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Martedi, 14 maggio 2024 - San Mattia ( Letture di oggi)

CAPITOLO I: DELLA VITA AMMIRABILE DI SANTA METILDE VERGINE E MONACA DI HELFTA

Santa Matilde di Hackeborn

CAPITOLO I: DELLA VITA AMMIRABILE DI SANTA METILDE VERGINE E MONACA DI HELFTA
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Potremmo aggiungere molte altre cose, in lode e manifestazione di quanto Dio ha operato per mezzo di questa sua devotissima Serva, ma non vogliamo diffonderci di più per timore che il lettore non abbia a stancarsi per la prolissità e la molteplicità delle narrazioni.
Ciò che abbiamo scritto è ben poco in confronto di quello che abbiamo omesso. Unicamente per gloria di Dio ed utilità del prossimo pubblichiamo queste cose, perché ci sembrerebbe ingiusto serbare il silenzio, sopra tante grazie che Metilde ricevette da Dio non tanto per lei medesima, a nostro avviso, ma per noi e per quelli che verranno dopo di noi. Ma siccome non abbiamo detto nulla ancora della degna ed ammirabile vita di un'anima sì venerabile, conviene, prima di finire, dire in qualche maniera delle sue virtù, affine di presentarla come modello a quelli che vorranno camminare su le sue tracce.
Orbene, questa venerabile religiosa ebbe gran cura di custodire la verginità di cui aveva fatto voto fin dall'età di sette anni, con tale una perfetta purità di cuore che fin dall'infanzia si era guardata da ogni minimo peccato. I suoi confessori attestarono non aver mai conosciuto anime così pure ed innocenti come Metilde e sua sorella la Madre badessa. Perciò, dopo averle udito la confessione generale, il confessore non le impose di dire per penitenza che il Veni Creator. Un altro, in simile circostanza le diede per penitenza il Te Deum. Il maggior peccato della sua infanzia, e non lo ricordava mai senza gran dolore, era quello di aver detto una volta che vedeva un ladro nel cortile, mentre non vi era punto. Non si ricordava di aver detto avvertitamente nessun'altra bugia.
Meritamente dunque la paragoneremo, alle Vergini che seguono l'Agnello, poiché potrà seguirlo passo passo dovunque andrà. Per innalzarsi ad una tale sublimità della gloria suprema, l'indispensabile umiltà non le fece difetto più della verginale castità per la quale era unita, con tanta familiarità e dolcezza con l'Agnello verginale e purissimo.
Giustamente l'assimileremo pure ai nostri Padri nella religione, poiché per amore di Cristo disprezzò il mondo ed ogni fiore di mondana vanità, e così bene abbracciò la povertà, che rifiutava anche le cose necessarie. Unicamente in virtù dell'ubbidienza accettò una veste di qualche pregio: le sue altre vesti erano di vilissima qualità; le sue tuniche erano stracciate e rappezzate da ogni parte, mentre avrebbe potuto procurarsene altre a suo piacimento.
Metilde possedette con perfezione tutte le altre virtù religiose: la rinuncia alla propria volontà, il disprezzo di sé, la prontezza nell'ubbidienza, lo zelo nella preghiera. e nella divozione, l'abbondanza delle divo te lagrime, il godimento di un'assidua contemplazione.
Aveva talmente rinunciato a sé medesima ed era così bene immersa ed assorta in Cristo, che in conformità con ciò che si legge di San Bernardo, poco usava dei suoi sensi esterni. Perciò le accadeva talvolta di mangiare uova putride senza neppure avvedersene; l'odorato delle vicine se n'accorse più volte. Ostinatamente rifiutava di toccare alla carne; quelli che conoscevano le sue abitudini gliela mettevano davanti ed ella ne mangiava senza saperlo; ma il sorriso degli ospiti la faceva accorta del suo inganno.
Ella distribuiva la dottrina con tanta abbondanza che non si è mai visto nel monastero ed abbiamo, ahimé! gran timore che non si vedrà mai più nulla di simile. Le suore si riunivano intorno a lei per sentire la parola di Dio, come presso un predicatore. Era il rifugio e la consolatrice di tutti, ed aveva, per dono singolare di Dio, la grazia di rivelare liberamente, i segreti del cuore di ciascuno. Molte persone, non solo nel Monastero, ma anche estranei, religiosi e secolari, venuti da lontano, attestavano che questa santa vergine li aveva liberati dalle loro pene e che non avevano mai provato tanta consolazione come presso di lei. Compose inoltre ed insegnò tante orazioni che se venissero riunite, eccederebbero il volume di un salterio.
Fu talmente provata da dolori e da infermità che giustamente si può associarla ai Martiri; inoltre, affliggeva il suo corpo con durissime penitenze onde ottenere la salvezza dei peccatori. Una volta, nei giorni che precedono la quaresima, sentì che il popolo cantava vane e cattive canzoni; infiammata dallo zelo di Dio e compresa da compassione, cosparse il suo letto di pezzi di vetro e di altri acuti frammenti e, per offrire almeno al Signore una riparazione, vi si rivoltolò sino a rimanerne tutta lacerata, a segno che il suo sangue scorreva da ogni parte, e per il dolore non poté per molto tempo né giacere, né sedersi.
Nel tempo della Passione del Signore, era talmente commossa che non poteva parlarne senza lagrime. Spesse volte quando la sua conversazione aveva per argomento la Passione o l'amore di Gesù Cristo, s'infiammava di tale fervore che il suo viso e le sue mani apparivano di fuoco. Questo ci porta a credere che più d'una volta ella abbia in ispirito vérsato il suo sangue per amore di Gesù.

