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Lunedi, 19 maggio 2025 - San Celestino V - Pietro di Morrone ( Letture di oggi)

CAPITOLO XIV: LA SANTA COMUNIONE

Santa Matilde di Hackeborn

CAPITOLO XIV: LA SANTA COMUNIONE
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Un giorno, Metilde doveva accostarsi alla Comunione e non si riteneva degna, né preparata a dovere. Il Signore le disse: “Eccomi, io mi dono tutt'intero a te per essere la tua preparazione”; così dicendo pose il suo Cuore nel cuore della Santa, appoggiando il suo capo sul capo di quella. Metilde disse allora:
“Mio Signore, per lo splendore del vostro volto, illuminate la faccia dell'anima mia”.
Il Signore rispose: “Che cosa è la faccia dell'anima tua?” La Santa non rispondendo nulla, il Signore continuò: “La faccia dell'anima tua è l'immagine della Santa Trinità; quest'immagine, l'anima tua deve senza posa contemplarla sul mio volto come in uno specchio, onde vedere se non vi si trovi alcuna traccia di peccato”.
Da queste parole Metilde intese che sé qualcuno occupa la sua memoria in pensieri terreni e inutili, macchia nell'anima sua l'immagine divina.- Così pure chi applica il suo intelletto alla sapienza ed alle curiosità mondane, imbratta pure la faccia dell'anima propria. Chi si mette in disaccordo con la volontà divina, chi ama altra cosa fuorché Dio e si diletta nelle cose terrene, guasta in sé stesso l'immagine di Dio. Poiché l'anima schiava del corpo, contrae numerose macchie al contatto con le cose terrene, è necessario che sovente e specialmente quando sta per ricevere il Sacramento del Signore, l'uomo contempli il suo volto in quello specchio luminoso ed inalterabile che è la faccia del Signore.
Se la sposa è bella, il suo colorito è bianco e roseo: con la frequente confessione l'anima conserva la sua bianchezza; il costante ricordo della Passione v'i aggiungerà la freschezza della rosa.

Un'altra volta, prima di comunicarsi, quel. la divota vergine disse al Signore: “Ah! dolcissimo mio Dio, insegnatemi a prepararmi al regale banchetto del vostro Corpo e del vostro Sangue adorabile”. Il Signore replicò: “Che cosa fecero i miei discepoli quando li mandai a preparare la Pasqua che, nella sera prima della mia Passione, dovevo mangiare con loro?” D'un tratto, le parve di trovarsi in una casa meravigliosa e grande, dove vide una mensa d'oro coperta d'una tovaglia e di ricche stoviglie d'oro.
E il Signore disse: “Questa casa significa l'immensità della mia liberalità, la quale accoglie trionfalmente chiunque a quella si raccomandi. Chi vuole comunicarsi può rifugiarsi presso la mia clemente generosità, la quale lo accoglierà con materna bontà e lo proteggerà contro tutti i pericoli. La mensa è l'amore; chi deve comunicarsi si accosti all'Amore, e l'Amore sicuramente, con la partecipazione di tutti i suoi beni, arricchirà ogni povertà dell'anima indigente. La tovaglia è la mia tenerezza, la quale a guisa di stoffa è soffice, ossia affabile, soave ed oltremodo inclinata verso l'uomo. Nella mia tenerezza la creatura troverà un rifugio sicuro, perché il pensiero della mia mansuetudine e della mia misericordia la renderà audace per ottenere tutto quanto è necessario alla sua salvezza”.
Su la mensa comparve un agnello più bianco della neve, il quale col piede toccava, l'un dopo l'altro, ciascuno dei vasi e delle coppe di quella mensa; e subito si riempivano di cibi e di bevande divine.
L' Agnello era Cristo, unico cibo e vera refezione delle anime.
In quella casa, il servizio era fatto da due bellissime Vergini, le quali si chiamavano Misericordia e Carità. La Misericordia faceva da portinaia, e dopo introdotti quelli che arrivavano, li metteva a posto alla mensa; la Carità serviva i commensali e con grande liberalità versava da bere a tutti gli 'invitati.

