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Martedi, 14 maggio 2024 - San Mattia ( Letture di oggi)

CAPITOLO XVI: DELLE ANIME LIBERATE DALLE SUE PREGHIERE

Santa Matilde di Hackeborn

CAPITOLO XVI: DELLE ANIME LIBERATE DALLE SUE PREGHIERE
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Nel giorno della commemorazione delle anime dei defunti, Metilde voleva pregare. ma ne fu impedita da una preoccupazione ostinata rispetto ad una persona di cui conosceva lo stato deplorevole. E d'un tratto vide il Signor Gesù, che, sospeso in aria con le mani ed i piedi legati, diceva: “In questo modo mi lega l'uomo ogni qual volta pecca mortalmente e così mi tiene legato finché persevera nel suo peccato”.
Il Signore le apparve ancora sotto la forma di un giovane di gran bellezza, meravigliosamente ornato a guisa di grazioso fidanzato. Tra altri ornamenti aveva sul petto tre preziosi gioielli: il primo significava l'eterno desiderio di cui di continuo Dio arde per il bene dell'anima; il secondo. l'amore del suo divin Cuore, amore ardente ed immutabile quantunque l'uomo resti tiepido e non abbia per Lui nessun amore; il terzo esprimeva quella compiacenza del Divin Cuore, della quale sta scritto: Deliciae meae esse cum filiis hominum, Le mie delizie sono di stare coi figli degli uomini.
Egli portava pure una cintura d'oro, per significare il vincolo di amore col quale stringe le anime in una unione ineffabile. E il Signore disse a Metilde: “Così sono legato con l'anima che mi ama”.
Attirando la Santa presso di sé, il Signore la condusse in un ameno giardino, situato in alto vicino al cielo. Là vi era una folla di anime sedute ad una gran mensa dal lato di settentrione. Il Signore si degnò di avvicinarsi per servire Lui stesso a questa mensa, sotto forma di cibi e bevande, le preghiere dell'Ufficio, che si recitano in coro e tutti gli uffici celebrati in quel giorno nella Chiesa universale. L'anima che vedeva tutte queste cose aiutava il Signore a servire i commensali.
Cantandosi il versetto Si quae illis sint dignae, Domine, cruciatibus culpae, tu eis gratia lenitatis, indulge: Se in quelle anime vi sono colpe degne di tormento, Voi, o Signore, con la grazia della vostra pietà perdonate loro, ella disse a Dio: “Che cosa può giovare a quelle anime questo versetto, o mio Signore, poiché godono di un sì gran gaudio?” Ed ecco, svelando sé stesse quelle anime. Metilde nel cuore di ciascuna vide una specie di verme, il quale aveva una testa di cane e quattro zampe erodeva questi cuori, straziandoli con le unghie.
Il verme era la propria coscienza di ciascuna, giustamente raffigurata dal cane, che è un animale fedele, perché la coscienza rode e consuma l'anima col rimproverarle le sue infedeltà verso un Dio così tenero e buono, infedeltà per le quali dopo la morte non ha potuto volare a Lui senza impedimento.
Le zampe davanti significavano le colpe contro i precetti del Signore per le quali l'anima dopo la morte viene cruciata. Le zampe di dietro figuravano i cattivi desiderii e le perverse vie che allontanano l'anima dal suo Dio. Quel verme aveva una lunga coda, per alcune, liscia e piatta; per altre, ruvida ed irta di grossi peli. Questa rappresentava la fama che ognuno lascia dopo di sé in questo mondo. In coloro che si erano acquistato una buona fama, il verme aveva una coda tutta piatta e l'anima soffriva meno; ma in quelli che avevano lasciato una cattiva fama, quella coda era pelosa e ritorta, e ciò accresceva il loro tormento.
Questo verme non muore mai, e l'anima non può esserne liberata prima di entrare nel gaudio del Signore per unirsi a Dio con una alleanza indissolubile.
La Santa con tutte le sue forze pregò il Signore perché a quelle anime volesse concedere un perdono completo e prenderle nella gloria della sua luce. E d'un tratto quei vermi, cadendo dai cuori di quelle, morivano; e le anime, con grande allegrezza, se ne volavano nelle delizie eterne.

Dopo questa visione Dio la condusse a vedere il purgatorio ed i tormenti che vi si soffrono. Essa vide certe anime che sembravano uscire dall'acqua tutte inzuppate; altre sembravano uscire dal fuoco, orribilmente bruciate e deformi. Mentre pregava per esse, quelle anime uscivano dai loro tormenti; riprendendo la forma che avevano sulla terra, e, passavano in quel bel giardino dal quale erano uscite le prime.