CAPITOLO XXII: SANTA METILDE E LA MORTE DI SUA SORELLA, LA BADESSA GERTRUDE
Santa Matilde di Hackeborn

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I
Da quarant'anni la madre badessa Gertrude, sorella di santa
Metilde, governava il Monastero, quando venne colpita da numerose
infermità. Dopo un anno di malattia, perdette anche l'uso della parola.
La sua pia sorella temendone prossima la fine, raddoppiò di fervore
nella preghiera, affinché il Signore si degnasse disporre ogni cosa, sia
secondo il suo beneplacito, sia secondo i bisogni dell'anima
dell'inferma. Ma d'un tratto Metilde venne rapita in cielo, dove nello
specchio della Divina Provvidenza vide che sua sorella, benché
gravemente inferma non sarebbe morta ancora.
Intanto l'esercito dei Santi già stava tutto preparando con allegrezza per il ricevimento di quella grande sposa di Dio.
La
Beata Vergine Maria, oltre i suoi splendidi ornamenti, si metteva alle
mani dei guanti bianchi come la neve, sopra uno dei quali era ricamata
un'aquila d'oro, mentre su l'altro spiccava un leone parimenti d'oro.
Questi guanti simboleggiavano l'anima che la Beata Vergine si accingeva
ad accogliere solennemente, la quale le rassomigliava sotto tre aspetti
in particolare. La sua innocenza verginale era rappresentata dal color
bianco dei guanti della Vergine; la sua sublime e profonda
contemplazione era raffigurata dall'aquila; e la sua vigorosa costanza
nel trionfare dei vizi, era simboleggiata dal leone.
I Patriarchi ed i
Profeti preparavano cestini di oro ripieni di vari gioielli, indicando
così che quella venerabile badessa con sapienza e fedeltà aveva
provveduto ai bisogni spirituali e temporali di tutti i suoi dipendènti.
Gli
Apostoli, per farle onore, portavano davanti a sé grandi libri
magnificamente ornati, perché ella aveva distribuito ai suoi la sana
dottrina, ciò che le conferiva i meriti dell'apostolato.
I Martiri
tenevano in mano splendenti scudi d'oro per fargliene omaggio a motivo
della sua instancabile pazienza in tutte le avversità, per la quale fu
come la loro emula.
I Confessori erano coperti di splendide cappe
dalle larghe pieghe, perché la sua vita nel Monastero ed i suoi santi
esempi l'avevano elevata alla parità di meriti con loro.
Le Vergini
si munivano di aureole e di specchi onde farne l'offerta a quella santa
vergine per la sua innocente purezza, e per la lodevole cura con cui
sovente aveva esaminato la sua vita nel limpido specchio degli esempi di
Gesù. Cristo, rendendosi conto in tal modo del suo progredire nella
somiglianza con Dio. Così quell'anima santa aveva meritato di essere
riunita alle sante Vergini, anzi di occupare tra quelle un posto
eminente.
II
DODICI ANGELI ASSISTONO L'INFERMA
In
seguito, Metilde, pregando ancora per lei, ne vide l'anima sotto la
forma di una casa trasparente, in mezzo alla quale Dio stava seduto,
irradiante come un sole attraverso il cristallo. Il Signore disse: “Come
tu mi vedi senz'ostacolo attraverso questa casa, così puoi riconoscermi
nell'anima di Gertrude in tutte le opere e le virtù della sua
infermità, in particolare nella pazienza, nella bontà, nel buon umore,
virtù che in lei sono effetto della divina grazia più ancora che
dell'indole naturale. lo stesso opero queste virtù in lei per mezzo di
lei”.
Metilde vide, inoltre, intorno al letto dell'inferma dodici
angeli assegnati al suo servizio, i quali senza posa riferivano al
Signore tutto quanto avveniva intorno a lei, tanto le virtù ch'ella
praticava, come i servizi che le venivano prestati dalle sorelle che
l'assistevano. Ai suoi piedi, tre angeli sorreggevano la sua pazienza; e
l'inferma ne era largamente provvista a segno che il numero di dodici
angeli non era troppo per lodarne il Signore Iddio. Alla sinistra, tre
Arcangeli le ispiravano buona volontà, intenzioni pie e santi desiderii.
