CAPITOLO VII: IL DIVINO AMORE
Santa Matilde di Hackeborn

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Un'altra volta, nell'amarezza del suo cuore Metilde ripensava al tempo
che Dio le aveva concesso e che ella aveva inutilmente speso, come pure
ai doni di Dio che nella sua ingratitudine aveva consumati senza
profitto; ma l'Amore le disse: “Non turbarti, io soddisferò tutti i tuoi
debiti e supplirò per tutte le tue negligenze”. Benché ciò le sembrasse
un gran favore, tuttavia ella non poteva consolarsi, tanto era afflitta
per aver sciupato doni così preziosi, come di non aver amato con
sufficiente ardore quel Dio che tanto la aveva amata e beneficata, quel
Dio per tutti sempre fedelissimo.
Il Signore le disse: “Se turni sei
perfettamente fedele, tu devi aver molto più caro che l'Amore ripari le
tue negligenze piuttosto che ripararle da te medesima, perché così
l'amor mio ne avrà la gloria e l'onore”.
Un'altra volta, l'Amore
la circondò di una veste risplendente come il sole. Si avanzarono
allora tutti e due, vale a dire l'Amore e l'anima, sino alla presenza di
Cristo, dove si fermarono come due bellissime vergini. L'anima
vivamente. desiderava di avvicinarsi di più ancora, perché quantunque
contemplasse la divina Faccia nella sua maestà, non era ancora
soddisfatta. Questo sentimento eccitava la sua maraviglia, ma pure
cresceva sempre.
Il Signore con la sua mano fece un segno e subito
l'Amore prese l'anima e la condusse così vicino al suo unico Salvatore
da potersi chinare presso la piaga del suo Cuore. L'anima in quel
dolcissimo Cuore attinse a lunghi sorsi dolcezza e soavità, cosicché le
sue amarezze si cambiarono in consolazioni e i suoi timori in sicurezza;
inoltre ella pigliò in questo sacratissimo Cuore un frutto delizioso e
lo portò alle sue labbra, e questo frutto significava la lode eterna che
procede dal Divin Cuore, perché ogni lode di Dio fluisce da questo
Cuore il quale è principio e fine di ogni bene.
Vi colse poi un secondo frutto, quello dell'azione di grazie, perché l'anima non può nulla se non è da Dio prevenuta.
Il
Signore le disse: “Da te io desidero ancora un frutto migliore degli
altri”. L'anima rispose: “E qual è, o unico mio Diletto, quale è dunque
questo frutto?” - “Che tu deponga in me ogni desiderio del tuo cuore”.
Ella riprese: “Come farò, o mio unico Diletto?” L'Amore tutto compirà
in te”.
L'anima in un trasporto di riconoscenza esclamò: “Sì, sì, Amore, Amore, Amore! ”.
“Il
mio Amore sarà la madre tua, riprese il Signore; e come il bambino
succhia il latte dal seno della madre sua, così tu, nel seno di questa
Vergine succhierai la consolazione interiore e l'inenarrabile soavità.
Questa Vergine ti nutrirà, ti disseterà e provvederà a tutte le tue
necessità come fa una madre per la sua unica figliuola”.
Un giorno,
stando in orazione, quella divota vergine ardentemente desiderava il
Diletto dell'anima sua; ad un tratto la virtù divina la trasse talmente a
sé che pareva a lei di sedere a lato del Signore. E il Signore
stringendo l'anima al suo Cuore in un dolcissimo abbraccio, la riempì
della sua grazia con una straordinaria abbondanza. Sembrava a Metilde
che dalle sue membra uscissero come rivoli che scorrevano in tutti i
Santi. Questi, tutti ripieni di un nuovo e speciale gaudio tenevano in
mano i loro cuori in forma di lampade ardenti. L'olio che bruciava in
queste lampade era il dono che Dio aveva fatto a quell'anima, e i Santi
con grande riconoscenza ed allegrezza ne offrivano per lei le loro
azioni di grazie,
Ella vide ancora nel Cuore di Dio una
bellissima vergine, che, portava alla mano un anello ornato di un
magnifico diamante col quale premeva senza intermissione sul Cuore del
Signore. L'anima domandò a questa vergine perché percuotesse in tal modo
il divin Cuore; essa rispose:
“Io sono l'Amore; e questo diamante
indica il peccato di Adamo. In quella guisa che il diamante non si può
spezzare senza sangue, così la colpa di Adamo non ha potuto essere
cancellata senza la santa Umanità e il Sangue di Gesù Cristo.
“Quando
Adamo ebbe peccato, io intervenni e presi in me tutta la sua colpa; poi
percuotendo senza posa il Cuore di Dio, onde inchinarlo alla
misericordia, non gli lasciai più nessun riposo finché non trassi dal
Cuore del Padre il Figlio di Dio per deporlo nel seno. della Vergine
Madre.
“Quando poi la Vergine, attraverso i monti della Giudea si
portò a salutare Elisabetta, il beato Giovanni, nel seno di sua Madre,
fu riempito per la presenza di Cristo, di una gioia così grande che non
poté mai più sentire nessun gaudio terreno.
“Io riposi nel presepio
il Figlio di Dio avviluppato in fasce; poi lo condussi in Egitto. Dopo,
lo inclinai verso tutto ciò che Egli fece e soffrì per l'uomo in un
indissolubile patto di amore”.
L'anima domandò: “Dimmi, te ne prego,
in tutto ciò che Cristo sopportò per noi, quando soffrì di più?” L'Amore
rispose: “Quanto inchiodato su la Croce fu talmente disteso che tutte
le sue membra erano dislogate e si potevano contare. Chiunque gli
renderà grazie per questo dolore, gli renderà un servizio così gradito
come se sopra tutte le sue piaghe applicasse il più soave unguento. Egli
accetterà come un grato refrigerio l'azione di grazie per la sete della
salvezza dell'uomo che Egli provò su la Croce. Chi gli renderà grazie
per essere stato inchiodato su la Croce, sarà come se lo liberasse dal
patibolo e da tutti i suoi dolori”.
L'Amore disse pure: “Riposati nel Cuore di Colui che ti ama, affinché tu non sii mai inquietata nella prosperità: qui riposati nella memoria dei benefizi del tuo Diletto, affinché non sii mai disturbata nell'avversità”.