Al pari di quegli uomini eletti che furono gli Apostoli, i quali servivano Gesù Cristo notte e giorno, ne ascoltavano gli insegnamenti pieni di dolcezza e godevano della sua presenza, questa divota discepola di Cristo, con gli occhi dell'anima contemplava Dio a faccia a faccia, e veramente ogni giorno fruiva con Lui di una soave conversazione. Come discepola e figlia prediletta, da Lui medesimo era istruita in tutto quanto aveva desiderio o necessità di sapere; era infatti, continuamente unita al Signore e gli aveva fatto della sua volontà un'offerta così perfetta, che dopo la sua professione, come ella medesima riferì, non ebbe mai in nessuna circostanza; altra volontà che il beneplacito di Dio.
Le parole del Vangelo erano per lei un alimento meraviglioso ed eccitavano nel suo cuore sentimenti di tale dolcezza che sovente per l'entusiasmo non poteva terminarne la lettura e talvolta cadeva in deliquio. Il modo con cui leggeva quelle parole, era così fervente che in tutti eccitava la divozione. Così pure, quando cantava in coro, era tutta assorta in Dio, trasportata da tale ardore che talvolta manifestava i suoi sentimenti con i gesti, distendendo le mani od elevandole verso il cielo. Altre volte, come rapita in estasi non sentiva quelli che la chiamavano o la muovevano ed a mala pena riprendeva il senso delle cose esteriori.

Dotata dello spirito di profezia, più d'una volta predisse il futuro. Una signora trovavasi in gran timore per il suo marito, perché i suoi nemici gli preparavano un'imboscata, avendo deciso di aspettarlo su la strada e di tenerlo schiavo sicché non avesse consentito a liberare i loro prigionieri. Questa signora si raccomandò alla Serva di Cristo, ed ella dopo avèr pregato le rispose: “Ho visto il Signore, la sua mano era dura come l'osso, e diceva: “Non si può ferire questa mano; parimenti i suoi nemici non potranno fargli nessun male”. Dopo questa risposta, quella signora riprese fiducia, perché più volte aveva riconosciuto la verità delle parole di Metilde, e se, ne ritornò in pace. Appena era rientrata in città, che i nemici sopravvennero ed assediarono il suo castello, ma invano.
La medesima Signora un'altra volta raccomandò di nuovo alla Serva di Dio la salvezza del suo marito di cui i nemici erano ancora numerosi; Metilde con un tono profetico rispose: “Avversità e pericoli non gli mancheranno, ma il Signore lo preserverà dalla prigionia come dalle ferite”. Il fatto giustificò la profezia, perché quel signore scampò spesse volte, per miracolo, dal pericolo di cadere in mano dei suoi nemici.