Alla destra, tre angeli del coro delle Dominazioni accoglievano
l'onore, la venerazione e la carità che le suore dimostravano
all'inferma e tutto portavano con gioia alla presenza del Re supremo.
Metilde
temeva di cedere ad un sentimento troppo umano nello stare volentieri
presso la sorella, e se ne rimproverava come di un peccato; consultò
dunque il Signore, il quale le rispose: “Non hai commesso nessuna colpa.
I suoi sensi, i suoi movimenti, tutti i mezzi di peccare le sono ormai
tolti; e l'ho posta in uno stato in cui nulla in lei può dispiacermi.
Inoltre, in nessun luogo, fuorché nel Sacramento dell'Altare, tu mi
troverai con maggior verità e certezza che in lei e con lei; in lei
troverai pure una piena conformità con le mie virtù e la mia vita.
“Io
mi dimostrai sempre benigno, mansueto, amabile con i miei discepoli e
con tutti gli uomini: così pure Gertrude si comporta coi suoi dipendenti
e con tutti quelli che vengono a visitarla.
“Io sopportai con dolce
mansuetudine e lieta pazienza ogni sorta di ingiurie e di sofferenze;
così pure questa mia sposa, con cuore dolce e contento sopporta le
malattie ed i dolori.
“Nella mia estrema liberalità lasciai nelle
mani dei miei carnefici tutto ciò che possedevo; così pure, con la
liberalità di cuore nella quale sempre si distinse Gertrude si spoglia
di tutto ciò che le appartiene”.
CRISTO GESÙ RICEVE SÈ STESSO IN GERTRUDE
Un'altra
volta, mentre Gertrude stava per comunicarsi, Metilde pregò il Signore
che si degnasse ricevere sé medesimo in lei e offrire, Lui medesimo, a
Dio Padre un degno tributo di lode e di azioni di grazie, poiché
l'inferma non poteva parlare.
Il Signore rispose: “Non sono forse io
obbligato a comportarmi così? Anche un ladro, se volesse dimostrarsi
giusto, così farebbe, restituendo l'oggetto rubato o rendendone
l'equivalente. lo le ho tolto l'uso della parola: da me stesso adunque
adempirò al centuplo ciò che ella non può fare”.
Parve a Metilde che
il Signore stesse alla destra dell'inferma, rivestito di un manto d'oro
guarnito di fiori verdi, e che amorevolmente prendendola nelle sue
braccia, le desse un bacio dicendo: “Ricevine migliaia di mille, o mia
sposa”.
Il vestito d'oro del Signore figurava l'amore del suo divin
Cuore; i fiori verdi, la freschezza e la fioritura delle virtù di
Gertrude. Sul suo petto brillava una magnifica rosa la quale sembrava
pure di color verde; l'inferma si trastullava con questo fiore, il quale
significava il completo abbandono ch'ella aveva sempre praticato in
ogni circostanza.
Un'altra volta, Metilde, dopo la santa
Comunione disse ancora al Signore: “Vene supplico, o mio Signore, vi
sovvenga dello zelo con cui la vostra Serva, ora con carezze, ora con
minacce, eccitava le Suore alla frequente comunione. Adesso che per la
malattia non può ricevere il vostro corpo adorabile, degnatevi dunque di
darvi Voi medesimo a lei in quel modo che meglio convenga alla vostra
regale liberalità”.
“Il Signore rispose: “Gertrude. mi possiede come
Sposo, amIco fedele ed unico consolatore”. - “Come mai può dirsi, o mio
Signore, replicò Metilde, che Voi siate l'unico suo consolatore, poiché
quando da altri riceve qualche servigio o qualche piccolo dono, tutto
accoglie con un sorriso che denota una certa qual soddisfazione? Non
sembra forse che si compiaccia ancora nelle cose terrestri?”
