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Martedi, 14 maggio 2024 - San Mattia ( Letture di oggi)

CAPITOLO XXII: SANTA METILDE E LA MORTE DI SUA SORELLA, LA BADESSA GERTRUDE

Santa Matilde di Hackeborn

CAPITOLO XXII: SANTA METILDE E LA MORTE DI SUA SORELLA, LA BADESSA GERTRUDE
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I

Da quarant'anni la madre badessa Gertrude, sorella di santa Metilde, governava il Monastero, quando venne colpita da numerose infermità. Dopo un anno di malattia, perdette anche l'uso della parola. La sua pia sorella temendone prossima la fine, raddoppiò di fervore nella preghiera, affinché il Signore si degnasse disporre ogni cosa, sia secondo il suo beneplacito, sia secondo i bisogni dell'anima dell'inferma. Ma d'un tratto Metilde venne rapita in cielo, dove nello specchio della Divina Provvidenza vide che sua sorella, benché gravemente inferma non sarebbe morta ancora.
Intanto l'esercito dei Santi già stava tutto preparando con allegrezza per il ricevimento di quella grande sposa di Dio.
La Beata Vergine Maria, oltre i suoi splendidi ornamenti, si metteva alle mani dei guanti bianchi come la neve, sopra uno dei quali era ricamata un'aquila d'oro, mentre su l'altro spiccava un leone parimenti d'oro. Questi guanti simboleggiavano l'anima che la Beata Vergine si accingeva ad accogliere solennemente, la quale le rassomigliava sotto tre aspetti in particolare. La sua innocenza verginale era rappresentata dal color bianco dei guanti della Vergine; la sua sublime e profonda contemplazione era raffigurata dall'aquila; e la sua vigorosa costanza nel trionfare dei vizi, era simboleggiata dal leone.
I Patriarchi ed i Profeti preparavano cestini di oro ripieni di vari gioielli, indicando così che quella venerabile badessa con sapienza e fedeltà aveva provveduto ai bisogni spirituali e temporali di tutti i suoi dipendènti.
Gli Apostoli, per farle onore, portavano davanti a sé grandi libri magnificamente ornati, perché ella aveva distribuito ai suoi la sana dottrina, ciò che le conferiva i meriti dell'apostolato.
I Martiri tenevano in mano splendenti scudi d'oro per fargliene omaggio a motivo della sua instancabile pazienza in tutte le avversità, per la quale fu come la loro emula.
I Confessori erano coperti di splendide cappe dalle larghe pieghe, perché la sua vita nel Monastero ed i suoi santi esempi l'avevano elevata alla parità di meriti con loro.
Le Vergini si munivano di aureole e di specchi onde farne l'offerta a quella santa vergine per la sua innocente purezza, e per la lodevole cura con cui sovente aveva esaminato la sua vita nel limpido specchio degli esempi di Gesù. Cristo, rendendosi conto in tal modo del suo progredire nella somiglianza con Dio. Così quell'anima santa aveva meritato di essere riunita alle sante Vergini, anzi di occupare tra quelle un posto eminente.


