CAPITOLO I: DELLA VITA AMMIRABILE DI SANTA METILDE VERGINE E MONACA DI HELFTA
Santa Matilde di Hackeborn

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Potremmo aggiungere molte altre cose, in lode e manifestazione di quanto
Dio ha operato per mezzo di questa sua devotissima Serva, ma non
vogliamo diffonderci di più per timore che il lettore non abbia a
stancarsi per la prolissità e la molteplicità delle narrazioni.
Ciò
che abbiamo scritto è ben poco in confronto di quello che abbiamo
omesso. Unicamente per gloria di Dio ed utilità del prossimo
pubblichiamo queste cose, perché ci sembrerebbe ingiusto serbare il
silenzio, sopra tante grazie che Metilde ricevette da Dio non tanto per
lei medesima, a nostro avviso, ma per noi e per quelli che verranno dopo
di noi. Ma siccome non abbiamo detto nulla ancora della degna ed
ammirabile vita di un'anima sì venerabile, conviene, prima di finire,
dire in qualche maniera delle sue virtù, affine di presentarla come
modello a quelli che vorranno camminare su le sue tracce.
Orbene,
questa venerabile religiosa ebbe gran cura di custodire la verginità di
cui aveva fatto voto fin dall'età di sette anni, con tale una perfetta
purità di cuore che fin dall'infanzia si era guardata da ogni minimo
peccato. I suoi confessori attestarono non aver mai conosciuto anime
così pure ed innocenti come Metilde e sua sorella la Madre badessa.
Perciò, dopo averle udito la confessione generale, il confessore non le
impose di dire per penitenza che il Veni Creator. Un altro, in simile
circostanza le diede per penitenza il Te Deum. Il maggior peccato della
sua infanzia, e non lo ricordava mai senza gran dolore, era quello di
aver detto una volta che vedeva un ladro nel cortile, mentre non vi era
punto. Non si ricordava di aver detto avvertitamente nessun'altra bugia.
Meritamente
dunque la paragoneremo, alle Vergini che seguono l'Agnello, poiché
potrà seguirlo passo passo dovunque andrà. Per innalzarsi ad una tale
sublimità della gloria suprema, l'indispensabile umiltà non le fece
difetto più della verginale castità per la quale era unita, con tanta
familiarità e dolcezza con l'Agnello verginale e purissimo.
Giustamente
l'assimileremo pure ai nostri Padri nella religione, poiché per amore
di Cristo disprezzò il mondo ed ogni fiore di mondana vanità, e così
bene abbracciò la povertà, che rifiutava anche le cose necessarie.
Unicamente in virtù dell'ubbidienza accettò una veste di qualche pregio:
le sue altre vesti erano di vilissima qualità; le sue tuniche erano
stracciate e rappezzate da ogni parte, mentre avrebbe potuto
procurarsene altre a suo piacimento.
Metilde possedette con
perfezione tutte le altre virtù religiose: la rinuncia alla propria
volontà, il disprezzo di sé, la prontezza nell'ubbidienza, lo zelo nella
preghiera. e nella divozione, l'abbondanza delle divo te lagrime, il
godimento di un'assidua contemplazione.
Aveva talmente rinunciato a
sé medesima ed era così bene immersa ed assorta in Cristo, che in
conformità con ciò che si legge di San Bernardo, poco usava dei suoi
sensi esterni. Perciò le accadeva talvolta di mangiare uova putride
senza neppure avvedersene; l'odorato delle vicine se n'accorse più
volte. Ostinatamente rifiutava di toccare alla carne; quelli che
conoscevano le sue abitudini gliela mettevano davanti ed ella ne
mangiava senza saperlo; ma il sorriso degli ospiti la faceva accorta del
suo inganno.
Ella distribuiva la dottrina con tanta abbondanza che
non si è mai visto nel monastero ed abbiamo, ahimé! gran timore che non
si vedrà mai più nulla di simile. Le suore si riunivano intorno a lei
per sentire la parola di Dio, come presso un predicatore. Era il rifugio
e la consolatrice di tutti, ed aveva, per dono singolare di Dio, la
grazia di rivelare liberamente, i segreti del cuore di ciascuno. Molte
persone, non solo nel Monastero, ma anche estranei, religiosi e
secolari, venuti da lontano, attestavano che questa santa vergine li
aveva liberati dalle loro pene e che non avevano mai provato tanta
consolazione come presso di lei. Compose inoltre ed insegnò tante
orazioni che se venissero riunite, eccederebbero il volume di un
salterio.