“Ma non
osservi tu, replicò il Signore, che quando voi perché non intendete i
suoi segni fate il contrario di ciò che domanda, nondimeno vi sorride
con altrettanta bontà come se le aveste fatto un gran bene? Sappi dunque
che è così fermamente stabilita in me, che davanti a tutto ciò che le
accade, sia piacevole, sia penoso, ella serba sempre il medesimo
contegno”.
Un'altra volta, ancora, mentre Gertrude stava per
comunicarsi, Metilde vide il Signore Gesù sotto la forma di un bello e
nobile giovane dell'età di dodici anni circa. Col suo braccio destro,
Egli. abbracciava quella sua sposa dicendo: “Ti ho preso la mano destra,
facendomi tuo cooperatore in tutte le tue opere; ti ho preso il piede
destro divenendo la tua guida; ti darò lo splendore di una perpetua
verginità; la gioia e l'allegrezza in compenso delle tue infermità;
l'agilità perfetta invece dell'attuale gravame del tuo corpo. Infine tu
mi godrai in un'eterna felicità”.
IV
FELICE TRANSITO DI GERTRUDE
Essendo
Gertrude vicina ad entrare in agonia, il Signore sembrò venire
frettoloso ad incontrarla con la Beata Vergine Maria alla sua destra e
il discepolo prediletto San Giovanni alla sinistra; i cittadini della
Corte celeste giungevano pure in folla, specialmente le legioni delle
Vergini; queste, in quel giorno, parvero riempire la casa e
frammischiarsi alle Suore, le quali stettero tutta la giornata presso la
loro moribonda madre, singhiozzando e pregando.
Frattanto, il
Signore Gesù sembrava con gesti dimostrare alla santa moribonda tanto
affetto che l'amarezza della morte ne dovette per lei essere molto
raddolcita. Quando nella lettura del Passio si giunse a queste parole:
Chinando il capo, rendette lo spirito (Joann. XIX, 30), il Signore,
quasi non potesse più a lungo trattenere l'ardore del suo amore, si
chinò verso la morente e, con ambe le mani, aprì sopra di lei il suo
divin Cuore.
Stava dunque per suonare l'ora in cui lo Sposo celeste,
Figlio regale del Padre Onnipotente, avrebbe ricevuto la sua diletta.
Liberata, dopo lunghi sospiri dal terrestre carcere del corpo, ella se
n'andava a riposare con Lui nel talamo dell'amore.
Quell'anima
felice, prese il volo con un inestimabile gaudio verso quel sovreminente
Santuario, cioè verso il dolcissimo, Cuore che Gesù Cristo le apriva
con tanta letizia e fedeltà. Ciò ch'ella udì, ciò che risentì in. quel
Cuore, la felicità che la sovrabbondanza della misericordia fece
penetrare in lei, dopo averle dato il privilegio speciale d'esservi
trasportata con un tal mezzo, chi tra i mortali potrebbe mai
immaginarlo?
Con quali delizie lo Sposo sempre brillante di
giovinezza, l'introdusse nella sua dolce intimità? Con quali trasporti
di allegrezza le fecero corteo, i Santi che le apportavano corone di
gaudio? Quali lodi accompagnarono una tal beata glorificazione? Sono
meraviglie che la debolezza umana non può neppure tentare di esprimere;
non ci rimane che di innalzare a Dio, Autore di ogni cosa, il canto di
giubilo e quello dell'azione di grazie, in unione coi cittadini del
cielo.
In mezzo alla tristezza della loro desolazione, le suore
ad alta voce rivolsero al cielo le loro lodi, ed alla loro madre
rappresentarono il loro abbandono, cantando in suo onore il responsorio:
Surge Virgo. Ma a queste parole: Quae pausas sub umbra Dilecti: Tu, che
riposi all'ombra del tuo Diletto, si sentì la defunta badessa
rispondere: “Non mi basterebbe riposare all'ombra del mio Diletto; sul
suo Cuore medesimo sto riposando con dolcezza, sicurezza e pace”.