II

DODICI ANGELI ASSISTONO L'INFERMA


In seguito, Metilde, pregando ancora per lei, ne vide l'anima sotto la forma di una casa trasparente, in mezzo alla quale Dio stava seduto, irradiante come un sole attraverso il cristallo. Il Signore disse: “Come tu mi vedi senz'ostacolo attraverso questa casa, così puoi riconoscermi nell'anima di Gertrude in tutte le opere e le virtù della sua infermità, in particolare nella pazienza, nella bontà, nel buon umore, virtù che in lei sono effetto della divina grazia più ancora che dell'indole naturale. lo stesso opero queste virtù in lei per mezzo di lei”.
Metilde vide, inoltre, intorno al letto dell'inferma dodici angeli assegnati al suo servizio, i quali senza posa riferivano al Signore tutto quanto avveniva intorno a lei, tanto le virtù ch'ella praticava, come i servizi che le venivano prestati dalle sorelle che l'assistevano. Ai suoi piedi, tre angeli sorreggevano la sua pazienza; e l'inferma ne era largamente provvista a segno che il numero di dodici angeli non era troppo per lodarne il Signore Iddio. Alla sinistra, tre Arcangeli le ispiravano buona volontà, intenzioni pie e santi desiderii. Alla destra, tre angeli del coro delle Dominazioni accoglievano l'onore, la venerazione e la carità che le suore dimostravano all'inferma e tutto portavano con gioia alla presenza del Re supremo.
Metilde temeva di cedere ad un sentimento troppo umano nello stare volentieri presso la sorella, e se ne rimproverava come di un peccato; consultò dunque il Signore, il quale le rispose: “Non hai commesso nessuna colpa. I suoi sensi, i suoi movimenti, tutti i mezzi di peccare le sono ormai tolti; e l'ho posta in uno stato in cui nulla in lei può dispiacermi. Inoltre, in nessun luogo, fuorché nel Sacramento dell'Altare, tu mi troverai con maggior verità e certezza che in lei e con lei; in lei troverai pure una piena conformità con le mie virtù e la mia vita.
“Io mi dimostrai sempre benigno, mansueto, amabile con i miei discepoli e con tutti gli uomini: così pure Gertrude si comporta coi suoi dipendenti e con tutti quelli che vengono a visitarla.
“Io sopportai con dolce mansuetudine e lieta pazienza ogni sorta di ingiurie e di sofferenze; così pure questa mia sposa, con cuore dolce e contento sopporta le malattie ed i dolori.
“Nella mia estrema liberalità lasciai nelle mani dei miei carnefici tutto ciò che possedevo; così pure, con la liberalità di cuore nella quale sempre si distinse Gertrude si spoglia di tutto ciò che le appartiene”.


CRISTO GESÙ RICEVE SÈ STESSO IN GERTRUDE


Un'altra volta, mentre Gertrude stava per comunicarsi, Metilde pregò il Signore che si degnasse ricevere sé medesimo in lei e offrire, Lui medesimo, a Dio Padre un degno tributo di lode e di azioni di grazie, poiché l'inferma non poteva parlare.
Il Signore rispose: “Non sono forse io obbligato a comportarmi così? Anche un ladro, se volesse dimostrarsi giusto, così farebbe, restituendo l'oggetto rubato o rendendone l'equivalente. lo le ho tolto l'uso della parola: da me stesso adunque adempirò al centuplo ciò che ella non può fare”.
Parve a Metilde che il Signore stesse alla destra dell'inferma, rivestito di un manto d'oro guarnito di fiori verdi, e che amorevolmente prendendola nelle sue braccia, le desse un bacio dicendo: “Ricevine migliaia di mille, o mia sposa”.
Il vestito d'oro del Signore figurava l'amore del suo divin Cuore; i fiori verdi, la freschezza e la fioritura delle virtù di Gertrude. Sul suo petto brillava una magnifica rosa la quale sembrava pure di color verde; l'inferma si trastullava con questo fiore, il quale significava il completo abbandono ch'ella aveva sempre praticato in ogni circostanza.

Un'altra volta, Metilde, dopo la santa Comunione disse ancora al Signore: “Vene supplico, o mio Signore, vi sovvenga dello zelo con cui la vostra Serva, ora con carezze, ora con minacce, eccitava le Suore alla frequente comunione. Adesso che per la malattia non può ricevere il vostro corpo adorabile, degnatevi dunque di darvi Voi medesimo a lei in quel modo che meglio convenga alla vostra regale liberalità”.
“Il Signore rispose: “Gertrude. mi possiede come Sposo, amIco fedele ed unico consolatore”. - “Come mai può dirsi, o mio Signore, replicò Metilde, che Voi siate l'unico suo consolatore, poiché quando da altri riceve qualche servigio o qualche piccolo dono, tutto accoglie con un sorriso che denota una certa qual soddisfazione? Non sembra forse che si compiaccia ancora nelle cose terrestri?”
“Ma non osservi tu, replicò il Signore, che quando voi perché non intendete i suoi segni fate il contrario di ciò che domanda, nondimeno vi sorride con altrettanta bontà come se le aveste fatto un gran bene? Sappi dunque che è così fermamente stabilita in me, che davanti a tutto ciò che le accade, sia piacevole, sia penoso, ella serba sempre il medesimo contegno”.