Un giorno, nel mettere il segnale per avvertire la suora sacrestana che intendeva comunicarsi, Metilde disse al Signore: “Scrivete il mio nome nel vostro Cuore, o amabilissimo Signore, ed iscrivete pure nel mio cuore a ricordo perpetuo il vostro dolcissimo nome”.
Il Signore disse: “Quando ti accosti alla Comunione, ricevimi come se tu possedessi tutti i desiderii e tutto l'amore di cui un cuore umano possa essere acceso; in tal modo ti accosterai col più grande amore possibile. Ed io, da te accetterò questo amore, non come si trova in realtà nel tuo cuore, ma come se fosse tanto ardente come sarebbe il tuo desiderio”.

Un'altra volta, mettendo ancora il medesimo segnale, ella disse di nuovo: “Signore, scrivete il mio nome nel vostro Cuore”. E tosto le sembrò che il Signore portasse sul petto parecchie lettere d'oro ornate con sette gemme preziose; vide la prima lettera del proprio nome e ne intese il significato. La prima di queste gemme, indicava la purezza del cuore; la seconda, l'assiduo ricordo della vita e delle parole di Cristo; la terza, l'umiltà; la quarta, l'adempimento delle buone opere; la quinta indicava la pazienza nelle avversità; la sesta, la speranza; la settima infine, l'amore delle cose celesti. Con queste virtù, come di tante preziose gemme deve essere ornato chi si accosta alla santa comunione.

La Santa, prima della comunione, era solita meditare con maggior cura la Passione di Gesù Cristo. Se talvolta avesse trascurato questa pia pratica, temeva di aver mancato gravemente, perché il Signore aveva detto: Fate questo in mia memoria (Luc. XI, 19). Perciò, dopo aver pregato il Signore di spiegarle il senso di quelle parole, per ispirazione dello Spirito Santo le intese in questo modo: Vi sono tre cose da commemorare al momento della comunione. La prima è quell'eterno amore con cui Dio ci amò prima ancora che avessimo ricevuto l'esistenza. Egli prevedeva i nostri difetti e la nostra perfidia, tuttavia si degnò di crearci a sua immagine e somiglianza; e noi dobbiamo rendergliene grazie.
La seconda è quell'immenso amore che trasse il Figlio di Dio dal seno delle ineffabili delizie, che. godeva nella gloria del Padre, per abbassare la sua infinita maestà sino al fondo della miseria che ereditiamo dal nostro primo padre Adamo. La fame, il freddo, il caldo, la stanchezza, la tristezza, i disprezzi, i patimenti t la più ignominiosa delle morti, tutto Egli sopportò con una pazienza ineffabile onde liberarci da tutte le nostre miserie.
La terza è quell'inscrutabile amore con il quale il Signore, ad ogni momento, con paterna bontà ci mira e ci guarda, si prende cura di noi e ci protegge, cosicché Colui che è il nostro. Creatore, Signore e Redentore, sta sempre dinanzi all'Eterno Padre come nostro dolcissimo fratello, intercedendo per noi e trattando i nostri interessi come avvocato e fedelissimo ministro.
Queste tre cose dobbiamo ricordar sempre, ma specialmente quando ci accostiamo al celeste banchetto che il nostro dolcissimo Amore ci ha lasciato come il testamento perenne delle sue indicibili tenerezze.