In
seguito, Metilde mentre si trovava in orazione, vide ancora l'anima
della sorella tutta raggiante di gloria. Il Padre dell'Ordine, san
Benedetto la precedeva con una mano tenendo il pastorale e con l'altro
braccio circondando con amore e venerazione l'anima, di quella sua
figlia beata. Egli la condusse così sin davanti al trono dell'adorabile
Trinità dove con voce ammirabile, sur una indescrivibile melodia cantò
il Responsorio Quae est ista68. Poi il Signore chinandosi con amore
verso di lei, le disse: “Sii la benvenuta, figlia mia bellissima”. Ma la
beata, sempre fedele, pregò il Signore per la Comunità che le era stata
affidata.
Metilde le disse: “Sorella carissima, che volete ch'io
dica da parte vostra alle vostre figlie? - Dirai loro, rispose quella
beata, che amino con tutta l'anima il Diletto del mio Cuore, e che non
preferiscano mai nulla al suo amore”. Metilde ripigliò: “Raccomandateci
tutte al Signore poiché la vostra sorte è così beata”. “Sì, rispose
Gertrude, raccomando le mie figlie onde giungano a questo dolcissimo
riposo dove vivo con tanta sicurezza, vale a dire, nel dolcissimo Cuore
di Gesù Cristo”.
Sembrò pure alla Serva di Cristo che in sogno
salutasse l'anima della sua defunta sorella con queste parole: “Ti
saluto, sposa di Cristo, nell'amore di cui sei stata accesa quando la
prima volta hai contemplato la faccia e la bellezza di Dio tuo Creatore,
nella rivelazione della sua gloria. Ti saluto, Vergine di Cristo, nelle
tue delizie, quando per una perfetta esperienza hai conosciuto l'amore
inestimabile con cui Dio ti ha amata da tutta l'eternità. Ti saluto
nella tua fulgente bellezza quando dalla mano del Signore tuo Amico e
tuo Sposo hai ricevuto il premio eterno di tutte le tue opere”. Dette
queste parole, pensava come mai avesse osato salutare in questo modo
l'anima di una persona non canonizzata. Nella sua perplessità, consultò
il Signore, il quale si degnò di rispondere: “Hai fatto bene; perché
essa è l'onore della mia onnipotenza, lo splendore della mia sapienza,
la delizia della mia divina bontà”.
Un'altra volta, la Santa vide
quell'anima in mezzo ad. un coro il quale eseguiva una mirabile danza in
una meravigliosa gloria. Un ornamento di bellissimi capelli ne rialzava
la bellezza e la giovinezza. Il Signore Gesù, suo nobile e brillante
Sposo, la teneva per mano e diceva: “Più numerose dei suoi capelli sono
le sue virtù!”.
Un'altro giorno la vide ancora nella gloria e le
domandò quale ricompensa ella avesse ottenuta per la sua divota
abitudine di recitare così spesso il Salmo Laudate Dominum omnes gentes,
soprattutto nelle feste della Risurrezione. Per tutta risposta,
quell'anima beata mostrò alla sorella le splendide vesti verdi di cui
era ornata. Queste vesti erano cosparse d'innumerevoli stelle d'oro e
ornate nelle cuciture di perle bianche alternate con piccoli rubini.
Metilde
le disse: “Poiché siete nell'abbondanza di ogni bene, ditemi cosa
volete dare a quella Suora che vi ha servito con tanta fedeltà durante
la vostra malattia”.
Mettendo la mano sopra uno di quei rubini la
Beata rispose: “Portale questo da parte mia”. Metilde replicò “Voi ben
sapete; come io vi vegga qui solo in ispirito; non posso dunque offrirle
questa gemma nella sua realtà”.
“Il colore bianco, ripigliò l'anima
beata, il quale appare su le cuciture delle mie vesti, significa
l'Umanità di Gesù Cristo il quale era di una suprema dolcezza e
mansuetudine; il color rosso dei rubini figura la Passione dell'Agnello
immacolato. Le dirai dunque che confidi nella misericordia di Dio;
perché voglio ottenerle dal Signore la mansuetudine e la pazienza nel
soffrire per Lui ogni contrarietà”.