Un'altra volta, ancora, mentre Gertrude stava per comunicarsi, Metilde vide il Signore Gesù sotto la forma di un bello e nobile giovane dell'età di dodici anni circa. Col suo braccio destro, Egli. abbracciava quella sua sposa dicendo: “Ti ho preso la mano destra, facendomi tuo cooperatore in tutte le tue opere; ti ho preso il piede destro divenendo la tua guida; ti darò lo splendore di una perpetua verginità; la gioia e l'allegrezza in compenso delle tue infermità; l'agilità perfetta invece dell'attuale gravame del tuo corpo. Infine tu mi godrai in un'eterna felicità”.

IV

FELICE TRANSITO DI GERTRUDE


Essendo Gertrude vicina ad entrare in agonia, il Signore sembrò venire frettoloso ad incontrarla con la Beata Vergine Maria alla sua destra e il discepolo prediletto San Giovanni alla sinistra; i cittadini della Corte celeste giungevano pure in folla, specialmente le legioni delle Vergini; queste, in quel giorno, parvero riempire la casa e frammischiarsi alle Suore, le quali stettero tutta la giornata presso la loro moribonda madre, singhiozzando e pregando.
Frattanto, il Signore Gesù sembrava con gesti dimostrare alla santa moribonda tanto affetto che l'amarezza della morte ne dovette per lei essere molto raddolcita. Quando nella lettura del Passio si giunse a queste parole: Chinando il capo, rendette lo spirito (Joann. XIX, 30), il Signore, quasi non potesse più a lungo trattenere l'ardore del suo amore, si chinò verso la morente e, con ambe le mani, aprì sopra di lei il suo divin Cuore.
Stava dunque per suonare l'ora in cui lo Sposo celeste, Figlio regale del Padre Onnipotente, avrebbe ricevuto la sua diletta. Liberata, dopo lunghi sospiri dal terrestre carcere del corpo, ella se n'andava a riposare con Lui nel talamo dell'amore.
Quell'anima felice, prese il volo con un inestimabile gaudio verso quel sovreminente Santuario, cioè verso il dolcissimo, Cuore che Gesù Cristo le apriva con tanta letizia e fedeltà. Ciò ch'ella udì, ciò che risentì in. quel Cuore, la felicità che la sovrabbondanza della misericordia fece penetrare in lei, dopo averle dato il privilegio speciale d'esservi trasportata con un tal mezzo, chi tra i mortali potrebbe mai immaginarlo?
Con quali delizie lo Sposo sempre brillante di giovinezza, l'introdusse nella sua dolce intimità? Con quali trasporti di allegrezza le fecero corteo, i Santi che le apportavano corone di gaudio? Quali lodi accompagnarono una tal beata glorificazione? Sono meraviglie che la debolezza umana non può neppure tentare di esprimere; non ci rimane che di innalzare a Dio, Autore di ogni cosa, il canto di giubilo e quello dell'azione di grazie, in unione coi cittadini del cielo.

In mezzo alla tristezza della loro desolazione, le suore ad alta voce rivolsero al cielo le loro lodi, ed alla loro madre rappresentarono il loro abbandono, cantando in suo onore il responsorio: Surge Virgo. Ma a queste parole: Quae pausas sub umbra Dilecti: Tu, che riposi all'ombra del tuo Diletto, si sentì la defunta badessa rispondere: “Non mi basterebbe riposare all'ombra del mio Diletto; sul suo Cuore medesimo sto riposando con dolcezza, sicurezza e pace”.

