CAPITOLO XXXI: NELLA NATIVITÀ DELLA GLORIOSA VERGINE MARIA
Santa Matilde di Hackeborn

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Nell'avvicinarsi di quella festa in cui la gloriosa Vergine, a guisa di
risplendente aurora, fece il suo ingresso in questo mondo, quella devota
Serva di Cristo nella orazione domandò alla Regina della gloria che
cosa dovesse recitare in onore di lei. La benigna Vergine subito le
comparve dicendo:
“Reciterai tante Ave Maria quanti sono i giorni che
passai nel seno di mia madre (cioè duecentosettantasette). Poi ti
congratulerai con me per la felicità che provo nel vedere e conoscere il
gaudio che la Santa Trinità riceve dalla compiacenza che da tutta
l'eternità ebbe in me, e specialmente nel giorno della mia nascita. In
quel giorno tanto si rallegrò che la sovrabbondanza del suo gaudio si
riversò sul cielo, su la terra e su tutte le creature, le quali, senza
saperne la causa, provarono tutte mia grande e insolita allegrezza.
“In
quella guisa che un, artefice godendo di intraprendere un'opera
magnifica, mette tutta la sua cura nel farne il disegno e
anticipatamente, nella gioia del suo cuore, contempla l'opera sua: così
l'adorabile Trinità si dilettava e si rallegrava, volendo ch'io fossi
un'immagine perfetta in cui si manifestasse tutta l'arte meravigliosa
della sua sapienza e della sua bontà, mentre sapeva che l'opera sua in
me non sarebbe mai stata depravata.
“Infine, si degnò prevenire la
mia nascita e la mia infanzia, con tanta allegrezza che ogni atto della
mia puerizia pareva nel suo cospetto come un dilettevole gioco che
rapiva i suoi sguardi, secondo queste parole: Ludens coram eo omni
tempore: Con Lui mi deliziavo in tutti quei giorni trastullandomi
dinanzi a Lui. (Prov., VIII, 30).
“In secondo luogo, mi ricorderai
quel gaudio che risento nel vedere che Dio mi ama più di ogni creatura, a
segno che per amor mio più volte perdonò al mondo, anche prima ch'io
fossi nata. Nell'eccesso di questo amore. Egli anticipò la mia nascita e
mi prevenne con la sua grazia nel seno di mia madre.
“In terzo
luogo, mi ricorderai quel gaudio che provo per avermi Iddio
degnissimamente amata sopra tutti gli uomini e tutti gli angeli.
Nell'istante medesimo in cui l'anima mia venne unita al mio corpo, Dio
mi riempì dello Spirito Santo, conservandomi completamente pura dal
peccato originale, e con questo privilegio unico di santificazione, mi
elesse per suo santuario, affinché, essendo io rosa senza spine, la mia
aurora splendesse sul mondo come la Stella del mattino”.
La
capigliatura della Beata Vergine Maria sembrava di una meravigliosa
bellezza. Mentre Metilde ardiva accarezzare, questa chioma morbida come
delicatissima seta, la Vergine le disse: “Tu puoi toccare i miei
capelli; quanto più li accarezzerai, tanto più diventerai bella. I miei
capelli simboleggiano le mie innumerevoli virtù; toccarli vuol dire
imitare queste virtù, e in tal modo crescere sempre più in bellezza e in
gloria”.
“Regina delle virtù, riprese Metilde. ditemi, ve ne prego, quale fu la prima virtù che praticaste nella vostra infanzia?”
“L'umiltà,
l'obbedienza e l'amore, rispose la Vergine; fui così umile fin
dall'infanzia, che non mi preferii mai a nessuna creatura, e così
obbediente e sottomessa ai miei genitori che non mai in cosa alcuna li
contristai.
Siccome fin dal seno di mia madre io ero ripiena dello
Spirito Santo, ero talmente ben disposta che amavo tutto ciò che è bene e
con inesprimibile piacere abbracciavo la pratica di ogni virtù”.
In
quella santa notte, durante il canto del responsorio; Stirps Jesse31,
Metilde vide la gloriosa Vergine sotto la forma di un albero magnifico,
il quale si estendeva sopra l'intero universo. Quest'albero aveva lo
splendore e la trasparenza di uno specchio; le sue foglie d'oro
rendevano una soavissima armonia; nella sua sommità si vedeva un fiore
delizioso che ombreggiava il mondo e lo riempiva di meravigliosi
profumi.
La gloriosa Vergine disse: “Il mio Dio è in me; in me loda sé stesso ed in modo meraviglioso in me pasce sé stesso”.
Alla
messa, mentre, nella prosa Ave praeclara32 si cantava la strofa Hinc
manna verum, le parve che la Beata Vergine fosse seduta in mezzo alla
Comunità, portando un bellissimo fanciullo di cui le braccia erano
ornate di braccialetti d'oro e di gemme preziosissime. Questo le fece
intendere che il Signor Gesù soffrì nelle braccia dolori eccessivi
quando, dopo che ebbe portato la Croce, vi fu inchiodato e vi rimase
sospeso a lungo.
Mentre si cantava: Ora virgo; Pregate, o Vergine,
rendeteci degni di questo pane celeste, la Vergine Madre elevò in alto
l'Infante, dai cui piedi scorreva sopra tutta la Comunità come un
liquore balsamico.
Durante la strofa: Fac dulcem fontem: Fateci
gustare questa dolce sorgente, le parve che la Beata Vergine prendesse
sotto il suo manto tutti gli astanti e li applicasse al Cuore del suo
divin Figlio dicendo: “In questa fonte cambierete in dolcezza ogni
vostra amarezza. e trionferete di tutte le vostre tentazioni”.
In
seguito, mentre Metilde pregava perché la Congregazione fosse confermata
nei santi suoi propositi, il Signore le disse: “Se le suore vorranno
rimanere a me fedeli, io non le abbandonerò giammai”.