APPARIZIONE DI GERTRUDE NEL TRENTESIMO GIORNO DALLA SUA MORTE
Nel
giorno trentesimo dalla sua morte, quell'anima beata comparve ancora a
Metilde in una gloria nuova e sovreminente. I Principi celesti con le
loro schiere la circondavano come di un muro. Tutti avevano in mano dei
cembali la cui soavissima armonia accompagnava il canto del versetto:
Lodate Dio sui cembali risonanti (Ps. CL, 5).
In mezzo a tale
concerto, quell'anima beata venne condotta davanti al trono del Re della
gloria, dove il suo dolcissimo Sposò Gesù le rivolse queste parole:
“Sii la benVenuta, o mia carissima!”.
E subito la Divinità la penetrò
di un dolcissimo sentimento, vale a dire ch'ella sperimentò la maniera
con cui l'Onnipotenza infinitamente semplice rimira ed ama ogni creatura
come se non amasse che quella ad esclusione di ogni altra. Per la
pienezza delle sue sovrabbondanti delizie, ella scoppiò in lodi in onore
del suo Sposo, e cantò: Anima mea liquefacta est (Cant., V, 6).
Il
Supremo Cantore per eccellenza, volle parimenti onorare la sua diletta
col celebrarne le lodi, e dal più intimo di sé stesso, da quell'abisso
di ogni beatitudine, principio e fine d'ogni perfezione, fece risonare
sur un modo melodiosissimo quest'antifona: O Gertrudis! o pia! e tutta
la Corte celeste continuò l'antifona: Quam pium est gaudere de te, o
Gertrudis, prophetis compar! - O Gertrude, o misericordiosa! Quanto è
pio rallegrarsi per causa di te! O Gertrude, emula dei Profeti! Con
queste parole ella veniva specialmente lodata per aver avuto tanta fede
su la terra ed aver mirabilmente goduto i doni divini.
L'antifona
seguente l'esaltava a motivo della dottrina spirituale che aveva
distribuita al suo Monastero: Apostolis conserta, etc., Ammessa tra gli
Apostoli, perla dei prelati, distinta per la fede e per i meriti, per la
pietà, la misericordia e la ineffabile carità; che tu trionfi sempre
qui, e davanti a Dio69.
Metilde le disse: “Spiegatemi dunque, sorella
carissima, cosa sia questa liquefazione di cui cantate: L'anima mia si è
liquefatta.
La beata rispose: “Quando l'amore della Divinità entra
impetuosamente nell'anima per investirla, agisce con una dolcezza così
potente che alla creatura riesce impossibile contenerlo. L'essere allora
dell'anima si scioglie e si liquefà, per così dire, onde rifluire poi
verso la sorgente donde le è venuta una tale beatitudine”.
“Pregate, ripigliò Metilde, pregate per le vostre figlie che su la terra vi circondavano. di un amore così fedele”.
“L'ho già fatto e lo farò sempre”.
“Che cosa desidera te per loro?”
“Che la soavità dell'amore che sta nel mio cuore riempia pure i loro cuori ed i loro sensi!”.
“Che cosa avete ricevuto, continuò Metilde, nel vostro ingresso in cielo?”
“Il
Signore Iddio, mio Creatore, mio Redentore e mio Sposo, mi ha presa in
sé medesimo e riempita di un'ineffabile gioia. Mi ha: rivestita di sé,
di sé mi ha nutrita, ha dato sé stesso a me come Sposo, e mi ha onorata
di una gloria inenarrabile”.
VI
NELL'ANNIVERSARIO DELLA MEDESIMA MADRE BADESSA
Nell'anniversario della medesima madre badessa, di dolce memoria, mentre nell'ufficio si cantava il responsorio Redemptor meus vivit, Metilde ne vide l'anima esultante di ineffabile delizia, la quale abbracciava il Signore Gesù e dolcemente a Lui cantava le dette parole. Poi, per divina ispirazione conobbe che in cielo le anime trasaliscono di una inesprimibile gioia che emana dall'Umanità di Gesù Cristo; intese pure che quando con attenzione si cantano quelle parole od altre che si riferiscono alla futura risurrezione degli uomini, quelle anime glorificate ne ritraggono ogni volta un'indicibile felicità, perché ne riconoscono la verità, vedendole, compiute nella Umanità di Gesù Cristo. Gli eletti essendo certi della loro propria risurrezione, pregano per quelli che ancora recitano i Salmi onde essi pure ottengano di aver parte alla medesima felicità. Conobbe inoltre che quelle parole devotamente recitate, hanno per la fede. una virtù che santifica anche i corpi, onde prepararli a godere più degnamente la gloria.