Ed ora cosa diremo ancora? Non possiamo forse paragonarla agli Spiriti angelici? Unita su la terra con gli Angeli per un vincolo di stretta amicizia, raramente era priva della loro presenza, e ci sembra che abbia esercitato l'ufficio affidato a ciascuno dei loro cori.
Assomigliava agli Angeli, il cui ministero è di servire, poiché con la sua compiacente carità e là sua affabilità prodigava agli infelici la compassione, ai peccatori la preghiera, ai tiepidi lo stimolo della correzione, agli ignoranti le sapienti istruzioni.
Alla maniera degli Arcangeli, per molti col suo misericordioso intervento fu messaggera presso il Signore.
Non rassomiglia forse alla Virtù, poiché fu illustre modello di tutte le virtù?
Possiamo paragonarla alle Poteste perché: la onnipotente Maestà spesse volte si rimetteva nel suo potere e la rendeva oltremodo potente contro il demonio. Questi infatti, un giorno se ne lagnò dicendo ad altra persona in un'apparizione, che le orazioni di Metilde ogni giorno gli rapivano molte anime.
Metilde merita pure un posto a lato dei Principati, poiché, simile ad un principe della milizia celeste, si univa a sua sorella la venerabile Madre badessa, per governare il Monastero con grande sapienza e regolarità tanto nelle faccende temporali come nelle cose spirituali.
Si può con verità associarla con le Dominazioni. Sì, dominava sopra i propri sentimenti, dirigendoli tutti la Dio; dominava sul proprio cuore con una vigile e continua custodia; dominava sopra le proprie azioni, compiendole tutte per amore di Dio.
La serenità e la perfetta purità del suo spirito le meritano il nome di tranquillo e delizioso Trono del Signore. Piena di grazia, a chiunque venisse ad interrogarla significava come dovesse vivere e comportarsi, a segno che sembrava rendere oracoli con la bocca di Dio che in lei risiedeva.
Ai Cherubini si potrà giustamente paragonarla, perché immersa sovente nella fonte della sapienza e penetrando nelle profondità della luce, a guisa di un sole splendente nella Chiesa di Dio, con la scienza e la dottrina illuminava quelli che a lei ricorrevano. Sovente ci confidò che durante la salmodia recitata o cantata, il Signore, d'un tratto le dava l'intelligenza di verità a lei prima sconosciute.
Ma soprattutto ai Serafini conviene paragonare questa vergine angelica. Sovente, infatti, era unita immediatamente con l'Amore medesimo che è Dio; sovente Dio se la strinse con tenerezza sul suo Cuore infuocato, a segno che divenne con Lui un solo spirito di fuoco. Quando parlava di Dio il suo linguaggio era tutto grazioso; ma quando si trattava dell'amore, lo faceva con tanto ardore che ne restavano infiammati tutti quelli che la udivano. Perciò si può dire di Metilde come di Elia, che le sue parole ardevano come una fiaccola (Eccl. XLVIII, 1).
Nelle sue infermità era talmente mansueta, benigna, allegra e paziente in tutto, che rallegrava e consolava tutte le sorelle che la servivano o la visitavano. Aggravata di dolori estremi, era sempre allegra come se nulla fosse.
Non la si vedeva mai oziosa, ma sempre occupata o in lavori manuali, o nel fare orazione, o nell'insegnare o nel leggere.
Abbiamo scritto queste poche cose per lodare la Sua vita e paragonarla ai Santi, coi quali su la terra era unita così strettamente che frequentemente godeva della loro presenza, soprattutto nel giorno della loro festa. Ma nessuno pensi che sia sconveniente paragonare a tutti i Santi questa Vergine in questo tempo, in cui noi già vediamo la fine dei secoli, vale a dire la faccia di tutti i vizi e il disgusto da ogni bene.
San Gregorio, commentando Ezechiele, dice: “Dio si degna d'illuminare sempre più gli uomini con una conoscenza superiore e rivela sempre meglio i suoi segreti: col tempo si accresce l'intelligenza delle cose spirituali”: Richiamando questo passo di Daniele su la fine dei tempi: Molti passeranno e la scienza si moltiplicherà70, il santo Dottore aggiunge: “Mosè ne seppe più di Abramo; i Profeti più di Mosè; gli Apostoli più dei Profeti”. Davide attestava pure di sé stesso la medesima cosa dicendo: Io ho conosciuto e inteso le meraviglie di Dio, più di quelli che mi furono maestri e più dei miei antichi predecessori71.
Nelle vite dèi Padri si legge questa profezia su l'ultima generazione: “Gli uomini di quel tempo saranno negligenti, ma fra loro molti saranno tanto perfetti che saranno migliori di noi e dei padri nostri”.