CAPITOLO XIV: LA SANTA COMUNIONE
Santa Matilde di Hackeborn

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Un giorno, Metilde doveva accostarsi alla Comunione e non si riteneva
degna, né preparata a dovere. Il Signore le disse: “Eccomi, io mi dono
tutt'intero a te per essere la tua preparazione”; così dicendo pose il
suo Cuore nel cuore della Santa, appoggiando il suo capo sul capo di
quella. Metilde disse allora:
“Mio Signore, per lo splendore del vostro volto, illuminate la faccia dell'anima mia”.
Il
Signore rispose: “Che cosa è la faccia dell'anima tua?” La Santa non
rispondendo nulla, il Signore continuò: “La faccia dell'anima tua è
l'immagine della Santa Trinità; quest'immagine, l'anima tua deve senza
posa contemplarla sul mio volto come in uno specchio, onde vedere se non
vi si trovi alcuna traccia di peccato”.
Da queste parole Metilde
intese che sé qualcuno occupa la sua memoria in pensieri terreni e
inutili, macchia nell'anima sua l'immagine divina.- Così pure chi
applica il suo intelletto alla sapienza ed alle curiosità mondane,
imbratta pure la faccia dell'anima propria. Chi si mette in disaccordo
con la volontà divina, chi ama altra cosa fuorché Dio e si diletta nelle
cose terrene, guasta in sé stesso l'immagine di Dio. Poiché l'anima
schiava del corpo, contrae numerose macchie al contatto con le cose
terrene, è necessario che sovente e specialmente quando sta per ricevere
il Sacramento del Signore, l'uomo contempli il suo volto in quello
specchio luminoso ed inalterabile che è la faccia del Signore.
Se la
sposa è bella, il suo colorito è bianco e roseo: con la frequente
confessione l'anima conserva la sua bianchezza; il costante ricordo
della Passione v'i aggiungerà la freschezza della rosa.
Un'altra
volta, prima di comunicarsi, quel. la divota vergine disse al Signore:
“Ah! dolcissimo mio Dio, insegnatemi a prepararmi al regale banchetto
del vostro Corpo e del vostro Sangue adorabile”. Il Signore replicò:
“Che cosa fecero i miei discepoli quando li mandai a preparare la Pasqua
che, nella sera prima della mia Passione, dovevo mangiare con loro?”
D'un tratto, le parve di trovarsi in una casa meravigliosa e grande,
dove vide una mensa d'oro coperta d'una tovaglia e di ricche stoviglie
d'oro.
E il Signore disse: “Questa casa significa l'immensità della
mia liberalità, la quale accoglie trionfalmente chiunque a quella si
raccomandi. Chi vuole comunicarsi può rifugiarsi presso la mia clemente
generosità, la quale lo accoglierà con materna bontà e lo proteggerà
contro tutti i pericoli. La mensa è l'amore; chi deve comunicarsi si
accosti all'Amore, e l'Amore sicuramente, con la partecipazione di tutti
i suoi beni, arricchirà ogni povertà dell'anima indigente. La tovaglia è
la mia tenerezza, la quale a guisa di stoffa è soffice, ossia affabile,
soave ed oltremodo inclinata verso l'uomo. Nella mia tenerezza la
creatura troverà un rifugio sicuro, perché il pensiero della mia
mansuetudine e della mia misericordia la renderà audace per ottenere
tutto quanto è necessario alla sua salvezza”.
Su la mensa comparve un
agnello più bianco della neve, il quale col piede toccava, l'un dopo
l'altro, ciascuno dei vasi e delle coppe di quella mensa; e subito si
riempivano di cibi e di bevande divine.
L' Agnello era Cristo, unico cibo e vera refezione delle anime.
In
quella casa, il servizio era fatto da due bellissime Vergini, le quali
si chiamavano Misericordia e Carità. La Misericordia faceva da
portinaia, e dopo introdotti quelli che arrivavano, li metteva a posto
alla mensa; la Carità serviva i commensali e con grande liberalità
versava da bere a tutti gli 'invitati.
Un giorno, nel mettere il
segnale per avvertire la suora sacrestana che intendeva comunicarsi,
Metilde disse al Signore: “Scrivete il mio nome nel vostro Cuore, o
amabilissimo Signore, ed iscrivete pure nel mio cuore a ricordo perpetuo
il vostro dolcissimo nome”.
