CAPITOLO XXV: NELLA FESTA DELLA SS. TRINITÀ
Santa Matilde di Hackeborn

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Nel giorno della S. Trinità, Metilde, mentre si trovava in orazione,
desiderava che i Santi tutti e tutte le creature offrissero alla somma
ed adorabile Trinità benedizioni e lodi per tutti i suoi benefizi. D'un
tratto venne rapita in ispirito e portata davanti al trono della gloria,
dove vide la beata Trinità sotto il simbolo di una viva fonte esistente
da sé stessa senza principio, e contenente in sé ogni cosa; questa
fonte scorreva meravigliosamente senza mai diminuire, e così andava ad
adacquare e fecondare l'intero universo.
Frattanto, liquefatta
dall'Amore, l'anima fluiva per così dire nella Divinità, la quale a sua
volta si effondeva in lei, ricolmandoli di ineffabili delizie.
Durante
questo tempo di unione con Dio, quell'anima distintamente udì molte
parole e fra altre queste: “Ecco: con la mia onnipotenza sei divenuta
onnipotente, e se vorrai sempre ciò che voglio io, sarai sempre unita
alla mia onnipotenza. La mia impenetrabile sapienza ti ha pure attirata;
a questa divina sapienza tu sarai sempre unita, se ti compiacerai di
tutte le mie opere e di tutti i miei giudizi. Il mio amore ti ha tutta
investita e si è talmente diffuso in te che tu sembri amarmi non col tuo
amore, ma col mio proprio amore; in tale unione tu sarai aderente a me
per sempre”;
Accostandosi alla santa Comunione, Metilde sentì una
gioia spirituale così straboccante che ne rimase stupefatta; e il
Signore le disse: “Va, comunica il tuo gaudio a tutti i Santi”. Ella si
avvicinò dapprima alla santissima Vergine Maria e le fece parte della
sua allegrezza, dicendo: “O graziosa Vergine, onde accrescere la vostra
gloria, vi comunico l'immenso gaudio del mio cuore. - Ed io, rispose la
Santissima Vergine, ti dono tutta l'allegrezza che provai più di
qualsiasi altra creatura, in cielo e su la terra”.
Dopo, Metilde fece
parte della sua gioia agli Apostoli che le risposero: “E noi, ti
doniamo tutte le consolazioni che provammo presso il nostro dolce
Signore e Maestro, e specialmente quella che Egli ci concesse col
chiamarci dalla morte all'eterna vita”. Poi ai santi Martiri, i quali
l'accolsero dicendo: “Noi ti doniamo la gioia che il suo amore ci fece
trovare nel fuoco, nel ferro e in mille morti, diverse”.
Quando
arrivò ai confessori, questi dissero: “E noi pure ti facciamo parte di
tutto il godimento che sentimmo nell'amore di Cristo in mezzo alle
fatiche ed alle austerità”.
Da ultimo, Metilde comunicò il suo gaudio
alle Vergini, le quali le risposero: “Noi ti facciamo parte di
quell'allegrezza che, per una prerogativa speciale, possediamo in Dio
nostro Sposo”. Allora, le sembrò che il godimento di Dio procurasse alle
Vergini delizie superiori a quelle degli altri Santi e che i flutti
della Divinità sopra di esse scorressero con una singolare dolcezza;
perciò comprese quanto siano vere queste parole:
“Lauda manna virginale,
Manna novum et regale,
Quod nulli sapit hominum
Nisi palato virginum”.
Loda la manna verginale, manna nuova e regale, che a nessun uomo viene data, perché dalle Vergini solo è gustata.
Nel
coro delle Vergini, ella scorse la sua dilettissima sorella, la badessa
di venerata memoria, e la vide ornata di virtù come una regina. Vide
pure un'altra delle sue sorelle, Luitgarda, morta nel fiore dell'età,
vergine amabile davanti a Dio ed agli uomini. Luitgarda era rivestita di
un'ampia tunica, bianca come la neve, ornata di lamine d'oro; ella
prese sua sorella per mano e la condusse davanti al trono di Dio,
cantando quel detto della Sapienza: “Questa è più bella del sole e dei
cedri più sublime - Speciosior Sole, et Cedris sublimior”.