CAPITOLO XXXVII: NELLA FESTA DELLA DEDICAZIONE DELLA CHIESA
Santa Matilde di Hackeborn

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Nella festa della Dedicazione, durante la Messa, al canto del versetto
Deus cui adstant Angelorum chori - O Dio al cui cospetto stanno i cori
degli Angeli, - Metilde vide in ispirito la Gerusalemme celeste e il
trono di Dio in quella. Questo trono era di tali dimensioni che si
estendeva dall'alto dei cieli sino al profondo dell'inferno: sotto si
vedeva una leva potente che schiacciava tutti i dannati. La Serva di
Cristo intese che questa leva significava la giustizia divina che con
tanta equità da Dio ha separato gli empi.
La celeste Gerusalemme era
fabbricata di pietre preziose e viventi che sono i Santi; ed ogni Santo
nelle mura appariva con tutti i suoi meriti, come un'immagine in un
lucido specchio.
Davanti. al trono stavano tutti gli Angeli secondo il loro ordine e la loro dignità.
Desiderando
Metilde di giungere sino al suo Diletto, gli Angeli con ammirabile
condiscendenza la presero in mezzo a loro, e la fecero salire fino agli
Arcangeli, questi la condussero sino alle Virtù.
Passando in tal modo
attraverso tutti i cori Angelici, Metilde pervenne sino al trono del
suo Diletto e, cadendo ai suoi piedi, gli disse: “Saluto i vostri
sacratissimi piedi coi quali, come un gigante, esuberante per amore ed
inestimabile desiderio, percorreste la via della nostra redenzione e
della nostra salvezza”. Poi rese grazie per i benefizi che aveva
ricevuti ai piedi del suo Salvatore.
Dopo, disse al Signore: “Che
cosa debbo ora domandare, poiché in quest'oggi siamo invitati a pregare,
con la sicurezza di essere esauditi?”38
Il Signore rispose:
“Domanderai dapprima per te la remissione di tutti i tuoi peccati,
perché è questo ciò che vi è di più salutare per l'uomo ed il miglior
mezzo per ottenere il vero gaudio. Infatti, chiunque veramente pentito
confessa i suoi peccati, o almeno si getta ai miei piedi con la sincera
volontà di confessarli per ottenerne il perdono, è certo di riceverne
piena remissione, purché abbia nel suo cuore un sentimento talmente
umile da essere disposto ad abbassarsi, per mio amore, sotto ogni
creatura”.
Alzandosi allora Metilde, vide il Signore seduto sul suo
trono, con le braccia distese. Ed Egli diceva: “Su la Croce, sono
rimasto con le braccia distese sino alla mia morte; ora sto ancora con
le braccia aperte davanti al Padre mio, in segno che sono sempre pronto
ad abbracciare chiunque venga a me. V'è qualcuno che desideri un tal
favore? Se è disposto a soffrire ogni avversità per amor mio, questo è
segno che è già pervenuto a questo abbraccio.
“V'è qualcuno che
aspiri al mio bacio? Se può rendere a sé stesso la testimonianza che in
tutto ama la mia volontà e che questa sommamente gli piace, è segno che è
già pervenuto al mio bacio.
“Chiunque vuole che ascolti ed esaudisca
le sue preghiere, deve essere pronto ad ogni obbedienza, perché è
impossibile che le preghiere dell'uomo obbediente non siano accolte dal
Padre mio”.
Mentre si cantava il responsorio Benedir, Metilde vide
tutte le virtù in quel responsorio nominate come personificate da
Vergini in piedi davanti a Dio. Una di loro più bella delle sue sorelle,
teneva in mano un coppa d'oro, dove le altre Vergini versavano un
liquore profumato che quella offriva al Signore. Meravigliata di un tale
spettacolo, la Serva di Cristo, desiderava di comprenderne il
significato.
Il Signore le disse: “Questa Vergine è l'obbedienza:
sola mi presenta da bere, perché l'obbedienza contiene in sé le
ricchezze delle altre virtù e il vero obbediente necessariamente deve
possederle tutte: dapprima la sanità dell'anima, vale a dire che non si
grava da nessun peccato mortale; poi l'umiltà, poiché si sottomette in
tutto, ai suoi superiori. Il vero obbediente possiede pure la santità e
la castità, poiché conserva la purezza del corpo e del cuore; le virtù
gli sono necessarie per essere forte nelle opere buone e vittorioso
nelle lotte contro il male. Altre virtù ancora convengono
all'obbediente: la fede, senza della quale nessuno può piacere a Dio; la
speranza che ci fa tendere a Dio; la carità verso Dio come verso il
prossimo; la bontà che si mostra mansueta ed affabile per tutti; la
temperanza, che elimina tutto il superfluo; la pazienza, che trionfa
delle avversità e le rende utili e fruttuose; infine la disciplina
religiosa, per la quale ognuno osserva strettamente la propria regola”.
Metilde
pregò per una persona che trovava troppo penosa la sua carica, ed essa
la vide presso Dio tra quelle Vergini, e udì che il Signore le diceva:
“Perché mai canti per me così di mala voglia, poiché io canterò per te
con tanta buona grazia nell'eternità? Il canto d'un sol giorno per
obbedienza, mi diletta di più che tutti i possibili canti eseguiti per
volontà propria”.
Udendo un'altra volta cantare il responsorio
Vidi la Gerusalemme celeste ornata e composta con le orazioni dei
Santi39, pénsava in che modo potesse la città essere ornata e composta
di orazioni.
Il Signore le disse: “Questa Città è
convenientissimamente ornata di quattro sorte di orazioni come di oro e
di gemme preziose. La prima è quella degli eletti, i quali con un cuore
umile e contrito domandano che sia loro perdonato ogni peccato; la
seconda è quella dei tribolati che implorano aiuto e sollievo; la terza è
quella della fraterna carità che prega per le necessità e le miserie
del suo prossimo; questa terza sorta di orazione a Dio è molto accetta e
grata, formando pure un prezioso ornamento per la celeste Gerusalemme.
La quarta sorta di orazione è quella dell'anima che per puro amor di Dio
intercede per tutta la Chiesa e per ciascuno in particolare come per sé
stessa; e questa orazione risplende nella Gerusalemme celeste e
l'abbellisce a guisa di un nuovo e splendentissimo sole”.