Il Signore disse: “Quando ti accosti
alla Comunione, ricevimi come se tu possedessi tutti i desiderii e tutto
l'amore di cui un cuore umano possa essere acceso; in tal modo ti
accosterai col più grande amore possibile. Ed io, da te accetterò questo
amore, non come si trova in realtà nel tuo cuore, ma come se fosse
tanto ardente come sarebbe il tuo desiderio”.
Un'altra volta,
mettendo ancora il medesimo segnale, ella disse di nuovo: “Signore,
scrivete il mio nome nel vostro Cuore”. E tosto le sembrò che il Signore
portasse sul petto parecchie lettere d'oro ornate con sette gemme
preziose; vide la prima lettera del proprio nome e ne intese il
significato. La prima di queste gemme, indicava la purezza del cuore; la
seconda, l'assiduo ricordo della vita e delle parole di Cristo; la
terza, l'umiltà; la quarta, l'adempimento delle buone opere; la quinta
indicava la pazienza nelle avversità; la sesta, la speranza; la settima
infine, l'amore delle cose celesti. Con queste virtù, come di tante
preziose gemme deve essere ornato chi si accosta alla santa comunione.
La
Santa, prima della comunione, era solita meditare con maggior cura la
Passione di Gesù Cristo. Se talvolta avesse trascurato questa pia
pratica, temeva di aver mancato gravemente, perché il Signore aveva
detto: Fate questo in mia memoria (Luc. XI, 19). Perciò, dopo aver
pregato il Signore di spiegarle il senso di quelle parole, per
ispirazione dello Spirito Santo le intese in questo modo: Vi sono tre
cose da commemorare al momento della comunione. La prima è quell'eterno
amore con cui Dio ci amò prima ancora che avessimo ricevuto l'esistenza.
Egli prevedeva i nostri difetti e la nostra perfidia, tuttavia si degnò
di crearci a sua immagine e somiglianza; e noi dobbiamo rendergliene
grazie.
La seconda è quell'immenso amore che trasse il Figlio di Dio
dal seno delle ineffabili delizie, che. godeva nella gloria del Padre,
per abbassare la sua infinita maestà sino al fondo della miseria che
ereditiamo dal nostro primo padre Adamo. La fame, il freddo, il caldo,
la stanchezza, la tristezza, i disprezzi, i patimenti t la più
ignominiosa delle morti, tutto Egli sopportò con una pazienza ineffabile
onde liberarci da tutte le nostre miserie.
La terza è
quell'inscrutabile amore con il quale il Signore, ad ogni momento, con
paterna bontà ci mira e ci guarda, si prende cura di noi e ci protegge,
cosicché Colui che è il nostro. Creatore, Signore e Redentore, sta
sempre dinanzi all'Eterno Padre come nostro dolcissimo fratello,
intercedendo per noi e trattando i nostri interessi come avvocato e
fedelissimo ministro.
Queste tre cose dobbiamo ricordar sempre, ma
specialmente quando ci accostiamo al celeste banchetto che il nostro
dolcissimo Amore ci ha lasciato come il testamento perenne delle sue
indicibili tenerezze.
Avendo pregato per una persona che si
doleva con lei di risentire poca divozione quando si comunicava, Metilde
da parte del Signore le diede questa istruzione: “Quando vorrai
comunicarti, se ti sentirai il cuore tiepido nella preghiera, e privo di
amore e di desiderio, griderai con tutto il tuo cuore verso Dio e gli
dirai: Traetemi dietro a voi; cammineremo all'odore dei vostri profumi
(Cant. I, 3).
“A questa parola Traetemi, penserai quanto sia vigoroso
ed immenso quell'amore che trascinò il Dio Onnipotente all'ignominioso
supplizio della Croce; quindi ecciterai in te il desiderio che Colui il
quale disse: Quando sarò elevato da terra, attirerò tutto a me, attiri a
sé. il tuo cuore e ti faccia correre nell'amore e nel desiderio,
all'odore dei tre aromi usciti dal nobilissimo abisso del suo Cuore onde
profumare il cielo e la terra.
“Il primo di questi aromi è un'acqua
di rosa, che l'amore sul fornello della carità ha distillato da quella
nobilissima rosa che sta sul petto del Signore. Userai di questo profumo
per lavare la faccia dell'anima tua; e se, dopo un serio esame,
troverai in te qualche macchia di peccato, pregherai perché sia lavata
in quella fonte di Misericordia in cui fu purificato il ladrone su la
croce.
