favore che concederci una vita conforme a quella del suo amatissimo Figliuolo, tengo quindi per certo che lo scopo di queste grazie sia di fortificare la nostra debolezza onde sappiamo imitarlo nel molto patire, come mi sembra di aver detto altre volte.

5 - Quelli che si sono avvicinati di più a nostro Signore Gesù Cristo hanno anche sofferto di più. Considerate le sofferenze della sua santissima Madre e dei suoi gloriosi apostoli. E S. Paolo, in che modo ha potuto soffrire così gravi travagli?

In lui, veramente, si ammirano gli effetti della vera contemplazione e delle visioni che sono da Dio, non dall'immaginazione o dal demonio. Forse che egli si nascose per non occuparsi che in godere di quelle grazie? Ma lo sapete anche voi: non ebbe riposo di giorno, e neppure dovette averne di notte, perché in essa si guadagnava da vivere.

Mi piace molto ricordarmi di S. Pietro a cui, mentre fuggiva dal carcere, apparve nostro Signore per dirgli che andava a Roma per esservi nuovamente crocifisso.

Non recitiamo mai l'ufficio che ricorda questo fatto senza che io ne provi una particolare consolazione.

Dopo questa grazia come rimase S. Pietro? Cosa fece?

Si offrì subito alla morte. E non fu una grazia da poco se trovò chi gliela dette.

Questa pia tradizione era ricordata nell'antico Breviario carmelitano, di cui si serviva S. Teresa, il 29 giugno, festa del Principe degli apostoli, all'antifona del « Magnificat » la quale diceva: Beatus Petrus Apostolus vidit sibi Christum occurrere. Adorans cum ait: Domine, quo vadis? - Venio Romam iterum crucifigi.

6 - Oh, sorelle mie! Come deve trascurare il proprio riposo l'anima che vive così unita al Signore! Come non si deve curare dell'onore! Come dev'essere lontana dal desiderare d'essere stimata in qualche cosa! Sì, se ella s'intrattiene spesso con Lui, come sarebbe doveroso, finisce col dimenticare se stessa per esaurire ogni sua preoccupazione nel cercare di maggiormente contentarlo e nel conoscere in quali cose e per quali vie possa mostrargli l'amore che gli porta.

Questo è il fine dell'orazione, figliuole mie. A questo tende il matrimonio spirituale: a produrre opere ed opere, essendo queste, come ho detto, il vero segno per conoscere se si tratta di favori e di grazie divine.

7 - Infatti, che mi gioverebbe starmene profondamente raccolta in solitudine, occupata in atti virtuosi innanzi a Dio, proponendo e promettendo di far meraviglie in suo servizio, se poi, uscendo di là, facessi, al presentarsi di un'occasione, tutto il contrario di come ho promesso?

Tuttavia non bisogna credere che non se ne cavi alcun vantaggio, perché il tempo che si trascorre con Dio è sempre di grande utilità. Se spesso la nostra debolezza ci impedisce di mettere in pratica le prese risoluzioni, qualche volta il Signore ci può dar grazia di farlo, anche a dispetto di ogni nostra ripugnanza, come avviene di frequente.

Egli, infatti, quando vede un'anima assai pusillanime, le manda, contro sua voglia, un qualche grande travaglio e glielo fa superare vittoriosamente: allora essa smette ogni timore, e si offre a Dio con maggiore coraggio.

Ho voluto dire che giova poco in paragone del molto che si ricaverebbe, se le opere si conformassero ai propositi e alle parole. Perciò chi non può far tutto in una volta, faccia a poco a poco.

Se vuole che l'orazione le sia di profitto, si sforzi di vincere la sua volontà: occasioni non mancano, neppure in questi piccoli monasteri.

8 - Ricordatevi che questo importa assai di più di quanto potrei dire. Fissate i vostri sguardi sul crocifisso, e vi diverrà facile ogni cosa.

Se il Signore ci ha dimostrato il suo amore con opere così grandi e con così orribili tormenti, perché volerlo contentare soltanto di parole?

Sapete voi che cosa vuol dire esser veramente spirituali?