In seguito, Metilde mentre si trovava in orazione, vide ancora l'anima della sorella tutta raggiante di gloria. Il Padre dell'Ordine, san Benedetto la precedeva con una mano tenendo il pastorale e con l'altro braccio circondando con amore e venerazione l'anima, di quella sua figlia beata. Egli la condusse così sin davanti al trono dell'adorabile Trinità dove con voce ammirabile, sur una indescrivibile melodia cantò il Responsorio Quae est ista68. Poi il Signore chinandosi con amore verso di lei, le disse: “Sii la benvenuta, figlia mia bellissima”. Ma la beata, sempre fedele, pregò il Signore per la Comunità che le era stata affidata.
Metilde le disse: “Sorella carissima, che volete ch'io dica da parte vostra alle vostre figlie? - Dirai loro, rispose quella beata, che amino con tutta l'anima il Diletto del mio Cuore, e che non preferiscano mai nulla al suo amore”. Metilde ripigliò: “Raccomandateci tutte al Signore poiché la vostra sorte è così beata”. “Sì, rispose Gertrude, raccomando le mie figlie onde giungano a questo dolcissimo riposo dove vivo con tanta sicurezza, vale a dire, nel dolcissimo Cuore di Gesù Cristo”.

Sembrò pure alla Serva di Cristo che in sogno salutasse l'anima della sua defunta sorella con queste parole: “Ti saluto, sposa di Cristo, nell'amore di cui sei stata accesa quando la prima volta hai contemplato la faccia e la bellezza di Dio tuo Creatore, nella rivelazione della sua gloria. Ti saluto, Vergine di Cristo, nelle tue delizie, quando per una perfetta esperienza hai conosciuto l'amore inestimabile con cui Dio ti ha amata da tutta l'eternità. Ti saluto nella tua fulgente bellezza quando dalla mano del Signore tuo Amico e tuo Sposo hai ricevuto il premio eterno di tutte le tue opere”. Dette queste parole, pensava come mai avesse osato salutare in questo modo l'anima di una persona non canonizzata. Nella sua perplessità, consultò il Signore, il quale si degnò di rispondere: “Hai fatto bene; perché essa è l'onore della mia onnipotenza, lo splendore della mia sapienza, la delizia della mia divina bontà”.
Un'altra volta, la Santa vide quell'anima in mezzo ad. un coro il quale eseguiva una mirabile danza in una meravigliosa gloria. Un ornamento di bellissimi capelli ne rialzava la bellezza e la giovinezza. Il Signore Gesù, suo nobile e brillante Sposo, la teneva per mano e diceva: “Più numerose dei suoi capelli sono le sue virtù!”.
Un'altro giorno la vide ancora nella gloria e le domandò quale ricompensa ella avesse ottenuta per la sua divota abitudine di recitare così spesso il Salmo Laudate Dominum omnes gentes, soprattutto nelle feste della Risurrezione. Per tutta risposta, quell'anima beata mostrò alla sorella le splendide vesti verdi di cui era ornata. Queste vesti erano cosparse d'innumerevoli stelle d'oro e ornate nelle cuciture di perle bianche alternate con piccoli rubini.
Metilde le disse: “Poiché siete nell'abbondanza di ogni bene, ditemi cosa volete dare a quella Suora che vi ha servito con tanta fedeltà durante la vostra malattia”.
Mettendo la mano sopra uno di quei rubini la Beata rispose: “Portale questo da parte mia”. Metilde replicò “Voi ben sapete; come io vi vegga qui solo in ispirito; non posso dunque offrirle questa gemma nella sua realtà”.
“Il colore bianco, ripigliò l'anima beata, il quale appare su le cuciture delle mie vesti, significa l'Umanità di Gesù Cristo il quale era di una suprema dolcezza e mansuetudine; il color rosso dei rubini figura la Passione dell'Agnello immacolato. Le dirai dunque che confidi nella misericordia di Dio; perché voglio ottenerle dal Signore la mansuetudine e la pazienza nel soffrire per Lui ogni contrarietà”.