“Il secondo aroma è quel vino rosso del nobile sangue che il
torchio del divino Amore fece zampillare su la Croce e che dalla
vermiglia piaga del divin Cuore uscì insieme con l'acqua; pregherai
perché la faccia dell'anima tua da questo vino sia colorita e fatta
bella, affinché tu possa degnamente accostarti a questo gran banchetto.
“Il
terzo aroma è l'eminentissima e copiosissima dolcezza del divin Cuore,
la quale neppure nell'amarezza della morte poté subire diminuzione
alcuna. Lo chiamano balsamo; è superiore ad ogni altro profumo aromatico
e può guarire tutti i languori dell'anima. Prega perché questo profumo,
sia diffuso nel tuo cuore, affinché l'anima tua gusti e senta quanto
sia dolce il Signore; e così s'impingui, si dilati e si incorpori. in
Colui che con tanto amore si è dato a te.
“Che se non risentirai
ancora soavità alcuna, tu pregherai perché il tuo fedele e tenero Amante
si degni di non prendersi nausea della tua accidia, ma voglia
riscaldare in sé medesimo la tua freddezza, ed Egli solo sia glorificato
in tutte le tue opere, quaggiù e per l'eternità”.
Pregando
Metilde per una persona che aveva paura di accostarsi troppo
frequentemente alla santa Comunione, il Signore le rispose:
“Quanto
più è frequente la comunione, tanto più l'anima si purifica, in quella
guisa che il corpo tanto più si fa mondo quanto più frequentemente viene
lavato. Quanto più una persona si comunica, tanto più io opero in lei,
ed ella opera in me, dimodochè, le sue opere diventano più sante. Quanto
più affettuosamente una persona si comunica, e tanto più profondamente
si immerge in me; quanto più penetra nell'abisso della mia Divinità,
tanto maggiormente l'anima sua si dilata e si fa capace della Divinità,
in quella guisa che l'acqua quando sovente scorre sur un terreno, vi
scava un letto più profondo in cui l'acqua può scorrere sempre più
abbondante”.
Mentre una suora inferma stava per comunicarsi,
Metilde vide Gesù, il Dio di Maestà, come uno sposo pieno di giovinezza,
seduto sur un alto trono davanti al letto dell'ammalata. Quando il
sacerdote depose la santa Ostia su le labbra di quella, Gesù Cristo
medesimo: pane di vita ed inesauribile alimento degli Angeli, si donò
tutt'intero a quell'anima, offrendole da baciare la sua bocca vermiglia
ed aprendo le braccia per accoglierla. Così quell'anima beata, come una
bianca colomba, divenne talmente una cosa sola col Diletto, che non si
scorgeva più in lei che Dio solo.
Mentre pregava per una persona
che, per tiepidezza e leggerezza, tralasciava sovente di ricevere il
corpo di Gesù Cristo, la vide in presenza del Signore e udì queste
parole: “Carissima mia, Egli le diceva, perché mi fuggi tu?”
Metilde
si meravigliò che una parola così amabile fosse rivolta a quella
persona; ma il Signore ripigliò: “In tutti i giorni della sua vita, la
chiamerò con questo nome”.
Metilde concepì il timore che dopo la
morte essa perdesse un tale nome, ma il Signore ripigliò di nuovo:
“Questo nome le resterà in eterno”.
E l'anima di quella persona le
apparve, davanti a Dio sotto la forma di una bellissima vergine verso la
quale il Signore si volgeva dicendo: “Approssimati con la fiducia nella
Onnipotenza del Padre che ti riconforti; nella Sapienza del Figlio che
ti illumini; nella benignità dello Spirito Santo che ti riempia di
soavità”.
Un'altra persona era tentata allo stesso modo, perché
nell'accostarsi a quel Sacramento di vita, di cui tuttavia nessuno può
giudicarsi degno, ella sempre temeva di esserne indegna in un modo tutto
speciale; Metilde pregò per lei con fiducia ed ebbe questa risposta:
“Si accosti sovente a me, ed ogni volta la riceverò come una vera
regina”. Da queste parole, quella persona tentata, restò molto consolata
e ne ringraziò il Dio di bontà.