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Martedi, 14 maggio 2024 - San Mattia ( Letture di oggi)

CAPITOLO VII: IL DIVINO AMORE

Santa Matilde di Hackeborn

CAPITOLO VII: IL DIVINO AMORE
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Un'altra volta, nell'amarezza del suo cuore Metilde ripensava al tempo che Dio le aveva concesso e che ella aveva inutilmente speso, come pure ai doni di Dio che nella sua ingratitudine aveva consumati senza profitto; ma l'Amore le disse: “Non turbarti, io soddisferò tutti i tuoi debiti e supplirò per tutte le tue negligenze”. Benché ciò le sembrasse un gran favore, tuttavia ella non poteva consolarsi, tanto era afflitta per aver sciupato doni così preziosi, come di non aver amato con sufficiente ardore quel Dio che tanto la aveva amata e beneficata, quel Dio per tutti sempre fedelissimo.
Il Signore le disse: “Se turni sei perfettamente fedele, tu devi aver molto più caro che l'Amore ripari le tue negligenze piuttosto che ripararle da te medesima, perché così l'amor mio ne avrà la gloria e l'onore”.

 Un'altra volta, l'Amore la circondò di una veste risplendente come il sole. Si avanzarono allora tutti e due, vale a dire l'Amore e l'anima, sino alla presenza di Cristo, dove si fermarono come due bellissime vergini. L'anima vivamente. desiderava di avvicinarsi di più ancora, perché quantunque contemplasse la divina Faccia nella sua maestà, non era ancora soddisfatta. Questo sentimento eccitava la sua maraviglia, ma pure cresceva sempre.
Il Signore con la sua mano fece un segno e subito l'Amore prese l'anima e la condusse così vicino al suo unico Salvatore da potersi chinare presso la piaga del suo Cuore. L'anima in quel dolcissimo Cuore attinse a lunghi sorsi dolcezza e soavità, cosicché le sue amarezze si cambiarono in consolazioni e i suoi timori in sicurezza; inoltre ella pigliò in questo sacratissimo Cuore un frutto delizioso e lo portò alle sue labbra, e questo frutto significava la lode eterna che procede dal Divin Cuore, perché ogni lode di Dio fluisce da questo Cuore il quale è principio e fine di ogni bene.
Vi colse poi un secondo frutto, quello dell'azione di grazie, perché l'anima non può nulla se non è da Dio prevenuta.
Il Signore le disse: “Da te io desidero ancora un frutto migliore degli altri”. L'anima rispose: “E qual è, o unico mio Diletto, quale è dunque questo frutto?” - “Che tu deponga in me ogni desiderio del tuo cuore”. Ella riprese: “Come farò, o mio unico Diletto?” ­ L'Amore tutto compirà in te”.
L'anima in un trasporto di riconoscenza esclamò: “Sì, sì, Amore, Amore, Amore! ”.
“Il mio Amore sarà la madre tua, riprese il Signore; e come il bambino succhia il latte dal seno della madre sua, così tu, nel seno di questa Vergine succhierai la consolazione interiore e l'inenarrabile soavità. Questa Vergine ti nutrirà, ti disseterà e provvederà a tutte le tue necessità come fa una madre per la sua unica figliuola”.
Un giorno, stando in orazione, quella divota vergine ardentemente desiderava il Diletto dell'anima sua; ad un tratto la virtù divina la trasse talmente a sé che pareva a lei di sedere a lato del Signore. E il Signore stringendo l'anima al suo Cuore in un dolcissimo abbraccio, la riempì della sua grazia con una straordinaria abbondanza. Sembrava a Metilde che dalle sue membra uscissero come rivoli che scorrevano in tutti i Santi. Questi, tutti ripieni di un nuovo e speciale gaudio tenevano in mano i loro cuori in forma di lampade ardenti. L'olio che bruciava in queste lampade era il dono che Dio aveva fatto a quell'anima, e i Santi con grande riconoscenza ed allegrezza ne offrivano per lei le loro azioni di grazie,

Ella vide ancora nel Cuore di Dio una bellissima vergine, che, portava alla mano un anello ornato di un magnifico diamante col quale premeva senza intermissione sul Cuore del Signore. L'anima domandò a questa vergine perché percuotesse in tal modo il divin Cuore; essa rispose:
“Io sono l'Amore; e questo diamante indica il peccato di Adamo. In quella guisa che il diamante non si può spezzare senza sangue, così la colpa di Adamo non ha potuto essere cancellata senza la santa Umanità e il Sangue di Gesù Cristo.
“Quando Adamo ebbe peccato, io intervenni e presi in me tutta la sua colpa; poi percuotendo senza posa il Cuore di Dio, onde inchinarlo alla misericordia, non gli lasciai più nessun riposo finché non trassi dal Cuore del Padre il Figlio di Dio per deporlo nel seno. della Vergine Madre.
“Quando poi la Vergine, attraverso i monti della Giudea si portò a salutare Elisabetta, il beato Giovanni, nel seno di sua Madre, fu riempito per la presenza di Cristo, di una gioia così grande che non poté mai più sentire nessun gaudio terreno.
“Io riposi nel presepio il Figlio di Dio avviluppato in fasce; poi lo condussi in Egitto. Dopo, lo inclinai verso tutto ciò che Egli fece e soffrì per l'uomo in un indissolubile patto di amore”.
L'anima domandò: “Dimmi, te ne prego, in tutto ciò che Cristo sopportò per noi, quando soffrì di più?” L'Amore rispose: “Quanto inchiodato su la Croce fu talmente disteso che tutte le sue membra erano dislogate e si potevano contare. Chiunque gli renderà grazie per questo dolore, gli renderà un servizio così gradito come se sopra tutte le sue piaghe applicasse il più soave unguento. Egli accetterà come un grato refrigerio l'azione di grazie per la sete della salvezza dell'uomo che Egli provò su la Croce. Chi gli renderà grazie per essere stato inchiodato su la Croce, sarà come se lo liberasse dal patibolo e da tutti i suoi dolori”.

L'Amore disse inoltre all' anima: “Entra nel gaudio del tuo Signore”. A quèste parole ella fu letteralmente rapita in Dio; in quella guisa che una goccia d'acqua versata nel vino non può più esserne distinta, così quell'anima, felice, assorta in Dio, divenne un medesimo spirito con Lui. In questa unione, l'anima si annientava in sé medesima, ma Dio, confortandola, le disse: “Io diffonderò in te tutti i beni che l'uomo possa, contenere; in te moltiplicherò i miei doni”.
L'Amore disse pure: “Riposati nel Cuore di Colui che ti ama, affinché tu non sii mai inquietata nella prosperità: qui riposati nella memoria dei benefizi del tuo Diletto, affinché non sii mai disturbata nell'avversità”.