APPARIZIONE DI GERTRUDE NEL TRENTESIMO GIORNO DALLA SUA MORTE


Nel giorno trentesimo dalla sua morte, quell'anima beata comparve ancora a Metilde in una gloria nuova e sovreminente. I Principi celesti con le loro schiere la circondavano come di un muro. Tutti avevano in mano dei cembali la cui soavissima armonia accompagnava il canto del versetto: Lodate Dio sui cembali risonanti (Ps. CL, 5).
In mezzo a tale concerto, quell'anima beata venne condotta davanti al trono del Re della gloria, dove il suo dolcissimo Sposò Gesù le rivolse queste parole: “Sii la benVenuta, o mia carissima!”.
E subito la Divinità la penetrò di un dolcissimo sentimento, vale a dire ch'ella sperimentò la maniera con cui l'Onnipotenza infinitamente semplice rimira ed ama ogni creatura come se non amasse che quella ad esclusione di ogni altra. Per la pienezza delle sue sovrabbondanti delizie, ella scoppiò in lodi in onore del suo Sposo, e cantò: Anima mea liquefacta est (Cant., V, 6).
Il Supremo Cantore per eccellenza, volle parimenti onorare la sua diletta col celebrarne le lodi, e dal più intimo di sé stesso, da quell'abisso di ogni beatitudine, principio e fine d'ogni perfezione, fece risonare sur un modo melodiosissimo quest'antifona: O Gertrudis! o pia! e tutta la Corte celeste continuò l'antifona: Quam pium est gaudere de te, o Gertrudis, prophetis compar! - O Gertrude, o misericordiosa! Quanto è pio rallegrarsi per causa di te! O Gertrude, emula dei Profeti! Con queste parole ella veniva specialmente lodata per aver avuto tanta fede su la terra ed aver mirabilmente goduto i doni divini.
L'antifona seguente l'esaltava a motivo della dottrina spirituale che aveva distribuita al suo Monastero: Apostolis conserta, etc., Ammessa tra gli Apostoli, perla dei prelati, distinta per la fede e per i meriti, per la pietà, la misericordia e la ineffabile carità; che tu trionfi sempre qui, e davanti a Dio69.
Metilde le disse: “Spiegatemi dunque, sorella carissima, cosa sia questa liquefazione di cui cantate: L'anima mia si è liquefatta.
La beata rispose: “Quando l'amore della Divinità entra impetuosamente nell'anima per investirla, agisce con una dolcezza così potente che alla creatura riesce impossibile contenerlo. L'essere allora dell'anima si scioglie e si liquefà, per così dire, onde rifluire poi verso la sorgente donde le è venuta una tale beatitudine”.
“Pregate, ripigliò Metilde, pregate per le vostre figlie che su la terra vi circondavano. di un amore così fedele”.
“L'ho già fatto e lo farò sempre”.
“Che cosa desidera te per loro?”
“Che la soavità dell'amore che sta nel mio cuore riempia pure i loro cuori ed i loro sensi!”.
“Che cosa avete ricevuto, continuò Metilde, nel vostro ingresso in cielo?”
“Il Signore Iddio, mio Creatore, mio Redentore e mio Sposo, mi ha presa in sé medesimo e riempita di un'ineffabile gioia. Mi ha: rivestita di sé, di sé mi ha nutrita, ha dato sé stesso a me come Sposo, e mi ha onorata di una gloria inenarrabile”.

VI

NELL'ANNIVERSARIO DELLA MEDESIMA MADRE BADESSA


Nell'anniversario della medesima madre badessa, di dolce memoria, mentre nell'ufficio si cantava il responsorio Redemptor meus vivit, Metilde ne vide l'anima esultante di ineffabile delizia, la quale abbracciava il Signore Gesù e dolcemente a Lui cantava le dette parole. Poi, per divina ispirazione conobbe che in cielo le anime trasaliscono di una inesprimibile gioia che emana dall'Umanità di Gesù Cristo; intese pure che quando con attenzione si cantano quelle parole od altre che si riferiscono alla futura risurrezione degli uomini, quelle anime glorificate ne ritraggono ogni volta un'indicibile felicità, perché ne riconoscono la verità, vedendole, compiute nella Umanità di Gesù Cristo. Gli eletti essendo certi della loro propria risurrezione, pregano per quelli che ancora recitano i Salmi onde essi pure ottengano di aver parte alla medesima felicità. Conobbe inoltre che quelle parole devotamente recitate, hanno per la fede. una virtù che santifica anche i corpi, onde prepararli a godere più degnamente la gloria.