Vuol dire esser gli schiavi di Dio, tali che, segnati con il suo ferro, quello della croce, Egli li possa vendere come schivi di tutto il mondo, com'è stato per Lui.

E non ci farebbe alcun aggravio, bensì una grazia non piccola, avendogli noi sacrificato la nostra libertà. Chi non prende questa determinazione non farà mai gran profitto, ne stia sicuro, perché, come ho detto, l'umiltà è il fondamento dell'edificio, e non mai il Signore lo eleverà di molto, se detta virtù non sarà veramente ben salda. E ciò nel vostro stesso interesse, per evitare che tutto cada per terra.

Sorelle, se volete che il vostro edificio s'innalzi sopra un buon fondamento, procurate di essere le ultime e le schiave di tutte, studiando in che modo e per quali vie vi sia possibile di meglio contentare e servire le altre. E in tal modo fareste più il vostro che l'altrui vantaggio, perché porreste pietre così salde da impedire che il castello ruini.

9 - Ma per questo, ripeto, è necessario che cerchiate di non far consistere il vostro fondamento soltanto nel recitare e contemplare, perché se non procurate di acquistare le virtù e non ne fate l'esercizio, rimarrete sempre delle nane.

E piaccia a Dio che vi limitiate soltanto a non crescere, perché su questa via, come sapete anche voi, chi non va innanzi torna indietro. Tengo per impossibile, infatti, che l'amore, quando vi sia, si contenti di rimaner sempre in uno stato.

10 - Forse penserete che io m'indirizzi agli incipienti, e dica che dopo un certo tempo essi possono riposarsi. Ma vi ho già fatto sapere che se interiormente queste anime sono nel riposo, è perché esteriormente non lo sono che pochissimo, e neppure lo desiderano. Secondo voi, infatti, qual'è il motivo di quelle ispirazioni o, a meglio dire, aspirazioni di cui ho parlato, di quei messaggi che dal suo centro interiore l'anima invia agli abitanti della parte più alta del castello e delle mansioni che circondano l'appartamento in cui ella si trova?

Forse perché si mettano a dormire? No, no, no.

Da quel centro ella scatena la guerra per impedire ai sensi, alle potenze e a tutto ciò che è corporeo di rimanersene in ozio, guerra più dura di quella che moveva loro quando con essi pativa. Forse in quel tempo non comprendeva ancora la grande utilità dei patimenti, benché sia stato appunto con essi che il Signore l'ha condotta sin qui. Ma ora la compagnia che gode le comunica maggiori forze che mai, perché se come dice David, con i santi saremo santi, nessun dubbio che l'anima, essendo divenuta una cosa sola con il Forte in quest'unione sublime di spirito a spirito, debba partecipare della sua fortezza, a quel modo che ne parteciparono i santi per patire e morire.

11 - Di questa forza che da qui le deriva, l'anima rende partecipi tutti gli abitanti del castello e perfino lo stesso corpo. Spesse volte il corpo pare che non ne senta vantaggio; ma il vigore acquistato dall'anima col bere il vino della cantina in cui lo Sposo l'ha introdotta e da cui non la lascia più uscire, si riversa sulla sua debolezza, a quel modo che il cibo introdotto nello stomaco fortifica la testa e tutte le membra.

Ciò nonostante il corpo, finché vive, è votato a sorte ben dura, perché, per quanto faccia, gli par tutto un niente di fronte alla grande forza interiore e alla guerra con cui l'anima lo stimola. Da ciò le grandi penitenze che fecero molti santi, specialmente la gloriosa Maddalena, benché cresciuta fra le delizie; da ciò lo zelo per la gloria di Dio che ebbe il nostro Padre Elia, e la brama con cui S. Domenico e S. Francesco radunarono anime a lodare il Signore.

Nel dimenticarsi così di se stessi, dovettero soffrire non poco.

12 - Ecco, dunque, sorelle, quanto vorrei che procurassimo. Desideriamo e pratichiamo l'orazione non già per godere, ma per aver la forza di servire il Signore. Lungi da noi voler camminare per una strada non battuta! Ci perderemmo sul più bello!