Avendo pregato per una persona che si doleva con lei di risentire poca divozione quando si comunicava, Metilde da parte del Signore le diede questa istruzione: “Quando vorrai comunicarti, se ti sentirai il cuore tiepido nella preghiera, e privo di amore e di desiderio, griderai con tutto il tuo cuore verso Dio e gli dirai: Traetemi dietro a voi; cammineremo all'odore dei vostri profumi (Cant. I, 3).
“A questa parola Traetemi, penserai quanto sia vigoroso ed immenso quell'amore che trascinò il Dio Onnipotente all'ignominioso supplizio della Croce; quindi ecciterai in te il desiderio che Colui il quale disse: Quando sarò elevato da terra, attirerò tutto a me, attiri a sé. il tuo cuore e ti faccia correre nell'amore e nel desiderio, all'odore dei tre aromi usciti dal nobilissimo abisso del suo Cuore onde profumare il cielo e la terra.
“Il primo di questi aromi è un'acqua di rosa, che l'amore sul fornello della carità ha distillato da quella nobilissima rosa che sta sul petto del Signore. Userai di questo profumo per lavare la faccia dell'anima tua; e se, dopo un serio esame, troverai in te qualche macchia di peccato, pregherai perché sia lavata in quella fonte di Misericordia in cui fu purificato il ladrone su la croce.
“Il secondo aroma è quel vino rosso del nobile sangue che il torchio del divino Amore fece zampillare su la Croce e che dalla vermiglia piaga del divin Cuore uscì insieme con l'acqua; pregherai perché la faccia dell'anima tua da questo vino sia colorita e fatta bella, affinché tu possa degnamente accostarti a questo gran banchetto.
“Il terzo aroma è l'eminentissima e copiosissima dolcezza del divin Cuore, la quale neppure nell'amarezza della morte poté subire diminuzione alcuna. Lo chiamano balsamo; è superiore ad ogni altro profumo aromatico e può guarire tutti i languori dell'anima. Prega perché questo profumo, sia diffuso nel tuo cuore, affinché l'anima tua gusti e senta quanto sia dolce il Signore; e così s'impingui, si dilati e si incorpori. in Colui che con tanto amore si è dato a te.
“Che se non risentirai ancora soavità alcuna, tu pregherai perché il tuo fedele e tenero Amante si degni di non prendersi nausea della tua accidia, ma voglia riscaldare in sé medesimo la tua freddezza, ed Egli solo sia glorificato in tutte le tue opere, quaggiù e per l'eternità”.

Pregando Metilde per una persona che aveva paura di accostarsi troppo frequentemente alla santa Comunione, il Signore le rispose:
“Quanto più è frequente la comunione, tanto più l'anima si purifica, in quella guisa che il corpo tanto più si fa mondo quanto più frequentemente viene lavato. Quanto più una persona si comunica, tanto più io opero in lei, ed ella opera in me, dimodochè, le sue opere diventano più sante. Quanto più affettuosamente una persona si comunica, e tanto più profondamente si immerge in me; quanto più penetra nell'abisso della mia Divinità, tanto maggiormente l'anima sua si dilata e si fa capace della Divinità, in quella guisa che l'acqua quando sovente scorre sur un terreno, vi scava un letto più profondo in cui l'acqua può scorrere sempre più abbondante”.

Mentre una suora inferma stava per comunicarsi, Metilde vide Gesù, il Dio di Maestà, come uno sposo pieno di giovinezza, seduto sur un alto trono davanti al letto dell'ammalata. Quando il sacerdote depose la santa Ostia su le labbra di quella, Gesù Cristo medesimo: pane di vita ed inesauribile alimento degli Angeli, si donò tutt'intero a quell'anima, offrendole da baciare la sua bocca vermiglia ed aprendo le braccia per accoglierla. Così quell'anima beata, come una bianca colomba, divenne talmente una cosa sola col Diletto, che non si scorgeva più in lei che Dio solo.

Mentre pregava per una persona che, per tiepidezza e leggerezza, tralasciava sovente di ricevere il corpo di Gesù Cristo, la vide in presenza del Signore e udì queste parole: “Carissima mia, Egli le diceva, perché mi fuggi tu?”
Metilde si meravigliò che una parola così amabile fosse rivolta a quella persona; ma il Signore ripigliò: “In tutti i giorni della sua vita, la chiamerò con questo nome”.
Metilde concepì il timore che dopo la morte essa perdesse un tale nome, ma il Signore ripigliò di nuovo: “Questo nome le resterà in eterno”.
E l'anima di quella persona le apparve, davanti a Dio sotto la forma di una bellissima vergine verso la quale il Signore si volgeva dicendo: “Approssimati con la fiducia nella Onnipotenza del Padre che ti riconforti; nella Sapienza del Figlio che ti illumini; nella benignità dello Spirito Santo che ti riempia di soavità”.

Un'altra persona era tentata allo stesso modo, perché nell'accostarsi a quel Sacramento di vita, di cui tuttavia nessuno può giudicarsi degno, ella sempre temeva di esserne indegna in un modo tutto speciale; Metilde pregò per lei con fiducia ed ebbe questa risposta: “Si accosti sovente a me, ed ogni volta la riceverò come una vera regina”. Da queste parole, quella persona tentata, restò molto consolata e ne ringraziò il Dio di bontà.