Le sembrò ancora di vedere Dio Padre che sedeva con quell'anima ad una mensa regale e le rivolgeva le più amabili parole, ricolmandola delle più delicate carezze, come se la sua unica gioia e le sue uniche delizie fossero quelle di far festa con lei.
Il Signor Gesù, ornato del cinturino a guisa di un giovine figlio d'imperatore, serviva a mensa vari cibi conditi dalla dolcezza dello Spirito Santo.
Tutte le suore venivano in seguito come in processione e piegando il ginocchio con grande riverenza, offrivano dei cofanetti d'avorio, d'argento e di oro, ripieni di meravigliosi aromi. Quelle che risplendevano per la purezza del cuore apportavano i cofanetti di avorio; le più ardenti nel sacrificarsi nel servizio di Dio offrivano i cofanetti d'argento; e le più ferventi nell'amore portavano cofanetti di oro.
Una moltitudine di anime vennero pure con grande letizia a rendere grazie per la loro liberazione a Dio e all'anima cui Dio le aveva donate onde rialzare la gloria della sua festa.
In seguito, tutte le anime della Congregazione formarono attorno a quell'anima beata un circolo a guisa di coro danzante, cantando con gaudio: O Mater nostra etc.: O nostra Madre ecc., ma le loro voci penetravano in una lunga tromba posta nel Cuore di Gesù onde produrre tutte assieme una sola melodia di grande soavità!
L'indomani, durante una messa celebrata ancora per l'anima della medesima, ad un tratto venne in mente a Metilde questo pensiero: “Se fossi una potente regina offrirei a Dio su l'altare, per l'anima della mia diletta sorella, un'immagine d'oro riccamente ornata”.
A questo pensiero il Signore rispose: “E che diresti se per me stesso io adempissi fin d'ora e subito il tuo desiderio?”
E il Signore le comparve sotto la forma di un giovine tutto fulgente di regale o piuttosto divino splendore, e le disse: “Eccomi, prendimi e va ad offrirmi secondo il tuo desiderio”.
Metilde in un ineffabile trasporto di gaudio e di gratitudine prese il suo Diletto e lo condusse all'altare, Il Signore Gesù offrì dunque sé stesso al Padre suo con tutte le sue virtù, per accrescere il gaudio e la beatitudine eterna di quella sua eletta sposa.
Poi, quell'anima beata, come una regina che ha potere sul suo Sposo, con ardentissimo amore si slanciò negli abbracci del Signore e lo condusse attraverso il coro a tutte le Suore, dicendo a ciascuna: “Ricevi il Signore delle virtù e a Lui chiede le virtù”. È quella che vedeva. tutte queste cose disse: “Sorella mia diletta, qual cosa desiderate di più che noi osserviamo?”
“Un'umile sommissione, rispose quella, un'amabile mutua carità, una fedele attenzione a Dio in ogni cosa”.
E soggiunse: “Sì, all'Amore darai tutto intero il tuo cuore ed amerai tutti; allora l'amore di Dio e di tutti quelli che abbiano mai amato Dio, sarà tutto per te. Se sarai umile, l'umiltà di Cristo e di tutti quelli che si sono umiliati per il suo nome, sarà in tutta realtà tua proprietà. Se userai misericordia al tuo prossimo, la misericordia di Dio e dei suoi Santi sarà parimenti in tuo possesso; e sappi che così sarà anche di tutte le altre virtù”.

Per queste cose sia benedetto Dio nei suoi doni e in tutte le sue opere!