Fu talmente provata da dolori e da infermità che
giustamente si può associarla ai Martiri; inoltre, affliggeva il suo
corpo con durissime penitenze onde ottenere la salvezza dei peccatori.
Una volta, nei giorni che precedono la quaresima, sentì che il popolo
cantava vane e cattive canzoni; infiammata dallo zelo di Dio e compresa
da compassione, cosparse il suo letto di pezzi di vetro e di altri acuti
frammenti e, per offrire almeno al Signore una riparazione, vi si
rivoltolò sino a rimanerne tutta lacerata, a segno che il suo sangue
scorreva da ogni parte, e per il dolore non poté per molto tempo né
giacere, né sedersi.
Nel tempo della Passione del Signore, era
talmente commossa che non poteva parlarne senza lagrime. Spesse volte
quando la sua conversazione aveva per argomento la Passione o l'amore di
Gesù Cristo, s'infiammava di tale fervore che il suo viso e le sue mani
apparivano di fuoco. Questo ci porta a credere che più d'una volta ella
abbia in ispirito vérsato il suo sangue per amore di Gesù.
Al
pari di quegli uomini eletti che furono gli Apostoli, i quali servivano
Gesù Cristo notte e giorno, ne ascoltavano gli insegnamenti pieni di
dolcezza e godevano della sua presenza, questa divota discepola di
Cristo, con gli occhi dell'anima contemplava Dio a faccia a faccia, e
veramente ogni giorno fruiva con Lui di una soave conversazione. Come
discepola e figlia prediletta, da Lui medesimo era istruita in tutto
quanto aveva desiderio o necessità di sapere; era infatti, continuamente
unita al Signore e gli aveva fatto della sua volontà un'offerta così
perfetta, che dopo la sua professione, come ella medesima riferì, non
ebbe mai in nessuna circostanza; altra volontà che il beneplacito di
Dio.
Le parole del Vangelo erano per lei un alimento meraviglioso ed
eccitavano nel suo cuore sentimenti di tale dolcezza che sovente per
l'entusiasmo non poteva terminarne la lettura e talvolta cadeva in
deliquio. Il modo con cui leggeva quelle parole, era così fervente che
in tutti eccitava la divozione. Così pure, quando cantava in coro, era
tutta assorta in Dio, trasportata da tale ardore che talvolta
manifestava i suoi sentimenti con i gesti, distendendo le mani od
elevandole verso il cielo. Altre volte, come rapita in estasi non
sentiva quelli che la chiamavano o la muovevano ed a mala pena
riprendeva il senso delle cose esteriori.
Dotata dello spirito di
profezia, più d'una volta predisse il futuro. Una signora trovavasi in
gran timore per il suo marito, perché i suoi nemici gli preparavano
un'imboscata, avendo deciso di aspettarlo su la strada e di tenerlo
schiavo sicché non avesse consentito a liberare i loro prigionieri.
Questa signora si raccomandò alla Serva di Cristo, ed ella dopo avèr
pregato le rispose: “Ho visto il Signore, la sua mano era dura come
l'osso, e diceva: “Non si può ferire questa mano; parimenti i suoi
nemici non potranno fargli nessun male”. Dopo questa risposta, quella
signora riprese fiducia, perché più volte aveva riconosciuto la verità
delle parole di Metilde, e se, ne ritornò in pace. Appena era rientrata
in città, che i nemici sopravvennero ed assediarono il suo castello, ma
invano.
La medesima Signora un'altra volta raccomandò di nuovo alla
Serva di Dio la salvezza del suo marito di cui i nemici erano ancora
numerosi; Metilde con un tono profetico rispose: “Avversità e pericoli
non gli mancheranno, ma il Signore lo preserverà dalla prigionia come
dalle ferite”. Il fatto giustificò la profezia, perché quel signore
scampò spesse volte, per miracolo, dal pericolo di cadere in mano dei
suoi nemici.
Ed ora cosa diremo ancora? Non possiamo forse
paragonarla agli Spiriti angelici? Unita su la terra con gli Angeli per
un vincolo di stretta amicizia, raramente era priva della loro presenza,
e ci sembra che abbia esercitato l'ufficio affidato a ciascuno dei loro
cori.