Le sembrò ancora di vedere Dio Padre che sedeva con quell'anima ad una mensa regale e le rivolgeva le più amabili parole, ricolmandola delle più delicate carezze, come se la sua unica gioia e le sue uniche delizie fossero quelle di far festa con lei.
Il Signor Gesù, ornato del cinturino a guisa di un giovine figlio d'imperatore, serviva a mensa vari cibi conditi dalla dolcezza dello Spirito Santo.
Tutte le suore venivano in seguito come in processione e piegando il ginocchio con grande riverenza, offrivano dei cofanetti d'avorio, d'argento e di oro, ripieni di meravigliosi aromi. Quelle che risplendevano per la purezza del cuore apportavano i cofanetti di avorio; le più ardenti nel sacrificarsi nel servizio di Dio offrivano i cofanetti d'argento; e le più ferventi nell'amore portavano cofanetti di oro.
Una moltitudine di anime vennero pure con grande letizia a rendere grazie per la loro liberazione a Dio e all'anima cui Dio le aveva donate onde rialzare la gloria della sua festa.
In seguito, tutte le anime della Congregazione formarono attorno a quell'anima beata un circolo a guisa di coro danzante, cantando con gaudio: O Mater nostra etc.: O nostra Madre ecc., ma le loro voci penetravano in una lunga tromba posta nel Cuore di Gesù onde produrre tutte assieme una sola melodia di grande soavità!
L'indomani, durante una messa celebrata ancora per l'anima della medesima, ad un tratto venne in mente a Metilde questo pensiero: “Se fossi una potente regina offrirei a Dio su l'altare, per l'anima della mia diletta sorella, un'immagine d'oro riccamente ornata”.
A questo pensiero il Signore rispose: “E che diresti se per me stesso io adempissi fin d'ora e subito il tuo desiderio?”
E il Signore le comparve sotto la forma di un giovine tutto fulgente di regale o piuttosto divino splendore, e le disse: “Eccomi, prendimi e va ad offrirmi secondo il tuo desiderio”.
Metilde in un ineffabile trasporto di gaudio e di gratitudine prese il suo Diletto e lo condusse all'altare, Il Signore Gesù offrì dunque sé stesso al Padre suo con tutte le sue virtù, per accrescere il gaudio e la beatitudine eterna di quella sua eletta sposa.
Poi, quell'anima beata, come una regina che ha potere sul suo Sposo, con ardentissimo amore si slanciò negli abbracci del Signore e lo condusse attraverso il coro a tutte le Suore, dicendo a ciascuna: “Ricevi il Signore delle virtù e a Lui chiede le virtù”. È quella che vedeva. tutte queste cose disse: “Sorella mia diletta, qual cosa desiderate di più che noi osserviamo?”
“Un'umile sommissione, rispose quella, un'amabile mutua carità, una fedele attenzione a Dio in ogni cosa”.
E soggiunse: “Sì, all'Amore darai tutto intero il tuo cuore ed amerai tutti; allora l'amore di Dio e di tutti quelli che abbiano mai amato Dio, sarà tutto per te. Se sarai umile, l'umiltà di Cristo e di tutti quelli che si sono umiliati per il suo nome, sarà in tutta realtà tua proprietà. Se userai misericordia al tuo prossimo, la misericordia di Dio e dei suoi Santi sarà parimenti in tuo possesso; e sappi che così sarà anche di tutte le altre virtù”.
Per queste cose sia benedetto Dio nei suoi doni e in tutte le sue opere!