CAPITOLO II: LA VIGNA DEL SIGNORE
Santa Matilde di Hackeborn

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Una domenica, durante il canto dell'Asperges, Metilde disse al Signore:
“Mio Signore, che cosa adopererete per lavare. e purificare il mio
cuore?” E il Signore chinandosi, l'andava accarezzando ed abbracciando
con indicibile amore dicendo: “.Nell'amore del mio divin Cuore io ti
laverò!”.
Egli aprì la porta di questo Cuore che è il tesoro dove
sono rinchiuse le infinite dolcezze della Divinità, e la Santa vi entrò
come in una vigna, nella quale vide un fiume d'acqua viva che scorreva
dall'oriente all'occidente: e su le rive di questo fiume dodici alberi
che portavano dodici frutti, i quali sono le virtù enumerate da San
Paolo nella sua Epistola, cioè la carità, la pace, la gioia, ecc. (Gal.,
V, 22).
Quel corso d'acqua si chiamava il Fiume dell'Amore; l'anima
vi entrò e ne fu lavata da tutte le sue macchie. Vi era pure in quel
fiume una moltitudine di pesci dalle squame d'oro, i quali significavano
le anime che amano Dio, perché distaccate da ogni piacere terreno si
sono immerse nella sorgente di ogni bene, cioè in Gesù Cristo.
In
questa vigna, inoltre, vi era una piantagione di palme di cui le une
erano perfettamente dritte, mentre le altre erano piegate verso terra.
Le palme dritte raffiguravano le anime che hanno disprezzato il mondo e i
suoi fiori, per innalzare i loro pensieri verso le cose celesti; le
palme piegate significavano invece, quei disgraziati che giacciono
prostrati nella polvere dei loro peccati.
Il Signore, sotto la forma
di ortolano, vangava la terra, e l'anima gli disse: “O Signore qual è
l'istrumento con cui muovete la terra?”
“Il mio timore”, rispose il
Signore. In certi posti la terra era dura, in altri era mobile: la terra
dura significava i cuori induriti nel peccato, i quali non si ravvedono
né per avvisi né per rimproveri; la terra mobile indicava i cuori
ammolliti dalle lagrime e dalla sincera contrizione.
Il Signore
disse: “La mia vigna, è la cattolica Chiesa. Durante trentatrè anni le
dedicai le mie fatiche ed i miei sudori. Vieni a lavorare con me in
questa vigna”. Metilde rispose: “In qual modo farò io questo?”
“Adacquandola”, riprese il Signore.
Prontamente l’anima corse verso
il fiume, vi attinse un vaso d'acqua e se lo pose su la spalla; e
siccome stentava a portarlo, il Signore le venne in aiuto, e subito il
peso divenne leggiero. E il Signore disse: “Così, quando agli uomini do
le mie grazie, quanto fanno o sopportano per me sembra loro dolce e
leggiero; ma quando ritiro la mia grazia, tutto sembra loro pesante”.
Intorno
alle palme, la Santa vide pure una moltitudine di angeli che formavano
come Un muro di riparo; e questo significava che gli angeli circolano
tra gli uomini ed intorno ad essi, per difendere la Chiesa di Dio.
Dopo
ciò, il Divin Maestro le insegnò un modo di recitare il Miserere. Essa
doveva dividere in quattro parti i venti versetti che lo compongono e
dopo ogni gruppo di cinque versetti recitare l'antifona: “O beata et
benedicta et gloriosa Trinitas, Pater ci Filius et Spiritus Sanctus,
tibi laus, tibi gloria, tibi gratiarum actio ab omni creatura; miserere,
miserere, miserere nobis!
O beata, o benedetta, o gloriosa Trinità,
Padre, Figlio e Spirito Santo, a Voi la lode, a Voi la gloria, a Voi
l'azione di grazie da ogni creatura; Pietà, pietà, pietà di noi!
I
primi cinque versetti dovevano essere recitati per i peccatori i quali,
induriti nei loro delitti, non volevano convertirsi a Dio, affinché, in
virtù della sua preziosissima morte, il Signore si degnasse di
ricondurli ad una sincera penitenza. I cinque versetti seguenti, per i
penitenti, onde ottenessero la remissione che desideravano e non
ricadessero più nel peccato. I cinque versetti della terza serie, per i
giusti che camminavano nella virtù e nelle opere buone, affine d'ottener
loro lo. perseveranza. Gli ultimi cinque versetti, per le anime del
purgatorio, acciocché giungessero presto al regno celeste, per godere la
divinissima bevanda della Fonte eterna e regnare per sempre con Cristo e
la sua dolcissima Madre.