Assomigliava agli Angeli, il cui ministero è di servire,
poiché con la sua compiacente carità e là sua affabilità prodigava agli
infelici la compassione, ai peccatori la preghiera, ai tiepidi lo
stimolo della correzione, agli ignoranti le sapienti istruzioni.
Alla maniera degli Arcangeli, per molti col suo misericordioso intervento fu messaggera presso il Signore.
Non rassomiglia forse alla Virtù, poiché fu illustre modello di tutte le virtù?
Possiamo
paragonarla alle Poteste perché: la onnipotente Maestà spesse volte si
rimetteva nel suo potere e la rendeva oltremodo potente contro il
demonio. Questi infatti, un giorno se ne lagnò dicendo ad altra persona
in un'apparizione, che le orazioni di Metilde ogni giorno gli rapivano
molte anime.
Metilde merita pure un posto a lato dei Principati,
poiché, simile ad un principe della milizia celeste, si univa a sua
sorella la venerabile Madre badessa, per governare il Monastero con
grande sapienza e regolarità tanto nelle faccende temporali come nelle
cose spirituali.
Si può con verità associarla con le Dominazioni. Sì,
dominava sopra i propri sentimenti, dirigendoli tutti la Dio; dominava
sul proprio cuore con una vigile e continua custodia; dominava sopra le
proprie azioni, compiendole tutte per amore di Dio.
La serenità e la
perfetta purità del suo spirito le meritano il nome di tranquillo e
delizioso Trono del Signore. Piena di grazia, a chiunque venisse ad
interrogarla significava come dovesse vivere e comportarsi, a segno che
sembrava rendere oracoli con la bocca di Dio che in lei risiedeva.
Ai
Cherubini si potrà giustamente paragonarla, perché immersa sovente
nella fonte della sapienza e penetrando nelle profondità della luce, a
guisa di un sole splendente nella Chiesa di Dio, con la scienza e la
dottrina illuminava quelli che a lei ricorrevano. Sovente ci confidò che
durante la salmodia recitata o cantata, il Signore, d'un tratto le dava
l'intelligenza di verità a lei prima sconosciute.
Ma soprattutto ai
Serafini conviene paragonare questa vergine angelica. Sovente, infatti,
era unita immediatamente con l'Amore medesimo che è Dio; sovente Dio se
la strinse con tenerezza sul suo Cuore infuocato, a segno che divenne
con Lui un solo spirito di fuoco. Quando parlava di Dio il suo
linguaggio era tutto grazioso; ma quando si trattava dell'amore, lo
faceva con tanto ardore che ne restavano infiammati tutti quelli che la
udivano. Perciò si può dire di Metilde come di Elia, che le sue parole
ardevano come una fiaccola (Eccl. XLVIII, 1).
Nelle sue infermità era
talmente mansueta, benigna, allegra e paziente in tutto, che rallegrava
e consolava tutte le sorelle che la servivano o la visitavano.
Aggravata di dolori estremi, era sempre allegra come se nulla fosse.
Non la si vedeva mai oziosa, ma sempre occupata o in lavori manuali, o nel fare orazione, o nell'insegnare o nel leggere.
Abbiamo
scritto queste poche cose per lodare la Sua vita e paragonarla ai
Santi, coi quali su la terra era unita così strettamente che
frequentemente godeva della loro presenza, soprattutto nel giorno della
loro festa. Ma nessuno pensi che sia sconveniente paragonare a tutti i
Santi questa Vergine in questo tempo, in cui noi già vediamo la fine dei
secoli, vale a dire la faccia di tutti i vizi e il disgusto da ogni
bene.
San Gregorio, commentando Ezechiele, dice: “Dio si degna
d'illuminare sempre più gli uomini con una conoscenza superiore e rivela
sempre meglio i suoi segreti: col tempo si accresce l'intelligenza
delle cose spirituali”: Richiamando questo passo di Daniele su la fine
dei tempi: Molti passeranno e la scienza si moltiplicherà70, il santo
Dottore aggiunge: “Mosè ne seppe più di Abramo; i Profeti più di Mosè;
gli Apostoli più dei Profeti”. Davide attestava pure di sé stesso la
medesima cosa dicendo: Io ho conosciuto e inteso le meraviglie di Dio,
più di quelli che mi furono maestri e più dei miei antichi
predecessori71.
Nelle vite dèi Padri si legge questa profezia su
l'ultima generazione: “Gli uomini di quel tempo saranno negligenti, ma
fra loro molti saranno tanto perfetti che saranno migliori di noi e dei
padri nostri”.