Sarebbe veramente singolare pretendere le grazie di Dio per una via diversa dalla sua e da quella dei suoi santi. Non pensiamolo neppure! Credetemi: per ospitare il Signore, averlo sempre con noi, trattarlo bene e offrirgli da mangiare, occorre che Marta e Maria vadano d'accordo.

In che modo Maria, stando seduta ai suoi piedi, poteva dargli da mangiare se sua sorella non l'aiutava?

Si dà da mangiare al Signore quando si fa il possibile per guadagnare molte anime, le quali, salvandosi, lo lodino eternamente.

13 - Ma voi mi farete osservare due cose; la prima che per testimonianza di nostro Signor Gesù Cristo, Maria ha scelto la parte migliore.

Sì, ma ella aveva già fatto l'ufficio di Marta servendo il Signore con lavargli i piedi e asciugandoglieli con i suoi capelli.

E credete che sia stato da poco per una signora pari suo andar per quelle strade, e forse sola - giacché il fervore le impediva di considerare come andava - entrare dove non era mai stata, ed ivi soffrire le mormorazioni del fariseo e le molte altre cose che vi dovette sopportare?

Che cambiamento per una donna come lei, presentarsi in città a quel modo, e fra gente così cattiva, a cui bastava sapere che ella era in amicizia col Signore da loro tanto aborrito, per ricordarsi della sua vita passata, e dire che poi voleva fare la santa, avendo ella già mutato vestito e ogni altra cosa!...

Se oggi si sparla tanto di persone meno illustri, che sarà stato di lei? Sì, sorelle, la parte migliore non le venne data che a prezzo di travagli e di mortificazioni senza numero, pur prescindendo dal dolore che doveva sentire nel vedere il suo Maestro così aborrito.

Che dire poi di quel che dovette sopportare alla morte del Signore? Credo che se non ebbe il martirio, fu perché lo sofferse sul Calvario nel veder morire il suo Maestro.

E quanto angosciosi le dovettero essere gli anni che gli sopravvisse nello scorgersi da Lui lontana!.. Da ciò si vede che non stava sempre ai piedi del Signore fra le delizie della contemplazione!

14 - L'altra cosa che mi vorrete dire è che per guadagnare anime a Dio voi non potete né avete i mezzi sufficienti; che lo fareste molto volentieri, ma che non dovendo insegnare né predicare come gli apostoli, non sapete in che altro modo attendervi.

A questa difficoltà ho già risposto per iscritto altre volte,' e non so se l'abbia fatto anche in questo Castello.

Ma siccome è una cosa che credo vi passi per la mente con i desideri che il Signore vi dona, non lascerò di ripetermi pur qui.

Alle volte, come vi ho detto altrove, il demonio ci ispira grandi desideri per ottenere che, trascurando di servire Iddio nelle cose possibili che abbiamo tra mano, ci dichiariamo contente di aver desiderato le impossibili.

Benché la vostra orazione sia giovevole a tutto il mondo, tuttavia non dovete pensarlo, ma contentarvi che sia tale per quelle che sono con voi, verso le quali siete più obbligate.

In tal modo la vostra opera diverrà molto più grande, non essendo certo da poco ottenere che con la vostra umiltà e mortificazione, con i vostri servizi in favore delle sorelle, con la vostra carità verso di esse e con il vostro amore per Iddio, diveniate un fuoco che tutte le abbruci, e che le stimoliate continuamente con le vostre virtù.

Sarete allora di grandissimo vantaggio, e renderete a Dio un servizio molto gradito. Allora il Signore, vedendovi sfruttare ogni vostra possibilità, conoscerà che siete disposte a far molto di più, e vi ricompenserà come se in realtà lo faceste, guadagnandogli molte anime.

15 - Direte che questo non è convertire, perché le vostre sorelle sono già virtuose. Ma che v'importa di ciò? Più saranno perfette, più gradite saliranno a Dio le loro lodi, e più la loro orazione sarà giovevole al prossimo.

Insomma, sorelle mie - e con ciò concludo - guardiamoci dall'innalzare torri senza fondamento. Più che alla magnificenza delle opere, il Signore guarda all'amore con cui si fanno.

