CAPITOLO XV: IL NOME DI GESÙ - LE PIAGHE DEL REDENTORE
Santa Matilde di Hackeborn

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Il martedì della settimana Santa, durante la messa Nos autem19, (1) il
Signore le disse: “Considera queste parole: In quo est salus. vita et
resurrectio nostra - In cui si trova la nostra salvezza, la nostra vita e
la nostra risurrezione. Nella Croce sta la vera salvezza; fuori di
quella non v'è salvezza, secondo queste parole:
Nulla salus est in domo,
Si non crucem invenit homo,
Super liminaria.
Non v'è salvezza in una casa, se su la soglia della porta l'uomo non trova la Croce.
“Nell'anima
in cui non v'è croce, ossia tribolazione, non v'è pazienza; e senza
pazienza nessuna salvezza. Per mezzo della Croce venne data all'uomo la
vera vita. Quando io, che sono la vita dell'anima, morii di amore su la
Croce, allora diedi la vita all'anima morta per il peccato, concedendole
che potesse vivere eternamente in me. Per mezzo della Croce venne pure
concessa all'uomo la grazia di risuscitare mediante la penitenza tante
volte quante muore per il peccato. Dalla Croce ancora la risurrezione
della carne e la vita eterna”.
Siccome nell'Epistola si leggeva: Dio
gli diede un nome che è sopra ogni nome; la Santa disse a Gesù: “Mio
Signore, qual è questo nome sublime che dal Padre vi fu donato?”
“Salvatore
di tutti i secoli, rispose il Signore; io, infatti, sono il Salvatore
ed il Redentore di quanto vi fu, vi è e vi sarà. Sono il Salvatore di
quelli che vissero prima della mia incarnazione; solo il Salvatore di
quelli che vivevano, quando, essendomi fatto uomo, convivevo con gli
uomini su la terra; sono il Salvatore di quelli che hanno abbracciata la
mia dottrina e vogliono camminare su le tracce mie; e ciò sino alla
fine dei tempi. È questo un nome degno di me, dal Padre a me solo
destinato fin dall'origine del mondo, ed è al disopra di tutti gli altri
nomi”.
Metilde rendeva grazie a Dio per le santissime piaghe di
Gesù, pregando il Padre che si degnasse imprimere nell'anima sua tante
ferite d'amore quante il Figlio suo ne ricevette nel suo corpo; il
Signore le disse: “Quando l'uomo amorosamente geme ricordando la mia
Passione, ogni volta sembra dolcemente accarezzare le mie piaghe con
foglie di rosa di fresco sbocciata; quindi dalle mie ferite esce il
dardo dell'amore il quale, penetrando nell'anima sua, la riempie di
dolcezza e la ferisce per risanarla”.
Il mercoledì della
settimana Santa, mentre si cantava la messa In nomine Domini, quella pia
vergine disse al Signore: “Oh! se ne avessi il potere, o mio dolcissimo
e fedelissimo. Amico, come davanti a Voi umilierei, con profonda
riverenza, il cielo, la terra e l'inferno con tutte le creature!”.
E
il Signore replicò: “Domandami ch'io compia in me stesso questo voto,
perché in me è contenuta ogni creatura; e quando offerisco me stesso a
Dio Padre in lode, ovvero in ringraziamento, è necessario che per me e
in me io degnamente supplisca ad ogni difetto delle creature. Per altro,
la mia bontà non può soffrir che rimanga inefficace il desiderio di
un'anima fedele, quando essa di per sé stessa non possa effettuarlo”.