Se faremo quanto dipende da noi, ci darà modo di fare sempre meglio. Però, non dobbiamo subito stancarci, ma offrire a Dio, interiormente ed esteriormente, tutto il sacrificio che possiamo nella corta durata di questa vita - più corta forse di quanto pensiamo.

Egli l'unirà a quello che offrì per noi sulla croce e gli conferirà il valore meritato dalla nostra volontà, nonostante la piccolezza delle opere.

16 - Piaccia a Dio, sorelle e figliuole mie, di vederci tutte in quel luogo ove lo benediremo per sempre!

Intanto mi conceda di fare anch'io qualche cosa di quello che v'insegno: glielo domando per i meriti del suo Figliuolo, che vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Grande è la confusione che provo, e perciò vi scongiuro nel nome del Signore di non mai dimenticarvi nelle vostre preghiere di questa povera miserabile.


EPILOGO

1 - Come ho detto in principio, quando cominciai a scrivere queste pagine lo feci con grande ripugnanza; ma, ora che ho finito, sono molto contenta e ne ritengo per bene impiegata la fatica, del resto non molto grande.

Pensando alla vostra stretta clausura, ai pochi motivi d'intrattenimento che avete, e come in certi monasteri difettiate pure di uno spazio conveniente, mi pare, sorelle, che vi debba essere di conforto potervi ricreare in questo Castello interiore, nel quale vi è lecito entrare e passeggiare in qualunque ora senza il permesso della Priora.

2 - Certo che con le vostre energie non potete entrare in tutte le sue mansioni, neppure se vi sembra di essere assai forti, a meno che non v'introduca lo stesso Signore del castello.

Perciò, se incontrate resistenza, vi consiglio di starvene tranquille, per non disturbarlo in tal maniera da chiudervene per sempre l'entrata. Egli ama molto l'umiltà, e se vi riterrete indegne di neppure entrare nelle terze mansioni, otterrete dalla sua benevolenza che vi faccia presto entrare nelle quinte.

Allora, recandovi in esse frequentemente, lo potrete servire così bene da meritare che v'introduca nella sua stessa mansione, da cui non uscirete mai più, se non chiamate dalla Superiora, la cui volontà Egli vuole adempiate né più né meno della sua.

Se per obbedienza doveste star fuori molto tempo, al vostro ritorno vi farebbe sempre trovare aperta la porta. E abituate che foste a riposarvi nel castello, la sola speranza di ritornarvi - e che nessuno vi può togliere - vi renderebbe leggera ogni cosa, anche se molto dura.

3 - Benché non si parli che di sette mansioni, ognuna di esse si suddivide in molte altre, collocate in basso, in alto e ai lati, con bei giardini, fontane ed altre cose così deliziose da farvi bramare di struggervi tutte, in lode a quel gran Dio che le ha create a sua immagine e somiglianza.

Se in questo che ho scritto troverete qualche cosa di buono, credetemi: l'avrà dettato il Signore a vostra consolazione. Io non vi ho aggiunto che il difettoso.

4 - Per il gran desiderio che ho di aver parte nell'aiutarvi a servire questo mio Dio e Signore, vi chiedo che ogni qualvolta leggerete questo scritto, lodiate grandemente in nome mio Sua Maestà, pregando per l'esaltazione della sua Chiesa e per la conversione dei luterani.

Supplicate insieme il Signore che mi perdoni i miei peccati e mi liberi dal purgatorio dove forse la sua misericordia mi terrà quando questo libro vi verrà dato a leggere, se, esaminato da uomini dotti, sarà giudicato degno di esser visto.

Se contiene qualche errore, è perché io non me n'intendo. Mi sottometto in tutto a ciò che insegna la santa Chiesa Cattolica Romana. Questi i sentimenti in cui ora vivo, e nei quali protesto e prometto di voler vivere e morire. Il Signore Dio nostro sia sempre lodato e benedetto! Amen, amen.

5 - Questo scritto è stato terminato nel monastero di S. Giuseppe di Avila l'anno 1577, vigilia di S. Andrea, a gloria di Dio che vive e regna per tutti i secoli! Amen.